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domenica 10 aprile 2022

 Pilato e Gesù

 

 

  1. Nella Settimana della passione del Signore, che iniziamo oggi, Domenica delle Palme, il pensiero ed il cuore della Chiesa sono presso la croce. È la croce della nostra fede e della nostra speranza.

La croce della redenzione dell’uomo e del mondo.

«Crux fidelis inter omnes arbor una nobilis».

 

Questa croce chiederanno per Cristo gli uomini, ammassati davanti al pretorio di Pilato, il Venerdì Santo.

«Crocifiggilo, crocifiggilo…!».

In quella stessa Gerusalemme, nella quale erano risuonate le parole «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna al figlio di Davide!», grideranno: «Crocifiggilo!».

Pilato si laverà le mani e dirà:

«Non sono responsabile… di questo sangue…» (Mt 27, 24). E le stesse voci risponderanno: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli» (Mt 27, 25). E in questo modo verrà sigillata la condanna a morte sulla croce.

Cristo prenderà la croce sulle sue spalle.

«Crux fidelis…».

 

  1. Attraverso tutte le generazioni degli uomini rimarrà questa croce, senza staccarsi da Cristo.

Diventerà il suo ricordo e il suo segno. Diventerà una risposta alla domanda fatta a Dio dall’uomo, e rimarrà un mistero.

La Chiesa la circonderà con il corpo della sua viva comunità, la circonderà con la fede degli uomini, con la loro speranza e con il loro amore.

La Chiesa porterà con Cristo la croce attraverso le generazioni. Renderà testimonianza ad essa. Ad essa attingerà la vita. Dalla croce crescerà con quella misteriosa crescita dello Spirito, che nella croce ha il suo inizio.

L’apostolo scriverà: «Io completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24).

La Chiesa crescerà dalla croce come il corpo misterioso mistico di Cristo, completando la croce.

Bisogna ricordare ciò qui, a Roma, dove tante generazioni hanno completato la croce di Cristo attraverso i corpi immolati dei martiri nei primi tre secoli, condannati a terribili sofferenze e alla morte, a causa della fede.

La Chiesa è maturata e cresciuta dal mistero della croce di Cristo. La Chiesa è maturata e cresciuta scrivendo il suo martyrologium, uno dei più preziosi documenti della storia della salvezza dell’uomo.

«Crux fidelis…».

 

  1. Anche la Chiesa dei nostri tempi scrive il suo martyrologium, i suoi capitoli sempre nuovi, contemporanei. Non si deve dimenticare. Non si possono volgere gli occhi da questa realtà, che è la dimensione fondamentale della Chiesa dei nostri tempi. La Chiesa dei nostri tempi continua a scrivere il suo martyrologium.

Non si possono dimenticare coloro che nel corso della nostra epoca hanno subito la morte per la fede e per l’amore di Cristo; che in diversi modi sono stati incarcerati, torturati, tormentati, condannati a morte; ed anche scherniti, disprezzati, umiliati e socialmente emarginati. Non si può dimenticare il martyrologium della Chiesa e dei cristiani della nostra epoca. Questo martyrologium è scritto con eventi differenti da quelli primitivi. Sono altri metodi di martirio ed un altro modo di testimoniare; ma tutto scaturisce dalla stessa croce di Cristo e completa la stessa croce della nostra redenzione.

«Crux fidelis…».

 

Gli uomini che vivono nelle condizioni di libertà e di benessere non possono voltare gli occhi da questa croce e far passare sotto silenzio la testimonianza di coloro che appartengono a quella che si è soliti chiamare «la Chiesa del silenzio». La Chiesa costretta al silenzio, nelle condizioni della ateizzazione obbligatoria, cresce ulteriormente dalla croce di Cristo e, con il suo silenzio, proclama la più grande verità.

La stessa verità, che Dio stesso ha inscritto nei fondamenti della nostra redenzione.

«Crux fidelis…».

 

  1. Nel corso della Quaresima intera abbiamo cercato le vie della conversione a Cristo, sulle quali la Chiesa deve entrare se vuole esser fedele al Redentore. Oggi, alla soglia della Settimana Santa, la stessa croce diventi fonte di rinnovamento di tutti noi, che in essa riponiamo la speranza fino alla fine.

 

[San Giovanni Paolo II – Angelus 30 marzo 1980]