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venerdì 31 maggio 2019

Visitazione della Beata Vergine Maria




Anche a ognuno di noi, 
con la trasmissione della fede, 
è stato detto che la vita ha un destino.
Nella sincerità del nostro cuore 
può riecheggiare in modo vero il Magnificat.
Qualunque sia la condizione attuale della nostra vita
è gratitudine perché cammino a quel destino in cui vedremo Dio.

Don Luigi Giussani



I

Il Signore viene a visitarci. E si avvicina a noi sempre attraverso una carne concreta, il seno purissimo di Maria, tabernacolo della presenza di Dio tra noi. E' sempre Lei che ci visita, ambasciatrice dell'amore di Dio. E' Lei che ci dona il Signore, celato nelle Sue castissime viscere. Lei è l'immagine più fedele della storia di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo. Per noi, da sempre. E oggi, e domani. Dio incarnato, Dio adagiato nel seno d'una donna, Dio disceso alla nostra vita, Dio che visita e impregna le nostre ore. Dio incarnato nelle nostre carni incamminate nella storia. Maria è lo specchio fedele di quello che accade ogni giorno nelle nostre povere vite. In noi è già seminato il miracolo di una vita celeste, come lo fu Giovanni per Elisabetta. Proprio ora è vivo in noi qualcosa che le nostre forze, le nostre opere, i nostri desideri non hanno avuto il potere di generare. Sterili siamo, come ogni uomo, incapaci di darci vita, e di donarla. Sterili per accogliere la Grazia feconda di Dio. Come Elisabetta intuiamo ma abbiamo bisogno d'una visita, perché il miracolo di Grazia si schiuda in un canto di lode. Viviamo l'amore di Dio dentro di noi, ne sentiamo spesso tutta la portata soprannaturale, proprio come una donna incinta vive ogni cosa in modo particolare, come afferrata da una presenza interna, misteriosa che le appartiene e, allo stesso tempo, le sfugge. Con Elisabetta abbiamo bisogno di Maria. E Maria è la Chiesa, il suo saluto che risuona nel profondo è l'annuncio che il nostro cuore attende senza posa, la Parola capace di sciogliere in noi quello che, da sempre, la Grazia ha seminato. La Parola che muove in noi la Vita in un sussulto di gioia.E' l'annuncio che desta la gioia: Dio s'è fatto carne nella nostra carne, proprio nelle vicende che ci visitano per coinvolgerci, la storia nostra di ogni giorno. Maria è il mistero della nostra vita racchiuso nella dolcissima fanciulla di Nazaret, perché nella storia vibra l'eco dell'annuncio della Chiesa. Ed è vero che fuori della Chiesa non v'è salvezza, perché in ogni istante della storia che scorre in ciascun angolo della terra risuona la Parola, unica, di salvezza, Cristo Gesù, nascosto nel seno verginale di Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra. Con la sua voce, la Chiesa abbraccia l'universo in attesa della salvezza, mentre la storia diviene il tabernacolo del Figlio incarnato. Da quel giorno a Nazaret, quando Dio ha deposto il suo seme nel seno di Maria, nulla è più lo stesso. Tutta la storia, passata, presente e futura, è stata inondata da una Grazia nuova, e tutte le cose sono state rinnovate, perché il Signore, l'Emmanuele, ha preso dimora in ogni istante del tempo. Tutto di noi, dunque, è stato miracolosamente santificato, salvato, redento. Il mistero nascosto agli angeli è stato svelato, l'uomo è salvo. La vita non è più una corsa verso la morte. Il Cielo s'è dischiuso dinanzi ad ogni uomo, e per questo, ogni esistenza, anche quella che appare più distrutta dal peccato, anche quella che odora di morte, è pronta ormai per essere salvata. Un annuncio, una parola, la visita di Maria e quello che era perduto sarà riscattato. I passi veloci della Figlia di Sion sul crinale delle montagne di Giuda sono i passi urgenti degli apostoli di ogni tempo. I "passi" degli eventi stessi che abbracciano ogni uomo in un saluto di Pace, sono nient'altro che la rivelazione del progetto di Dio: "Infatti io so i pensieri che medito per voi», dice il Signore: «pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza" (Ger. 29,11)



Shalom! Il saluto di Maria che sveglia la gioia nel seno di Elisabetta, che svela l'amore nascosto in ogni evento, in ogni persona che corre al nostro incontro. Shalom ci annuncia la moglie, anche quando ci sta rinfacciando qualcosa. Shalom ci annuncia il marito, anche quando, schiavo del perfezionismo, torna a casa e vorrebbe il mondo ai suoi piedi. Shalom ci annuncia il figlio che non ci degna di uno sguardo, immerso nella presa tentacolare del suo smartphone. Shalom ci annuncia il collega che trama ipocritamente alle nostre spalle. Shalom ci annunciano le analisi sballate appena ritirate all'ambulatorio. Shalom ci annuncia la Borsa che crolla, il benzinaio che espone il prezzo della benzina, l'ennesima lettera che rifiuta il nostro curriculum. Shalom ci annunciano gli istanti che ci attendono, visitano e abbracciano. Shalom mentre per il mondo tutto questo significa una dichiarazione di guerra, e arma l'ira, la ribellione, l'indignazione, i sentimenti di giustizia, le invidie, le gelosie, l'odio. Pace dice a noi la storia, dove e quando per il mondo è guerra. Pace perché nella carne è disceso Dio, e tutto, ma proprio tutto è ormai divino, parte misteriosa di un Cielo che non conosciamo ma che possiamo cominciare a sperimentare. Pace! Il saluto di Maria che profetizza e anticipa il saluto del Figlio agli apostoli impauriti, il saluto di Colui che ha vinto il peccato e la morte e ha distrutto il muro che separava l'umanità da Dio e dal suo Regno: Pace!, il saluto che con cui il Cielo ci viene a visitare per attirarci nella vita nuova dei beati, pegno e garanzia qui sulla terra del destino che ci attende. Pace!, il saluto di Maria che ci introduce in una dimensione nuova, nella libertà che può gustare solo chi, colmo dell'amore di Dio più forte del peccato e della morte, può discernere in ogni evento e persona, anche quelli che la carne cataloga come tristi e che vorrebbe sfuggire, il luogo e il tu dove donarsi, consegnarsi senza riserve, nella certezza che proprio lì, dove non vorrebbe andare, vi è la Vita che non muore, la gioia incorruttibile, la Pace che supra ogni intelligenza. La Pace conquistata da Gesù nel Getsemani a prezzo della sua angoscia che ha assunto ogni nostra angoscia, per fare di ogni Getsemani che ci attende il Cenacolo dove essere visitati dalla sua vittoria eterna. Pace! Il saluto di Maria che ridesta la gioia che abbiamo dimenticato tra le tristezze di ciò che ormai pensiamo come perso irrimediabilmente, la gioia della risurrezione di tutto quello che in noi era morto. La risurrezione della speranza. La storia nostra di oggi, e di ogni giorno, ci arriva al cuore attraverso il saluto di Maria. E tutto si illumina, il passato ci ha preparato a questo incontro, ed è questo quello che davvero conta. Anche le debolezze, nell'ascoltare la voce di Maria anche i peccati brillano d'una luce nuova, la stessa che risplende sul volto del Figlio risorto: Lui s'è fatto peccato, e su quel peccato conficcato per sempre sulla Croce, è brillata la misericordia. Pace a voi! Si, la nostra carne, la nostra storia sono la dimora di Dio, il Cielo sulla terra perché tutto quello che di noi appartiene alla terra giunga, un giorno, in Cielo. Salvi, santi, suoi. Apparteniamo a Gesù, come Maria, con Maria, Donna umile ebbra di gioia, che canta le meraviglie di Dio, nella gioia che scaturisce dalla verità. Maria, diversamente da noi, era Immacolata nella concezione, priva del veleno che distrugge le nostre vite, la superbia che tiene Dio fuori dalle nostre porte. Creati per essere veri, e liberi, e felici, gemiamo sotto la dura legge della superbia, la menzogna primordiale iniettataci dal mentitore che ci induce a pensare e credere d'essere quel che non siamo. Il demonio che ci spinge a dilapidare tutte le nostre energie per diventare quello che non saremo mai, immaginando futuri impossibili, cambi di marcia, con le ore cucite sui sogni bambini che rincorrono professioni e mestieri da fare quando si diventerà grandi. Grandi: le nostre cose, i nostri pensieri, le nostre opere. Noi, sempre più grandi, in amore, al lavoro, nello sport, ovunque il mondo abbia la ventura d'incontrarci. Anche quando non riusciamo, e il volto s'appesantisce di depressi pensieri, siamo capaci di fare i più grandi di tutti i nostri dolori, le nostre sofferenze, i nostri problemi e fallimenti. In fuga dal nulla precipitiamo nel nulla più duro, l'acre malessere di chi non riesce a smaltire la sbornia dei sogni infranti, degli ideali spezzati, dei progetti falliti. E non v'è posto infatti per Maria e Giuseppe in nessun albergo: il mondo di cartapesta, i "bed and breakfast" di sogni e chimere che segnano i nostri giorni non hanno un angolo per accogliere il Signore. Meglio, a Lui non si addice nessuna delle nostre torri di Babele lanciate in improbabili scalate alla divinità. Lui è la Verità, e cerca il vero. Cerca Maria, lo scrigno della Verità. Dio cerca la sua umiliazione, la semplice verità, vergine e non deturpata da alcun veleno di superbia. Vergine nella carne perché vergine nello spirito, nella mente e nel cuore. Maria, donna vera, la creatura pura che non teme e non ricusa d'esser creatura. Maria, l'umile di Nazaret, il culmine della storia d'ogni uomo, vera perché semplice nella quotidianità d'una vita sciolta nella volontà del Creatore. Umile perché serva, serva perché creatura. La gioia che Eva ci tolse è in Lei ridonata. Nessun cedimento dinanzi al frutto avvelenato dalla superbia. Maria, umile perché Maria, e null'altro. Maria, una vergine di Nazaret, nulla di più, niente di diverso desiderato. In Lei è ciascuno di noi così come dipinto nella mente di Dio, prima d'ogni inalazione mortifera di superbia originale. La sua umiliazione ci attira nella verità che ci costituisce creature in tutto dipendenti dal Creatore. Il suo seno verginale è tutto quello che di noi appartiene al Creatore. Le sue viscere materne sono la grotta povera, spoglia, di nessun valore che si addice - l'unica - al Dio che si fa uomo. La sua umiliazione accoglie oggi ogni frammento divino che è in noi, il cuore, la mente, il corpo che ci è donato per servire  e donarsi, e che giace schiavo del tiranno che ci ha insegnato l'orgoglio con le parole della menzogna. Maria è l'eletta che ha riassunto in sé ogni creatura perduta, immacolata per i macchiati, umile per i superbi, vera per i falsiE Dio ha guardato la sua umiliazione, gli occhi misericordiosi del Padre hanno fissato in Lei il suo primo progetto, un figlio, una figlia, e l'abbandono totale tra le braccia dell'amore. Dio ha guardato all'umiliazione di Maria, alla verità di Maria fatta di terra, la sua storia, le sofferenze e le angosce di tutti noi scappati dall'ovile della verità. Maria ci accoglie nella sua umiliazione, e ci conduce nel Magnificat della creatura che esiste nel Creatore, che è del Creatore, che vive per il Creatore. Dio guarda l'umiliazione di Maria come ha guardato il popolo gemente sotto il giogo del Faraone. E si prende cura di Lei, e, in Lei, di tutti noi schiavi della menzogna. Maria visita oggi la nostra vita, sulla soglia delle nostre ore, perchè con Lei possiamo accogliere il Salvatore. Maria ci conduce alla verità della nostra condizione e ci insegna a gridare, ad aspettare, ad accogliere. Maria ci mostra il vuoto che ci pervade, ci insegna a non averne paura, ad accettare quello che siamo, a lasciare ogni sogno, ogni desiderio alla volontà di Dio per noi. Maria ci accoglie e ci aiuta a schiuderci alla Grazia, allo stupore di fronte alle meraviglie della misericordia di Dio preparate per ciascuno di noi. Maria è nostra Madre e ci insegna e accompagna a donarci ad ogni persona e in ogni occasione; in fondo siamo suoi figli, i nostri occhi assomigliano ai suoi, sono disegnati e creati per vedere Dio in ogni istante: il suo Shalom li riporta al loro splendore. Maria ci chiama, ci aiuta a lasciare che vengano dispersi i superbi pensieri annidati nei nostri cuori; che Dio faccia vuote le nostre mani piene di false ricchezze per riempirle dei suoi doni incorruttibili; che siamo oggi rovesciati dai troni del potere, dell'arroganza, dei vani sogni di gloria. Maria ci guida nel cammino di conversione che sono la vita e il tempo che ci son donati. Maria ci abbraccia oggi come abbracciò Elisabetta, e ci unisce al suo canto di lode, quello per cui siamo stati creati. La lode di povere, umili creature che, istante dopo istante, sono ricolmate di Grazia dal proprio creatore. Maria ci accompagna oggi, nella verità e nella gioia, pieni di stupore e di esultanza.

giovedì 30 maggio 2019



La verità consiste nell'aver bisogno del perdono.
Una comunione concorde tra gli uomini 
può darsi in generale solo sotto la Grazia del perdono.
La verità è che siamo colpevoli, che siamo peccatori
e che possiamo vivere solo se Dio è perdono,
 solo se ci viene perdonato.

Card. Joseph Ratzinger
IL PESO DELLA VERITA' CHE LO SPIRITO SANTO CI RIVELA E PORTA CON NOI


La Verità "pesa". La conoscenza della verità, infatti, spesso è un peso difficile da portare, anche perché oggi è considerata un deragliamento verso il fondamentalismo intollerante che attenta alla libertà altrui: "La non verità, il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità. Non è la verità a liberarlo, anzi egli dovrebbe piuttosto esserne liberato. L’uomo sta a suo agio più nelle tenebre che nella luce; la fede non è un bel dono del buon Dio, ma piuttosto una maledizione. Stando così le cose, come dalla fede potrebbe provenire gioia? Chi potrebbe avere addirittura il coraggio di trasmettere la fede ad altri? Essa sembra essere piuttosto il guscio della soggettività, in cui l’uomo può sfuggire alla realtà e nascondersi ad essa." (Joseph Ratzinger). Occorre vivere secondo coscienza, ci viene ripetuto. Scriveva J.G.Fichte: “La coscienza non erra mai e non può mai errare”, poiché è “essa stessa giudice di ogni convinzione, non conosce alcun giudice sopra di sé”. La coscienza decide in ultima istanza, ed è per natura inappellabile: "dal momento che i giudizi di coscienza si contraddicono, ci sarebbe dunque solo una verità del soggetto, che si ridurrebbe alla sua sincerità... la coscienza è l’istanza che ci dispensa dalla verità e si trasforma nella giustificazione della soggettività, che non si lascia più mettere in questione, così come nella giustificazione del conformismo sociale, che, come minimo denominatore comune tra le diverse soggettività, ha il compito di rendere possibile la vita nella società" (J. Ratzinger). Si tratta anche della nostra esperienza, la superficialità del "carpe diem", del cogliere l'attimo, rinunciando alla possibilità di conoscere la verità. La "dittatura della coscienza", lungi dall'aver liberato l'uomo, lo costringe a nuove e più schiavizzanti catalogazioni, alla sottomissione a marchi ideologici indelebili. Li vedete i nostri figli? E il pensiero unico che rimbalza ovunque? Non ci "pesa" dirci cristiani, con parole e gesti? L'ambiente circostante, infatti, prima ti assorbe e poi si trasforma in uno spietato aguzzino che esige la coerenza del proprio status, pena il rifiuto, l'esclusione e l'espulsione. Quando si cade - fumando una sigaretta o mangiandoti una bistecca alla brace - infrangendo le dure regole tracciate dalla "tolleranza che non tollera" sbandamenti da quanto ha stabilito sia tollerabile, è già troppo tardi, non si hanno vie d'uscita. Di norma l'intollerabile del tollerante è Gesù Cristo e coloro che gli appartengono. La coscienza collettiva moderna tollera tutto, ma non la Croce. La tolleranza intollerante è l'abito culturale indossato dall'Anticristo, l'anti-verità: "Il Cristo col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li unirò coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi” (Vladimir Sergeevic Solovev). L'Anticristo aborriva “l'assoluta unicità” di Cristo: "Egli è uno dei tanti; o meglio è stato il mio precursore, perché il salvatore perfetto e definitivo sono io, che ho purificato il suo messaggio da ciò che è inaccettabile all’uomo d’oggi". E non accettava che Cristo fosse vivo: “Lui non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto. È marcito, è marcito nel sepolcro...”. La "coscienza tollerante" moderna parte da qui: Cristo è marcito nel sepolcro, e con Lui ogni pretesa di verità. Per questo essa diviene un peso difficile da portare e l'uomo, nella sua debolezza, preferisce disfarsene. 
Ma non è così! La verità non è marcita nel sepolcro! Lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori ce la svela compiendola, perché Egli insegna difendendo, perdonando. La verità tutta intera è essenzialmente perdono, quello che il mondo non conosce, la salvezza che l'Anticristo, il padre della menzogna, vuole sottrarre all'umanità. In ebraico la parola verità è 'emet, derivato dalla stessa radice da cui la parola fede. La radice 'mn ha il significato fondamentale di sicuro, attendibile, capace di portare un peso. In questa luce si comprendono le parole di Gesù: è la stessa verità che porta il suo stesso peso. E' la verità che, svelandosi, porta la sua drammatica e liberante oggettività. In altre parole significa che mentre il peccato è smascherato appare simultaneamente il perdono capace di distruggerlo e di consegnare la possibilità di una vita nuova. Quando nella Chiesa incontriamo il Signore, quando Egli prende dimora in noi attraverso il suo Spirito, si svela anche tutto ciò che non gli appartiene, come quando si accende la luce in una stanza. Ma in quella stanza piena di disordine, polvere e spazzatura che è la nostra vita c'è anche Lui con il suo perdono. Apparendo accanto a Cristo e come suo nemico, il peccato si manifesta allora come il nostro stesso nemico; da esso lo Spirito Santo ci difende, come ha difeso il Signore nel Getsemani e sulla Croce. Per questo la "verità tutta intera" alla quale conduce lo Spirito Santo è capace di liberare davvero strappandoci dalla menzogna che ci tiene schiavi perché, rivelando la Verità, la estirpa alla radice. Scriveva Sant'Agostino che "Non c’è vera confessione dei peccati che non sia lode di Dio, non c’è vera lode di Dio che non sia anche confessione dei peccati. "Non si ha nessuna pia e salutare confessione dei peccati se non si rende lode a Dio con il cuore, o anche con la bocca e la parola" (S. Agostino). Nella confessione dei propri peccati l'uomo può dar gloria a Dio, può portare "il peso" (significato del termine "gloria") della Verità perché ne diviene partecipe per aver ricevuto lo Spirito Santo. Confessare i peccati, infatti, è testimoniare il suo amore, il "mio" di Gesù che lo Spirito "prende" da Lui per annunciarlo ai suoi discepoli e a ciascuno di noi. Così, attraverso la predicazione della Chiesa, il Paraclito ci difende e consola annunciandoci e compiendo in noi "quanto è proprio del Padre", ovvero il suo perdono rigenerante rivelato nel Figlio. Che meraviglia! Sai quali sono le "cose future" che lo Spirito vuole annunciarti? Che in ogni istante Dio ti ama e fa di te un figlio unico e irripetibile, nonostante le debolezze e contraddizioni: "Proprio questo è il dramma dello Spirito Santo, il dramma della Chiesa e anche il nostro: lo sforzo di trarre lo Spirito dal fango. E non è rifuggendo il fango che ci facciamo Spirito, ma solo sopportando il fango che è in noi e negli altri; sottoponendolo alla nuova forza vitale, al respiro di Gesù Cristo, nello Spirito Santo che ancora oggi trasforma il mondo." (J. Ratzinger).

venerdì 24 maggio 2019



Ma Dio non si arrende: 
Dio trova un nuovo modo per arrivare ad un amore libero,
irrevocabile, al frutto di tale amore...
Non siamo noi che dobbiamo produrre il grande frutto;
il cristianesimo non è un moralismo,
non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo,
ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico:
Dio si dà Egli stesso.
Il suo essere, il suo amare, precede il nostro agire
e, nel contesto del suo Corpo,
nel contesto dello stare in Lui,
identificati con Lui,
nobilitati con il suo Sangue,
possiamo anche noi agire con Cristo.

Benedetto XVI, Incontro con i seminaristi di Roma, 12 febbraio 2011
Innalzati con Cristo nell'amore


Pensaci bene: ti senti in debito con qualcuno? Anche questo è vivere intensamente la Quaresima. Con tuo marito o tua moglie, con tuo figlio, con tua suocera, con il collega, ti sei sempre comportato con amore, pazienza misericordia? Hai un peso sulla coscienza che cerchi di dimenticare, un peccato nascosto che tenti di seppellire? Un giudizio, un rancore, un tradimento. Non aver paura di lasciare che venga alla luce, anzi tiralo fuori tu, magari sono vent'anni che ti comprime il cuore e ti impedisce la libertà e la pace. Fallo oggi, confessalo, perché il nostro debito è condonato. Forse, come il servo malvagio siamo così presi da noi stessi che riteniamo di aver ottenuto solo una dilazione e tutti i nostri sforzi sono nervosamente diretti a raccattare in qualsiasi modo quel che dobbiamo rifondere. Abbiamo implorato clemenza e un po' di pazienza per restituire, e sorprendentemente il Signore ci ha condonato il debito, nulla più da restituire. Cancellato. E' questa l'esperienza che cambia radicalmente la vita. E' il cristianesimo. Un condannato a morte al quale gli si sono spalancate le porte della cella ed è ormai libero. Chi non ha questa esperienza vive il proprio cristianesimo senza gioia, e quindi una vita senza frutto, sciapa e immersa nella mormorazione, tutta regole, e sforzi per compierle. Leggi, e sacrifici per rispettarle. La vita come una corsa ad ostacoli, senza amore, esigendo da se stessi e dagli altri, tutti strapazzati perché non scappino dai nostri rigidi schemi, ogni "prossimo" imprigionato perché paghi ciò che crediamo ci debbano dare, così che anche noi possiamo pagare il dovuto a Dio. Sì, viviamo nello stravolgimento della relazione con Lui, non abbiamo conosciuto la gratuità del suo amore e crediamo che, per stare in pace, dobbiamo dargli quello che non abbiamo esigendolo dagli altri. Guarda le relazioni nella tua famiglia, e capirai. Accettiamolo, siamo nemici della Croce di Cristo perché scandalizzati del suo amore così umanamente "ingiusto" da giustificare ciò che noi non giustificheremmo. Ma il documento della nostra condanna è stato distrutto proprio sulla Croce del Signore. Il Suo amore ci ha graziati, senza merito. Oggi, e ogni giorno. Allora convertiamoci e lasciamoci amare sino ad accogliere il perdono per lo stesso peccato settanta volte sette, cioè infinite volte; e così saremo trasformati in misericordia che accoglie e perdona sempre, rompendo volta per volta la spirale di odio che avvelena il mondo, a casa come ovunque, per schiudere il Cielo su questa generazione. 

mercoledì 22 maggio 2019

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POTATI DALL'AMORE PER DARE IL FRUTTO DELL'AMORE
"Senza" Gesù siamo uno zero assoluto. Ma con Lui la nostra vita, semplice o complicata, afflitta da malattie, da paure, ferita dalle debolezze, questa vita è stupenda, un'avventura irripetibile donataci per disseminare di "frutti" squisiti i nostri giorni, capaci di mostrare Dio e il Cielo a ogni uomo. Basta "rimanere in Lui", dimorare in Cristo, ecco tutto. Lasciarci amare, alzare bandiera bianca, gettare via da noi il pensiero "aiutati che Dio t'aiuta" che troppo spesso ci accompagna, aggrappati a Lui, alle sue braccia distese per amore, come la vite al tralcio. "Rimanere in Lui" non significa inventarsi chissà che cosa, è, semplicemente, essere crocifissi con Lui. E' rimanere lì dove Lui ci conduce, nella storia concreta dell'unico oggi che ci appartiene, quello reale che siamo chiamati a vivere. Il Signore non dice che, sforzandoci, impegnandoci, anche senza di Lui potremmo cominciare a metterci del nostro, qualcosa, che so? buone intenzioni o progetti o altro, qualcosa a cui Lui, poi, darebbe compimento. No, il Signore ci dice che senza di Lui nulla possiamo. Detto in altro modo: senza di Lui anche quello che facciamo è nulla, fumo che il vento porta via, perché senza la linfa del suo Spirito non vi è fecondità. Fratelli, proprio dal non accettarlo provengono tante sofferenze: dal tentare e ritentare di farcela da soli, liberi dal giogo della Croce, staccati dalla vite che sola può trasmetterci la vita e dare pienezza a ogni cosa. E così vediamo "seccarsi" i rapporti, e dobbiamo "gettare" nel "fuoco che brucia" quelli che sembravano eterni. Pensiamo al nostro matrimonio, al fidanzamento, allo studio, al lavoro, all'amicizia. Pensiamo a una passeggiata tra i boschi, a una visita al museo, alla spesa del sabato, a una cena in pizzeria con la fidanzata, come a una dolorosa degenza in ospedale, una notte di studio alla vigilia di un esame, una discussione con la figlia che non si riesce proprio a capire, pensiamo a qualunque momento della nostra vita, pensiamolo vissuto in Cristo, alla sua presenza, illuminato dalla sua Parola, sostenuto dalla sua forza; e pensiamolo chiuso in noi stessi, schiacciato sulle nostre forze, preda dei nostri impulsi e delle nostre ispirazioni. In Cristo tutto ha un sapore, una forza, un'autenticità impensabili. In Lui anche una semplice passeggiata è tutta un'altra cosa. Anche un viaggio, anche una partita allo stadio. In Cristo ogni parola, ogni pensiero, ogni gesto "porta un frutto che rimane", bello, buono, consistente. Per questo se stai sperimentando difficoltà e fallimenti, non mormorare. E' il Vignaiolo che sta "potando" i rami seccati dall'orgoglio, perché abbandoniamo finalmente l'inganno di ritenerci importanti e indispensabili.
Coraggio allora, lasciamoci "potare" anche attraverso le cure della Chiesa, perché la nostra vita, libera e adulta nella fede, renda Gloria a Dio. Essa, infatti, brilla nel "frutto" squisito di un fidanzamento nel quale, "uniti a Lui come i tralci alla vite", due ragazzi possono lottare per custodire la castità: un fidanzamento "potato", tagliato nei rami secchi della concupiscenza e dell'egoismo impaziente, che cresce rispettoso, prudente, avvolto di santo timore, protetto dal pudore. Nel "frutto" di un matrimonio santo, aperto alla vita e nel dono libero e totale di sé, "potato" nei rami secchi dell'infedeltà quotidiana all'unica sposa e all'unico sposo che difende i propri criteri. Il "frutto" di un lavoro "potato" attraverso le difficoltà e le ingiustizie e, per questo, che diviene un'occupazione nella quale offrirsi per i colleghi, per i superiori e gli inferiori, rintracciando in ogni mansione il momento favorevole per aprirsi agli altri e far gustare il proprio sapore unico e inconfondibile dell'amore di Cristo. Il "frutto" dello studio "potato" della pigrizia e dell'idolatria di voti e risultati che lo fa offrire a se stessi, nel quale apprendere a non fare la propria volontà, a soffrire per compiere quella di Dio, la libertà di chi non è più schiavo del dover fare sempre e solo quello che piace, consola e costruisce se stessi; lo studio che prepara a un futuro di amore autentico, al lavoro e alla famiglia. Che in ogni aspetto della nostra vita Dio ci doni di "diventare discepoli" che seguono il Signore, ascoltando e "osservando" umilmente le "sue parole" che ci "purificano" dall'idolatria per "rimanere" nel torchio della storia: stretti alla Croce di ogni giorno, pigiati completamente dalle difficoltà, dalle sofferenze e dagli imprevisti che, proprio perché ci spremono, costituiscono l'occasione perché il succo di vita che Cristo depone in noi possa scaturire come da una sorgente alla quale chi ci è accanto possa dissetarsi. Per questo, "tutto ciò che chiederemo", ovvero la salvezza di tuo figlio e di tua zia, l'incontro con Cristo per ogni uomo, "ci sarà donato", perché la volontà di Dio fluisce come linfa da Cristo a noi e al mondo attraverso il legno della Croce.

martedì 21 maggio 2019



"Non ho paura della morte. La mia fede mi dà questa bella sicurezza!"

Dalla Lettera di un giovane soldato tedesco ai suoi genitori scritta nella sacca di Stalingrado dove poi morì
«Abbiamo soprattutto fede in Dio. Questo dà alla vita una dimensione che va oltre il suo confine fisico. Non abbiamo più paura di deperire, di ammalarci, di invecchiare, di essere annientate. Preghiamo regolarmente, è una catena che non si interrompe mai» 

Dagmar Šimková,15 anni di lager



ADDORMENTARSI NELLA PACE DI GESU' RISORTO



Di sicuro anche oggi ti senti come i discepoli nella barca con Gesù: il mare è in tempesta, ma Gesù dorme... Fantastico! Perché la "sua pace" è proprio il "suo sonno" in mezzo ai marosi, profezia del suo addormentarsi nella morte, il seno dove la Pace autentica ha preso forma. Il suo corpo disteso nel sepolcro e destatosi nella risurrezione, infatti, è stato come l'arca dove la colomba è tornata dopo il diluvio, recando il ramoscello d'ulivo, simbolo della Pace. Ma la colomba e l'olio che scaturisce dall'olivo sono anche simboli dello Spirito Santo. Coraggio, oggi potremo stare con Lui nella barca e addormentarci, senza "turbarci" e senza "paura", perché proprio nei momenti difficili la colomba della "sua pace" verrà a visitarci, recandoci il suo ulivo, lo Spirito di vita eterna che ci fa passare indenni, dormendo con Cristo, come un bimbo in braccio a sua madre: così entra nella storia chi ha accolto la "sua Pace" offerta nella liturgia e nei sacramenti. Essa, infatti, è il tesoro prezioso che, vincendo la morte e il peccato, Gesù ha scovato nel Regno di suo Padre, dove è entrato con la nostra stessa carne. La Pace è ciò che ogni cuore desidera, lo sguardo di misericordia che incontra i nostri occhi impauriti e turbati sotto il peso dei peccati: "Shalom! Pace a voi!", ecco il saluto che ci accoglie in questo nuovo giorno, come quello rivolto da Cristo risorto ai discepoli impauriti nel Cenacolo. La Pace, infatti, è stata deposta come un seme nel corpo di Cristo crocifisso, gestata nel sepolcro, e ha visto la luce nel giorno di Pasqua, sigillando la certezza del perdono. Così si genera anche in noi, perché la Pace scaturisce dal perdono, libera dal peso della colpa, rinnova lo spirito e apre sconfinati spazi alla speranza. La Pace quindi è lo stile di vita di chi ha conosciuto il Signore, di chi lo ha incontrato vivo e vittorioso sulla propria morte. Essa non si perde neanche in mezzo alla guerra, alla sofferenza, ai fallimenti. Mentre il mondo cerca compromessi e baratti sancendo la pace sui corpi dei vinti, quella del Signore invece, riscatta chi ha perduto. Lui che ha vinto, infatti, fa la pace e la dona, sciogliendo le catene degli sconfitti ridotti in schiavitùSe oggi siamo senza pace dobbiamo chiederci perché le situazioni o le persone hanno il potere di sottrarcela. Se non siamo in pace è perché siamo usciti dal Regno, dalla comunione con Dio: stiamo cercando la nostra volontà e non quella del Padre, perché solo in essa vi è la vera pace. Ma non turbatevi! Il fiume di male che ha lambito le nostre esistenze devastandole, si scatena ancora su Cristo; la furia del demonio, il principe di questo mondo che "non ha nessun potere su Gesù", si abbatte su di Lui per infrangersi e dissolversi nel suo Corpo offerto per puro amore. Per questo possiamo ritrovare la Pace perduta! E così possiamo offrirla al mondo, a chi ci è accanto. 




Il Signore ci avverte "prima" rivelandoci sin da ora quale sia il cammino che i "suoi" sono chiamati a percorrere: portare su di sé il peccato che si abbatte su Cristo vivo nei cristiani, perché già ora essi sono "andati al Padre" con Lui, assisi alla destra di Dio insieme con il loro Capo. Nessuna persecuzione, nessun male, neanche il demonio ha potere sulla loro anima, perché essa é custodita, già durante la vita terrena, nel cuore di Dio. Verrà oggi il principe di questo mondo a scuotere la nostra vita, cercando di convincerci che è giusto chiuderci al marito, battere i pugni con il capo-ufficio; verrà a mostrarci le mille ragioni che "devono" impedire di aprirci alla vita e perdonare; verrà con violenza, con tentazioni fortissime, a giudicare e uccidere quel fratello nel nostro cuore, perché davvero ci ha fatto del male, e non merita nulla. Il demonio viene ogni giorno a "perseguitare" la Chiesa, ed è perché il mondo, iniziando da ciascuno di noi, veda, sappia e sperimenti il suo amore immenso al Padre che lo spinge a compiere il sacrificio più grande. "Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato": "bisognava" per te e per me che Gesù si consegnasse tra le braccia del demonio, perché potessimo "sapere che Lui ama il Padre", e che in questo amore siamo stati salvati, e oggi il nostro matrimonio è rinnovato, è nato il quinto figlio, ci siamo riconciliati con quel parente che avevamo cancellato dalla memoria. Così "bisogna" che il demonio "venga" alla nostra vita, perché ogni giorno la moglie, il marito, i figli, le persone che ci sono accanto, "sappiano" che "amiamo" Gesù e il Padre: attenzione eh, perché la salvezza delle persone dipende dal nostro amore a Cristo e al Padre; e non si tratta di belle parole, ma di "fare quello che il Padre ci comanda", concretamente nella storia di ogni giorno. L'amore che il prossimo ha il diritto di vedere in noi è l'obbedienza alla volontà di Dio, salire sulla Croce dove restare crocifissi con Cristo, reclinando il capo per addormentarci in Pace con Lui. E senza tristezza, ma "rallegrati" perché anche noi, in ogni circostanza, "andiamo" con Cristo "dal Padre", per vivere ricolmi di vita celeste i problemi della terra. Attraverso i sacramenti, la Parola e la comunione della Chiesa possiamo infatti partecipare al suo trionfo e ricevere in eredità, insieme a questa generazione, la Pace che supera ogni intelligenza, il sigillo del Cielo che ci guida già oggi "dal Padre", "il più grande" di ogni peccato, sofferenza e male che si abbatte sulla carne.




Cominciammo a credere che il Signore non ci avrebbe caricato inutilmente di un peso superiore alle nostre forze. Non aveva deciso a caso la nostra sorte, ma perché sapeva che avremmo retto alla prova; ci aveva scelte per uno scopo misterioso, perciò cominciammo a cogliere la saggezza che guidava la nostra vita… Non stavamo vivendo un tragico episodio della nostra vita, ma la sua parte più importante, dove ci veniva offerta la possibilità di conoscere da vicino tutto ciò che la vita umana contiene, dalle vette più alte fino alle buie cadute. Ma non ci siamo limitate a macinare preghiere, ci lanciavamo in battaglia come i primi crociati, con la convinzione che ogni caduto per la verità sarebbe stato ricompensato con la vita eterna, dove non ci sarebbe stata né derisione, né fame, né dolore, né freddo, né paura, né un numero cucito in un punto visibile della divisa da carcerato. Ma non dobbiamo dimenticare che eravamo tutt’altro che le sante cristalline delle vetrate delle cattedrali. (Dagmar Šimková,15 anni di lager)