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lunedì 23 dicembre 2019




Giovanni Battista  il precursore, semplice testimone, 
totalmente subordinato a Colui che annuncia; 
una voce nel deserto, come anche oggi, 
nel deserto delle grandi città di questo mondo, 
di grande assenza di Dio, 
abbiamo bisogno di voci che semplicemente ci annunciano: 
"Dio c’è, è sempre vicino, anche se sembra assente"
E’ una voce nel deserto ed è un testimone della luce; 
e questo ci tocca nel cuore, 
perché in questo mondo con tante tenebre, 
tante oscurità, tutti siamo chiamati ad essere testimoni della luce.

Benedetto XVI, Omelia dell'11 dicembre 2011


LA SINFONIA D'AMORE CHE SCIOGLIE LA LINGUA PER RICONCILIARCI CON DIO E CON I FRATELLI

Oggi è il giorno dell'esame di coscienza, perché altrimenti anche questo Natale passerà invano. Riconosciamolo, abbiamo perduto "il primo amore" e ci siamo ammalati di "alzheimer spirituale, che è la dimenticanza della “storia della salvezza”, della storia personale con il Signore", per cui cominciamo a "dipendere completamente dal nostro presente, dalle passioni, capricci e manie" e "costruiamo intorno a noi dei muri e delle abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che abbiamo scolpito con le nostre stesse mani" (Papa Francesco). Ma risuona oggi, alle soglie di questo Natale, un nome nuovo, Giovanni, che significa Dio fa grazia ora. Giovanni, come il nostro cuore assetato d’amore. Giovanni, l’intimo di noi che anela a Cristo. Giovanni, la Parola di Dio che ci accoglie e introduce nel Natale: è finita la nostra schiavitù al peccato, matrice d'ogni dolore. La sua nascita dal seno sterile di Elisabetta ne è il segno. Attraverso Giovanni oggi possiamo guardare la nostra vita con occhi diversi: Dio "ha esaltato in noi", come in Elisabetta, "la sua misericordia". Oggi "si compiono anche per noi i giorni del parto": comincia una vita nuova! Coraggio, proprio quel tessuto sterile, ammalato e incapace di accogliere la vita che è il tuo cuore è pronto per il miracolo. I peccati preparavano il posto al perdono come la malattia l'intervento del medico. La nostra storia di cadute e umiliazioni ci ha condotto a quest’oggi di Grazia e di gioia. Da soli non ce l'abbiamo fatta ad uscire dai peccati. E quanto dolore, in noi e intorno a noi. Quanta "vergogna", e quanto disprezzo verso noi stessi e gli altri. Ma oggi "nulla è impossibile a Dio" significa che l'amore di Dio ha il potere di trasformare la morte in vita, il nostro cuore duro come pietra in un cuore di carne capace di amare e generare vita nuova in noi e attorno a noi. Accostiamoci allora al sacramento della riconciliazione, confessiamo i nostri peccati e riceviamo il perdono e lo Spirito Santo per camminare in una vita nuova. Andiamo a chiedere perdono e a perdonare chi ci è accanto. Magari quel parente che sono anni che non ci parli, forse tua moglie, tuo padre. Come Giovanni, "cresciamo e rafforziamoci nello Spirito" pregando e meditando la Parola di Dio. "Serbiamola nel cuore" per imparare a credere all'impossibile che Dio può compiere, fonte di "meraviglia" e "timore". La misericordia di Dio, infatti, non solo ci perdona, ma fa di noi creature nuove, un Nome nuovo che il mondo, i nostri parenti, nessuno conosce. Davvero, “che sarà mai questo bambino?”, che sarà mai la nostra vita? Sarà senza dubbio una stupenda e perfetta sinfonia d'amore. L'origine dei nomi delle sette note musicali infatti ha relazione proprio con Giovanni Battista. Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, ciascuno di questi termini è tratto dalla prima sillaba dei sette versi della prima strofa dell'inno liturgico “Ut queant laxis”, che fu composto in onore del Battista. Guido d'Arezzo, colui al quale dobbiamo il rigo musicale e il nome delle note in Occidente, si servì di questo inno a scopo didattico. Applicando al testo dell'Inno una nuova melodia, mise in risalto al principio di ciascun verso, la successione delle attuali note musicali, UT, RE, MI, FA, SOL, LA. La prima sillaba di ogni verso inizia salendo di tono rispetto a quella precedente, costituendo così la moderna scala ascendente.
Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum
Solve polluti
Labii reatum
Sancte Johannes.


Affinché possano cantare
con voci libere
le meraviglie delle tue gesta
i servi Tuoi,
cancella il peccato
dal loro labbro impuro,
o San Giovanni.

L’UT, divenne poi in Italia DO. La medievale UT restò invece in Francia, dove è usato ancora oggi; il SI (S J Sancte Johannes), anch'esso per influsso dell’inno a San Giovanni, venne probabilmente introdotto alla fine del Quattrocento. La nostra vita, come quella di Giovanni, è destinata dunque ad essere un'opera d'arte, un inno eterno all'amore di Dio. Ogni istante come una nota musicale a segnare l'opera divina nella nostra povera carne sterile che diviene feconda. Una scala che, passo dopo passo, ci condurrà al Cielo. 
Ci attende una missione meravigliosa, annunciare il Messia come Giovanni. Il Signore, giorno dopo giorno, ci rivelerà come e dove le sue note d'amore daranno Vita e gioia alla nostra vita e a quella ai quali saremo inviati. 

sabato 21 dicembre 2019



αποφθεγμα Apoftegma

Mentre Maria giudicava così umilmente se stessa, 
non è stata per questo meno generosa nel credere 
alla promessa che le veniva fatta dall’angelo. 
Colei che considerava se stessa solo come povera serva, 
non ha assolutamente dubitato di essere stata chiamata 
a così incomprensibile mistero, a così prodigiosa unione, 
a così insondabile segreto. 
Ha creduto senz’indugio che stava veramente 
per diventare la madre di Dio fatto uomo. 

San Bernardo


SHALOM! E' IL SALUTO DELLA CHIESA CHE DESTA IN NOI SUOI FIGLI L'INCARNAZIONE DELLA VITA NUOVA SEMINATA DALLA PREDICAZIONE
I passi veloci della Figlia di Sion sul crinale delle montagne di Giuda sono i passi urgenti degli apostoli di ogni tempo. I "passi" degli eventi stessi che abbracciano ogni uomo in un saluto di Pace, sono nient'altro che la rivelazione del progetto di Dio: "Infatti io so i pensieri che medito per voi», dice il Signore: «pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza" (Ger. 29,11)Shalom! Il saluto di Maria che sveglia la gioia nel seno di Elisabetta, che svela l'amore nascosto in ogni evento, in ogni persona che corre al nostro incontro. Shalom ci annuncia la moglie, anche quando ci sta rinfacciando qualcosa. Shalom ci annuncia il marito, anche quando, schiavo del perfezionismo, torna a casa e vorrebbe il mondo ai suoi piedi. Shalom ci annuncia il figlio che non ci degna di uno sguardo, immerso nella presa tentacolare del suo smartphone. Shalom ci annuncia il collega che trama ipocritamente alle nostre spalle. Shalom ci annunciano le analisi sballate appena ritirate all'ambulatorio. Shalom ci annuncia la Borsa che crolla, il benzinaio che espone il prezzo della benzina, l'ennesima lettera che rifiuta il nostro curriculum. Shalom ci annunciano gli istanti che ci attendono, visitano e abbracciano. Shalom mentre per il mondo tutto questo significa una dichiarazione di guerra, e arma l'ira, la ribellione, l'indignazione, i sentimenti di giustizia, le invidie, le gelosie, l'odio. Pace dice a noi la storia, dove e quando per il mondo è guerra. Pace perché nella carne è disceso Dio, e tutto, ma proprio tutto è ormai divino, parte misteriosa di un Cielo che non conosciamo ma che possiamo cominciare a sperimentare. 

Pace! Il saluto di Maria che profetizza e anticipa il saluto del Figlio agli apostoli impauriti, il saluto di Colui che ha vinto il peccato e la morte e ha distrutto il muro che separava l'umanità da Dio e dal suo Regno: Pace!, il saluto che con cui il Cielo ci viene a visitare per attirarci nella vita nuova dei beati, pegno e garanzia qui sulla terra del destino che ci attende. Pace!, il saluto di Maria che ci introduce in una dimensione nuova, nella libertà che può gustare solo chi, colmo dell'amore di Dio più forte del peccato e della morte, può discernere in ogni evento e persona, anche quelli che la carne cataloga come tristi e che vorrebbe sfuggire, il luogo e il tu dove donarsi, consegnarsi senza riserve, nella certezza che proprio lì, dove non vorrebbe andare, vi è la Vita che non muore, la gioia incorruttibile, la Pace che supra ogni intelligenza. La Pace conquistata da Gesù nel Getsemani a prezzo della sua angoscia che ha assunto ogni nostra angoscia, per fare di ogni Getsemani che ci attende il Cenacolo dove essere visitati dalla sua vittoria eterna. Pace! Il saluto di Maria che ridesta la gioia che abbiamo dimenticato tra le tristezze di ciò che ormai pensiamo come perso irrimediabilmente, la gioia della risurrezione di tutto quello che in noi era morto. La risurrezione della speranza. La storia nostra di oggi, e di ogni giorno, ci arriva al cuore attraverso il saluto di Maria. E tutto si illumina, il passato ci ha preparato a questo incontro, ed è questo quello che davvero conta. Anche le debolezze, nell'ascoltare la voce di Maria anche i peccati brillano d'una luce nuova, la stessa che risplende sul volto del Figlio risorto: Lui s'è fatto peccato, e su quel peccato conficcato per sempre sulla Croce, è brillata la misericordia. Pace a voi! Si, la nostra carne, la nostra storia sono la dimora di Dio, il Cielo sulla terra perché tutto quello che di noi appartiene alla terra giunga, un giorno, in Cielo.



venerdì 20 dicembre 2019



αποφθεγμα Apoftegma

In mezzo alle prove della vita 
e specialmente alle contraddizioni 
che l’uomo sperimenta dentro di sé e intorno a sé, 
Maria, Madre di Cristo, ci dice che la Grazia è più grande del peccato, 
che la misericordia di Dio è più potente del male 
e sa trasformarlo in bene. 

Benedetto XVI


NEL SENO DELLA CHIESA IL NOSTRO NULLA DIVIENE LA VERGINITA' DALLA QUALE DIRE IL NOSTRO AMEN ALLA INCARNAZIONE DI DIO CHE COMPIE IN NOI L'IMPOSSIBILE 


Nulla è impossibile a Dio, e nulla possiamo fare senza di Lui. O tutto o nulla, non vi sono alternative. Per questo tante volte sentiamo lacerarsi il cuore e la mente, vorremmo avere tutto e possediamo nulla. Il vuoto ci preme nel petto, la frustrazione sbiadisce le nostre ore, anche le gioie più limpide si portano dietro un retrogusto amaro d'insoddisfazione. I nostri giorni giungono alla sera come limoni spremuti, e non c'è più neanche una goccia da tirar fuori, come il grembo di una donna sterile, ghigno crudele della natura che sfregia il santuario stesso della vita. Il nostro nulla. Ne facciamo esperienza nelle amicizie, nei rapporti coniugali, nello studio e nel lavoro. Giacomo Leopardi, nella poesia "A se stesso", riassume con versi ineguagliabili ciò che Quelet aveva lapidariamente affermato: Tutto è vanità. "Or poserai per sempre, Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo, Ch'eterno io mi credei. Perì… Assai Palpitasti. Non val cosa nessuna... I moti tuoi, né di sospiri è degna la terra. Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo T'acqueta ormai… E l'infinita vanità del tutto". Un frammento latino del I Secolo recita: «In nihil ab nihilo quam cito recidimus», "Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo" (Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. VI, n. 26003). Ma il nulla esiste perché esiste il tutto capace di colmarlo, una pienezza che può saziare, dare senso e donare felicità. Dal testo biblico della Creazione scopriamo, infatti, che il tutto è l'amore incontenibile di Dio che dal nulla ha creato l'universo e l'uomo. Ciascuno di noi è frutto dell'inarrestabile volontà d'amore di Dio. Dio creando ha separato la notte dal giorno, il mare dalla terra ferma, ha conferito un ordine al mondo: dove Dio è presente brilla la luce, fiorisce la vita, sono assenti le tenebre e la gelida solitudine del non amore. In ogni nostra cellula è inscritta la stessa inquietudine divina, come un fiume in piena che deve, necessariamente, irrompere e riversarsi in qualche spazio. Anche il seno di una donna, che ne orienta i pensieri e ne regola i tempi, è creato per dare la vita, nell'attesa di accoglierla per gestarla e consegnarla al mondo. E' una traccia, forse la più limpida, dell'ordine d'amore insito nella creazione. In essa non vi è veleno di morte perchè «Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono » (Sap 1, 13-14; 2, 23-24). Il peccato ha ferito la creazione, raggiungendo e deturpando il bello, il vero, il buono. Le malattie, i terremoti, le anomalie della natura ferita ne sono il tragico segno. Il peccato si è insinuato anche alla fonte della vita, nel seno di una donna. La sterilità era considerata in Israele una maledizione, il segno che Dio aveva abbandonato quella donna. Per questo Dio, nel suo infinito amore, ha scelto un seno sterile per cominciare e ricominciare la sua ostinata storia di salvezza, da Sara sino ad Elisabetta. L'amore del Creatore indomito dinanzi allo sfregio del peccato è sceso sempre al fondo dell'abisso del nulla, realizzando l'impossibile di trasformare quel nulla in un tutto fecondo di vita. Questo è il cuore dell'annuncio a Maria. In Lei, nel suo seno verginale, sarebbe apparsa la Vita che non muore; l'amore di Dio si sarebbe fatto carne per recare alla carne precipitata nel nulla la Grazia del perdono, del riscatto e del tutto capace di farla santa e ricolma di vita eterna. Elisabetta sua parente ne è il segno, a Dio nulla è impossibile. Lo stesso annuncio risuona oggi per noi. Non è impossibile a Dio scendere anche nel nostro nulla, nell'angoscia più cupa, nel dubbio che scuote lo spirito, nella sterilità di relazioni vane e ipocrite, incatenate ai compromessi. Non è impossibile a Dio trasformare il nostro nulla in una pienezza di amore e di gioia, schiudere il nostro seno sterile e farne un santuario di vita. Senza di Lui tutto è vano, con Lui tutto è possibile, soprattutto quanto oggi ci appare impossibile. Come non rallegrarci, come non desiderare il suo avvento nella nostra vita, come non cercarlo, invocarlo, supplica