BERLINO – Nuova, radicale svolta conservatrice in Polonia. Questa volta le leggi sull’aborto sono nel mirino: il partito di maggioranza al potere dalla vittoria elettorale del 25 scorso, PiS (Prawo i Sprawiedlywosc, Diritto e Giustizia, nazionalconservatore e cattolico-integralista) vuole il divieto totale. Lo hanno detto sia la primo ministro, Beata Szydlo, sia il leader storico della maggioranza, Jaroslaw Kaczynski.

Già oggi in realtà le leggi polacche sull’interruzione di gravidanza sono tra le più restrittive in Europa, insieme a quelle irlandesi e maltesi. Varsavia riconosce il diritto d’abortire alle donne che lo chiedono solo in casi estremi. E cioè se la gravidanza è causata da uno stupro, se il feto ha malformazioni di tale gravità da preludere a una vita breve e infelice di sofferenze inaccettabili per il futuro bimbo, o se gravidanza e parto mettono in pericolo la sopravvivenza della madre.

Ora il governo vuole cancellare anche queste eccezioni e arrivare al divieto totale e assoluto in nome della morale cattolica: la difesa del nascituro, secondo la maggioranza, va sopra ogni altra cosa. Il PiS dispone di una maggioranza al Sejm, la decisiva Camera bassa, quindi la legge non avrebbe problemi a passare. “Dobbiamo e vogliamo restaurare il primato dei valori cristiani di difesa della vita, e distanziarci dal comodo mainstream dell’Europa secolarizzata”, dicono gli esponenti e i portavoce dell’esecutivo nazionalconservatore. “E’ la promessa fatta agli elettori, ritorno alle tradizioni cristiane”, aggiungono citati dalle agenzie di stampa fonti vicine alla capo del governo, Beata Szydlo appunto.

La scelta del PiS fa seguito a un recentissimo appello della Conferenza episcopale polacca, che – in rotta su ogni tema con la Santa Sede di Papa Francesco, spesso censurato dai media cattolici – ha chiesto “la piena protezione del nascituro, la quale è impossibile con le leggi attuali”. Le organizzazioni femminili e le ong per i diritti umani replicano che un divieto totale colpirà soprattutto le donne che affrontano dilemmi e difficoltà particolarmente gravi. Spingendo sempre più donne a spendere per un viaggio all’estero, in paesi dove le leggi sull’interruzione di gravidanza sono più permissive.

Attualmente le cifre sul numero annuale di aborti in Polonia – paese profondamente cattolico ma insieme società moderna e secolarizzata, specie nella vita quotidiana dei giovani nelle città – sono controverse. Secondo le autorità sanitarie il numero d’interruzioni di gravidanza è salito da 500 nel 2012 a 1812 nel 2014. La federazione delle donne e del family planning parla invece di almeno 80mila aborti l’anno, e forse di un totale di 200mila se si contano le donne (non vittime di stupro, né con gravidanze a rischio) che già oggi vanno all’estero per l’intervento.

Osservatori politici notano che con la campagna antiaborto il governo potrebbe tentare di distogliere l’attenzione dal conflitto con la Magistratura sui poteri della Corte costituzionale. L’esautorazione di fatto della Consulta ha causato dure critiche della Ue e dell’amministrazione Obama, tanto che nella sua visita negli Usa nei giorni scorsi il capo dello Stato polacco, Andrzej Duda, del PiS, è stato il primo presidente polacco che viaggiando negli States non è stato ricevuto alla Casa Bianca.