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martedì 31 maggio 2016

Nazaret - Basilica dell'Annunciazione


Nazaret - Grotta dell'Annunciazione


Attraverso la Chiesa nostra madre Cristo ci visita facendo danzare di gioia la nostra vita


I
Il Signore viene a visitarci. E si avvicina a noi sempre attraverso una carne concreta, il seno purissimo di Maria, tabernacolo della presenza di Dio tra noi. E' sempre Lei che ci visita, ambasciatrice dell'amore di Dio. E' Lei che ci dona il Signore, celato nelle Sue castissime viscere. Lei è l'immagine più fedele della storia di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo. Per noi, da sempre. E oggi, e domani. Dio incarnato, Dio adagiato nel seno d'una donna, Dio disceso alla nostra vita, Dio che visita e impregna le nostre ore. Dio incarnato nelle nostre carni incamminate nella storia. Maria è lo specchio fedele di quello che accade ogni giorno nelle nostre povere vite. In noi è già seminato il miracolo di una vita celeste, come lo fu Giovanni per Elisabetta. Proprio ora è vivo in noi qualcosa che le nostre forze, le nostre opere, i nostri desideri non hanno avuto il potere di generare. Sterili siamo, come ogni uomo, incapaci di darci vita, e di donarla. Sterili per accogliere la Grazia feconda di Dio. Come Elisabetta intuiamo ma abbiamo bisogno d'una visita, perché il miracolo di Grazia si schiuda in un canto di lode. Viviamo l'amore di Dio dentro di noi, ne sentiamo spesso tutta

lunedì 30 maggio 2016

Come una vigna piantata, difesa, curata da Dio e rinnovata in Cristo, la vita ci è data in eredità per essere donata


Un altro lunedì apre una nuova settimana importantissima. Certo è dura, come ogni lunedì, e vorremmo che la domenica si estendesse ad ogni giorno della settimana, perché forse c'è, in fondo al cuore, il desiderio di essere già nel Cielo assaggiato nel riposo. Ma questo è il tempo di vivere sino in fondo, sulla terra, la missione che ci è affidata. Il demonio, infatti, non riposa, e continua a sedurre gli uomini come forse mai nella storia. Come Chesterton aveva visto profeticamente, i pagani sono tornati, "mettendo a posto ogni cosa con parole morte, mentre "l’Uomo è trasformato in uno sciocco che non sa chi è il suo signore". Si riconoscono "dalla rovina e dal buio che portano; da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone, da un cieco e remissivo mondo idiota; dalla vittoria dell’ignavia e della superstizione, dalla presenza di peccatori che negano l’esistenza del peccato; da questa rovina silenziosa, dalla vita considerata una pozza di fango, dall’onta scesa su Dio e sull’uomo, dalla morte e dalla vita rese un nulla". Fratelli, "gli antichi barbari sono tornati" e hanno bisogno dei cristiani nei quali "la pietra" continui ad "essere scartata" perché "divenga testata d'angolo" della loro vita che sta crollando miseramente. Questa settimana le persone che sono accanto a noi, i "barbari" che si stanno prendendo le scuole dei nostri figli, i giornali, la televisione, il cinema, lo sport e, soprattutto, le menti e i cuori dei giovani, avranno bisogno di vedere quello che "ha fatto e sta facendo il Signore" nella nostra vita

domenica 29 maggio 2016

Diaconi da tutto il mondo a Roma per il Giubileo della Misericordia



Migliaia i diaconi giunti a Roma da tutto il mondo per il loro Giubileo



“Il diacono, immagine della misericordia per la promozione della nuova evangelizzazione” è questo il tema del Giulileo dei diaconi permanenti giunti a Roma da tutto il mondo per l'Anno Santo e nella speciale ricorrenza dei 50 anni della re-istituzione del diaconato permanente, avvenuta con il Concilio Vaticano II. Questa domenica i diaconi parteciperanno alla Messa presieduta da Papa Francesco. Il servizio di Marina Tomarro:
Migliaia i diaconi giunti a Roma da tutto il mondo per il loro Giubileo
Secondo i dati dell’Annuario pontificio, sono circa 45mila i diaconi in tutto il mondo che operano accanto ai sacerdoti e tra la gente portando una testimonianza di fede e di carità, con una particolare cura verso le famiglie e verso quanti vivono situazioni di disagio spirituale e materiale. In Italia sono oltre 4000, la maggior parte di loro sposati e impegnati insieme alle famiglia in questa importante missione. Ascoltiamo la testimonianza di Giorgio Albani, diacono a Roma nella parrocchia dei Sacri Cuori di Gesù e Maria:
R. - Io credo che non sia un ruolo importante, ma che la cosa importante sia essere al servizio della Chiesa là dove ti chiama, là dove servi. Io, in particolar modo, mi occupo di pastorale battesimale e di

sabato 28 maggio 2016

Consegniamoci a Cristo, così come siamo



Chiesa della Moltiplicazione, Tabgha / Wikimedia Commons - Berthold Werner, Public Domain
1024px-Brotvermehrungskirche_BW_3-2Celebriamo la Solennità del Corpus Domini, e anche noi, come “le folle”, anche noi abbiamo ascoltato e accolto l’annuncio del Vangelo e lo abbiamo “seguito”. E su questo cammino, attraverso la Chiesa, il Signore ci ha annunciato il Vangelo e “si è preso cura di noi guarendoci” da molte malattie”, Per questo ci siamo fidanzati e poi sposati, ci siamo aperti alla vita, abbiamo studiato e lavorato, qualcuno ha accolto la chiamata al sacerdozio o alla vita consacrata. Insomma, abbiamo cercato di compiere la volontà di Dio. Ma poi, il rapporto tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fidanzati e amici ha cominciato a farsi difficile se non impossibile, il ministero ha rivelato le sofferenze che suppone, e siamo arrivati anche noi nel “luogo deserto”.
Fratelli, il nostro matrimonio non è oggi un vero e proprio “eremo”, secondo l’originale greco reso con “luogo deserto”? Nelle diverse circostanze della nostra vita, non stiamo sperimentando la solitudine propria degli “eremiti”? Probabilmente, quando abbiamo accolto la predicazione e


«Vietato cantare il Padre Nostro». E gli studenti lo recitano

maggio 27, 2016
                                                                           


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venerdì 27 maggio 2016

Argentina, riconosciute le apparizioni della Vergine "Dio si è manifestato con la sua sposa prediletta"
                     
    
di Lorenzo Bertocchi                      27-05-2016
La Madonna di San Nicolas
«Come Vescovo diocesano competente a tale tipo di istruzione; motivato da un senso di giusta coscienza (…) riconosco il carattere soprannaturale dei felici eventi con cui Dio per mezzo della sua figlia prediletta, Gesù attraverso la Sua Santissima Madre, lo Spirito Santo per mezzo della Sua diletta Sposa, ha voluto manifestarsi amorosamente nella nostra diocesi».
Domenica 22 maggio, Mons. Héctor Cardelli, vescovo di San Nicolás (a nord di Buenos Aires, Argentina), ha confermato il carattere soprannaturale per gli “eventi mariani” accaduti a partire dal 25 settembre 1983, quando la veggente, Gladys Motta, vide apparire la Vergine vestita di azzurro e con il Bambino in braccio; entrambi avvolti da una straordinaria luce. L'apparizione era stata preceduta da una serie di fatti straordinari, in particolare molte corone del Santo Rosario avevano cominciato a brillare in molte case dei fedeli della città di San Nicolás, quasi ad anticipare quanto sarebbe accaduto di lì a poco. Da quel 25 settembre numerosissime sono state le apparizioni e molti i messaggi.
Il primo di questi viene dato il 13 di ottobre 1983, giorno dell'ultima apparizione di Fatima, mentre il 15 di novembre la Signora si presentava con il titolo di Nostra Signora del Rosario: «Sono la patrona di questa regione, fate valere i miei diritti».
Come per altre apparizioni mariane, la Vergine indica alla veggente un luogo su cui edificare un santuario - «Non chiedo splendori. Chiedo una casa spaziosa.» - cosa che avviene puntualmente e nel 1989 l'immagine venerata viene trasferita nel nuovo tempio dedicato appunto a Maria del Rosario di San Nicolás. Questa immagine, una statua di legno un po' più alta di una donna di media statura, era stata segnalata alla veggente dalla Vergine. La statua venne trovata, con sorpresa dei sacerdoti, nel campanile della Cattedrale di San Nicolás, venne poi restaurata e quindi posta nel nuovo santuario; l'immagine ha circa 150 anni e fu donata alla cattedrale da una signora che l'aveva portata da Roma, dopo essere stata benedetta da Papa Leone XIII.
L'8 novembre 1984 la veggente racconta come gli appare la Vergine. «Oggi come non mai sento che devo dire come vedo la Beata Vergine Maria. Non è una bellezza facile da descrivere: è bella, e in Lei va insieme con l'umiltà, la forza, la purezza e l'Amore, così: con la maiuscola, perché tutto l'amore del mondo non copre l'amore che prova per i suoi figli. Quando ordina, sento la forza che ha con sé. Quando dà consigli, sento il suo amore materno. E quando dice che soffre per i suoi figli lontani dal Signore, mi trasmette la sua tristezza». In quello stesso anno, 1984, Gladys comincia a vivere la Passione di Nostro Signore.
Il 13 maggio 1989, ancora in occasione dell'anniversario delle apparizioni di Fatima, la Vergine dice a Gladys: «Oggi come allora, a Fatima, sono nuovamente qui a visitare la terra, anche se [queste visite] sono più frequenti e prolungate, perchè l'umanità vive momenti molto drammatici». Ancora una volta, quindi, sembrerebbe che il messaggio delle apparizioni di Fatima non sia affatto concluso, i momenti drammatici vissuti dall'umanità richiedono ancora una presenza così frequente e assidua della Vergine. Questo, in un certo senso, conferma le parole di Papa Ratzinger del 2010 quando disse che «si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa», al netto di tutte le recenti speculazioni intorno al famoso Terzo Segreto. Il dato che rimane, infatti, è quello di una condizione di drammaticità che l'umanità sta vivendo, insieme ad un intensificarsi delle visite della Madre ai suoi figli.
Su questo c'è già molto da riflettere. I messaggi delle apparizioni argentine, in continuità con quanto comunicato in tutte le apparizioni mariane degli ultimi 200 anni, parlano della necessità della conversione dei peccatori, il ritorno ai sacramenti della Confessione e dell'Eucaristia, la necessità vitale della preghiera e in particolare della preghiera del Santo Rosario, infine, la preghiera per la pace e l'amore al prossimo. In uno dei messaggi la Signora del Rosario di San Nicolás dice: «Alcuni di voi diranno: “Niente di nuovo dice il Signore.” Io dico: Tutto è nuovo, perché nulla si pratica, sembra che di Dio nulla si conosca». E in altro messaggio: «In quei luoghi del mondo in cui sono stati dati i miei messaggi, sembra di aver predicato nei cimiteri, perché non c'è stata la risposta che vuole il Signore».
La pubblicazione di questi messaggi, interrotta nel 1990, è stata ripresa proprio grazie al vescovo Cardelli che lo ha annunciato il 25 settembre 2014. «A San Nicolás – disse il vescovo - Maria Santissima, in rivelazioni private confidate alla signora Gladys Motta, in modo semplice e in un linguaggio adatto all'uomo di oggi, ci consiglia come una madre fa con il suo bambino. Davanti a un mondo disorientato e che ha perso il senso soprannaturale della vita Ella ci orienta, come madre e maestra, ricordandoci quello che Gesù ci ha detto e ci invita ad ascoltare, accettare e annunciare quello che dice». Così hanno visto la luce i libri con i messaggi dal 2005, fino al 2014
Aborto e divorzio: i messaggi moderni della Vergine
                     
    
di Andrea Zambrano                                        27-05-2016
La devozione in Argentina
Sono messaggi estremamente attuali e pertinenti con la modernità e la crisi di fede nella Chiesa quelli che la Vergine del Rosario di San Nicolas in Argentina ha affidato alla veggente Gladys Quiroga de Motta tra il 25 settembre del 1983 e l’11 novembre 1990. 1804 messaggi che la Madonna ha chiesto venissero resi pubblici. Recentemente la Diocesi di San Nicolas de los Arroyos, retta dal vescovo Domingo Salvador Castagna ha allestito un portale dove i messaggi sono classificati cronologicamente e tematicamente.
Vi si può così scorgere la precisione con la quale la Madonna ha voluto manifestarsi alla veggente, la quale, a differenza di altri veggenti della storia recente e no, non si è mai fatta vedere in pubblico ed è sempre stata nel nascondimento. Ma i messaggi si ricollegano a Fatima e a Lourdes che sono citati spesso. E la Madonna spiega che “in tutti i luoghi del mondo dove ho dato messaggi, sembra che si sia predicato nei cimiteri, non c’è stata la risposta che voleva il Signore.
Per questo il tuo popolo è stato eletto, predica perché i tuoi fratelli rispondano alla chiamata del Signore, nostro Dio”, ha detto nel gennaio del 1984. Significativa anche la modalità con la quale è stata predisposta la statua che da quel giorno viene venerata a San Nicolas. Una modalità che non può non richiamare ad un’altra importante profezia della modernità. E’ il 27 novembre 1983: la veggente chiede alla misteriosa signora che cosa deve fare. La Vergine le risponde di andare a recuperare una statua che giace dimenticata all’interno della torre campanaria della Cattedrale di San Nicolas.
La veggente esegue e si scopre che si tratta di una statua raffigurante la Madonna col bambino e il Rosario, che fu benedetta nell’800 da Papa Leone XIII in occasione della fondazione della cattedrale cittadina. Lo stesso Leone XIII il cui sogno premonitore sul diavolo sciolto dalle catene per 100 anni rappresenta ancora oggi una delle profezie più misteriose della storia recente.
Ma la Madonna parla alla veggente di tutti i mali moderni e chiede sacrifici, riparazioni e conversione: aborto, divorzio, odio, mancanza di fede. Il 15 settembre 1989 elenca quelli che sono i “miei dolori: ateismo, mancanza di carità, i bambini che non nascono, le incomprensioni nelle famiglie, il grande egoismo di molti miei figli nel mondo, cuori chiusi all’Amore della Madre” mentre il 10 febbraio 1986 chiede novene per l’unione delle famiglie perché in questi giorni i divorzi si stanno diffondendo in maniera allarmante”.
Ma le parole della Vergine non devono essere “motivo di pena”, come lascia detto il 4 febbraio 1984 perché dovete essere convinti che “il futuro sarà meglio del presente”. Mentre i messaggi del 2005 non sono ancora stati pubblicati, quelli dal 1983 al 1990 sono stati pubblicati tutti, tranne uno. Risale al 1984 e si riferisce, come ha riferito il quotidiano El Clarin, all’Argentina che “attraverserà situazioni gravi fino a quando arriverà il momento nel quale il Signore la proteggerà”.
La maggior parte dei messaggi parlano del Male nel mondo e delle pene sofferte dalla Chiesa. “Quelli che non obbediranno avranno il peso della loro colpa, il Signore non tollera la malvagità che viene dal nemico”. Ma – dice l’8 agosto 1984 – niente può distruggere l’opera di Dio perché sopra Dio non c’è nessun potere, niente può distruggere la Chiesa dato che la Chiesa è lo stesso Cristo e Cristo è la verità”.
Parole di conforto arrivano quando invita a non lamentarsi “quando passerete momenti di dolore perché senza dolore non potete riparare, bisogna accettarlo come offerta al Signore per le vostre colpe”. E lega queste riparazioni alla Messa dove “mio figlio è presente con tutto il suo amore, Cristo sarà presente con voi e voi con Lui, questo si vive nella Messa, per questo serve la Messa”.
Il 5 febbraio 1985 si parla del mistero di iniquità: la veggente ha una visione. Vede enormi mostri che vengono verso di lei: “Sono orribili, alcuni sembrano dinosauri e altri sembrano persone, però molto brutte, con orecchie e testa grandi. Non appena sono vicinissimi a me, appare una muraglia celeste che si interpone tra me e i mostri. Poco dopo la Vergine mi dice: “Questi mostri rappresentano il Maligno, che vuole attaccare la Chiesa e la muraglia è il mio manto protettore”.
L’attacco alla Chiesa è prefigurato anche il 1 novembre 1986, solennità di tutti i santi: “Figlia mia – dice -: mi assale un gran dolore nel vedere con quale crudeltà è attaccata la Chiesa, io sto combattendo per salvarla. Il mio cuore in questo tempo sta effondendo amore”.
Concetto ripetuto il 9 novembre dell’anno seguente in cui nel chiedere una novena per la Santa Chiesa si dice che “Sta subendo una orribile persecuzione”, ma che “risplenderà in futuro come la più splendente delle stelle”. Messaggio che la Madonna si raccomanda a “far conoscere”.
Rivolgendosi alla stessa Gladys, il 12 giugno 1987 spiega che “ateismo e persecuzione si estendono per la debolezza spirituale dei tuoi fratelli”. Ma “l’azione misericordiosa del Signore è tanto grande che arriverà, ma tutto si deve risolvere nella preghiera e nella riparazione. Non cesserò di dire a miei figli; smettete di offendere Dio”.
Il 24 novembre si torna a parlare di divorzio: “Commettono un gravissimo peccato, un attentato contro Dio, perché (il matrimonio ndr) è un legame indissolubile”. Subito dopo si rivolge a Gladys pregando per le creature che non nascono, che non riescono a vedere la luce del giorno. Sono tanti gli aborti, sono tanti gli attentati alla vita che appartiene solo a Dio”.
Che la Messa sia da valorizzare maggiormente è un concetto ribadito anche il 15 settembre 1984: “Un buon cristiano deve sentirsi obbligato a partecipare alla Santa Cena, alla Messa quotidiana o per lo meno una volta alla settimana. In questo momento quello che il mio adorato figlio ci trasmette è l’amore del Padre e la Salvezza eterna, dove è lui che si offre per noi” perché – aggiunge il 9 giugno ’85 – “nella santa Messa non si riceve il Corpo e il Sangue di Cristo simbolicamente, ma Gesù Cristo è presente e si offre veramente”. Due mesi dopo, il 3 agosto, ribadisce: “Voglio che andiate e partecipiate alla Messa perché in essa vi alimenterete con il Pane di Vita, che non vi recherà nessuna pestilenza che venga da fuori perché Gesù la distruggerà”.
In occasione della solennità della Beata Vergine di Lourdes nel 1990, in uno degli ultimi suoi messaggi finora pubblicati, la Vergine invita a “pregare, riparare e confidare. Benedetti quelli che trovano nella preghiera un rifugio per le loro anime, quelli che riparano le gravi offese che sono inferte a mio figlio e che confidano nell’amore di Madre”. Poi promette: “Tutti quelli che confideranno in Dio e in Maria, saranno salvi” e si raccomanda di predicarlo. Infatti, pochi giorni prima aveva messo in guardia che “quelli che non obbediscono alla Madre soffriranno i dolori della morte, in cambio quelli che la accoglieranno (la Madre ndr.) godranno dei benefici della vita”.

giovedì 26 maggio 2016

La memoria di quel pane diventato corpo
                     
    
di Angelo Busetto                                 26-05-2016
La consacrazione del pane e del vino
Seguendo la “buona” teologia eucaristica, lo sguardo e il cuore si concentrano sul pane eucaristico: quando viene innalzato alla consacrazione, quando l’abbiamo davanti nell'adorazione e quando cammina con noi nella processione. La mente tenta di immaginare il contenuto di quel pane e si domanda come sia possibile che contenga il Corpo del Signore, la sua anima e divinità. Ragione e immaginazione non resistono in questa arrampicata e ben presto cedono. Fidandosi: qui c’è Gesù e basta.
La domanda tuttavia insiste: in quale modo è presente? La mentalità fisicista dei bambini immagina Gesù “piccolo” nascosto sotto le specie del pane e del vino. Come fará a starci dentro, con quale figura, quale età... Già, è fatica “restringere” il Figlio eterno nel tessuto di un corpo umano. Come immaginare il corpo che si fa pane, cosa inanimata, cibo da mangiare? I mistici e soprattutto le sante mistiche “vedono” realmente Gesù nel pane eucaristico, come documentano anche straordinari miracoli. C’è chi realmente vedeva Gesù bambino o Gesù adulto, Gesù coronato di spine o crocifisso. E dunque, si crede non solo per fede ma anche attraverso i testimoni. Tra i miracoli eucaristici, uno degli ultimi è accaduto in Argentina quando era lì papa Francesco: un pezzo di pane consacrato diventa una parte di muscolo cardiaco; un miracolo simile a quello di Lanciano.
La presenza reale di Gesù nell’Eucaristia si dilata quando, seguendo gli antichi scrittori, noi la consideriamo secondo uno sguardo “simbolico”. Il pane - nessun pane - è soltanto un oggetto da mangiare. Si mangia il pane in compagnia; si mangia e si gusta e si commenta. Il pane porta in sé la storia del grano e del seminatore, la storia della fame e della guerra, del perdono e della pace. Padre Cristoforo ha conservato per tutta la vita il pane del perdono. Noi custodiamo per sempre il profumo e il sapore del pane. Gli ebrei hanno conservato fino ai tempi di Gesù la nostalgia della manna. Un pane pieno di ricordo, di memoria, che diventa sacro come il pane dei poveri.
Non vale solo la materialità del pane, con cellule e molecole. Il pane eucaristico è pieno di memoria evangelica: la donna con il lievito nella farina, il pane moltiplicato nel miracolo, lo struggimento dell'Ultima Cena. Il pane si carica della memoria del sacrificio, triturato sulla croce. Gesù spinge decisamente a “fare questo”: offrire il suo corpo e il suo sangue. Non una presenza statica. Quando san Tommaso dice che nella consacrazione eucaristica cambia la sostanza ma rimangono gli accidenti del pane, che cosa succede? La sostanza del pane cambia assumendo non solo il corpo e il sangue di Gesù, ma tutta la sua storia umana e il percorso delle generazioni.
La memoria eucaristica emerge dal profondo della storia sacra e si allarga al corpo della Chiesa. L’offerta di Cristo si dilata nella carità che abbraccia il mondo. Il Corpo di Cristo contiene non solo se stesso, ma tutti coloro che Egli incorpora a sé. La comunione eucaristica è una corrispondenza amorosa, un’unione amorosa, come descrive Maddalena de' Pazzi.   

NELLA CHIESA IMPARIAMO A DESIDERARE LA VISTA DELLA FEDE




Buongiorno "Bartimeo"... E questo il tuo nome oggi, no? Forse non ti sei neanche accorto che è da una vita che la tua relazione matrimoniale è un grigio e infruttuoso “mendicare” come lui uno spicciolo di stima e considerazione. Prova a scrutare il rapporto con il tuo fidanzato, e comincia a contare le volte che ti avvicini a lui allungando le mani per mendicare il suo affetto con le parole, gli sguardi, i compromessi, il detto e non detto, gli ammiccamenti, perfino con i regali e l'aiuto che gli offri, e il tuo corpo che per paura di perderlo non induci a far rispettare. Guarda al rapporto che hai con gli amici e i colleghi di lavoro, alle foto che posti su Facebook e Instagram, istantanee della tua vita messe in vetrina per mendicare un “mi piace” e un commento che inietti una goccia di vita nel tuo cuore assetato d’affetto. Guardiamo anche al nostro modo d'essere preti, ai salti mortali di splendida carità, alle omelie e alle catechesi, e scopriremo quanto siamo abili ad elemosinare il prestigio e il successo pastorale che diano senso al nostro ministero. Sì fratelli, facciamo di tutto per ripararci dalla solitudine che, nel Vangelo, appare oggi sotto forma di "cecità". Un cieco, infatti, è isolato dagli altri perché non li vede ed è obbligato ad entrare in relazione con loro solo attraverso un triste mendicare. Come "Bartimeo", divenuto cieco come Sansone. Nato da una donna sterile era un "nazireo", ovvero un consacrato a Dio. Ma, irretito dal demonio, aveva peccato con i suoi occhi lasciandosi sedurre da Dalila, una donna pagana, immagine del mondo ostile a Dio e della vita secondo la carne. Per i rabbini Dalila è, secondo il significato del nome, colei che “indebolisce”, perché gli aveva fatto perdere le tre facoltà fondamentali di un uomo: il corpo, lo spirito e la volontà. Troppo sicuro di sé Sansone non resiste alla concupiscenza, che lo conduce a svelare il segreto della sua forza e “consegnare le perle ai porci”, la primogenitura che lo rendeva illuminato e forte come un "piccolo sole" (è il significato del nome Sansone). Per questo, dopo avergli tagliato i capelli, i pagani lo “accecano”; dicevano i Padri della Chiesa, che il demonio lo aveva accecato sull'amore di Dio e su quello dei fratelli gettandolo nella solitudine. Se il demonio riesce a offuscare l'evidenza del suo amore inducendoci a dubitare, ci ritroveremo ogni giorno più ciechi, come, secondo i rabbini erano tanti “ebrei ai tempi dell’esilio”, quando, volendosi costruire un futuro a Babilonia increduli alle parole dei profeti, “la malta cadde nei loro occhi e furono accecati” (Bamidbar Raba 7,1). Ormai esiliati e lontani da Gerusalemme, cioè dalla volontà di Dio, ci illudiamo di costruire la nostra storia senza accorgerci che quella che stiamo guardando non è più la vita reale pensata da Dio, perché gli eventi e le persone saranno avvolti nella menzogna: la moglie sarà solo un'isterica, il marito un egoista inguaribile, i genitori dei fossili lontani anni luce dai problemi dei figli, i figli dei capricciosi imbelli, gli amici approfittatori, i colleghi subdoli nemici, e tutto sembrerà coalizzarsi contro di noi. Questo modo di vedere la storia è proprio la cecità! Come Sansone, ci ritroviamo in mezzo ai pagani, costretti a far girare una macina, obbligati cioè a mendicare un frammento di affetto girando intorno a noi stessi e ai nostri desideri, per cercare di non morire. E' così vero? Non riesci a liberarti da quella relazione morbosa perché non vedi l'amore di Dio nella tua vita e ti accontenti di un suo rancido surrogato. Sì fratelli, come Sansone abbiamo perduto la forza per vivere liberi e non soccombere dinanzi al mondo e alle sue lusinghe perché abbiamo perduto la nostra unica ricchezza, Cristo, dimenticandolo senza accorgercene. 




Ma coraggio, Gesù sta "passando" oggi "insieme ai discepoli" proprio accanto a te. Non ti giudicare, ascolta! Spera la salvezza, anche se come Bartimeo te ne stai prostrato nell'accidia della routine senza sperare nulla. Non devi fare chissà che cosa, come Bartimeo che si trovava in quel momento in quel posto che era la sua realtà di indigenza. E’ Gesù che fa tutto, che “passa” oggi proprio dove tu sei schiacciato su te stesso. E’ Gesù che attraverso la predicazione della Chiesa che cammina con Lui ti illumina sulla tua realtà bisognosa di “pietà”, ti fa “sentire” che è accanto a te per salvarti, e depone in te quell’embrione di fede nel quale puoi “gridare” a Lui. La fede, infatti, viene dalla predicazione, e per questo nel "grido" di Bartimeo appare già "la fede che lo salva". In quel momento ha riaperto gli occhi del cuore perché al passaggio di Gesù, la stessa storia sulla quale si erano chiusi ridiviene luminosa di speranza. Proprio come recita il salmo 64: “Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri peccati. Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atrii. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l'anno con i tuoi benefici, al tuo passaggio stilla l'abbondanza”. E proprio attraverso la storia Dio aveva “preparato” la “terra” di Bartimeo umiliandolo perché sapesse accogliere la “visita” di Gesù. Capisci? Questo “anno”, ovvero la nostra vita sino ad oggi, è stato “coronato dai benefici” del Signore! Tutti gli avvenimenti che ci sono accaduti erano “benefici” di Dio che hanno “preparato” misteriosamente il miracolo della vista. Ciò significa che anche il tempo che ci sembra scorrere inutile e grigio, senza “vedere” nulla è il seno fecondo che prepara l'incontro con il Signore. Cristo, infatti, al suo “passaggio” fa “stillare l’abbondanza” che tutti desideriamo e mendichiamo dalla carne, perché ci convertiamo. E convertirsi significa smettere di rivolgerci agli uomini e volgerci a Lui per “mendicare” la sua “pietà”. Lasciamoci trafiggere il cuore e gridiamo “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Proprio questo grido che nasce da un cuore contrito e umiliato è la voce della fede accolta nella predicazione capace di “fermare” il Signore perché ci “chiami” a “passare” con Lui nel Mistero Pasquale. Per giungere all’incontro decisivo con il Signore dobbiamo imparare da Sansone che non disperò di riacquistare la sua forza, e “gridare” più forte di quanti vorrebbero far tacere l’embrione della fede. Che hai da fare di più importante? “Grida”, lo puoi fare, perché Gesù ti attira a sé “chiamandoti” attraverso gli Apostoli. Se lo ascolti potrai “alzarti” in virtù del potere della sua Parola, ovvero “risuscitarti” per giungere dinanzi a Lui e consegnargli la tua cecità. Coraggio allora, “balza in piedi” come chi ha saputo di aver vinto alla lotteria, “getta via il mantello” della superbia e corri da Lui che ti sta aspettando per farti la domanda che ogni uomo spera di sentirsi rivolgere: “Che vuoi che io ti faccia?”. E certo, saprai come rispondere, perché “la tua fede” accolta nella predicazione, ti avrà già “salvato” dalla menzogna del demonio: avrai compreso che il problema non era fuori di te, perché la tua sofferenza non dipendeva dal fatto che gli altri non ti amavano e consideravano, che tua moglie o tuo fratello non ti “vedevano”. Eri tu che non “vedevi” più chi ti era accanto perché, ingannato dal demonio, avevi smesso di “vedere” Cristo e il suo amore. Per questo potrai rispondere al Maestro che vuoi “riavere” la possibilità di “vedere” Lui e il suo amore per te, che vuoi sperimentare il suo perdono e ricevere il dono della vita nuova. Allora “riacquisterai la vista” della fede sui fratelli e potrai "vedere" le sue orme nella storia e, con la forza dello Spirito Santo che Dio diede nuovamente a Sansone, “seguirlo” nel suo cammino verso Gerusalemme, dove compiere sulla Croce con Lui la tua consacrazione, per far giustizia dei Filistei, immagine dei demoni nemici di ogni uomo che ci è accanto.

mercoledì 25 maggio 2016

Caffarra a tutto campo su famiglia e Cirinnà: "Con la firma Mattarella ha ridefinito il matrimonio"
                      
    
di Marco Ferraresi                               25-05-2016
Il presidente Mattarella
Parlare di famiglia non è mai stato così complicato. Persino dentro la Chiesa. Fa problema anzitutto l’oggetto del discorso: cosa è veramente famiglia? E come pretendere che non vi sia confusione nella società civile, se pure nella Chiesa si oscurano talora verità fondamentali sul matrimonio? La controversia sul cap. VIII dell’esortazione Amoris Laetitia di Papa Francesco e la recente legge italiana sulle unioni civili destano sconcerto.
Ne parliamo con il Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna. Caffarra è stato fondatore e Preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Già partecipante come esperto al Sinodo dei vescovi sulla famiglia del 1980, è membro di nomina pontificia ai Sinodi del 2014 e del 2015. Risponde alle domande con la semplicità e la franchezza degli uomini della sua terra: “Quella fettaccia di terra tra il grande fiume e la grande strada”, dice orgogliosamente citando Guareschi.
Eminenza, cos’è la famiglia?
E’ la società che trae origine dal matrimonio, patto indissolubile tra un uomo e una donna, che ha la finalità di unire i coniugi e trasmettere la vita umana.
Da un’unione civile, secondo la legge Cirinnà nasce una famiglia?
No. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, firmando questa legge, ha sottoscritto una ridefinizione del matrimonio. Ma un provvedimento normativo non cambia la realtà delle cose. Occorre dirlo: i sindaci (soprattutto, naturalmente, quelli cattolici) devono fare obiezione di coscienza. Celebrando un’unione civile si renderebbero infatti corresponsabili di un atto gravemente illecito sul piano morale.
Perché questa crisi di identità della famiglia in Occidente?
Me lo chiedo spesso, ma non ho una risposta esaustiva. Comunque, una concausa è un processo di “debiologizzazione”, per il quale non si ritiene più che il corpo abbia un linguaggio (e dunque un significato) oggettivo. Questo significato viene così determinato dalla libertà della persona. Si è spezzato,nella coscienza occidentale, il legame tra bios e logos.
In una prospettiva di fede, non vi sono pure cause soprannaturali?
Nel 1981 stavo fondando per volontà di San Giovanni Paolo II l’Istituto per gli studi sul matrimonio e la famiglia. La fondazione era prevista per il 13 maggio, data della prima apparizione della Madonna a Fatima. Il Papa in quel giorno subì l’attentato, da cui uscì miracolosamente salvo per grazia – a dire dello stesso Pontefice – della Madonna. Dopo i primi anni di vita dell’Istituto, scrissi a suor Lucia, la veggente di Fatima, chiedendo preghiere per l’opera, e aggiungendo che non aspettavo risposta. Una risposta però arrivò comunque.
Che cosa le rispose?
Suor Lucia scrisse – e, vorrei sottolineare, siamo  nei primi anni ’80 – che vi sarebbe stato un tempo di uno “scontro finale” tra il Signore e Satana. E il terreno di scontro sarebbe stato costituito dal matrimonio e dalla famiglia. Aggiunse che coloro i quali avrebbero lottato per il matrimonio e la famiglia sarebbero stati perseguitati. Ma anche che costoro non avrebbero dovuto temere, perché la Madonna ha già schiacciato la testa al serpente infernale.
Parole profetiche: è quello che sta accadendo?
Viviamo una situazione inedita. Mai era accaduto che si ridefinisse il matrimonio. E’ Satana che sfida Dio, come dicendo: “Vedi? Tu proponi la tua creazione. Ma io ti dimostro che costituisco una creazione alternativa. E vedrai che gli uomini diranno: si sta meglio così”. L’arco intero della creazione si regge, secondo la Scrittura, su due colonne: il matrimonio ed il lavoro umano. Non è ora nostro tema il secondo, pure soggetto ad una “crisi definitoria”; per quanto qui concerne, il matrimonio è stato istituzionalmente distrutto.
La Chiesa può rispondere a simile sfida?
Deve rispondere, per ragioni direi strutturali. La Chiesa si interessa del matrimonio perché il Signore l’ha elevato a sacramento. Cristo stesso unisce gli sposi. Si badi, non è una metafora: secondo le parole di San Paolo, nel matrimonio il vincolo tra gli sposi si innesta nel vincolo sponsale tra Cristo e la Chiesa, e viceversa. L’indissolubilità non è anzitutto una questione morale (“gli sposi non devono separarsi”), ma ontologica: il sacramento opera una trasformazione nei coniugi. Sicché, dice la Scrittura, non sono più due, ma uno. Questo è detto chiaramente in Amoris Laetitia (par. 71-75). Il sacramento, poi, infonde negli sposi la carità coniugale. E di questo parlano benissimo i capitoli IV e V dell’Esortazione. Inoltre, il sacramento costituisce gli sposi in uno Stato di vita pubblico nella Chiesa e nella società. Come ogni Stato di vita nella Chiesa, anche lo Stato coniugale ha una missione: il dono della vita, che si continua nell’educazione dei figli. Qui il capitolo VII di Amoris Laetitia colma addirittura, a mio avviso, una lacuna nel dibattito dei vescovi al Sinodo.
In pratica, cosa dovrebbe fare la Chiesa?
Una sola cosa: comunicare il Vangelo del matrimonio. Ho detto “comunicare”, perché non si tratta solo di un evento linguistico. La comunicazione del Vangelo significa guarire l’uomo e la donna dalla loro incapacità di amarsi e introdurli nel grande Mistero di Cristo e la Chiesa. Questa comunicazione avviene attraverso l’Annuncio e la catechesi; e attraverso i Sacramenti. Ci sono persone che, dopo una catechesi sul Sacramento del Matrimonio, vengono a dirmi: perché nessuno mi ha mai parlato di queste realtà meravigliose? I giovani, soprattutto, devono essere al centro delle nostre preoccupazioni. La questione educativa in materia è “la” questione decisiva. Il Papa ne parla ampiamente nei par. 205-211.
Eminenza, che dire della questione dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati? Il Papa ne tratta al cap. VIII, del quale sono state offerte però letture contrapposte.
Anzitutto, vorrei sottolineare che il Papa stesso nel par. 307 afferma che, prima di occuparci dei matrimoni falliti, dobbiamo preoccuparci di quelli da costruire. E, aggiungo, il problema della sua domanda resta quantitativamente limitato. Certo, sul piano dottrinale è tutt’altro che da trascurare. A tal proposito, rispondo a partire da quattro premesse.
1) Il matrimonio è indissolubile. Come dicevo, prima che un obbligo morale, l’indissolubilità è un dato ontologico. Spiace osservare che non tutti i Padri sinodali avessero ben chiaro tale fondamento ontologico.
2) La fedeltà coniugale non è un ideale da raggiungere. La forza di essere fedeli è donata nel sacramento (vi immaginate il marito che dice alla moglie: “Esserti fedeli è un ideale che cerco di raggiungere, ma ancora non riesco”?). Troppe volte si usa in Amoris Laetitia la parola “ideale”, occorre attenzione sul punto.
3) Il matrimonio non è un fatto privato, disponibile dagli sposi. E’ una realtà pubblica per il bene della Chiesa e della società.
4) Il cap. VIII, oggettivamente, non è chiaro. Altrimenti come si spiegherebbe il “conflitto di interpretazioni” accesosi anche tra vescovi? Quando ciò accade, occorre verificare se vi siano altri testi del Magistero più chiari, tenendo a mente un principio: in materia di dottrina della fede e di morale il Magistero non può contraddirsi. Non si devono confondere contraddizione e sviluppo. Se dico S è P e poi dico S non è P, non è che abbia approfondito la prima. L’ho contraddetta.
Amoris Laetitia, dunque, insegna o no che vi sia uno spazio di accesso ai sacramenti per i divorziati risposati?
No. Chi versa in uno stato di vita che oggettivamente contraddice il sacramento dell’Eucaristia, non può accedervi. Come insegna il Magistero precedente, possono invece accedervi coloro che, non potendo soddisfare l’obbligo della separazione (ad es. a causa dell’educazione dei figli nati dalla nuova relazione), vivano in continenza. Questo punto è toccato dal Papa in una nota (la n. 351). Ora, se il Papa avesse voluto mutare il Magistero precedente, che è chiarissimo, avrebbe avuto il dovere, e il dovere grave, di dirlo chiaramente ed espressamente. Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in Teologia è sempre stato ammesso. Il Magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente.
Dunque, nessuna novità?
La novità, oltre alla possibilità data dal S. Padre di eccepire, a giudizio prudente dei vescovi, ad alcune norme canoniche, è soprattutto nel prendersi cura di questi fratelli divorziati risposati, cercando di imitare il nostro Salvatore nella modalità con cui Egli incontrava le persone più bisognose del “medico” . Il cap. VIII (“accompagnare, discernere, integrare”), a mio modesto avviso, è la guida di questo “prendersi cura”. Non dobbiamo cadere nell’inganno mass-mediatico di ridurre tutto a “Eucarestia sì-Eucarestia no”.
Dalle «Confessioni» di sant’Agostino, vescovo
(Lib. 10, 26. 37 – 29. 40; CSEL 255-256)


Tutta la mia speranza è riposta
nella tua grande misericordia
   Dove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per nulla un luogo. Ci allontaniamo e ci avviciniamo ad essa, è vero, ma, pur tuttavia, non è assolutamente un luogo. Dovunque ti trovi, o Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più diverse.
   Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti ti interrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te.
   Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì ti cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su queste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l’ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e aspiro ardentemente alla tua pace.
   Quando aderirò a te con tutto me stesso, non vi sarà più posto per il dolore e la fatica, e la mia vita sarà viva, tutta piena di te. È un fatto che tu sollevi chi riempi; e poiché io non sono ancora pieno di te, sono di peso a me stesso. In me le mie deprecabili gioie contrastano con le mie tristezze di cui dovrei rallegrarmi, e non so da quale parte stia la vittoria.
   Ahimè! Abbi pietà di me, Signore. Le mie cattive tristezze contrastano con le gioie oneste, e non so da quale parte stia la vittoria. Ahimè! Abbi pietà di me, Signore! Ahimè! Ecco, io non nascondo le mie ferite: tu sei il medico, io il malato; tu sei misericordioso, io misero. Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra? (cfr. Gb 7, 1). Chi vorrebbe molestie e difficoltà? Tu ci comandi di sopportarle, non di amarle. Nessuno ama quello che sopporta, anche se ama di sopportare; avviene che uno può godere di sopportare, ma tuttavia preferisce che non esista quello che deve sopportare. Nelle avversità desidero prosperità, nella prosperità temo le avversità. Qual è il giusto mezzo tra questi estremi, dove l’uomo non abbia un simile duro lavoro sulla terra? Guai alle prosperità del mondo, doppiamente indesiderabili e per il timore dell’avversità e per la caducità della gioia! Guai alle avversità del mondo, e una e due e tre volte e per il desiderio della prosperità, e perché l’avversità stessa è ben dura e la sopportazione fa naufragio! La vita dell’uomo sulla terra non è forse un duro lavoro (cfr. Gb 7, 1) senza mai una pausa?
   E allora ogni mia speranza è posta nella tua grande misericordia.
 

«Mamma e catechista, ho lasciato il catechismo». Cronaca di un ordinario fallimento parrocchiale

«Mamma e catechista, ho lasciato il catechismo». Cronaca di un ordinario fallimento parrocchiale
 
Sono una mamma e una catechista e ho abbandonato il catechismo, che tanto amavo, due anni fa per due motivi: il disgusto per la diserzione dal catechismo della Chiesa Cattolica e per non trascurare la famiglia (ho tre bimbi molto piccoli). Evidentemente a Nostro Signore non manca la fantasia per richiamare in riga i suoi figli.

Accade che in una mattina come tante, nel tranquillo svolgersi del tran tran quotidiano, suona alla mia porta una mamma della nostra parrocchia; viviamo in un paesino sulle colline della diocesi di Torino, e mi dice che deve parlarmi del catechismo.

La mamma in questione, insieme ad altre, già da qualche mese mi fermava per strada per lamentarsi del catechismo, ma quello che fino a ora era stato improvvisato e oggetto battute da strada, ora stava diventando una formale richiesta di aiuto.

Nella mia parrocchia – e non solo qui – quello che viene chiamato catechismo, negli anni è andato incontro a un degrado imbarazzante: si tratta di quel percorso di “iniziazione cristiana”  – così come si ama chiamarlo nelle diocesi e sui testi della CEI – in cui ci si avvicina ai Sacramenti: confessione in terza elementare, prima Comunione in quarta e Cresima in prima media. Il tutto affidato alla buona volontà di pie signore, perlopiù esse stesse a digiuno di catechetica, la cui formazione è affidata, nella migliore delle ipotesi, a qualche ritiro annuale in cui di tutto si parla fuorché di Catechismo.

Anni e anni avanti così. Poi un giorno ci si accorge che qualcosa non va. Qualcuno in parrocchia si rende conto dell’emergenza: le famiglie sono scristianizzate, i ragazzi arrivano a otto anni a completo digiuno della vita della fede, le catechiste si improvvisano e le lezioni si trasformano in perfette partite di pugilato. Si urla tutta l’ora. I ragazzini ridono sguaiatamente in faccia alla catechista, lei va nel pallone, perde la concentrazione e dimentica persino il Padre Nostro. Quando va bene si riesce a far loro disegnare una pecorella smarrita da appendere in Chiesa nel cartellone dell’ultim’ora. Ci si accorge che in prima media, alle soglie della Cresima, non sanno definire la persona di Dio, non sanno nulla della Trinità e via così.

E così una suora e una laica sono incaricate dal parroco di studiare nuove strategie per porre fine a questa babilonia e riprendere finalmente in mano le redini della formazione dei giovani, anche su invito del Vescovo che invia un lungo documento, un vademecum, rivolto alle parrocchie, in cui dottamente si illustrano scopi, fini,  obiettivi, criticità, consigli, speranze e auspici riguardo la formazione dei ragazzi.

Alla fine viene concepita a tavolino la seguente machinatio: decine di onerosissimi incontri serali con i genitori dei bambini di seconda elementare inermi e perlopiù agnostici, mirati al riavvicinamento. Si ipotizza di suscitare in essi un desiderio di avvicinamento alla fede che possa poi essere importato in famiglia e trasmesso ai figli e, mira assai più ambiziosa, di creare una sorta di “vivaio” in cui allevare possibili futuri catechisti (roba che solo il Santo Curato d’Ars…). Queste serate si svolgono in un tale vuoto di sostanza cristiana che si trasformano sì in un vivaio, ma di rancore e astio misti a noia mortale, che sono ben lontani dall’avvicinare le famiglie alla Grazia di Nostro Signore.

Le povere vittime, dopo aver accettato di partecipare tutto l’anno a questi incontri, in obbedienza ai dettami del parroco,  per una commovente residua fedeltà alle tradizionali tappe dell’iniziazione cristiana, a fine anno tentano di parlare con chi ha tenuto le serate per far presente che questo sistema è fallato in partenza. Che non hanno imparato nulla, che si sono pagate pure la baby sitter e che sono più lontane di prima dalla fede cristiana. Se ne accorgono persino loro, che non vanno in chiesa da anni, che hanno dimenticato quasi tutto della loro fede, che sono magari battezzate e sposate in chiesa  ma, immerse nella mentalità del mondo come la maggior parte delle famiglie moderne, ormai allergiche al “dogma”, guardano con sospetto la Chiesa e la sua dottrina. La tanto vituperata dottrina che qualche illustre teologo e monsignore si preoccupano con solerzia di montare e smontare a piacimento nell’illusione di non urtare la sensibilità dei cattolici ormai adulti. I quali invece, in un paradosso esemplare, tristi e sconsolati di fronte alle macerie di una Chiesa che intuiscono in decadenza, supplicano i loro carnefici di riportali ad essa (alla dottrina) e si trovano di fronte a un rifiuto categorico. E qui il carnefice diventa castigo a se stesso, come dice l’ottimo Alessandro Gnocchi, perché impossibilitato dalle proprie scelte a fare ritorno alla retta via.

Quando le famiglie vengono in contatto con questi salotti dall’aria fritta che sono le parrocchie, avvertono che lì dentro si respira male, che non c’è spazio per la Verità, che qualcuno li sta prendendo in giro. Provano ad abborracciare una protesta ma il sistema li rigetta. La parrocchia risponde nisba, il catechismo (quello vero, tradizionale)  non te lo insegno, nemmeno se mi supplichi in ginocchio. Ne a te, né ai tuoi figli. Punto. Meglio leggere i salmi (?!) e commentarli a braccio per decine di incontri, continuando a tenervi all’oscuro di tutte le più semplici e palesi verità della nostra fede.

Così i genitori si ricordano di me, che sono solo una poveretta che per cinque anni ha tentato di spiegare ai bambini alla “bene e meglio” chi è Dio, perché ci ha creati, cos’è la Creazione, il peccato originale, i dieci Comandamenti, chi è Gesù, perché è morto in croce, cos’è il segno della Croce, i Sacramenti, la S. Messa, la Madonna, gli angeli e i santi. Tutti argomenti tabù, soprattutto se trattati con verità, semplicità e devozione, senza quegli intellettualismi o, peggio, dissacranti banalizzazioni, che invece di avvicinare non fanno che suscitare legittimo scetticismo.

Mi chiedono di fare lezioni di catechismo vero ai loro figli. Fuori dal circuito parrocchiale. Da privatisti. Di insegnare loro ad avere un rapporto vero con Dio, così che poi, parole testuali, “saranno poi loro a portare a messa noi”.

Quasi quasi mi ci butto, penso. In fondo non vedevo l’ora di ricominciare il catechismo e avevo una certa riluttanza però, a pensare di rientrare nel giro vizioso della parrocchia.

Epilogo:

Dopo qualche settimana, le mammine arrabbiate vanno dal parroco, per tentare un ultimo approccio. Gli parlano a cuore aperto e viene fuori che io esisto e che sono disponibile. A quel punto il nemico esce allo scoperto e la mia figura, con tutti i miei metodi (chissà quali poi) vengono messi al bando palesemente dal parroco il quale spiega chiaramente alle mamme che il mio metodo è scaduto, non è più valido, è dogmatico e non viene più utilizzato nelle parrocchie dunque, se non vogliono uscire dal giro e, in poche parole, se vogliono i sacramenti per i loro figli, occorre rimanere nell’alveo della diocesi. Punto.

Apostasia della Chiesa. Un parolone che da giovane non capivo tanto.

Ora so cos’è.

Non credo che finirà qui. Rimango in attesa fiduciosa degli eventi nella preghiera.

A.P.

martedì 24 maggio 2016

SEGUE GESU' SOLO CHI NELLA SUA CHIAMATA HA SPERIMENTATO LA LIBERTA' AUTENTICA
Nelle parole di Pietro si percepisce la tensione che da sempre anima la Chiesa. E' vero che i suoi figli "hanno lasciato tutto per seguire il Signore", ma è ancor più vero che l'abbandono di ogni sicurezza mondana è proprio l'impossibile fatto possibile da Dio, perché è impossibile seguire Colui che non è la tua unica ricchezza. A nome della Chiesa Pietro professa l’amore a Cristo, ma è un balbettio, non è ancora fede adulta. Centrale, infatti, è l'enfasi su quel "noi abbiamo...." dove la carne cerca un premio. Seguire Gesù, invece, è innanzitutto una liberazione, l'incontro con la misericordia che strappa alla schiavitù del peccato per farti pregustare la pienezza del Cielo. La risposta di Gesù annuncia un nuovo modo di vivere sulla terra, un rapporto nuovo tra le persone, anticipo della vita beata che si incarna nella comunione dei santi. Ovunque i cristiani sono a casa propria. Ovunque per loro vi sono "fratelli, sorelle, madri, figli" perché ovunque la vita è feconda, piena e realizzata. L'amore soprannaturale che si estende oltre i confini di razza, lingua, cultura e condizione sociale, e si fa comunione anima la città che Dio ha innalzato sul monte. Per questo la Chiesa è chiamata ogni giorno a conversione, cioè a lottare contro la tentazione di spegnere questa luce, ritornare alla carne e frustrare la propria missione. Pietro e ogni cristiano saranno sempre insidiati dall'inganno di cercare e sperare "ricompense" visibili e mondane che certifichino l'esito della propria missione. Mentre il Signore annuncia che, già "al presente", la "ricompensa" dei suoi discepoli è una primizia della vita celeste, la sovrabbondanza espressa nel "centuplo". Come nella moltiplicazione dei pani, chi "segue" Gesù non "lascia tutto" astrattamente, ma lo consegna a Lui perché "case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi" diventino un "tutto" infinitamente più grande. "Tutto" quello che fa parte della nostra vita ci è dato per essere vissuto in Cristo, con Lui e per Lui; il lavoro, la casa, gli affetti, anche gli svaghi, e le malattie, i dolori e i fallimenti, nelle sue mani "tutto" è trasfigurato. Ogni cosa supera i limiti del tempo e dello spazio, non è più una tenaglia che ci stringe nel terrore di perderla senza averne gustato appieno. "Seguendo" il Signore tutto si dilata mentre l'istante "presente" risuona nell'eternità e ci accoglie per vivere con totale libertà, tipica di chi ama senza offrire nulla a se stesso. Per difendere la Grazia da appropriazioni indebite, Dio accompagna il "centuplo" con le "persecuzioni". Proprio il rifiuto del mondo che, geloso della sua, non accetta l'annuncio della vita nuova incarnata nella Chiesa, ne certifica la qualità. Se “perdendola” nel martirio la “ritroveranno”, se sapranno morire per amore conservando pace e gioia senza entrare in crisi, allora davvero i cristiani annunceranno il Cielo. Per la Chiesa le "persecuzioni" segnano il successo della sua missione. Se siamo rifiutati dal collega, se anche l'amico respinge al mittente il nostro annuncio, se il fidanzato scappa di fronte alla testimonianza di una relazione cristiana, se il cugino si scandalizza perché non abbiamo fatto causa a chi ci ha preso del nostro, significa che stiamo compiendo la nostra missione. Allora, altro che allori, le "persecuzioni" che oggi ti aspettano indicheranno che Cristo è vivo in te. Certo, vorremmo che gli altri lo accogliessero subito e cambiassero vita. Cerchiamo "ricompense" carnali, risultati immediatamente riscontrabili. E invece quasi sempre sono rifiuti, e solo la fede adulta sa discernere in essi l'opera di Dio. Desideri che tua figlia ascolti quando le parli di Lui, vero? E invece si chiude in camera irata, attratta dal mondo e ferita nella lotta con Dio. Ma proprio questo rifiuto è la soglia del suo cuore dischiuso sulla conversione; Dio non desidera altro che questo, e tu? Perché possa convertirsi e salvarsi il Padre le sta consegnando suo Figlio fatto carne in te: tu sei il Vangelo per lei, e forse sarà rifiutato, come tu hai rifiutato Cristo, e nel suo amore che non si è ribellato al tuo male, hai conosciuto il perdono e la salvezza. Allora, come non "lasciare" tutto, anche l'ideale di figlia che hai cullato, pur di annunciarle l'unica notizia di cui ha bisogno? Non sai quando l'ascolterà, è libera. Ma tu sei chiamato solo ad amarla gratuitamente come Cristo ha amato te: offrendo il Vangelo alla sua libertà e prendendo su di te i suoi peccati. Così si trasmette la fede, così si annuncia il Vangelo. Ma forse stiamo "seguendo" Gesù con qualche pretesa... Abbiamo sì "lasciato tutto", come preti, suore, missionari viviamo senza un euro; come genitori ci siamo aperti alla vita accogliendo un altro figlio; e va tutto bene, ma la nostra volontà, l’abbiamo sciolta in quella di Dio? E il cuore, che cosa desidera davvero? Abbiamo fatto l'esperienza che seguire Gesù è una liberazione, oppure, celate dietro a un'apparente dedizione, vi sono la mormorazione, l'attesa di una ricompensa, un'esigenza? Il cuore è colmo di gratitudine o di frustrazione? Comunque sia Gesù ci annuncia oggi di essere Lui la nostra ricompensa, Lui in noi per ogni uomo, perché tutti siano salvati. Coraggio, perché nella Chiesa puoi sperimentarlo diventando sempre più una cosa sola con Cristo, al punto che, "per causa sua e del Vangelo", saremo "ultimi" nel mondo perché perseguitati, ma "primi" nella carovana dell'umanità per aprire a tutti il cammino verso il Cielo

lunedì 23 maggio 2016

Dopo le Unioni Civili. Coprire le radici perché non gelino
                      
    
di Roberto Marchesini                             23-05-2016
S. Tommaso d'Aquino
Prosegue l’analisi della legge sulle Unioni civili. Questo articolo viene pubblicato in contemporanea da Corrispondenza Romana, CulturaCattolica.it, il Timone on line, La Croce, La Nuova Bussola Quotidiana, Notizie Provita, Osservatorio Van Thuan. L’iniziativa è promossa dalla piattaforma A reti unificate (www.retiunificate.it), piattaforma su cui è possibile leggere tutti gli articoli finora pubblicati e prendere visione del calendario dei prossimi articoli.
Siamo arrivati dunque alle unioni civili per le persone con tendenze omosessuali. Ciò che è stato stralciato per ottenere l'approvazione ( es. l’«obbligo di fedeltà») rientrerà dalla finestra con appositi progetti di legge. Sicuramente è un passaggio epocale, destinato a segnare la storia della nostra nazione (se ancora si può chiamare così) come la legalizzazione di aborto e divorzio. Siamo dunque di fronte all'ennesimo gradino verso il baratro della nostra società? Si tratta di un punto di non ritorno, oppure esiste al possibilità di fermare questo processo, e magari addirittura di ricostruire?
Spesso mi viene posta questa domanda, nel corso di incontri e conferenze. Io rispondo con una metafora. Quando viene l'autunno spiace a tutti vedere le foglie ingiallire e poi cadere. Vorremmo sempre vedere gli alberi verdi, e invece vediamo le foglie staccarsi una dopo l'altra, ed ogni giorno vediamo l'albero diventare sempre più spoglio, misero, triste. Cosa possiamo fare? Possiamo prendere la scala, la colla, e riattaccare una per una le foglie. Ma saranno foglie senza vita, e la nostra fatica sarà come quella di Sisifo perché esse continueranno a staccarsi e a cadere, ormai senza vita. Esiste una alternativa? Esiste.
Possiamo coprire le radici in modo che non gelino, come diceva Tolkien. Guareschi diceva: «Bisogna conservare il seme». In modo che, quando (se) tornerà la primavera, l'albero spontaneamente produrrà nuove foglie, sarà di nuovo verde e pieno di vita. E cosa sono le radici, cos'è il seme? Il seme di Guareschi è la fede, dalla quale può nascere una nuova piante. E le radici? Credo che le radici siano i fondamenti filosofici che hanno portato la civiltà occidentale al livello che conosciamo e che vediamo sgretolarsi giorno dopo giorno.
Queste radici, non ho dubbi, sono il pensiero di Aristotele e san Tommaso d'Aquino. Io stesso mi sono stupito di quanto sia facile comprendere e smontare l'ideologia di genere con pochi e semplici strumenti messi a nostra disposizione dal pensiero di questi due giganti.
In fondo, stiamo vivendo l'esito di un processo (iniziato cinquecento anni fa) volto a distruggere la metafisica, ossia l'idea che la realtà non sia solo quella che vediamo e tocchiamo. Questa è un'idea che l'uomo ha dimostrato di avere sin dai primordi: i primi manufatti hanno non hanno uno scopo funzionale, ma metafisico, se non spirituale. Il pensiero metafisico è ben radicato in noi, anche se non ce ne rendiamo conto. Ma la cultura nella quale siamo immersi fa di tutto per convincerci che le leggi morali e religiose siano «mere costruzioni sociali», che l'uomo non abbia una «natura» (un progetto) e che non esista alcuna finalità nelle cose.
La legge Cirinnà è stata approvata proprio grazie alla diffusione di questo pensiero: il fondamento dell'unione non ha nulla di metafisico, ma si basa sull'«amore», che è semplicemente un istinto, un sentimento o una passione radicata nella nostra biologia, una questione di «chimica». Anche chi si è opposto alla Cirinnà, avendo perso l'orizzonte metafisico, si è aggrappato a ciò che è visibile, misurabile, utilizzando ad esempio ricerche sull'effetto della crescita dei bambini in coppie omogenitoriali. L'efficacia di questi strumenti l'abbiamo valutata sul campo. C'è anche chi ha tentato di appellarsi al concetto di «natura», purtroppo senza spiegarlo né, forse, averlo compreso.
Credo che l'unico modo per opporsi a questa deriva consista nella riscoperta e nello studio della metafisica: le cose hanno un fine, esiste un bene o un male intrinseco ed oggettivo (al di là delle conseguenze), il mondo ha un ordine, una razionalità che va scoperta, rispettata e contemplata.
Mi piacerebbe che le parrocchie, i movimenti ecclesiali e tutti coloro che hanno a cuore la nostra civiltà si impegnino per conservarne le radici, cioè il pensiero aristotelico-tomista. Vorrei opuscoli e libri divulgativi adatti a tutte le età, corsi di tomismo per tutti, che san Tommaso diventasse il fulcro della formazione intellettuale del nostro paese e di tutto l'occidente.
Sono in buona compagnia. Guardando indietro nella storia della Chiesa vediamo che i papi hanno sempre raccomandato il pensiero di san Tommaso per fronteggiare i fenomeni rivoluzionari del proprio tempo. Leone XIII, ad esempio, che si trovò a fronteggiare la questione operaia e la diffusione del socialismo, nel 1879 (centenario della Rivoluzione Francese) pubblicò l'enciclica Aeterni Patris nella quale raccomandava lo studio di san Tommaso. Lo stesso papa Pecci ordinò una riedizione critica delle opere dell'aquinate, che fu poi chiamata Leonina.
San Pio X, impegnato a combattere il socialismo e il liberalismo, la massoneria e il modernismo, fece pubblicare le celebri «24 tesi tomiste», desiderando che fossero una guida per la formazione cattolica. Benedetto XV, pubblicando il Codice di Diritto Canonico del 1917, volle che il tomismo fosse la guida per l'insegnamento della teologia. Pio XI scrisse, nell'enciclica Deus Scientiarum Dominus (1931): «Nella facoltà teologica il posto d'onore sia riservato alla sacra teologia. Inoltre, questa disciplina deve essere insegnata sia con il metodo positivo sia con quello speculativo; perciò, una volta esposte le verità della fede, e una volta dimostrate a partire dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione, se ne ricerchi e se ne spieghi l'intima natura razionale secondo i principi e la dottrina di san Tommaso d'Aquino».
Infine Pio XII, opponendosi con l'enciclica Humani Generis (1950) all'ateismo, all'esistenzialismo, all'evoluzionismo e al materialismo, insegnò che «come ben sappiamo dall'esperienza di parecchi secoli, il metodo dell'Aquinate si distingue per singolare superiorità tanto nell'ammaestrare gli alunni quanto nella ricerca della verità; la sua dottrina poi è in armonia con la rivelazione divina ed è molto efficace per mettere al sicuro i fondamenti della fede come pure per cogliere con utilità e sicurezza i frutti di un sano progresso».
Insomma, nei momenti di pericolo i pontefici hanno sempre indicato la filosofia perenne di san Tommaso come lo strumento per opporsi al male. Che avessero ragione?
Per approfondimenti sul tema, leggi il libro: Uomo, donna, famiglia e "gender", di Roberto Marchesini
Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta