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venerdì 31 luglio 2015

Laici che «armeggiano» nel tabernacolo: un altro diffuso abuso. Solo il sacerdote lo può fare

Laici che «armeggiano» nel tabernacolo: un altro diffuso abuso. Solo il sacerdote lo può farePensiamo in primo luogo all'essenza dell'Eucaristia. Nostro Signore Gesù Cristo ci ha lasciato il tesoro dell'Eucaristia nell'Ultima Cena, il Giovedì Santo. La Chiesa custodisce con somma cura questo tesoro, ma la Chiesa non è un'astrazione, un'idea; la Chiesa siamo tutti noi battezzati. E noi vescovi e sacerdoti siamo qui per santificare, reggere, insegnare e curare con zelo il tesoro dell'Eucaristia; sono queste le nostre principali responsabilità. I fedeli sono quindi chiamati alla corresponsabilità nella vita ecclesiale e a svolgere un servizio, anche liturgico.

Svolgere un officio nella liturgia non è però necessario perché un fedele possa partecipare in modo attivo e fruttuoso alla Messa. Dobbiamo rispettare la dignità dei laici, evitando ogni “clericalizzazione”. Nessuno deve pensare che le persone che svolgono offici liturgici siano cristiani migliori.

Detto questo, va detto che il ministro ordinato, che è il ministro ordinario della Comunione, è l'unico che normalmente può e deve aprire il tabernacolo per prendere le Ostie sacre, per prendere o portare la riserva, fare l'esposizione del Santissimo, ecc.

Al termine del rito della Comunione durante la Messa, “le ostie consacrate avanzate vengano o immediatamente consumate all’altare dal Sacerdote o portate in un luogo appositamente destinato a conservare l’Eucaristia” (Redemptionis Sacramentum, 107). Gli accoliti istituiti e/o i cosiddetti

venerdì 17 luglio 2015

La falsa teologia dell'«uomo di oggi»

di Antonio Livi                                             17-07-2015
TeologiaIn un primo articolo (clicca qui) abbiamo fotografato la situazione di disorientamento di tanti fedeli riguardo alle conclusioni del Sinodo straordinario sulla famiglia e in preparazione al prossimo Sinodo ordinario che si terrà in ottobre. Si tratta di un disorientamento causato soprattutto da chi cerca di approfittare dell’occasione per imporre cambiamenti dottrinali mascherati da aggiustamenti dottrinali.
Si tratta di una situazione che richiede una serie di distinzioni teoretiche e pratiche che vanno però riportate ai criteri della logica aletica, ossia a quelle esigenze fondamentali della razionalità che vigono per ogni ordine di discorsi che abbiano la pretesa della verità. Sono esigenze che non si possono trascurare quando si tratta della verità della dottrina professata dalla Chiesa (fides quae creditur), alla quale deve assentire in toto chiunque voglia appartenere alla Chiesa, Popolo di Dio, e ottenere da Cristo la salvezza.
La razionalità è infatti intrinseca al messaggio rivelato, in quanto comunicazione salvifica della stessa sapienza divina; e se “l’uditore della Parola” è chiamato a una libera risposta di fede (“rationabile obsequium”),  è proprio perché gli è sempre possibile rilevare nel messaggio rivelato degli adeguati “motivi razionali di credibilità”.
La Chiesa cattolica ha sempre difeso, contro il fideismo, il carattere intrinsecamente razionale della fede nella rivelazione: prima, solennemente, con la costituzione dogmatica Dei Filius del Vaticano I, poi con il suo magistero ordinario e universale (costituzione dogmatica Dei Verbum del Vaticano II, enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II); e va notato che tutti questi documenti del Magistero riconoscono, con perfetta coerenza logica, che  i “motivi razionali di credibilità” della divina rivelazione presuppongono quelle certezze indubitabili che ogni uomo possiede come premessa di ogni possibile assenso, certezze che la filosofia moderna chiama “senso comune” e che la teologia, con san Tommaso d’Aquino, qualifica come “praeambula fidei”.
In rapporto alla questione che sto affrontando, il primo ed essenziale criterio logico è la distinzione, in materia de fide et

Se il Vaticano si è già dimenticato delle grandi lezioni di San Giovanni Paolo II

di George Weigel*                                                  17-07-2015
1979, Giovanni Paolo II in PoloniaCracovia – Probabilmente è perché da due settimane e mezzo vivo nella città che Giovanni Paolo II chiamò “la mia amata Cracovia”, ma quel che mi colpisce (e non colpisce solo me) è che l’attuale Vaticano sembra aver dimenticato alcune delle lezioni fondamentali di diplomazia e di pensiero del Santo che arrivò a Roma da Cracovia e divenne uno dei più influenti pontefici della seconda metà del secondo millennio.
Partiamo dalla diplomazia o, meglio, dalla guida della testimonianza della Chiesa Cattolica da parte del Vescovo di Roma. Il primo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II in Polonia, nel 1979, è giustamente considerato come un evento spartiacque della Guerra Fredda, perché innescò la rivoluzione delle coscienze che rese possibile la Rivoluzione del 1989, con le sue caratteristiche uniche nella storia. Ma molti, qui a Cracovia, ricordano molto lucidamente il secondo viaggio di Giovanni Paolo II nella sua terra natia, nel 1983, in un periodo molto difficile. La legge marziale era ancora in vigore; lo Stato polacco, sotto il generale Wojciech Jaruzelski, continuava a comportarsi come un esercito d’occupazione, opprimendo la società civile; la speranza in Solidarnosc, che era sia un movimento di rinnovamento nazionale che un sindacato indipendente, pareva ridotta in cenere. Quando Giovanni Paolo II giunse in Polonia il 16 giugno 1983, non abbracciò il generale Jaruzelski o altre autorità dello Stato polacco; al contrario, durante la cerimonia d’apertura, tenne lo sguardo verso il basso, mostrando dolore e preoccupazione sul suo volto espressivo. Una donna anziana, vedendolo così, disse: “Vedete? Lui ha capito. E’ triste”. Quando Giovanni Paolo II incontrò Jaruzelski faccia a faccia, quelli che erano

giovedì 16 luglio 2015

Cari vescovi, davvero vi va bene così?

di Riccardo Cascioli                                       16-07-2015
VescoviProsegue l’attacco in forze di hacker al sito de La Nuova Bussola Quotidiana, e per questo potrà accadere ancora di non potervi accedere; nel frattempo il senatore Carlo Giovanardi viene allontanato da un albergo a Cortina d’Ampezzo perché sgradito ad alcuni clienti; ancora, il PD medita di forzare le regole parlamentari per accelerare l’approvazione del ddl Cirinnà, che sancirebbe per legge la sostanziale equivalenza di coppie etero e omosessuali. Sono questi tutti segnali di nubi sempre più nere che si addensano sul nostro Paese, nelle mani di una potente lobby gay che sta imponendo una forma sempre più soffocante di totalitarismo, con la complicità di media, politici e aziende sempre pronte a piegarsi a quello che appare il potente di turno.
Ebbene, a rendere questo clima ancora più insopportabile contribuisce una parte della Chiesa italiana, ormai allineatasi al pensiero dominante. Nei giorni scorsi ho già indicato nomi e strategie così come appaiono evidenti dai fatti che si susseguono (leggi qui e qui). Ma la lettura del quotidiano della CEI, Avvenire, ci dà modo di capire sempre meglio dove si vuole andare a parare e anche la menzogna su cui si fondano certe tendenze alla resa incondizionata mascherate da difesa dei valori.
È interessante al proposito leggere la risposta che il direttore di Avvenire ha dato due giorni fa a una lettera firmata da Massimo Introvigne (in qualità di presidente del Comitato Sì alla Famiglia) e Alfredo Mantovano (vice-presidente del Centro Studi Rosario Livatino). Introvigne e Mantovano spiegavano (clicca qui) come non possa essere accolto un qualsiasi riconoscimento di “diritti di coppia” per le relazioni omosessuali e vada quindi respinta anche la versione edulcorata (si fa per dire) del ddl Cirinnà, laddove si parla di “istituto giuridico originario” per le convivenze tra persone dello stesso sesso.
La risposta del direttore di Avvenire da una parte conferma il via libera della CEI – o, meglio, del suo segretario - al compromesso sulla Cirinnà, dall’altra lo giustifica con motivazioni che meritano un approfondimento.
Leggiamo infatti sul quotidiano della CEI: «La questione della regolazione nel nostro Paese delle unioni tra persone dello

mercoledì 15 luglio 2015

«Il dialogo è evangelizzazione e la fede è giudizio» Ecco l’eredità che Biffi consegna alla Chiesa

di Carlo Caffarra                                    15-07-2015
Il cardinale di Bologna Carlo Caffarra celebra i funerali del cardinale Giacomo BiffiIl cardinale Giacomo Biffi, «aveva un concetto molto alto del dialogo, e disprezzava profondamente chi lo praticava o come sforzo di ridurci tutti a un minimo comune denominatore o al perditempo della chiacchiera da salotto. In breve: il dialogo coincide con l’evangelizzazione”. Lo ha detto l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, nella sua omelia al funerale del suo predecessore, morto a Bologna all’età di 87 anni. Alla celebrazione in cattedrale migliaia i fedeli: fra loro il sindaco Virginio Merola, il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti, Pierferdinando Casini, il rettore dell'Università Ivano Dionigi, l'ex presidente del Senato Marcello Pera, l'ex sindaco Giorgio Guazzaloca.A concelebrare la messa, oltre ai vescovi dell’Emilia-Romagna, anche i cardinali Angelo Bagnasco e Dionigi Tettamanzi. Pubblichiamo il testo integrale dell'omelia del cardinale Carlo Caffarra. 

«Venerati fratelli vescovi, carissimi fedeli tutti, la professione di fede detta da Pietro sotto divina rivelazione, risuona in questo momento in questa cattedrale. Il nostro fratello, il vescovo Giacomo, ha costruito la sua vita, il suo pensiero teologico, il suo ministero pastorale sulla roccia di quella professione: il Cristo, il Figlio - è stato l'incipit -.  Sopra questa certezza, il nostro fratello, il vescovo Giacomo, ha edificato il suo cammino di fede, la sua profonda esperienza cristiana. Il cristianesimo, egli scrive, “primariamente e per sé è un fatto, il fatto della morte, della risurrezione, della totale e perenne vitalità in atto di Gesù di Nazareth”. Quando l’apostolo Paolo volle come riassumere tutta la sua predicazione, e il senso del suo faticoso ministero, scrive: “vi ho trasmesso…anzitutto quello che anch’io ho ricevuto, che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture”. É la parola che proviene da questa bara».
«Benché morto il vescovo Giacomo parla ancora, e ci dice: questo è il Vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale ricevete la salvezza, se lo manterrete in quella forma in cui ve l’ho annunziato. Alla luce di questa lucida consapevolezza della grandezza, del primato dell’imparagonabile unicità del Signore Gesù e dei

Piccoli nel più Piccolo






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Guardate, frati, L’umiltà di Dio,
e aprite davanti a lui i vostri cuori;
umiliatevi anche voi, perché egli vi esalti.
Nulla, dunque, di voi, tenete per voi;
affinché vi accolga tutti colui che a voi si da tutto

San Francesco



Siamo piccoli, nonostante ci atteggiamo a grandi. Non a caso, sono proprio i bambini che imitano i grandi. Così anche noi, adulti per l'anagrafe, ma con un inguaribile cuore di bambini, ci trucchiamo, mascheriamo, cercando di sollevarci una spanna sugli altri, per apparire maturi, saggi, affidabili. I migliori insomma. Quando scopriamo d'essere così, quando i nostri figli cercano l'indipendenza, quando i pensieri ci vogliono spingere verso una stolta autonomia, non c'è nulla di strano e di cui stupirci. E' vero, siamo infantili, capricciosi come i bambini. Siamo "piccoli". Bene, quando gli eventi e le persone ce lo mostrano senza lasciarci scampo, è il momento propizio per accettare d'esserlo, senza giudicarci e disprezzarci. Occorre solo fermarsi e non ricominciare a scappare e a metterci baffi e barba finte o quintali di rossetto e fondotinta. Quando la storia ci smaschera è una "benedizione". Benedetti i giorni così come "piacciono" a Dio, perfetti per la nostra conversione alla santità. Benedetti coloro che non ci lasciano navigare tranquilli a cento metri d'altezza; benedetta nostra moglie quando ci dice la verità e ci scopre a cercare consolazioni effimere di carne malsana davanti al computer; benedetto nostro marito quando ci svela intrappolate nella vanità; benedetti i genitori che sanno rimproverare e richiamare alle responsabilità e all'obbedienza i propri figli; benedetti i mal di denti che ridimensionano i muscoli cesellati in palestra; benedetto il capoufficio che non ci fa sentire unici e indispensabili; benedetta la fidanzata che ci richiama al rispetto; benedetto chiunque incarna il vignaiolo che ci viene a potare perché,

martedì 14 luglio 2015

«Pace e bene» è da sempre il saluto francescano. Ma noi ne conosciamo davvero il perché?

«Pace e bene» è da sempre il saluto francescano. Ma noi ne conosciamo davvero il perché?Francesco nasce ad Assisi tra il 1181 e il 1182 e fino al suo venticinquesimo anno di età è promotore di feste e scorribande. Era un uomo che cercava di eccellere sugli altri con grande ambizione e prepotenza; viveva nel peccato, soddisfaceva tutte le tendenze giovanili senza freni e sprovvisto di autocontrollo, era agitato dal veleno dell'antico serpente. Visse una giovinezza cruenta e violenta, al punto tale che partecipò anche alla quinta crociata.
Tra il 1198 e il 1200, dopo la morte dell'imperatore Enrico VI (1197) i popolani delle arti distrussero la rocca imperiale di Assisi e assalirono le case fortificate dei nobili. Francesco decise allora di partecipare alle guerra tra Assisi e Perugia e armò nuovamente la sua mano con una spada che questa volta si sporcò di sangue. Tra i l202 e il 1203 le milizia assisane furono sconfitte a Collestrada, durante questa battaglia Francesco venne imprigionato e solo un anno dopo potè ritornare ad Assisi.

Egli era un giovane che sognava armi e cavalieri e una notte venne vistato dal Signore che: “sapendolo bramoso di onori, lo attira e lo innalza ai fastigi della gloria con una visione'. Chiamatolo per nome lo condusse nello splendido palazzo di una bellissima sposa pieno di armature e scudi splendenti” (Leggenda dei tre compagni datata 1276). Francesco credeva fosse un presagio, immaginava, infatti, di diventare un grande principe. Nei giorni a seguire si mise in cammino per la

Cliccate subito qui per immergervi nello splendore della mostra virtuale sui miracoli eucaristici

Federico Cenci la presenta così sull'agenzia per la stampa Zenit
Cliccate subito qui per immergervi nello splendore della mostra virtuale sui miracoli eucaristiciC’è un filo rosso intessuto di meraviglia, che attraversa la storia della Chiesa. Un evento straordinario, che trascende le leggi della natura per indicarci il cuore, il vertice, il nocciolo del grande piano di Dio, quel fatto determinante la nostra fede che è la morte e la resurrezione di Gesù.
Dalle Ande all’Oceano Indiano, attraversando tutta l’Europa e passando anche per il Medio Oriente, i miracoli eucaristici rappresentano quel legame invisibile che unisce il popolo al mistero e alla bellezza della presenza di Dio.
È un lavoro impervio catalogare tutti gli eventi prodigiosi, nel corso della storia, in cui l’Ostia consacrata si è trasformata in carne e il vino in sangue o in cui la Sacra Specie si è salvata da profanazioni, furti, incendi. La Mostra sui Miracoli Eucaristici, grazie a un’ampia rassegna fotografica e a doviziose descrizioni storiche, rappresenta un unicum in questo senso.
Circa 136 miracoli eucaristici verificatisi nel corso dei secoli in diversi Paesi del mondo e riconosciuti dalla Chiesa, sono raccolti da questo museo che si snoda attraverso dei pannelli i quali ci conducono “virtualmente” nei luoghi in cui gli eventi sono accaduti. Ospitata già in tutti e 5 i Continenti, in migliaia di parrocchie, in 100 Università degli Stati Uniti e nei maggiori Santuari mariani nel mondo, la mostra è il frutto di un’idea del giovanissimo Carlo Acutis.
Nato a Londra il 3 maggio 1991 (dove i suoi genitori si trovavano per lavoro) e morto nel 2006, a 15 anni, a causa di una leucemia fulminante, Carlo incentra tutta la sua breve esistenza sull’amicizia con Gesù. Amicizia che gli concede la forza di affrontare la morte con un coraggio sbalorditivo: minimizza i dolori che i medici descriveranno come atroci e decide di offrirli per il bene della Chiesa e per papa Benedetto XVI.
Ai suoi funerali partecipa, commossa, una moltitudine di gente. Chiunque l’abbia conosciuto,

Accettare le umiliazioni per accogliere il Vangelo





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Il Signore ci avverte del pericolo in cui noi stessi siamo. 
Ci mostra la serietà del peccato e la serietà del giudizio. 
Non siamo forse, nonostante tutte le nostre parole 
di sgomento di fronte al male e alle sofferenze degli innocenti, 
troppo inclini a banalizzare il mistero del male?  
Ma guardando alle sofferenze del Figlio 
vediamo tutta la serietà del peccato, 
vediamo come debba essere espiato fino alla fine per poter essere superato. 
Il male non può continuare a essere banalizzato 
di fronte all’immagine del Signore che soffre.

Card. J. Ratzinger



    


Il peccato di Sodoma e Gomorra non è innanzitutto, come di solito si pensa, quello di una sessualità pervertita, la sodomia per intenderci. La tradizione giudaica insiste invece sull'unica regola di Sodoma: il rifiuto dell'ospitalità, che è sempre la madre di ogni disordine, anche di quello sessuale. La trasgressione di questa legge da parte di Lot fece scoprire i due angeli che furono a visitarlo (Gen. 19, 1-4). I nomi di Sodoma e Gomorra in ebraico sono rispettivamente "il campo" e "i covoni". Nomi legati alla fecondità, alla prosperità, che evocano semi e seminagione, immagine e profezia del Messia e dell'amore. Fecondo è solo chi accoglie l'amore, chi lascia che il seme penetri e dia inizio alla vita; chi si chiude in se stesso e nel proprio egoismo cercherà nell'altro soddisfazione e gratificazione, sempre infeconde, come accade nei rapporti contro natura. Nella Scrittura appaiono molti episodi e molte profezie al riguardo. Il Cantico dei Cantici descrive in modo sublime il Signore come uno Sposo che scende nel suo giardino alla ricerca della sua amata. La parabola del seminatore ne trasmette gli echi. Non a caso, proprio tra i campi e i covoni, prima Davide e i suoi prodi, e poi Cristo con i suoi discepoli, compiendo in modo autentico e impensabile la Legge, cercano il nutrimento riservato ai sacerdoti. Laddove è stato gettato il seme della Parola attraverso l'annuncio del Vangelo, il Signore, unico e vero mediatore e sacerdote tra l'uomo e il Padre, cerca il suo frutto. Quei campi e quei covoni sono opera sua, il frutto del suo mistero pasquale annunciato dalla Chiesa. Ciascun uomo sulla terra, covoni del grande campo di Dio, è sua proprietà. Non accogliere Cristo è non accogliere se stessi, rifiutando la propria identità e l'unico senso della propria vita. "Precipitare" è allora la naturale conseguenza di una scelta, non un castigo ingiusto

lunedì 13 luglio 2015

Negri: Il popolo è avanti, le autorità riflettano

di Riccardo Cascioli                            22-06-2015

20 giugno, piazza San Giovanni«Il mio primo sentimento è di gratitudine al Signore che ha permesso una cosa grande per la vita della Chiesa italiana e per la vita del popolo italiano». Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, tra i primissimi vescovi a sostenere l’idea di una manifestazione pubblica a difesa della famiglia e dei bambini, è particolarmente soddisfatto della grande festa della famiglia che si è celebrata sabato 20 giugno in Piazza San Giovanni. Ha seguito tutto il giorno lo svolgersi della manifestazione, stando al telefono con gli amici presenti a Roma. «È una cosa grande che è potuta accadere perché ha trovato un milione di uomini grandi, un milione di cuori grandi, cioè disponibili ad agire senza farsi frenare dalle piccole alchimie delle valutazioni scientifico-politiche».
Una manifestazione preparata in 18 giorni, senza sponsor istituzionali, nel silenzio dei media. C’erano legittimi timori sull’esito e anche sull’efficacia reale dal punto di vista politico.Già, come se la grande battaglia di Lepanto fosse stata fatta sulla previsione della vittoria. Fu fatta prevedendo che sarebbe stata una sconfitta. Tutti, dal re di Polonia fino all’ultimo servente di mulo ricevettero la comunione in articulo mortis. O come se quelli che hanno manifestato contro il comunismo nelle piazze di Danzica, di Varsavia, di Cracovia avessero valutato che c’era una certa previsione che il comunismo cadesse. Avessero ragionato come tanti ecclesiastici e uomini di cultura oggi in Italia, avrebbero detto che era inutile fare la manifestazione perché il comunismo non sarebbe caduto. Come invece cadde, anche per queste manifestazioni.
Fortunatamente non sono stati fatti questi calcoli.Il popolo giustamente ha seguito l’instinctus fidei, quell’istinto della

Quanti equivoci nel rapporto tra Chiesa e mondo

di Giacomo Biffi                 13-07-2015
Il cardinale Giacomo BiffiRicordando la figura del cardinale Giacomo Biffi, pubblichiamo alcuni brevi passaggi tratti dal suo libro "La bella, la bestia e il cavaliere" (Jaca Book 1984), per la loro profetica attualità. Non si vuole con questo avere la pretesa di esaurire o ridurre il pensiero di Biffi, ma piuttosto vuole essere un invito a riprendere in mano la sua abbondante produzione letteraria e teologica che è più che mai attuale. In questo caso, il cardinale Biffi esamina alcuni idoli derivati dal post-concilio, ovvero da una lettura distorta e tendenziosa del Concilio Vaticano II.
Ricordiamo che i solenni funerali del cardinale Biffi si terranno martedì 14 luglio nella cattedrale di Bologna alle 10.30.

LA CRONOLATRIA
Senza affermarsi mai espressamente, la cronolatrìa trapela in modo spesso involontario e quindi tanto più significativo dal linguaggio d’uso corrente, nel quale l’aggettivazione del biasimo teorico non è: falso, errato, illogico, cattivo, aberrante; ma piuttosto: superato, sorpassato, attardato, vecchio. Non conta tanto la verità quanto la formulazione recente. Le idee, come le uova, devono essere «di giornata».
(…) Veniamo spesso esortati a pregare per gli «uomini del nostro tempo», come se qualcuno fosse mai tentato di ricordare nelle sue orazioni gli assiro-babilonesi; o a vivere nel «mondo di oggi», contro il pericolo di sconfinare inavvertitamente nell’epoca carolingia; o a impegnarci a «essere moderni», che è un po’ come se una mucca si impegnasse ad avere la coda.
Non ci si meraviglia allora di notare che il tema della «vita eterna» si faccia sempre più raro nei discorsi ecclesiastici,

Cari vescovi, sulle convivenze diteci cosa pensate

di Giuseppe Tires                                              13-07-2015
Vale ancora la Nota del 2007 dei vescovi sulle convivenze?Non so bene se si possa dire che i fedeli abbiano dei “diritti” nei confronti dei Pastori. Però mi sembra che i Pastori abbiano dei doveri nei confronti dei fedeli. Cioè di non lasciarli, nel campo della dottrina, da soli e sguarniti. Altrimenti cosa ci stanno a fare i Pastori? A questo proposito vorrei porre una domanda molto semplice, al limite della ingenuità: il contenuto della nota dei Nota vescovi italiani del 2007 vale ancora o no? Credo che i Pastori questo ce lo debbano dire. Oppure dicano: ci stiamo pensando. E allora aspetteremo tranquilli. Joseph Ratzinger diceva che una istituzione – qualsiasi essa sia – che oggi dice una cosa e domani un’altra si scredita da sola. Nel 2007 i vescovi italiani hanno insegnato una cosa. Ora molti dicono il contrario, vescovi compresi, e i vescovi non dicono niente. Cosa deve pensare il semplice fedele della Chiesa cattolica?
Si potrebbe tirare in ballo l’ermeneutica della riforma nella continuità. É cambiato qualcosa nel frattempo? Ci dicano cosa è cambiato, non sul piano della prassi che di per sé non dice nulla di normativo, ma sul piano della dottrina. Ci dicano cosa sia da tenere della Nota del 2007 e cosa da rivedere. Oppure ci dicano che questo lavoro di revisione secondo l’ermeneutica della riforma nella continuità è cosa lunga e complessa. Può essere anche così. Da cinquant’anni si riflette su cosa rimane e cosa è cambiato col Vaticano II rispetto alla dottrina e alla prassi precedente, si può capire che ci sia bisogno di tempo anche per questa cosa, nonostante la sua piccolezza se paragonata al Concilio. In ogni caso: che ci dicano qualcosa.
La Nota del 2007 era chiara su due punti: la convivenze non possono essere riconosciute giuridicamente, eventuali

Chiamati ad essere i Leviti per la salvezza di questa generazione


I Leviti trasportano l'Arca



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In qualsiasi momento l'Arca, ossia la Torà, deve essere pronta ad essere trasportata, trasmessa.
La trasmissione però è compito nostro.
Siamo noi che ci dobbiamo preoccupare di portare fuori la Torà.
Ed a quel punto scopriremo una cosa straordinaria.
Non siamo noi a portare la Torà. È la Torà che porta noi.
I Maestri si sono cimentati sui calcoli circa il peso delle Tavole e dell'Arca nel loro complesso.
I Leviti addetti non avrebbero mai potuto sollevarla,
nemmeno raccogliendo tutte le loro forze.
Il midrash ci spiega che quando essi si apprestavano a sollevare l'Arca
degli angeli li affiancavano e li aiutavano.
Nonostante ciò essi non potevano esimersi dal partecipare allo sforzo.
Noi abbiamo l'obbligo di diffondere e portare la Torà
e di trasmetterla garantendo la sua esistenza.
Se faremo ciò, scopriremo presto che è la Torà che porta noi.
È lei che ci mantiene in vita come popolo e che ci garantisce continuità.




Nelle parole di Gesù si legge in filigrana la vocazione dei Leviti, profezia di quella di ogni cristiano: «Il Signore disse a Mosè: Ecco, io ho scelto i leviti tra gli Israeliti al posto di ogni primogenito che nasce per primo dal seno materno tra gli Israeliti; i leviti saranno miei» (Nm 3,11). Come loro, infatti, anche noi siamo chiamati a portare il peso della nostra responsabilità. E non è facile, è un combattimento a volte aspro e cruento. Altro che sentimentalismi e buonismi... Se Dio ci ha scelti, e ci ha accolti nella Chiesa dove ha lavato le nostre colpe e ci sta rigenerando in una vita nuova, non è certo per fare di noi un'élite religiosa. Per comprendere per quale servizio il Signore ci sta formando vediamo quale era la missione dei Leviti. Scelti da Dio, lo avevano messo al di sopra dei loro stessi fratelli, della famiglia, di tutto; essi dissero dei propri genitori: "Non li abbiamo mai visti; non portarono riguardo ai fratelli e non conobbero i figli perché osservarono i Tuoi detti e preservarono il Tuo patto, essi insegneranno i Tuoi statuti a Giacobbe e la Tua legge ad Israele; portarono il profumo dinanzi a Te e l'olocausto sul Tuo altare" (Dt 33, 9-10). Proprio per compiere la loro missione, i Leviti non avevano parte con il popolo, perché il Signore era loro parte; ma questo non era una sfortuna, come spesso pensiamo noi, destinati ad una vita più grama degli altri per il fatto di essere cristiani... I Leviti sapevano che la loro eredità era magnifica, e la loro sorte era caduta su luoghi deliziosi, quelli dell'intimità con Dio. Erano, infatti, addetti alla Tenda della Riunione, il luogo ove era conservata l'Arca dell'Alleanza, nucleo di quello che nel Tempio diverrà il Santo dei Santi. I Leviti custodivano così la Presenza di Dio, scelti come primizie del popolo per assicurare assistenza al Signore. La loro vita era tutta per l'Arca, ovvero per Dio stesso; in essa, nel giorno di Yom Kippur, il Sommo Sacerdote gridando il Nome dell'Altissimo, impetrava e otteneva il perdono per tutto il popolo. Nulla potevano amare più dell'Arca che custodiva la Presenza di Dio, difesa e vittoria del Popolo. Erano per Dio e per questo erano per ogni loro fratello. Proprio la "separazione" da ogni legame di carne li donava a

domenica 12 luglio 2015

Biffi, una fede incrollabile

di Giorgio Maria Carbone                               12-07-2015
Il cardinale Biffi con Giovanni Paolo IIAlle 2:30 dell'11 luglio è morto il cardinale Giacomo Biffi. Il 13 giugno scorso aveva festeggiato l’87mo compleanno. Da mesi era ricoverato nella Clinica Toniolo di Bologna per seri problemi al sistema circolatorio. Gli ultimi tre anni e mezzo lo hanno consumato fisicamente e purificato spiritualmente, li ha vissuti con grande serenità e incrollabile fede. Due mesi fa circa ero andato a trovarlo con un mio confratello, padre Giuseppe Barzaghi – che tra l’altro a Milano era stato allievo di Biffi quando insegnava teologia alla cosiddetta Scuola di San Vittore – e padre Giuseppe gli chiese cosa lo rendesse così sereno. Il card. Biffi gli rispose: «La considerazione dell’unitotalità che ho imparato leggendo i teologi russi e in particolare Solov’ëv», la considerazione che tutto è integralmente e simultaneamente presente allo sguardo di misericordia di Dio, tutto, proprio tutto e quindi anche tutto l’arco della nostra esistenza e nulla di buono va smarrito nello sguardo divino.
È stato un maestro nella fede fino alla fine. Per amore di sinteticità – che lo stesso cardinale apprezzava – riduco a due punti il patrimonio inestimabile che ci ha lasciato in eredità.
1) La convinzione che il cristianesimo primariamente e per sé non è una religione – cioè un insieme di riti e di precetti che ci mettono in relazione con Dio – ma è piuttosto un fatto, il fatto di Gesù Cristo, che è il Verbo incarnato che ha vissuto in

sabato 11 luglio 2015

È Lui che bussa, proprio ora


Risultati immagini per foto cristoCoraggio, oggi si torna a casa! Arrivano gli ambasciatori del Paradiso perduto, gli apostoli che Gesù invia per riscattarci dall’esilio. Sono gli angeli che aspettavamo da tanto, perché non la facciamo più in mezzo a questa situazione, siamo sfiniti e affamati di pace e felicità come il figlio prodigo. Stai dubitando dell'amore di Dio, vero?
Non hai argomenti da opporre all'evidenza del male. Questa ingiustizia non la puoi mandar giù e ti opponi ad essa con un altro male, come accade in questi giorni sotto gli occhi di tutti. Quel collega ti ha chiuso in una gabbia di calunnie bruciando la tua reputazione davanti a tutti? Eccoti pronto a uccidere la sua, senza pietà. Non c'è niente da fare, lontani dal Cielo e da Dio c'è solo il peccato, e tutto odora di morte.
Ma coraggio, gli apostoli ci portano oggi l'annuncio che spalanca la pietra del sepolcro dove è imprigionata la nostra vita: "Gesù non è qui, è risorto!", e con Lui possiamo uscire anche noi dal peccato. Non aver paura, al di là della soglia c'è il Paradiso, la gioia e la pace di chi ama e perdona perché si sente a casa, e non ha più nulla da temere. Guarda bene gli apostoli, in loro che erano dei poveracci come te risplendono le primizie del Paradiso.
L'annuncio del Vangelo, infatti, plana sull'incontenibile nostalgia del Paradiso perduto perché giunge

venerdì 10 luglio 2015

Meditazioni - L'imitazione di Cristo

 
  INCIPIUNT ADMONITIONES AD SPIRITUALEM VITAM UTILES 
III 
DE DOCTRINA VERITATIS 




I - Felice colui che viene istruito dalla Verità direttamente, non per mezzo di figure e di voci transeunti, ma da essa qual è realmente. Le nostre forme di pensare e i nostri sensi hanno campo ristretto e spesso ci traggono in errore. Che cosa giova il gran cavillare su argomenti occulti ed oscuri la cui ignoranza non ci sarà certo imputata nel giorno del giudizio? Ben insensati siamo quando trascuriamo ciò che è utile, anzi necessario, per applicarci di nostra volontà a ciò che è curioso o dannoso.  II - Abbiamo gli occhi e non vediamo. Quale interesse hanno per noi il genere e la specie? Colui a cui parla il Verbo eterno può fare a meno di molte altre cognizioni. Dall'unico Verbo tutto procede; tutto parla di Lui, è questo il Principio che ci parla. Senza di Lui nessuno può capire, nessuno può giudicare rettamente. Colui per il quale il tutto si compéndia nell'Uno e che tutto riferisce all'Uno, nell'Uno vede tutto, ha la stabilità dello spirito e dimora sereno in Dio. O Dio-Verità, fa di me una cosa sola con Te, nella carità eterna. Leggere molto, ascoltare molto, spesso mi pesa: in Te trovo quello che voglio, quello che desidero. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature al tuo cospetto: parlami Tu solo.  III - Quanto più uno è raccolto in sé stesso, quanto più semplice di cuore, tanto più vasta e profonda è la sua visione: e scevra di fatica, perché riceve dall'alto la facoltà di vedere. L'anima pura semplice e stabile non si sperde in molte attività, perché dirige tutto ad onore di Dio e procura di conservarsi immune da ogni propria investigazione. Che cosa ti raffrena e ti molesta più che non i disordinati appetiti del tuo cuore? L'uomo retto e pio preordina interiormente

"Prudenti e semplici per salvare chi è schiavo dell'astuzia del demonio"


Davide e Nabal



αποφθεγμα Apoftegma



L’annuncio del regno di Dio non è mai solo parola, 
mai solo insegnamento. 
E’ avvenimento, così come Gesù stesso è avvenimento, 
parola di Dio in persona. 
Annunciandolo, conducono all’incontro con Lui.

Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Vol. I








Il Signore invia i suoi apostoli "come pecore in mezzo ai lupi". Proprio per essere di Cristo, essi sono indifesi, esposti agli attacchi di tutti. Non c’è nulla di cui stupirsi, perché l’apostolo incarna Colui che lo manda. E’ Lui che perseguitano, è Lui che odiano. Anche noi ne sappiamo qualcosa, quando il nostro cuore in fermento è incapace di accettare un minimo rimprovero, un semplice aiuto. Quante volte abbiamo rifiutato e perseguitato, ucciso nei nostri cuori i messaggeri del Signore. Lui è la Verità, la Parola che ci annuncia la Chiesa ci smaschera, e questo non piace a nessuno. L’orgoglio ferito muove rabbiosamente le acque torbide della violenza nascosta. L’episodio di Nabal, nel primo Libro di Samuele, lo esprime bene: questi “è troppo cattivo e non gli si può dire una parola" (1 Sam. 25,17). La traduzione non è esatta perché l’originale ebraico, invece di cattivo, recita “stolto”. Nabal è accecato e non è capace di leggere gli eventi, non vuole accogliere Davide con i suoi prodi, nonostante in passato lo avessero aiutato e difeso. Nabal non ascolta nessun consiglio, mentre la moglie di nascosto si accinge ad intercedere per il marito presso Davide, che, grazie a lei, desiste da ogni vendetta: “Non faccia caso il mio signore di quell`uomo stolto che è Nabal, perché egli è come il suo nome: stolto si chiama e stoltezza è in lui” (1 Sam. 25, 25). Nabal, quando si rende conto di quello che è successo, è preso da un fremito e muore: è la sorte dello stolto, strangolato dalla propria stoltezza. Davide è figura di Cristo e dei suoi Apostoli, inviati nel mondo ad annunciare il Regno. Nabal è figura di chi non accoglie la predicazione, per stoltezza, per orgoglio. Per questo il Signore invia i propri

giovedì 9 luglio 2015

Il card. Pell chiama i laici alla lotta pacifica per resistere all'imposizione di aborto ed eutanasia

di Marco Tosatti
Il card. Pell chiama i laici alla lotta pacifica per resistere all'imposizione di aborto ed eutanasiaIl Prefetto del Segretariato per l’Economia, il cardinale George Pell, ha dichiarato che l’esito del referendum irlandese e la decisione della Corte Suprema USA in tema di matrimoni fra persone dello stesso sesso dimostrano quanto la società occidentale stia abbandonando molte delle sue fondamenta legali.  
Nel suo discorso all’ VIII Conferenza internazionale sulla Liturgia a Cork ha definito l’edito del referendum irlandese “una vittoria per John Stuart Mill e l’utilitarismo”. Ha aggiunto che le cosiddette “guerre culturali” “stanno entrando in una nuova fase di lotta politica che può essere combattuta solo dai laici”.  
Ha citato la “Christifideles laici” del 1988 di Giovanni Paolo II per sottolineare l’importanza di rivalutare la missione dei laici, e ha detto che la battaglia verterà sulla salvaguardia delle libertà religiose e sul diritto di insegnare la dottrina cristiana pubblicamente nelle scuole e nelle parrocchie, in particolare nelle istituzioni che ricevono finanziamenti statali.  
“Dovremo lottare pacificamente e democraticamente per assicurare che i nostri ospedali non siano forzati a offrire aborto e eutanasia”. Pell ha esortato i giovani a impegnarsi nella vita politica e ha ammonito i laici dal fuggire il mondo e invece di occuparsi dei servizi di chiesa e dei compiti dei preti. “Non abbiamo bisogno di preti annacquati e incerti, e non abbiamo bisogno di fedeli laici che sembrino determinati a riempire quei vuoti”.

Il matrimonio è per sempre. La storia dei coniugi Toczko, morti abbracciati dopo 75 anni di nozze

di Carlotta Garancini
Il matrimonio è per sempre. La storia dei coniugi Toczko, morti abbracciati dopo 75 anni di nozzeSi sono innamorati a 8 anni e ne hanno vissuti 75 da marito e moglie: non potevano immaginare di vivere l’uno senza l’altro, così si sono promessi (o meglio hanno desiderato, sperato) di lasciare insieme questo mondo. E lo scorso mese, a 95 anni lui e 96 anni lei, sono morti a poche ore di distanza, abbracciati. È la storia di Jeannette e Alexander Toczko che da San Diego sta facendo il giro del mondo via web.
A raccontare la loro storia sono i figli della coppia. Nell’ultimo periodo la condizione fisica di Alexander aveva subito un tracollo in seguito alla rottura del femore. Dopo le cure in ospedale, l’uomo era stato riaccompagnato a casa dagli infermieri con un apposito letto per stare disteso. Ma in quei giorni anche la salute di Jeannette aveva iniziato a dare problemi. I letti dei due erano stati accostati perché potessero stare vicini e stringersi la mano. Con il resto della famiglia avevano anche festeggiato in anticipo il loro 75°anniversario di matrimonio, che sarebbe stato il 29 giugno. Qualche settimana dopo il ricovero, il 17 giugno, Alexander si spegne per sempre: «Quando ho detto a mia madre che mio padre era morto – ha ricordato la figlia - lei lo ha abbracciato e gli ha detto “È quello che volevi. Sei morto tra le mie braccia e io ti amo. Ti amo, aspettami. Arriverò presto”». A quel punto i figli l’hanno lasciata sola con il marito perché potesse salutarlo. Dopo poche ore anche Jeanette se n’è andata tra lo stupore e l’incredulità dei famigliari e degli infermieri che li assistevano. 

mercoledì 8 luglio 2015

Prima vittoria di Piazza San Giovanni - noi e la politica


8 Luglio 2015
La circolare del Ministero dell'Istruzione è senz’altro la prima vittoria della piazza 20 giugno, ma della piazza che sa dialogare con la  politica, e della politica capace di tradurre le domande della piazza in strategia utile, pur essendo i cattolici, nel parlamento, in assoluta minoranza.
E’ un testo buono e molto chiaro: un primo, fondamentale passo nella giusta direzione, un bel dietro-front rispetto alla china su cui si stava scivolando finora: niente più lezioni a sorpresa, tutto quello che si fa a scuola deve stare nel POF, le famiglie lo devono sapere prima, e il consenso dei genitori alle attività extracurricolari (che devono essere facoltative) è obbligatorio. Il prossimo passo sarà quello di chiedere per legge il consenso scritto dei genitori anche per le attività curricolari, qualora parlassero di sessualità e affettività: la proposta è già depositata, va discussa e sostenuta, perché il consenso delle famiglie è l’unica vera arma contro il gender, per la libertà di educazione.
Dobbiamo tutti essere consapevoli che nessuna legge potrà mai evitare che insegnanti suggeriscano letture sgradite e sgradevoli; il caso scatenato dal libro della Mazzucco, "Sei come sei”, insegna: il ricorso è stato perso perché vale la libertà di insegnamento, e la pronuncia del giudice purtroppo costituisce  un precedente negativo. Nessuna legge potrà evitare che nelle assemblee autogestite gli

Angeli per il mondo




αποφθεγμα Apoftegma



È mediante la sua condotta, 
mediante la sua vita, 
che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, 
vale a dire mediante la sua testimonianza 
vissuta di fedeltà al Signore Gesù, 
di povertà e di distacco, 
di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, 
in una parola, di santità.

Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41





Gli apostoli sono gli angeli che svelano il cuore di Dio ad ogni uomo, la Gerusalemme contemplata dagli occhi di Giovanni«Vidi anche la Città Santa, la Nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo, ed Egli sarà il Dio-con-loro. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate." E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose."» (Ap. 21,2-5). Insieme agli apostoli, anche noi siamo chiamati ad essere il segno della novità definitiva, la dimora che come una sposa accoglie ogni peccatore, la consolazione di ogni dolore, il profumo celeste sparso da Cristo nel mondo perché ogni uomo  riconosca in esso l'essenza della propria vita, la fragranza del proprio destino. L'opera fondamentale di Gesù è infatti la sua vittoria sul demonio e sul male, l'unica credibile, l'unica capace di dare gloria a Dio testimoniandone la presenza amorosa nella storia dell'umanità. Occorre un miracolo, un segno, una

Meditazioni - San Giovanni Della Croce


SAN GIOVANNI DELLA CROCE


3 - In primo luogo l'anima abbia un costante desiderio di imitare Cristo in ogni sua azione, conformandosi ai suoi esempii, sui quali méditi per saperli imitare e per comportarsi in ogni sua azione come Egli si diporterebbe.  4 - In secondo luogo, per riuscire in questo è necessario che ella rinunzi a qualunque piacere sensibile che non sia puramente a onore e gloria di Dio e che rimanga vuota di ciò per amore di Gesú Cristo il quale, in questa vita, non ebbe e non volle altro piacere che quello di fare la volontà del Padre, la quale era per Lui suo cibo e nutrimento. Se, per esempio, le si offre il piacere di ascoltare cose che non hanno importanza per il servizio e la gloria di Dio, ella rinunzi al gusto di ascoltarle; se le si porge il diletto di vedere cose che non servono ad avvicinarla al Signore, reprima il desiderio di guardarle. Faccia lo stesso quando le si presenta l'occasione di conversare, di compiere qualche altra azione o di soddisfare qualche altro senso, purché lo possa fare

sabato 4 luglio 2015

Non si può amare la divinità di Cristo senza amare prima la sua umanità

Commento al Vangelo della XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) -- 5 luglio 2015

Takamatsu,                                                                 Don Antonello Iapicca  

Risultati immagini per foto di nazarethQuesta Domenica il Signore ci accompagna a Nazaret, la sua Patria. Si tratta di una tappa fondamentale sul cammino per diventare e rimanere cristiani. Come lo fu per i suoi discepoli, che in quel sabato fecero l'esperienza dello scandalo che covava nel cuore mimetizzato nell’iniziale stupore.
Essa deve partire dalla conoscenza di noi stessi. Per questo, come accadde a San Paolo, Dio ha messo anche nella nostra carne una “spina” che ci umilia; ognuno di noi sa di che cosa si tratta. Qualcosa che ci impedisce di “montare in superbia”, e che il nostro ego non riesce a sopportare.
E’ tuo marito che ogni giorno distrugge la tua immagine di marito? E’ tua moglie che si sta buttando via tra rimpianti e nevrosi? E’ tuo figlio che non ti ascolta e si è infilato in un brutto peccato?
E’ la difficoltà di comunione con le persone chiamate con te ad evangelizzare, in parrocchia, nella missione, a catechismo? Sei tu, il tuo carattere iroso, la tua debolezza psicologica? E’ un fatto accaduto molti anni fa che ti rapisce il pensiero e ti impedisce la felicità?
Bene, sappi che non puoi essere cristiano se ogni giorno non giunge alla tua vita “un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarti”. Ogni giorno, hai capito bene. Ogni giorno un problema, un’incomprensione, un’umiliazione. Non ti piace? Neanche a San Paolo piaceva, e ha pregato perché Dio allontanasse da lui quella spina, ma niente. Non aveva capito che quella era la sua salvezza.
Non c’è altra via che conduca al Cielo, fratello. E sai perché? Perché esiste il peccato che abita nella carne. E nella carne esso deve essere, ogni giorno, perdonato! Non scandalizzarti per favore, c’è una punta di orgoglio che si muove in noi dinanzi ai problemi, alle sofferenze, alle ferite della carne e dell’anima, e lì e solo lì possiamo davvero incontrare il Signore e il suo amore.
E’ necessaria dunque la spina che Dio stesso permette che si conficchi nella nostra carne per far uscire il pus che ci avvelena il cuore e la mente. Solo così potremo umiliarci e chiedere aiuto a Cristo, che si è fatto carne proprio per incontrare le nostre ferite e guarirle con la sua misericordia.
San Paolo lo aveva sperimentato, per questo ci annuncia oggi che la Grazia di Dio ci basta! Che non deve cambiare la nostra storia, la

«La persecuzione rafforza l'ecumenismo del sangue»

di Massimo Introvigne                                                 04-07-2015
Papa FrancescoIl 3 luglio 2015 Papa Francesco è intervenuto a Piazza San Pietro al grande raduno ecumenico promosso dal Rinnovamento nello Spirito in solidarietà con i cristiani perseguitati, dove ha insistito sulla sua nozione di «ecumenismo del sangue». Perseguitati insieme, i cristiani possono e devono testimoniare insieme.
Nello spirito ecumenico dell'evento, il Papa ha anzitutto pregato per l'unità dei cristiani: «Gesù, Signore, tu hai chiesto per tutti noi la grazia dell’unità in questa Chiesa che è Tua, non è nostra. La storia ci ha divisi. Gesù, aiutaci ad andare sulla strada dell’unità o di questa diversità riconciliata. Signore, Tu sempre fai quello che hai promesso, dacci l’unità di tutti i cristiani». «L'unico insostituibile nella Chiesa – ha aggiunto Francesco – è lo Spirito Santo e l'unico Signore è Gesù». L’unità dei cristiani «è opera dello Spirito Santo e dobbiamo pregare insieme. L’ecumenismo spirituale, l’ecumenismo della preghiera. ‘Padre, io posso pregare con un evangelico, con un ortodosso, con un luterano?’ Devi, devi: avete ricevuto lo stesso Battesimo».
Il tema della convocazione - i cristiani perseguitati - non è estraneo  all'ecumenismo, perché «la realtà di oggi e i nostri martiri ci uniscono in un “ecumenismo del sangue”». Ricordando i ventitré copti egiziani sgozzati in Libia, il Pontefice si è chiesto: «Se il nemico ci unisce nella morte, ma chi siamo noi per dividerci nella vita? Lasciamo entrare lo Spirito, preghiamo per andare avanti tutti insieme».
Come fa spesso quando parla ai movimenti, al Rinnovamento Francesco ha ricordato «il modello del poliedro che riflette la convergenza di tutte le parti»: «il fiume deve perdersi nell'oceano, se diventa fermo si corrompe». Vale per ogni movimento: se «questa corrente di grazia non finisce nell'oceano di Dio, lavora per sé stessa», per il Diavolo «padre della menzogna» o per la vanagloria dei dirigenti. «Quanti leader diventano pavoni? Il potere ti porta alla vanità! E anche ti senti capace di fare qualsiasi cosa, puoi scivolare negli affari, perché il diavolo sempre entra per i portafogli! Questa è  la porta d’entrata». Per questo, ha concluso, i servizi dei dirigenti dovrebbero avere «una scadenza», mentre il modello dei dirigenti a vita presenta svantaggi e problemi.

venerdì 3 luglio 2015

Family Day, a settembre si fa il bis contro le unioni omosessuali. A Roma, forse stavolta anche a Milano

Family Day, a settembre<br>si fa il bis contro le unioni  omosessuali. A Roma, forse stavolta anche a MilanoUn nuovo Family day a settembre. Dopo il clamoroso successo della manifestazione del 20 giugno a difesa della famiglia e della libertà educativa dei genitori, tra due mesi verrà organizzato un altro raduno a piazza San Giovanni in Laterano proprio nei giorni decisivi per l’approvazione in Parlamento del ddl Cirinnà sulle unioni civili. In discussione l’estensione per le unioni gay dell’adozione del bambino già riconosciuto come figlio di uno solo dei due.
Il capogruppo di Area popolare, Maurizio Lupi ritiene «molto difficile» un voto prima dell’autunno. No all’adozione da parte del partner e all’estensione della reversibilità («creata come sostegno alla famiglia in cui il soggetto più debole era la donna che si occupava dei figli»). Ok a regolamentare i diritti individuali delle persone anche dello stesso sesso, ma no all’equiparazione con il matrimonio tra un uomo e una donna. Compromesso non impossibile. 
Intanto Riccardo De Corato, vice presidente del Consiglio comunale di Milano propone di organizzare anche una edizione milanese del Family day, sul modello della kermesse del 20 giugno che, malgrado i soli 18 giorni di organizzazione autogestita e la convocazione affidata quasi esclusivamente al passaparola sui social ha registrato un boom di adesioni. Una partecipazione superiore persino alla mobilitazione ufficiale di diocesi e movimenti ecclesiali contro i Dico nel 2007.
La discussione attraversa trasversalmente comitati spontanei e forze politiche. Gli emendamenti al