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giovedì 30 aprile 2015

Un pastore che non ha il coraggio della verità è un mercenario. Lo insegna il caso di San Francisco

di Benedetta Frigerio
Un pastore che non ha il coraggio della verità è un mercenario. Lo insegna il caso di San Francisco «È dura per un pastore cercare di spiegare, andare incontro a chi non capisce», provare «a cambiare anche il modo di esprimermi per riuscire a portare a tutti l’insegnamento di Cristo e, tuttavia, essere dipinti come intolleranti». È questo il peso che l’arcivescovo della diocesi di San Francisco, Salvatore Cordileone, confessa a tempi.it di portare ormai da tre mesi. Quelli in cui è diventato uno dei simboli della “guerra alla libertà religiosa” che si sta consumando negli Stati Uniti.
IL PARADOSSO. Il “caso Cordileone” era montato il 3 febbraio scorso, in seguito al rinnovo dei contratti dei professori delle scuole cattoliche, a cui si ribadiva di insegnare secondo la dottrina anche nell’ambito della morale sessuale. «Una necessità – continua l’arcivescovo – dettata dalle circostante e dalla confusione crescente». Una confusione che, in nome di una malintesa tolleranza, ha portato alcuni istituti cattolici a insegnare secondo i dettami dell’ideologia gender. «I nuovi contratti, oltre a seguire i magistero cattolico, ricalcano le linee guida della Conferenza episcopale americana e devono essere applicate da ogni diocesi». Ma è stato in seguito a questa sua ferma presa di posizione che il vescovo è stato attaccato sui media, anche da altri cattolici. «Ognuno è libero di esprimere le sue opinioni, ma se il pensiero diventa imposizione si diventa intolleranti», spiega Cordileone.
L’ATTACCO DEI CATTOLICI. L’attacco non sarebbe riuscito così bene se a ribellarsi al vescovo non fossero stati alcuni membri pro choice della Chiesa stessa. Dopo aver assoldato Sam Singer, guru della

Il nemico più pericoloso per la Chiesa? L'ignoranza

di Rino Cammilleri                                   30-04-2015
L'ignoranza, primo nemico della ChiesaQualche giorno fa, in un editoriale sulla Nuova Bussola (clicca qui) Ettore Gotti Tedeschi ha ricordato la saggezza che san Josemaría Escrivá de Balaguer usava somministrare, in pillole, in libretti che hanno formato generazioni di cattolici, laici e non. La generazione presente forse non ha mai sentito parlare di Cammino e Forgia (in Italia editi da Ares) nonché Solco da cui Ettore Gotti Tedeschi ha estratto alcuni pensieri. Come questo (il n. 359): «Sono d’accordo con te che vi sono cattolici, praticanti e persino pii agli occhi degli altri, e forse sinceramente convinti, che servono ingenuamente i nemici della Chiesa… Si è infiltrato nella loro stessa casa, con diversi nomi male applicati – ecumenismo, pluralismo, democrazia – l’avversario peggiore: l’ignoranza». Il quale pensiero, poiché a ogni nuova generazione bisogna ripetere da capo tutto, necessita di qualche approfondimento.
Già nel 1852 vi fu chi avvertì che gli –ismi moderni non erano altro che riedizioni in salsa laicista di antiche eresie già condannate dalla Chiesa. Si trattava di Juan Donoso Cortés, pensatore e uomo politico spagnolo, al quale era stato chiesto dal cardinale Raffaele Fornari, per conto di Pio IX, di stilare un elenco degli “errori” contemporanei in vista della preparazione del Sillabo (che poi uscì nel 1864 e suscitò un vespaio). É stato argutamente osservato che le posizioni eretiche sono come quelle erotiche: poche e ripetitive. Ma, malgrado ciò, non cessano di esercitare la loro potente attrattiva. Un’eresia, infatti, non potrebbe affascinare se non contenesse un brandello di verità. È però un pezzo di verità

martedì 28 aprile 2015

La nuova Resistenza si chiama difesa della famiglia

25-04-2015
Sentinelle sotto scorta a BolognaCaro direttore, 
condivido con Lei e con la Nuova Bussola i fatti e le impressioni a caldo della testimonianza di piazza che ho vissuto domenica a Bologna con le Sentinelle In Piedi.
La veglia è quasi conclusa quando mi si avvicina un ufficiale delle forze dell’ordine in borghese, mi indica di lasciare la piazza tramite una via laterale in cui verremo scortati. Ci dicono che ci faranno defluire a piccoli gruppi per motivi di sicurezza, e ci viene consigliato di nascondere il libro perché non si veda, una volta in strada, che siamo stati a vegliare con le Sentinelle In Piedi. “Ma come?” – chiedo spontaneamente – “mi devo vergognare come fossi un ladro?”, subito giunge la risposta: “Qui non è questione di vergogna ma di preservare l’incolumità di chi ha vegliato”.
Obbedisco, ma resto allibita e profondamente toccata. Il dispiegamento di forze dell’ordine è davvero imponente, ma comprensibile dopo quello che è accaduto lo scorso 5 ottobre, non so se siano davvero 100 gli uomini impegnati, come sento dire, non so se siano davvero 800 i contestatori che hanno urlato insulti contro di noi per tutta la veglia, e che non hanno permesso a molti di noi di entrare, non li vedo e non posso contarli. Però sento le loro volgarità, le meschinità che ripetono rabbiosi di fronte a quello che per loro deve essere un insospettabile silenzio.
Provo amarezza, perché quegli slogan sviliscono per primi loro stessi, e anche rabbia, nei confronti di chi non capisce l’attacco frontale che stiamo subendo. Non so se i nostri contestatori siano militanti dei centri sociali, anarchici, o solo ragazzini strumentalizzati dalle lobby Lgbt. Quello che so è che ho toccato con mano quanto la dittatura del pensiero unico prenda forma giorno dopo giorno sotto i nostri occhi e ai danni delle nostre vite: il ddl Scalfarotto è ancora fermo al Senato, eppure non serve che venga approvato perché già oggi, in Italia, non è più possibile affermare pubblicamente liberamente che ciascuno di noi ha un progetto iscritto nella propria natura che ci vuole maschi e femmine, e che la famiglia è fondata sull'unione stabile e fedele tra un uomo e una donna, e che i bambini hanno diritto a una mamma e un papà.
Èpossibile farlo al chiuso delle nostre case, di qualche salone o sala congressi, in oratorio, ma comunque chiuso, nel privato, perché se lo facciamo in piazza, prendendoci uno spazio pubblico, testimoniando davanti a tutti, occorre che le forze dell’ordine ci difendano dalle aggressioni.
Ora io mi chiedo, direttore, con le parole usate dal portavoce ieri: “Di fronte a tutto questo, davvero vogliamo stare a guardare? C'è ancora qualcuno disposto a battersi per la verità e il bene comune? Qualcuno disposto a rischiare, a metterci la faccia per sottrarsi alla menzogna?”. O, aggiungo io, vogliamo tornare nelle catacombe? C’è ancora qualcuno che ha a cuore la libertà d’espressione, che cerca la verità, c’è ancora qualcuno che non è disposto a veder violentata la democrazia? Se sì, è questo il momento di farsi vedere e sentire, pubblicamente.
Lucia Minelli

Nascosti nella mano del Buon Pastore



Primo battistero conservato al mondo, in Siria a Dura-Europos, circa al 240 d.C

 





αποφθεγμα Apoftegma

Nei giorni di Mattatià, 
figlio dell'alto sacerdote Yohanan l'Asmoneo, e dei suoi figli, 
quando il cattivo re dei greco-siriani si è scagliato 
contro la Tua nazione Israele per indurla a dimenticare la Tua Torah 
ed abrogare le leggi della Tua volontà, 
Tu, nella Tua tanta misericordia, 
ti sei alzato in piedi per loro nel momento del loro dolore; 
Tu hai combattuto la loro battaglia... 
Hai dato i forti nelle mani dei deboli, i tanti nelle mani dei pochi... 
A quel tempo per la Tua nazione Israele 
hai realizzato una grande salvezza e una grande redenzione.


Preghiera Al haNissim" (letteralmente "per i miracoli") 
che si recita durante la festa di Hanukkah



E' "inverno", ed è molto più di una stagione. E' la realtà nella quale si trovavano i "capi dei giudei", molto simile alla nostra. L'inverno è freddo e piovoso, la vita sembra addormentata, fa notte presto e si ha bisogno di luce e di calore. Rieccheggia, in questa notazione non a caso precisa, un versetto del Cantico dei Cantici: "L'inverno è passato, la pioggia è finita e se n'è andata". I Padri hanno visto in questo inverno la situazione della sposa, immagine del Popolo di Israele, prima dell'avvento di Cristo: "fino adesso durante l'inverno delle tentazioni e le tempeste dei vizi, la sposa se n'è stata rintanata e impaurita, le bastava rinchiudersi in se stessa. Non usciva mai fuori di sé, non coglieva i fiori della Scrittura Divina, non aveva le gioie spirituali della

lunedì 27 aprile 2015

Sinodo. Un teologo australiano al Papa: «Non si limiti ad ascoltare ma dica cosa pensa e poi decida»

Sinodo. Un teologo australiano al Papa: «Non si limiti ad ascoltare ma dica cosa pensa e poi decida»
Lettera aperta a Papa Francesco
di don Paul A. McGavin
*


Caro Santo Padre,

Sono stato turbato dalla modalità e dalla mentalità della resistenza che lei ha dovuto affrontare nel suo desiderio di dialogare sul cammino della Chiesa nella nostra epoca presente. Quali che siano le riserve su aspetti della sua maniera di governare, capisco che nella divina Provvidenza è lei il papa in questo frangente della storia sacra di cui Dio è l'autore. Questo mi induce a scriverle con franchezza riguardo al prossimo sinodo ordinario.


Reattività psicologica


A mio avviso, un problema cruciale delle reazioni al sinodo straordinario è stata la psicologia di quelle persone che non accettano di leggere o ascoltare pacificamente ciò che è effettivamente detto o scritto. Quando vedo reazioni vendicative nella blogosfera e la veemenza dei pronunciamenti di alcune conferenze, mi rendo conto che abbiamo a che fare con una reattività psicologica che fa temere. Il solo parlare di "comunione ai divorziati risposati" diventa aprire le porte alle unioni omosessuali, aprire le porte alle ordinazioni femminili, aprire le porte a tutti i tipi di confusione e relativismo che pervadono la nostra epoca. Troppo spesso si nota una incapacità psicologica di impegnarsi in discussioni serene su tali questioni difficili, dimostrata in espressioni come “bisogna togliere questo dal tavolo di discussione”.

Nel dispiegarsi delle questioni controverse, nel corso degli ultimi due anni, la sua tendenza è stata quella di asserire più che di spiegare, e tanto meno di dialogare. In modo particolare questo problema si è espresso nel sinodo straordinario. Le parole d'ordine di dialogo e sinodalità sono state utilizzate, ma lei, Santo Padre, ha più ascoltato che dialogato, e nel tirare le somme lei ha asserito e basta.

Per quanto riguarda la questione intricata del divorzio, del nuovo matrimonio e della comunione

Il musulmano che in Libia ha «follemente» scelto di morire assieme ai suoi amici cristiani di Etiopia

Il musulmano che in Libia<br>ha «follemente» scelto di morire assieme ai suoi amici cristiani di Etiopia
di Giorgio Bernardelli
Un nuovo fotogramma terribile del terrore jihadista. Che abbiamo fatto fatica a ricollegare all'altra notizia drammatica di queste ore, il dramma dei migranti affogati nel Mediterraneo (anche se le persone sarebbero potute tranquillamente essere le stesse). Nel nostro flusso di informazione malata, dove le parole hanno sempre la meglio sulle storie, sono già scivolati via dai riflettori gli etiopi uccisi in Libia dallo Stato Islamico e mostrati in un nuovo terribile video di Al Furqan, la macchina della propaganda del sedicente califfato.
In questi giorni - però - sono arrivate una serie di notizie importanti su queste nuove vittime della follia jihadista. Ad esempio che non erano solo etiopi; tra loro c'erano anche degli eritrei. Ma soprattutto un po' alla volta tutti i volti vengono associati a un nome e a una storia. E così è venuta fuori anche un fatto del tutto inaspettato: tra i 28 che nel video vengono presentati come «cristiani etiopi» in realtà c'era anche un musulmano. Si chiamava Jamaal Rahman ed era anche lui un migrante proveniente dall'Etiopia. Solo che la sua è una famiglia islamica.
A confermare la notizia è stata una fonte del tutto insospettabile: un miliziano degli al Shabab, i

domenica 26 aprile 2015

Rapporto sulla fede

«Il cristiano sa che la storia è già salvata, che dunque alla fine lo sbocco sarà positivo. Ma non sappiamo attraverso quali vicende e traversie arriveremo a quel gran finale. Sappiamo che le potenze degli inferi "non prevarranno sulla Chiesa", ma ignoriamo a quali condizioni questo avverrà»
(Joseph Ratzinger in "Rapporto sulla Fede", 1985).

Scelti per far parte del gregge di Cristo

  Takamatsu,                                   Don Antonello Iapicca

Non si scappa, il Vangelo di questa Domenica è chiarissimo: le pecore sono comunque destinate a servire, sino al macello. Ma ci sono due modi per essere macellate: o come l'Agnello di Dio che ha offerto la sua vita in sacrificio per amore, o costrette e vendute dai "mercenari".
Risultati immagini per foto del buon pastoreComunque vada la nostra vita è destinata ad essere sacrificata: o per ingrassare quanti ci ingannano, gli amici ad esempio, che trascinano tanti a drogarsi, a darsi piacere, a far parte del branco, per poi "fuggire" dinanzi al "lupo", ai pericoli e ai fallimenti; oppure liberamente, per salvare chi ci accanto, seguendo le orme del Servo di Yahwè che ha consegnato se stesso in riscatto dell'umanità.
Tutti noi, scelti per far parte del gregge di Cristo, apparteniamo a Lui, e a Lui soltanto. Ma viviamo come ostaggi di "mercenari", ed è questa la radice di tante nostre sofferenze e frustrazioni. Siamo stati creati in Lui, per questo nel nostro cuore risuona come adeguata, perfettamente rispondente all'aspirazione profonda e autentica, solo la voce di Cristo.
Non conosciamo nessun altro, eppure viviamo soggiogati dai "mercenari" che ci usano per guadagnare sulla nostra pelle, consegnandoci poi all'inferno. Non sono un inferno tante nostre relazioni? Non è un inferno il lavoro, lo studio? Non lo è il mondo, con la sua politica, con l'economia in mano all'avidità, con le guerre che, spesso in nome di Dio, insanguinano la terra? Lo sono perché ci siamo trasformati anche noi in "mercenari".
Rubiamo, ci appropriamo, leghiamo le persone sperando ed esigendo guadagni affettivi, compensi esosi per aver dato qualcosa di noi. E le relazioni appaiono per quello che purtroppo sono, mercimoni di affetti, mercati dove non esiste gratuità. Infatti, "il mercenario scappa davanti al lupo", al male, alla sofferenza, ai peccati.
Quando il prodotto si rivela diverso da quello pubblicizzato si rispedisce al negozio; quando la moglie, il

Giornata di preghiera per le vocazioni: perché Clint Eastwood insegna cos'è la «chiamata» più di tanti predicatori

di Gabriele Vecchione
Gran Torino, 2008, diretto ed interpretato da un magistrale Clint Eastwood, è un film sull’espiazione e sull’amicizia prima ancora che sulla xenofobia, in cui il protagonista Walt Kowalski, morendo in favore del suo amico, s’assimila al sacrificio di Gesù Cristo.

L’itinerario di questo veterano di guerra americano, patriottico, tradizionale, dal linguaggio gagliardamente stereotipato e burbero (e con punte di humour esilaranti) sembra pian piano imboccare la strada dell’espiazione (sofferenza vicaria) perché il suo amico possa avere vita, scampando da una condanna ineluttabile, dalle angherie del prepotente nemico.

Parafrasando G.K. Chesterton, abbiamo frequentato riunioni di condominio e crediamo dunque al peccato originale, che forse non è un monstrum horribile agostiniano ma una condizione esistenziale, data e gommosa: così siamo presi (attratti e al contempo riluttanti) continuamente dal male nella sua multiforme composizione – interno, esterno, sociale, personale e via discorrendo.

Il vicino di casa di Walt, il giovane Thao, di origine Hmong (etnia del Sud-Est asiatico), subisce

Quell'enciclica di Pio XII che ha preparato il Giubileo della Misericordia

di Enrico Cattaneo                             26-04-2015
Pio XIINella Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia (Misericordiae vultus), Papa Francesco giustamente ha ricordato (n. 11) l’enciclica di san Giovanni Paolo II tutta dedicata alla misericordia divina (Dives in misericordia). Fu poi quello stesso Papa a istituire la Festa della Divina Misericordia nella seconda domenica di Pasqua. Ora nella Bolla, Papa Francesco afferma che già nell’Antico Testamento Dio rivela la sua peculiare natura, che è quella di essere un Dio “paziente e misericordioso”: questo «è il binomio che ricorre spesso nell’Antico Testamento per descrivere la natura di Dio. Il suo essere misericordioso trova riscontro concreto in tante azioni della storia della salvezza dove la sua bontà prevale sulla punizione e la distruzione» (n. 6). Ora già Pio XII aveva sviluppato questo tema nell’enciclica Haurietis aquas del 15 maggio 1956. Era un’enciclica dedicata al culto del Sacro Cuore di Gesù e iniziava con le parole prese dal profeta Isaia: “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3).
Nei paragrafi 13-17, l'enciclica offre una chiave di lettura globale dell’Antico Testamento alla luce dell’amore misericordioso di Dio. Partendo dal concetto di «alleanza» come centrale di tutta la storia biblica, Pio XII afferma: «L'alleanza stipulata tra Dio e il popolo [...] fu un patto non solo fondato sui vincoli di supremo dominio da parte di Dio e di doverosa obbedienza da parte dell'uomo, ma anche consolidato e alimentato dai più nobili motivi dell'amore. Infatti, anche per il popolo d'Israele la ragione suprema della sua obbedienza a Dio doveva essere non tanto il timore dei divini castighi [...], quanto piuttosto doveroso amore verso Dio: “Ascolta, Israele: il Signore Dio nostro e il solo Signore. Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze. Queste parole, che oggi ti prescrivo, staranno nel tuo cuore” (Dt 6, 4-6)» (n. 14).
Se l'alleanza tra Dio e il suo popolo comportava precisi impegni, con minacce di sanzioni e castighi in caso di infedeltà,

Urge che il vangelo ritorni al centro della vita dell'uomo!

Tutti dobbiamo tendere ad essere maestri della Parola nella vita, tenendo nel cuore e nella mente il modello di Gesù

Catanzaro,       Egidio Chiarella

Risultati immagini per foto cristoNoi tutti diciamo di credere, dimenticando spesso di essere i nuovi discepoli del Signore. Stiamo attenti ai precetti, alle tradizioni, alle date liturgiche, ma se ci guardiamo intorno non vediamo l’effetto salvifico del nostro essere cristiani. Qualcuno potrebbe dire che il mondo oggi è così distratto da vanificare ogni buon proposito in questa direzione, spingendo ognuno a stare in silenzio o in disparte. Se fosse vero tutto questo, sarebbe la fine di ogni cosa o comunque si imporrebbe la vittoria del relativismo più strisciante, anticamera di una società pronta ad auto assolversi da ogni peccato. Esisterebbe solo una forma solidale capace di mettere una pezza pubblica su un orrore, ma senza risolvere alcunché, provocando semmai una falsa coscienza e una ferita interiore che, alla prima occasione, mostrerebbe la sua profondità. Tutto di solito si rinvia a data da destinarsi, come sta succedendo nel canale di Sicilia, dove ormai si muore a migliaia, per poi sentire le stesse litanie, gli stessi impegni, le stesse promesse. Siamo arrivati al punto che la morte di oltre settecento persone in un viaggio disumano, passi come un incidente qualsiasi, anche se drammatico. Chi potrebbe alleviare questa triste condizione storica, non ha mai voluto comprendere fino in fondo la drammaticità di tante esistenze umane che, pur di fuggire dalla propria pesante

venerdì 24 aprile 2015

Belgio, cani in chiesa in tutti i sensi. Funerale per un chihuahua, con tanto di liturgia della parola

Belgio, cani in Chiesa in tutti i sensi. Funerale per un chihuahua, con tanto di liturgia della ParolaC'è del marcio nel regno di Danimarca, diceva Amleto. Ma anche nella Chiesa del Belgio qualcosina che non va sembra esserci. 
Con la sua scomparsa  avvenuta la settimana scorsa in una clinica veterinaria, «Miss Chiwa», chihuahua di 11 anni, ha lasciato un grande vuoto non solo nel cuore dei suoi padroncini Joseph Guns and Sylvana Sonzogni, ma nell’intero quartiere di Auvelais, nella cittadina belga di Sambreville. Miss Chiwa era infatti una celebrità anche per la sua brillante carriera nel mondo della moda canina (aveva posato tra gli altri per il marchio italiano Charlotte’s dress) e per numerosi passaggi televisivi, partecipazione a videoclip ecc.
Per lei è stato organizzato due giorni fa un funerale nella chiesa di Auvelais, con tanto di feretro davanti all’altare, liturgia della Parola e momenti di preghiera.
Il parroco Francis Lallemand ha difeso l’idea sottolineando che «gli animali fanno parte della nostra vita, anche della Bibbia» e che «e che da loro possiamo apprendere il modo di rispettarci gli uni gli altri».
Non si ha notizia di provvedimenti delle autorità ecclesiali in merito all’accaduto.

"Mai dimenticare il primo incontro con Cristo, quello che ci ha cambiato la vita"

Francesco, a Santa Marta, invita a chiedere la "grazia della memoria" per ricordare sempre il momento in cui la nostra vita ha avuto una svolta grazie all'"incontro d'amore" con Gesù

Risultati immagini per foto papa francescoMai e poi mai dimenticare il giorno in cui Gesù ci ha incontrato per la prima volta, ma custodire questo ricordo nel cuore come quello del primo amore. Si rivolge a tutti i cristiani dalla memoria corta Papa Francesco nella Messa a Santa Marta di oggi, esortandoli a chiedere a Dio la “grazia della memoria” proprio per ricordare sempre il momento in cui Cristo ha cambiato la vita attraverso l’incontro con Lui.  

Tutti i Vangeli sono costellati infatti da episodi in cui il Figlio di Dio incontra uomini e donne e gli svolta la vita. L’incontro con Paolo di Tarso è emblematico, il persecutore anticristiano che giunge a Damasco come "Apostolo delle genti". Ma anche Giovanni e Andrea, che trascorrono con il Maestro “tutta la serata”, Simone che diventa la “pietra” della nuova comunità, la Samaritana, il lebbroso risanato, l’emorroissa che guarisce sfiorando la tunica di Cristo.
Incontri decisivi in cui Gesù “cambia la vita” di chi gli sta di fronte. Per questo colui che incontra il Signore non deve mai smarrire la memoria di questo primo contatto, ribadisce il Papa. “Sarebbe un bel compito da fare a casa pensare: ‘Ma quando ho sentito davvero il Signore vicino a me? Quando ho sentito che dovevo cambiare vita o essere migliore o perdonare una persona? Quando ho sentito il Signore che mi chiedeva qualcosa? Quando ho incontrato il Signore?’”.
Gesù “mai dimentica”, soggiunge Bergoglio, noi invece sì. E dimentichiamo pure che la nostra fede in fin dei conti “è un incontro con Gesù”. “Questo è il fondamento della fede: ho incontrato Gesù come Saulo oggi”, rimarca il Santo Padre. E suggerisce un altro quesito a cui rispondere con sincerità: “Quando tu mi hai detto qualcosa che ha cambiato la mia vita o mi hai invitato a fare quel passo avanti nella vita?”.
“Questa è una bella preghiera e mi raccomando fatela ogni giorno”, dice Francesco, “e quando ti ricordi, gioisci in quello, in quel ricordo che è un ricordo di amore”. Un altro bel compito sarebbe anche “prendere i Vangeli e guardare tante storie lì e vedere come Gesù incontra la gente, come sceglie gli apostoli...”.
In questa molteplicità di storie e di incontri con Gesù, forse c’è qualcuno che assomiglia al mio, a questo rapporto d'amore "a tu per tu" che il Signore vuole instaurare con ciascuno di noi. Egli infatti intende il “rapporto con noi” come una "predilezione", sottolinea Papa Francesco. Per questo, esorta ancora una volta, a “pregare e chiedere la grazia della memoria”, e domandare: “Quando, Signore, è stato quell’incontro, quel primo amore?”, in modo da “non sentire quel rimprovero che il Signore fa nell’Apocalisse: ‘Ho questo contro di te, che ti sei dimenticato del primo amore’”.

giovedì 23 aprile 2015

100 anni esatti fa il genocidio degli armeni. La storia straordinaria di Armin Wegner, giusto tra i giusti

100 esatti fa il genocidio degli armeni. La storia staordinaria di Armin Wegner, Giusto tra i GiustiEsattamente 100 anni fa, nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, l'organizzazione nazional-laicista dei Giovani Turchi (a forti infiltrazioni massoniche) perpetrò sugli armeni cristiani, nonché su siri, assiri, caldei e greci cristiani presenti nei territori dell'impero ottomano (in quel mondo sostanzialmente "congelato"), un genocidio di proporzioni immani. Costò la vita ad almeno 1 milione e mezzo di armeni, a cui si aggiunsero altre migliaia di vittime appartenenti alle altre minoranze etniche cristiane. Papa Francesco lo ha definito, con perfezione giuridica e storica, il «primo genicidio del secolo XX», e la Turchia se n'à data grande scandalo: la Turchia moderna, infatti, tutt'altro che avviata alla laicità, tanto meno al laicismo, affonda le radici proprio in quegli anni e in quella tragedia. Di essa, il l'ufficiale medico tedesco di stanza in Anatolia Armin T. Wegner fu testimone diretto e indignato, documentatore d'eccezione attraverso fotografie oramai famosissime e un Giusto tra i Giusti perché fece tutto quanto fu in suo potere per fermare la mattanza e sensibilizzare il mondo.
Le straordinarie fotografie che testimoniano quell'ecatombe sono raccolte nel bel volume
Armin T. Wegner e gli armeni in Anatolia, 1915. Immagini e testimonianze, edito da Guerini. (Red.).
di Rodolfo Casadei


A Erevan, sulla Collina delle Rondini dove sorgono il monumento e il museo che ricordano e documentano il genocidio subìto dagli armeni nel 1915 per mano del governo dei Giovani Turchi, si trovano anche un Muro della Memoria e un Giardino dei Giusti. Il primo contiene le ceneri o la terra tombale, il secondo alberi e targhe commemorative dei non armeni che hanno aiutato gli armeni prima, durante e dopo il genocidio. Che

Parla Mario Trematore, il pompiere che nel 1997 salvò la Sindone dal fuoco. «Ho capito che Gesù è la via».

Parla Mario Trematore, il pompiere che nel 1997 salvò la Sindone dal fuoco.  «Ho capito che Gesù è la via».
di Alberto Di Giglio
Nel 1993, per restaurare la Cappella della Sindone, il Sacro telo fu spostato dalla sua custodia abituale in una teca blindata. Ma nella notte fra l’11 e il 12 aprile 1997, quando i lavori erano al termine, nella cappella esplode un devastante incendio, con una colonna di fuoco alta 25 metri.
Arrivano i pompieri, il momento è drammatico. Uno dei più prestigiosi capolavori del barocco, opera mirabile di Guarino Guarini, sta per essere divorato dal fuoco distruttore. La Sindone è minacciata da un reale pericolo: la temperatura interna è molto alta e spezzoni di materiale incandescente cadono sul coro dove è custodita la reliquia.

Compromessa ogni possibilità di aprire il meccanismo della teca, uno dei vigili decide di frantumarla con una mazza. I cristalli a prova di proiettile cominciano a frantumarsi sotto i possenti colpi. Dopo una quindicina di interminabili minuti, all’1.30 di quella notte, la Sindone è salva. Mario Trematore, l’eroico vigile, esce con i suoi colleghi trasportando a braccia l’involucro.
Il cardinale Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino, pochi giorni dopo dichiarò: «L’incendio ha bruciato tutto quello che trovava, tranne quel lenzuolo di lino. Ciò ha dimostrato l’intervento miracoloso della Provvidenza, che non ha permesso fosse scalfita la Sindone ed ha lanciato un messaggio di speranza».
Cosa rappresenta la Sindone per lei oggi?
«Mi è difficile dare una risposta, in quanto ciò che rappresenta non può tradursi in qualcosa di spiegabile con

Quei sacerdoti uccisi dai partigiani che la Chiesa dovrebbe beatificare. Un dossier del timone

Quei sacerdoti uccisi dai partigiani che la Chiesa dovrebbe beatificare. Un dossier del Timone
di Andrea Zambrano
«Questi sono i nostri beati». È questa l'ambiziosa “proclamazione” che Il Timone propone ai lettori in occasione del 70esimo anniversario della Liberazione. Un dossier accurato e coraggioso, quello del mese di Aprile, in cui si affronta partendo dalla storia del beato Rolando Rivi, ucciso dai partigiani comunisti in odio alla fede sul finire della seconda guerra mondiale, le storie degli altri preti uccisi dalla violenza rossa. E ci si chiede che fare della loro memoria adesso che la Chiesa, con la beatificazione del seminarista martire, ha sancito che nel biennio '44-'46 si moriva in odium fidei.

È nato così un dossier di 12 pagine nel quale raccontare le storie degli oltre 80 preti uccisi dai partigiani la cui morte può essere attribuita a odio politico religioso. L'ambizione, spiega già nel titolo il mensile, è chiara: «Proporre la beatificazione collettiva: saranno i nostri martiri del Triangolo della morte».

L'operazione è trasparente: «Dei 150 preti uccisi dalla violenza rossa, nel clima di vendette e ritorsioni, un buon numero trovò la morte perché apertamente simpatizzante del Regime fascista e dunque compromesso, anche se un prete ucciso, da una parte o dall'altra, porta sempre dietro di sé un aberrante sacrilegio. Pochi

mercoledì 22 aprile 2015

Liturgia (2)

«Poiché la liturgia eucaristica è essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in Gesù per mezzo dello Spirito, il suo fondamento non è a disposizione del nostro arbitrio e non può subire il ricatto delle mode del momento» (Papa Benedetto XVI Sacramentum Caritatis 37).

Tornare a Martin Lutero per capire bene quali e quanti danni ha prodotto. Oggi, non solo ieri

Tornare a Martin Lutero per capire bene quali e quanti danni ha prodotto. Oggi, non solo ieriSi avvicina (nel 2017) il quinto centenario della Riforma protestante e riconsiderare bene cosa successe allora, e cosa succede oggi, per effetto della rottura provocata da Martin Lutero (1483-1546) è opportuno, utile e doveroso.
Ermanno Pavesi (Segretario generale della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici) offre spunti di grande interesse quando scrive che secondo Lutero il peccato originale avrebbe compromesso totalmente le capacità naturali dell’uomo, come la ragione e la volontà, rendendo illusorio il libero arbitrio. Di conseguenza, l’uomo è dominato solo da istinti e passioni, soprattutto dalla concupiscenza.
La volontà umana sarebbe dunque schiava: «La volontà umana è stata pertanto posta nel mezzo», scrive Lutero, «come una bestia da soma. Se la cavalca Dio, vuole e va dove Dio vuole, come dice il libro dei salmi. “Io ero verso di te come una bestia. Ma pure io resto del continuo con te” […]. Se invece la cavalca Satana, vuole e va dove Satana vuole. E non è nella sua facoltà scegliere o cercarsi uno dei due cavalieri, bensì sono i cavalieri a combattersi l’un l’altro per ottenerla e possederla»
L’uomo persegue dunque il solo soddisfacimento dei propri istinti e dei propri interessi, e, neanche volendo,

Teologia della Liberazione, un disastro per la Chiesa

di Ettore Gotti Tedeschi                                             22-04-2015
Che Guevara e la CroceCome cattolico e come economista non accademico, ho sempre pensato e riconosciuto che la miseria morale andasse debellata per prima, al fine di debellare quella materiale.  Pensavo, ricordando gli insegnamenti dei miei maestri di dottrina (gesuiti) che l’origine del male, della miseria, era da trovarsi nel peccato che genera avidità, egoismo, indifferenza e così via.   Leggendo il libro-documento di Jorge Loredo, Teologia della Liberazione - Un salvagente di piombo per i poveri (Cantagalli 2014) - che propone una ricostruzione critica di questa corrente - apprendo invece che la cosiddetta Teologia della Liberazione afferma praticamente il contrario, cioè che debellando la miseria materiale si vince persino la miseria morale.
Non solo, apprendo che l’inequità nella ripartizione delle risorse è origine di tutti i mali, direi persino del peccato stesso. Ohimè. Questo libro va letto e discusso, proprio in questo momento storico, ma alla fine della lettura mi sono domandato se si trattasse “solo” di una analisi della Teologia della Liberazione, o invece di uno studio analitico del processo di decristianizzazione sviluppatosi e trasformatosi nei tempi e nella storia.
La materia di questo libro è  soprattutto “teologica e apologetica”. Si rifletta: il capitalismo (come sistema economico) è segno di contraddizione poiché produce benessere materiale per molti, ma confonde chi non ha maturato capacità di

martedì 21 aprile 2015

Fedeli in fuga? Tocca al principe del marketing spiegare ai vescovi il valore della «tradizione»

di Julio Loredo
Fedeli in fuga? Tocca al principe del marketing spiegare ai vescovi il valore della «tradizione»Pochi Paesi hanno sofferto tanto le conseguenze della crisi post-conciliare come il Brasile, dove il numero di cattolici è calato del 35% negli ultimi trent’anni. Qualche anno fa, preoccupati con l’emorragia di fedeli, i vescovi brasiliani hanno arruolato un’importante azienda di marketing, l’ALMAP, il cui presidente, Alex Periscinoto, era stato nominato “miglior marketing manager” del Brasile.

I membri della Commissione esecutiva della Conferenza nazionale dei Vescovi del Brasile si aspettavano da Periscinoto un consiglio su come impostare la pastorale della Chiesa, offrendo una migliore immagine dell’istituzione, al fine di fermare l’emorragia di fedeli che, per lo più, stanno passando alle communità evangeliche.

Il risultato è stato sorprendente. Periscinoto ha presentato i risultati del suo studio davanti a duecento tra vescovi e sacerdoti legati alla pastorale. Dire che siano rimasti scioccati dal discorso dell’esperto in marketing, è poco. Forse si aspettavano che egli consigliasse di dipingere le chiese in colori vivaci, di introdurre più musica pop, liturgie aggiornate e via dicendo. Invece…

“Il primo strumento di marketing della storia del mondo è stato la campana – ha esordito Periscinoto – ed

Spagna, cuore di Eurabia: in Catalogna spuntano tribunali musulmani e «Polizia della Shari'a»

di Giovanni Masini
Spagna, cuore di Eurabia:<br>in Catalogna spuntano tribunali musulmani<br>e «polizia della shari'a»Cinquecento vent'anni dopo la fine della Reconquista, parte degli spagnoli torna a vivere sotto l'egida della sharia.
I musulmani che non accettano la giustizia dei tribunali degli "infedeli" si stanno creando una propria rete di diritto islamico, che propagandi i valori dell'islam nel totale disprezzo delle leggi dello Stato.
Un rapporto dei servizi segreti di Madrid, riporta El Mundo, rivela come in Catalogna alcune cellule islamiste radicali stiano formando dei tribunali della legge islamica clandestini e unità di polizia musulmana per giudicare i musulmani che non si comportano in modo conforme ai dettami dell'islam. Nella regione di Barcellona - tra i territori più radicalizzati di Spagna insieme alle due enclaves in terra d'Africa di Ceuta e Melilla - gli estremisti islamici "cercano di imporre le proprie leggi" e "hanno formato delle unità di polizia religiosa".
I fondamentalisti si organizzano in cellule pronte a segnalare i membri della comunità islamica che non si comportano in modo conforme alla legge islamica, ricorrendo a intimidazione e violenze. I musulmani più ortodossi pretendono di imporre la propria ideologia in termini di abbigliamento, ordine e decoro: gli uomini devono sempre mostrare la barba e le famiglie educare i figli nella fede islamica più rigorosa. Per chi trasgredisce, minacce e isolamento, non senza episodi di aggressione fisica.
Le prime unità di "polizia islamica" sono nate nella città di Lleida, ma ora gli episodi di "giustizia parallela" si

lunedì 20 aprile 2015

Liturgia

«La bellezza della Liturgia non è mero estetismo, ma modalità con cui la verità dell'amore di Dio in Cristo ci raggiunge, ci affascina e ci rapisce, facendoci uscire da noi stessi e attraendoci così verso la nostra vera vocazione: l'amore» (Papa Benedetto XVI Sacramentum Caritatis 35).

domenica 19 aprile 2015

Viaggio Apostolico di Sua Santità Benedetto XVI a München, Altötting e Regensburg (9-14 Settembre 2006)


INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLA SCIENZA
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Aula Magna dell’Università di Regensburg
Martedì, 12 settembre 2006
Fede, ragione e università.
Ricordi e riflessioni.
  
Eminenze, Magnificenze, Eccellenze,
Illustri Signori, gentili Signore!

È per me un momento emozionante trovarmi ancora una volta nell'università e una volta ancora poter tenere una lezione. I miei pensieri, contemporaneamente, ritornano a quegli anni in cui, dopo un bel periodo presso l'Istituto superiore di Freising, iniziai la mia attività di insegnante accademico all'università di Bonn. Era – nel 1959 – ancora il tempo della vecchia università dei professori ordinari. Per le singole cattedre non esistevano né assistenti né dattilografi, ma in compenso c'era un contatto molto diretto con gli studenti e soprattutto anche tra i professori. Ci si incontrava prima e dopo la lezione nelle stanze dei docenti. I contatti con gli storici, i filosofi, i filologi e naturalmente anche tra le due facoltà teologiche erano molto stretti. Una volta in ogni semestre c'era un cosiddetto dies academicus, in cui professori di tutte le facoltà si presentavano davanti agli studenti dell'intera università, rendendo così possibile un’esperienza di universitas – una cosa a cui anche Lei, Magnifico Rettore, ha accennato poco fa – l’esperienza, cioè del fatto che noi, nonostante tutte le specializzazioni, che a volte ci rendono incapaci di comunicare tra di noi, formiamo un tutto e lavoriamo nel tutto dell'unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così insieme anche nella comune responsabilità per il retto uso della ragione – questo fatto diventava esperienza viva. L'università, senza dubbio, era fiera anche delle sue due facoltà teologiche. Era chiaro che anch'esse, interrogandosi sulla ragionevolezza della fede, svolgono un lavoro che necessariamente fa parte del "tutto" dell'universitas scientiarum, anche se non tutti potevano condividere la fede, per la cui correlazione con la ragione comune si impegnano i teologi. Questa coesione interiore nel cosmo della ragione non venne disturbata neanche quando una volta trapelò la notizia che uno dei colleghi aveva detto che nella nostra università c'era una stranezza: due facoltà che si occupavano di una cosa che non esisteva – di Dio. Che anche di fronte ad uno scetticismo così radicale resti necessario e ragionevole interrogarsi su Dio per mezzo della ragione e ciò debba essere fatto nel contesto della tradizione della fede cristiana: questo, nell'insieme dell'università, era una convinzione indiscussa.
Tutto ciò mi tornò in mente, quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury

ECCE HOMO

di Emanuela Marinelli                                            19-04-2015
Oggi, 19 aprile, si inaugura nel Duomo di Torino l'ostensione della Sacra Sindone, in occasione del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. L'ostensione durerà fino al 24 giugno e tre giorni prima della chiusura si recherà in pellegrinaggio a Torino anche papa Francesco. Per fare il punto sugli studi scientifici sul Sacro Lino e ricordare il significato che riveste per i fedeli, pubblichiamo l'articolo della sindonologa Emanuela Marinelli contenuto nel dossier dedicato alla Sindone del mensile Il Timone (per chiedere una copia clicca qui).
La Sindone
Il reperto archeologico più studiato al mondo, la più preziosa reliquia della Cristianità: stiamo parlando della Sacra Sindone, il venerato lenzuolo che sarà di nuovo esposto nel Duomo di Torino da domenica 19 aprile a mercoledì 24 giugno, nel bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco.
Da dove viene questo antico lino? Chi è l’uomo, barbaramente trucidato, che vi ha lasciato la sua impronta? La Sindone (dal greco Sindon, lenzuolo) può essere davvero il sudario funebre di Gesù di Nazareth, come la tradizione afferma, oppure è la testimonianza di un atroce delitto, perpetrato per realizzare una falsa reliquia? Per rispondere a questi inquietanti interrogativi, da più di cento anni gli scienziati si sono impegnati nell’esame di questo enigmatico lenzuolo.

sabato 18 aprile 2015

Un armeno nell'inferno di Aleppo "Il genocidio è ricominciato, 100 anni dopo"

di Stefano Magni                     18-04-2015
Aleppo, chiesa armena dopo il bombardamento di PasquaE’ difficile pensare che qualcuno viva ad Aleppo, nell’occhio del ciclone della Guerra Civile Siriana. La città martire, devastata da quattro anni di conflitto, di cui due sotto assedio, è completamente distrutta. Il bombardamento del quartiere di Suleimaniya, nella notte della Pasqua ortodossa, è stato subito soprattutto dalla comunità armena e cristiana della città. Accolta mentre era in fuga dal genocidio turco del 1915-16, questa comunità rivive gli orrori della persecuzione. E’ come una nemesi storica: ora stanno morendo proprio nella città che li salvò.
Uno di loro, un armeno siriano, un pastore protestante che chiameremo Seraphim (per motivi di sicurezza), lo abbiamo incontrato in Italia, in questi giorni, invitato dall’associazione Open Doors. E’ già un mezzo miracolo che un cristiano di Aleppo sia riuscito ad arrivare fin nel nostro Paese, a portare la sua testimonianza. Ci racconta brevemente che cosa voglia dire spostarsi in tempo di guerra, chiuso in un bus, con le tende tirate, senza possibilità di muoversi, con la paura che qualche cecchino inizi a sparare sui passeggeri. Il bus attraversa infatti aree urbane controllate dagli jihadisti. Un viaggio che in tempo di pace avrebbe comportato otto ore, in tempo di guerra ne dura il doppio, per arrivare fino a Beirut e giungere a contatto col mondo esterno, per ottenere un visto (rimandato tre volte) per poter arrivare fino all’Italia, che lui chiama “il paradiso”. Fra non molto, però, sarà destinato a tornare nell’inferno siriano, in quello che ormai, chiama “la mia vita normale”. Ed è una vita fatta necessariamente di poco: spostamenti ridotti al minimo (“Quando la città era assediata, non potevo muovermi oltre un migliaio di metri attorno alla mia casa”), acqua e luce razionati, a volte disponibili anche solo per un’ora ogni due giorni, niente carne, code e lotte per il pane, medicine

Cardinale Vallini: "Con l'annuncio del Signore in 100 piazze Roma è salva!"

Per il terzo anno consecutivo parte a Roma l'iniziativa del Cammino Neocatecumenale, con il tema "la Grande missione nell'anno della Misericordia". Oggi l'invio a San Paolo fuori le Mura

Roma,       Salvatore Cernuzio

Risultati immagini per foto cardinale valliniKiko Argüello lo definisce “un privilegio concesso da Dio”. Il cardinale Vallini “un miracolo” che si compie nelle strade della Capitale. Entrambi sono comunque d’accordo che l’iniziativa “Missione nelle 100 piazze” - che per il terzo anno consecutivo le comunità del Cammino Neocatecumenale realizzano nelle cinque domeniche dopo Pasqua in ogni parte del mondo - sia una grazia per le città e le persone coinvolte.
I frutti, d’altronde, parlano chiaro: “Con questa missione di strada abbiamo salvato molta gente”, ha dichiarato Kiko a ZENIT, a margine dell’incontro di oggi nella basilica di San Paolo fuori le Mura, durante il quale il cardinale Vicario ha ‘inviato’ le circa 500 comunità della Diocesi di Roma. “Ci sono state molte conversioni – ha spiegato l’iniziatore dell’itinerario neocatecumenale -, molte persone che stavano sul punto