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mercoledì 22 agosto 2018

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Palestrina, venerdì 17 agosto 2018


Signor Sindaco, illustri autorità civili e militari dei Comuni del territorio diocesano, cari sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, fratelli e sorelle tutti nel Signore!
"Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua".
Sono le parole di Gesù che risuonate poco fa alle nostre orecchie e ai nostri cuori. Parole che ci richiamano al segreto del Santo per il quale rendiamo grazie a Dio, con Cristo, nello Spirito Santo: il martire Agapito.
Un Santo giovane, figlio di questa terra prenestina, che recatosi a Roma per gli studi giuridici incontrò dei cristiani che gli fecero conoscere Gesù, lo fecero innamorare di Lui fintanto che anche il nostro Agapito aderì al cristianesimo andando contro, però, ad uno strano tipo di persecuzione che subivano i cristiani del suo tempo.
Una persecuzione motivata da interessi economici. L'Impero romano, infatti, stava vivendo un periodo di grande crisi sociale ed economica e così Aureliano tentò di dare nuova linfa al culto degli dei del pantheon romano, eresse a culto di Stato quello del Dio Sole Invitto – che i cristiani trasformeranno poi nella festa del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo ... – e tutto questo per rianimare una religiosità pagana contro l'affermarsi sempre più ampio del cristianesimo che andava ad interpellare le coscienze degli uomini, che toccava ciò che veramente l'uomo cercava e cerca da sempre: la Verità di un Dio che si rapporti con me, con il mio cuore e che mi spinga a vivere con i fratelli nella comunione e nella pace, in quella carità verso tutti che è la cartina di tornasole del cristiano di sempre.
Tutto ciò diventava scomodo per una religione fatta di riti, offerte di molti beni ai templi pagani e quindi ai loro funzionari e all'Impero e all'Impero stesso che ergeva le sue logiche mondane, i suoi interessi sociali, politici ed economici a religione di stato.
In fondo è quanto viviamo anche noi oggi.
Sono poche le autorità che ci impongono esplicitamente di vivere come se Dio non esistesse, ma esistono invece tanti poteri più o meno forti che vogliono toglierci il riferimento costante al Dio di Gesù Cristo perché – forse anche senza accorgercene – loro possano dominare incontrastati su di noi e trarne profitti che non rispettano l'uomo e la sua altissima dignità.
È – quello di oggi – l'impero di un consumismo edonista che – come scrive Papa Francesco nell'Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo Gaudete et exsultate – "può giocarci un brutto tiro, perché nell'ossessione di divertirsi finiamo con l'essere eccessivamente concentrati su noi stessi, sui nostri diritti e nell'esasperazione di avere tempo libero per godersi la vita – e in tal modo – sarà difficile che ci impegniamo e dedichiamo energie a dare una mano a chi sta male se non coltiviamo una certa austerità, se non lottiamo contro questa febbre che ci impone la società dei consumi per venderci cose, e che alla fine ci trasforma in poveri insoddisfatti che vogliono avere tutto e provare tutto. Anche il consumo di informazione superficiale e le forme di comunicazione rapida e virtuale – continua il Papa – possono essere un fattore di stordimento che si porta via tutto il nostro tempo e ci allontana dalla carne sofferente dei fratelli" ... ma potremmo continuare ad elencare forme e stili di vita che tendono ad imporsi a noi soltanto per interessi di qualcuno che, anche oggi come ai tempi di Agapito, vuole impedirci di incontrarci con il Dio di Gesù Cristo perché pare non "rendere economicamente" alla società.
Pensiamo, ad esempio, a chi vende il fumo, l'alcool, a chi vuole liberalizzare l'uso di sostanze che creano dipendenza, a chi sostiene i commerci che stanno sotto il gioco d'azzardo e non vorrebbe far nulla per contrastarlo, a chi non combatte fortemente la tratta e permette che anche oggi, anche nelle nostre terre, tante ragazze possano liberamente prostituirsi lungo le strade a qualsiasi ora del giorno e della notte, a chi liberamente continua a prestare soldi a usura, e ancora a vere e proprie lobby di potere che legittimano l'aborto, minano la famiglia perché una famiglia divisa rende maggiormente che una famiglia unita, favoriscono la cultura che sovverte l'ordine della creazione e della natura, ecc. E tutto ciò, questo fumo di Satana, che rende schiavi gli uomini e le donne del nostro tempo, è entrato anche nel modo di fare e pensare di noi cristiani che accettando troppo supinamente tutto questo lasciamo che la fede si esprima in riti, preghiere, Messe, processioni ... ma non tocchi la vita, non incida nel nostro cuore e quindi, tramite noi, nella vita dei tanti poveri di Dio e di legittima felicità e benessere che ci circondano.
Ebbene, Agapito, seppe opporsi all'Imperatore che pretendeva che anche lui si assoggettasse al culto degli dei del suo tempo, che lo fece inviare nuovamente a Palestrina affinché guardando al fiorente Tempio della Dea Fortuna Primigenia fosse attratto dal suo culto, dallo splendore del Tempio, dai suoi ricchi commerci. Agapito, invece, fu irremovibile. Giovane, giovanissimo fu però altrettanto fermissimo nella fede!
Prese la croce e la caricò su di sé ponendosi seriamente alla sequela di Gesù, come dovremmo fare tutti noi che siamo qui oggi a festeggiare Agapito il quale in un giorno come questo di tanti anni fa fu martirizzato tra gente come noi, festante, perché si eliminava un discepolo di Cristo, un giovane che non soltanto aveva compiuto la sua scelta personale di seguire Gesù ma che come il suo Maestro metteva in crisi, faceva pensare che forse valeva la pena spendersi maggiormente per il Vangelo e per i fratelli piuttosto che spendere la propria vita dietro passioni ingannatrici, dominatori culturali che ieri come oggi limitano la nostra libertà, il nostro desiderio di amare e di vivere appieno la vita facendoci credere che disseta soltanto ciò che toglie la sete lì per lì ma poi lascia ancora più assetati, soli, depressi, infelici ...
Agapito – dicevo – prese la croce che ai tempi di Gesù era stata lo strumento di morte che l'Impero romano imponeva ai criminali emarginati, subendo un'altra forma di martirio seguì il Suo Maestro, Gesù, che per primo prese la croce non per fatalismo né per esigenza del sangue del Figlio da parte del Padre ma quale conseguenza dell'impegno da Lui liberamente assunto di rivelare a tutti la bella notizia che Dio è Padre e che quindi tutti dobbiamo accettarci vicendevolmente e trattarci da fratelli e sorelle. Un annuncio considerato rivoluzionario e per il quale Gesù fu perseguitato e ucciso dando la prova d'amore più grande che un uomo – e quell'uomo era Dio – possa rendere: dare la vita per i fratelli. Ben sapendo che la morte di Gesù dice anche risurrezione, perdono dei peccati, dono della vita, di tutta la vita in abbondanza e per l'eternità!
Agapito, dunque, ha rinnegato se stesso, ossia ha preso le distanze da sé, dalle idolatrie che altri volevano imporre al suo io. Ha subito il martirio ma è rimasto libero e libero, con la palma della vittoria di chi nella vita segue soltanto Cristo, è entrato sicuramente nella pienezza eterna della vita e ancora oggi è modello di fede per noi.
Che da Agapito impariamo tutti, cari amici, a rinnegare il nostro narcisismo, quel narcisismo che i poteri mondani fanno crescere per i loro interessi. Siamo tutti un po' vittime di questa affermazione sconsiderata del nostro io che si sostituisce a Dio ma che genera solitudine e mancanza di amore, una vita che è un inferno ...
Da Agapito impariamo a seguire Cristo, a portare la sua croce con Lui che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti. Portiamo la croce per amore di Gesù. Accettiamo questo Suo invito che non è imposizione: "Se qualcuno vuol venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua...", "Se" dice Gesù! E facciamolo per amore, per aver più tempo e più spazio nel cuore per Lui e per i fratelli che ci dice anche oggi di amare e servire nel Suo nome. Per vivere la vita nella piena libertà, per salvarla non soltanto nell'eternità ma anche nell'oggi della storia dove vive appieno la vita soltanto chi sull'esempio di Cristo la sa donare amando sinceramente, liberamente e senza pretendere di dominare su nessuno. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Amministratore Apostolico





Omelia nella Solennità di Sant'Agapito, 18 agosto

IMG-20180819-WA0004Palestrina, Basilica  Cattedrale, sabato  18  agosto  2018

Signor Sindaco, illustri autorità, carissimi Canonici del Capitolo di questa Cattedrale, sacerdoti, fratelli e sorelle nel Signore!
La Solennità di Sant'Agapito ci ricorda che Agapito era un figlio di questa terra. È stato sicuramente un Santo esemplare, coraggioso, pur di non sottostare al culto degli dei pagani e rimanere fedele al Dio di Gesù Cristo ha accettato il martirio, ma stamattina mi piace pensare ad Agapito come a un prenestino, un prenestino d'hoc, un Santo – sì – ma un santo della "porta accanto" come direbbe Papa Francesco ricordandoci che i Santi nella storia del cristianesimo non ci sono stati soltanto nel passato ma possono esserci anche oggi e spesso ci vivono accanto, sono uomini e donne, giovani o anziani che possono vivere la santità anche in maniera eroica ma senza che i giornali dicano qualcosa di loro, nel nascondimento e spesso nell'immediata irrilevanza. Non so in quanti prenestini e con quale spirito siano stati presenti al martirio del giovane Agapito, non so nemmeno dirvi quale attenzione sia stata data a Gesù mentre entrava in Gerusalemme, dava la sua vita per noi sulla croce, e via di seguito ... ma probabilmente quanto gli stava accadendo era un fatto che si perdeva tra mille altri fatti della vita ordinaria della caotica Gerusalemme che si preparava a celebrare la Pasqua. La santità, diceva San Giovanni Paolo II, non è altro che la dimensione alta della vita cristiana ordinaria.
Da qui vorrei allora stamattina esortarvi tutti, sull'esempio del concittadino Agapito, a vivere la santità nella vita quotidiana che trascorre nel mondo attuale di cui siamo protagonisti.
Per questo invito che rivolgo innanzitutto a me stesso ma poi a tutti voi e tramite voi a tutti i prenestini, mi lascio aiutare dall'Esortazione Apostolica di Papa Francesco sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo nella quale il Papa mette in evidenza come il cristiano che in virtù del Battesimo è chiamato a vivere la santità, a dare testimonianza della forza vitale della Pasqua di Cristo che già ora deve manifestare in questo mondo, è chiamato ad amare Dio e il prossimo con sopportazione, pazienza e mitezza. Scrive Papa Francesco: "A partire da questa fermezza interiore – ossia la forte fede in Dio – è possibile sopportare, sostenere le contrarietà, le vicissitudini della vita, e anche le aggressioni degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti". Chi sostiene tale possibilità – spiega il Papa – "È la fedeltà dell'amore, perché chi si appoggia su Dio (pistis) può anche essere fedele davanti ai fratelli (pistòs), non li abbandona nei momenti difficili, non si lascia trascinare dall'ansietà e rimane accanto agli altri anche quando questo non gli procura soddisfazioni immediate" (GE 112).
Forse è proprio da cercare qui, in questa forte fede nell'amore di Dio per lui, la tranquillità con la quale il giovane Agapito affrontò e subì il martirio a varie tappe, una più brutale dell'altra, fino al taglio della testa.
Il Papa, nella sua Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità, invita tutti a mantenersi nella gioia. Riprendendo San Giovanni della Croce, ricorda che per tenere lontano il demonio occorre rallegrarsi del bene del prossimo come se fosse proprio, specialmente con i meno simpatici (cfr GE 117). Soprattutto accettare le umiliazioni, senza coltivare aggressività – che, esplicita il Papa: "non è camminare a capo chino, parlare poco o sfuggire alla società" (GE 119) – ma che è una via per assomigliare a Gesù e crescere nell'unione con Lui.
Il Papa propone ancora, per vivere la santità, di mantenere il senso dell'umorismo senza perdere il senso della realtà, e indica come criterio per riconoscere il santo quello di vedere come e se affronta anche i tempi duri della croce con sicurezza interiore e serenità piena di speranza, uscendo da se stesso, con parresia, senza temere la propria fragilità e comunitariamente, con la comunità, si mette in gioco per la via della santificazione. La comunità che insegna a tutti a fare attenzione ai particolari, ai dettagli quotidiani e che ci aiuta a camminare per le strade della santità perché nessuno si santifica da solo!
Infine – ma non da ultimo – il Papa ricorda a tutti noi come la preghiera costante costituisca lo spazio di apertura abituale alla trascendenza, dove il desiderio di Dio si esprime nella ricerca di momenti di intimità, di solitudine, di silenzio, per discernere le vie di santità che il Signore ci propone, senza che la storia scompaia.
In questo giorno, chiediamo dunque al Signore, per intercessione di Sant'Agapito, di vivere fidandoci maggiormente di Dio e senza perdere la speranza di abbandonarci alla Sua suprema volontà sempre, in ogni circostanza della vita, affinché diventiamo cristiani di meno parole ma con un cuore più aperto a Cristo, capaci di contemplazione e azione, capaci di convertire il nostro istinto spesso condizionato dalle logiche mondane alla logica del crescere nella santità con quei piccoli gesti che sono – lo suggerisce sempre il Papa – il scegliere di non dire male degli altri, ascoltare con pazienza le lamentele dei figli, fermarsi a parlare con un povero, cercando di fare sempre meglio ciò che facciamo già.
Chiediamo al Signore che ci liberi dalla tentazione di pensare che la vita cristiana equivalga soltanto a sapere esattamente le verità di fede ma senza sporcarsi le mani con il prossimo o che sia soltanto frutto del nostro sforzo personale.
Domandiamo infine di saper lottare, vigilare e discernere contro le continue insidie del maligno per non lasciarci andare a una specie di stordimento o torpore, a quella corruzione spirituale che – scrive ancora il Papa – corrisponde a "una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l'inganno, la calunnia, l'egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità" (GE 165) ma dove in quel sacrario che è la coscienza continuamente scegliamo e riscegliamo, fondiamo e rifondiamo la nostra risposta a quel progetto unico e irripetibile che Dio ha per ciascuno di noi e che si realizza in mezzo ai più svariati contesti e limiti liberandoci così da quelle rigidità, anche nel vivere la fede o credere di vivere la fede, che non hanno spazio davanti al perenne oggi del Risorto. Quell'oggi nel quale ha vissuto Agapito e nel quale, in un contesto storico assai diverso, siamo chiamati a vivere anche noi sicuri che nessuno potrà mai separarci dall'amore di Dio che si è manifestato in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Amministratore Apostolico


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PREGHIERA A MARIA REGINA DI PIO XII 

“Dal profondo di questa terra di lacrime, ove la umanità dolorante penosamente si trascina; tra i flutti di questo nostro mare perennemente agitato dai venti delle passioni; eleviamo gli occhi a voi, o Maria, Madre amatissima, per riconfortarci contemplando la vostra gloria, e per salutarvi Regina e Signora dei cieli e della terra, Regina e Signora nostra.
Questa vostra regalità vogliamo esaltare con legittimo orgoglio di figli e riconoscerla come dovuta alla somma eccellenza di tutto il vostro essere, o dolcissima e vera Madre di Colui, che è Re per diritto proprio, per eredità, per conquista.
Regnate, o Madre e Signora, mostrandoci il cammino della santità, dirigendoci e assistendoci, affinchè non ce ne allontaniamo giammai.
Come nell’alto del cielo Voi esercitate il vostro primato sopra le schiere degli Angeli, che vi acclamano loro Sovrana; sopra le legioni dei Santi, che si dilettano nella contemplazione della vostra fulgida bellezza; così regnate sopra l’intero genere umano, soprattutto aprendo i sentieri della fede a quanti ancora non conoscono il vostro Figlio. Regnate sulla Chiesa, che professa e festeggia il vostro soave dominio e a voi ricorre come a sicuro rifugio in mezzo alle calamità dei nostri tempi. Ma specialmente regnate su quella porzione della Chiesa, che è perseguitata ed oppressa, dandole la fortezza per sopportare le avversità, la costanza per non piegarsi sotto le ingiuste pressioni, la luce per non cadere nelle insidie nemiche, la fermezza per resistere agli attacchi palesi, e in ogni momento la incrollabile fedeltà al vostro Regno.
Regnate sulle intelligenze, affinchè cerchino soltanto il vero; sulle volontà, affinchè seguano solamente il bene; sui cuori, affinchè amino unicamente ciò che voi stessa amate.
Regnate sugl’individui e sulle famiglie, come sulle società e le nazioni; sulle assemblee dei potenti, sui consigli dei savi, come sulle semplici aspirazioni degli umili.
Regnate nelle vie e nelle piazze, nelle città e nei villaggi, nelle valli e nei monti, nell’aria, nella terra e nel mare;
e accogliete la pia preghiera di quanti sanno che il vostro è regno di misericordia, ove ogni supplica trova ascolto, ogni dolore conforto, ogni sventura sollievo, ogni infermità salute, e dove, quasi al cenno delle vostre soavissime mani, dalla stessa morte risorge sorridente la vita.
Otteneteci che coloro, i quali ora in tutte le parti del mondo vi acclamano e vi riconoscono Regina e Signora, possano un giorno nel cielo fruire della pienezza del vostro Regno, nella visione del vostro Figlio, il quale col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Così sia!”
Pio XII – Dal discorso del 1 novembre 1954

martedì 21 agosto 2018

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LIBERATI DAL GIOGO DEL MONDO PER ESSERE CON CRISTO TESTIMONI DEL CIELO 


La "salvezza" è l'"impossibile all'uomo" che Dio rende "possibile". Con le parole di oggi, Gesù priva di forza qualsiasi moralismo e pelagianesimo, rivelando al contempo la friabilità di ogni morale laica. L'orizzonte che attende ogni uomo è il Regno dei Cieli, non un regno che trasformi ideologicamente la terra in Cielo; la salvezza è entrarvi perché chiamati, e non può essere il frutto degli sforzi umani. Si tratta di pura gratuità; all'uomo carnale piegato orgogliosamente su se stesso, la Grazia purtroppo riesce terribilmente indigesta. Come al "giovane" che se ne va "triste" perché "aveva molti beni"; cioè voleva "fare" qualcosa di "buono", ma era un povero illuso. Voleva "fare" un atto eroico con cui guadagnarsi una medaglia, e invece nel regno di Dio, nella Vita eterna, per primi entrano gli ultimi, e non gli eroi... Nel corteo trionfale che entrerà in Cielo dopo la battaglia combattuta sulla terra, i primi saranno i più deboli, i piccoli, feriti, quelli che nel mondo sono considerati gli "ultimi", stolti e insensati a perdere tutto per Cristo. A un ricco non interessa lavare le proprie vesti; si illude di averne così tante da poterle cambiare ogni giorno, e magari buttare quelle sporche. Ha tutto, e crede di sfuggire così la "grande tribolazione". Le parole di Gesù gettano una luce imprevedibile sulla realtà, lasciando costernati i discepoli e tutti noi. Nella domanda di Pietro è riassunta quella di tutti quelli che, avvicinandosi a Cristo, restano sbalorditi dalle sue parole; in fondo è come se dicesse: ehi, ma qui non si salva nessuno... Gesù, invece, sta annunciando la verità che può dischiudere all'umiltà e alla libertà di un mendicante, cioè un autentico catecumeno, uno che sta imparando a seguirlo per diventare suo discepolo. E dice a tutti che è inutile illudersi: anche oggi, per ciascuno di noi sarà "difficile", anzi "impossibile", "entrare nel regno dei cieli". Per questo occorre, infatti, "vendere" ciò che si "possiede", donare il ricavato ai poveri e "farsi" così un "tesoro nei cieli". Senza il certificato che garantisca di averlo, come un segno che la nostra Patria ormai è lì nel Cielo, ci sarà "impossibile" varcare la soglia del Regno dei Cieli. Ma è proprio questo l'impossibile, vero? Chi, a parte alcuni santi o religiosi, può esibirlo? ha dato tutti i suoi beni ai poveri? Dai, che qui siamo tantissimi che stiamo seguendo Gesù senza averlo fatto... Infatti, molto sale ha perduto il sapore, molti cristiani divorziano, sono incapaci di perdonare, e vivono seguendo il mondo... Sì, sarebbe più facile l'inimmaginabile di un "cammello che passi per la cruna di un ago" che tu ed io diamo via tutti i beni e ci "salviamo" dalla corruzione. Gesù non sceglie a caso le parole: la porta attraverso cui si accede al Regno è "stretta" come la "cruna di un ago", angusta come la Croce. E' più facile che un cammello passi attraverso un foro così piccolo che per vederlo, a volte non bastano neanche gli occhiali, che tu ed io distendiamo oggi le nostre braccia sulla Croce. Troppo possediamo per poterci donare. Per questo è "impossibile" amare davvero, sino alla fine: perdonare il marito che ha tradito? Impensabile! Perché? Perché da quando eravamo fidanzate con lui abbiamo fatto di tutto per "possederlo": gelosie, scenate, parole e atteggiamenti, ricatti affettivi e slanci passionali, tutto per incollare l'altro al nostro cuore. Così, il "mio" ragazzo è diventato il "mio" marito. Sembra del tutto naturale, ma non lo è. Chi fa dell'altro un suo possedimento non può lasciarlo libero, di pensare e di essere se stesso, men che meno di sbagliare e peccare. L'altro è mio, e, come un bambino capriccioso, ci posso giocare solo io. Quando poi succede che si libera delle catene e scappa, infilandosi ad esempio nel tradimento con la segretaria più giovane, il mondo cessa di esistere e tutto crolla; sotto le macerie di una vita fallimentare spesa a possedere l'altro senza risultato, il marito diventa un nemico da cancellare, un ladro che ci ha rubato gli anni migliori, che ha frantumato i nostri sogni e le nostre speranze. Amarlo? "Impossibile". E così in tante altre circostanze e nelle diverse relazioni. Chi "possiede" i figli non li amerà, anche se farà sacrifici immensi per loro; chi "possiede" gli amici con ricatti affettivi perversi, non sarà mai veramente amico, non potrà desiderare il bene dell'altro. I "beni", infatti, occultano il "bene" autentico; usurpano il posto di Dio e ci uccidono; il denaro usato per possedere è la radice di tutti i mali, non ci fa come Lui, anzi, ci lega al demonio. Chi "possiede" non può entrare nel Regno dei Cieli, laddove l'aria rarefatta e l'assenza di gravità disegnano una libertà che la terra non conosce. Siamo egoisti, ci siamo appropriati di persone e cose al punto che non ne possiamo fare a meno, e così ci è "impossibile" entrare nel Regno dell'amore perché è "impossibile" disfarci delle ricchezze. Chi crede di impegnarsi per Lui, di scegliere eroicamente di essere cristiano in un ideale volontariato dell'anima, è un illuso e un superbo. Come in fondo lo era anche Pietro, che ancora non si conosceva, e si illudeva di aver lasciato tutto per seguire Gesù; esibisce la sua buona volontà e la scelta di seguirlo in comune a quella dei suoi amici, e chiede la ricompensa. La sua mentalità è ancora quella dei "ricchi" che, abituati a "possedere", misurano tutto come dentro una partita di dare e avere, "lasciare tutto" per "ottenere" qualcosa. Pietro non ha compreso d'essere stato chiamato, amato e liberato da se stesso per entrare, già qui sulla terra, nel Regno dei Cieli, dove tutto è donato e nulla si possiede. "Lasciare tutto" è "impossibile" a Pietro, a me e a te, come a tutti gli "uomini". E' un'opera che solo Dio può rendere "possibile". Se Pietro e i discepoli hanno "lasciato tutto" è stato perché Dio ha compiuto l'impossibile di strappare i loro cuori dalle catene del "possesso" e dalla schiavitù dell'egoismo. I loro nomi sono scritti in Cielo con il sangue del Signore; per questo la loro vita, come un "tesoro" - il "tesoro" di Cristo! - è custodita lassù. Non si tratta di un moralismo, ma della Grazia che attira gli uomini a seguire il profumo dell'unico amore per il quale, "dare tutti i beni della terra, sarebbe ancora disprezzarlo". La Vita eterna si eredita grazie al testamento fatto da Gesù, l'Agnello che ha offerto la sua vita per ogni uomo. Ma per ereditarla concretamente occorre andare dal "notaio" per così dire, cioè dalla Chiesa perché cresca sino alla statura adulta il seme della fede ricevuto da bambini con i battesimo: è la fede che dà la vita eterna, e lo abbiamo ripetuto tutti proprio nel rito del battesimo. Per questo solo nella Iniziazione Cristiana che Dio compie l'impossibile. Nulla di magico, secondo lo spontaneismo del sentire che sta avvelenando questa generazione. L'eredità è già pronta, c'è il nostro nome, come quello di quel giovane e di tutti i "ricchi". Ma occorre davvero desiderarla, metter in gioco la propria libertà, perché Dio non salva nessuno senza l'adesione personale. Non siamo marionette, e proprio il giovane lo dimostra. Nella Chiesa non si fanno lavaggi del cervello come invece capita altrove, dove regnano le ideologie e i maestri di cattivo pensiero... Nella Chiesa tutto nasce nella libertà. Dio l'ha data a tutti, sino al punto di farsi uccidere pur di non toccarla. E nella libertà vuole compiere l'impossibile.
Per questo Gesù "fissa lo sguardo sugli apostoli", su tutti noi. Ma l'originale è molto più incisivo: Gesù "guarda dentro"! Ecco, questo è proprio quello che fa la Chiesa, alla quale è dato il discernimento per scrutare i cuori e condurre le persone alle fonti dell'acqua viva. La Chiesa "guarda dentro", oltre le apparenze, al di là delle maschere ipocrite, per arrivare al cuore, laddove si è davvero liberi e si può decidere senza condizionamenti. E ci accompagna a scoprire che proprio lì siamo malati come ogni ricco. E' nel cuore che s'annidano la menzogna e il peccato, che fanno impossibile quello che prima, nel paradiso, era possibile: vivere eternamente, senza morire. Perché il salario del peccato è proprio la morte.
Allora ogni uomo ha bisogno che qualcuno scenda laggiù, nelle profondità del suo cuore, e lo guarisca, strappandogli il veleno che lo fa morire. E' questa l'unica risposta alla domanda del giovane, come a quella di ogni uomo che vuole vivere eternamente. E' questa la risposta anche ai manipolatori di embrioni, agli abomini della scienza con cui si cerca di rompere le barriere della morte. Non è così, non è con la "ricchezza", con i beni, con l'intelligenza e strumenti sempre più sofisticati, non è con la ragione e l'abilità, non è correndo per arrivare "primi" che si vince la morte. Lei, comunque, arriva sempre prima di noi... Non c'è niente da fare, perché il demonio è più astuto e potente di noi. C'è un solo modo per vincere la morte: perdonare e cancellare il peccato! E uno solo lo ha "fatto" per tutti: Gesù Cristo! E' Lui che, con una carne identica a quella di Pietro e compagni, si è lasciato spogliare di tutto, e con la sua Croce è passato attraverso la "cruna d'ago" che lo separava dal regno dei Cieli; entrato in esso vi ha deposto il suo "tesoro", la vita di Pietro e degli apostoli.
E' l'amore di Cristo che lo perdonato ed eletto ad entrare nella "nuova creazione", dove regnerà è giudicherà, cioè "governerà" le Dodici tribù di Israele insieme con Lui; ravveduto e cercato dal Signore, confermerà, pascerà e giudicherà con amore i suoi fratelli. Questa è l'economia del Regno dei Cieli, una creazione nuova, opera del Creatore e non delle mani dell'uomo. In essa ha valore ciò che nella vecchia creazione infettata dal veleno del demonio non ne ha. I piccoli e incapaci come Pietro, i peccatori incoerenti, i "ricchi" rimandati a mani vuote dalla Croce che li spoglia dell'orgoglio, "ultimi" e falliti secondo i criteri mondani, sono i "primi" e perfetti secondo i criteri divini. Loro "giudicheranno" le tribù di Israele, perché hanno accolto il "giudizio" di misericordia che ha "salvato" le loro vite. Gli "ultimi" sono, infatti, sullo stesso trono crocifisso del Primo che, per loro, si è fatto Ultimo. Il Signore ci chiama oggi a non temere e ad accettare che ci è impossibile entrare nel Regno dei Cieli per vivere ogni circostanza nella consapevolezza della propria debolezza. Solo così non presumeremo nulla di noi stessi, e lasceremo che Dio operi in noi l' "impossibile". Gesù non ci chiama a buttare tra i rifiuti le nostre ricchezze, ma di "darle ai poveri". Questo significa "lasciare" che si occupi Lui dei nostri beni; che Lui, vivo nei "poveri", li purifichi e li santifichi, li trasfiguri perché siano strumenti del suo amore che vince il peccato e supera i limiti dell'egoismo e della concupiscenza.
"Lasciare case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il Nome di Gesù" non significa perderli, ma vederli "centuplicati". Come accadde nel miracolo della moltiplicazione dei pani, quando portarono via "dodici" ceste dei pezzi avanzati, immagine dei Dodici apostoli che sederanno su questi troni della sovrabbondanza, sui canestri di vita moltiplicata, della quale sono stati testimoni. Come loro il Signore ci chiama e ci chiede la nostra debolezza e quello che abbiamo posseduto sino ad oggi, per moltiplicarlo nella gratuità. Con loro siamo inviati anche noi a testimoniare nella nostra carne che la morte è vinta; con le nostre comunità ad annunciare che Dio ha reso possibile l'impossibile, perché in noi tutti vedano e accolgano dai nostri "troni" la sua misericordia, e passino così dalla morte alla vita, e non siano condannati nell'ultimo giorno. Per questo, "lasciando" tutto e tutti a Cristo, liberi potremo andare nella storia raccogliendo il "centuplo" promesso, insieme alle tribolazioni, alle persecuzioni e alla Croce che autentica la credibilità della nostra missione. Il "centuplo" sono infatti le persone che Dio ha pensato che si salvino attraverso di noi... Allora, perdere per trovare, lasciare per riavere, tutto moltiplicato, centuplicato, nella brezza soave del cielo... Rinunciamo alla nostra volontà per vivere tutto come un anticipo della "nuova creazione" dove ogni "giudizio" è misericordia nella verità; "giudicheremo" e mostreremo come si "governa" la vita sul dal trono di Cristo, illuminando la verità e aprendo la fontana della Grazia per ogni uomo.

sabato 18 agosto 2018

Scandali e diserzioni: "Annullare il meeting di Dublino"
Si levano da più parti voci per chiedere al Papa di cancellare il Meeting delle Famiglie previsto a Dublino che vedrà ospite il gesuita "omoeretico" James Martin. Imbarazzano le presenze di cardinali pesantemente coinvolti nei recenti casi di abusi. A questi si aggiunge il cardinal O’Malley, presidente della Commissione creata in Vaticano, che all'ultimo minuto ha annunciato che non ci sarà: nella sua diocesi di Boston è scoppiato un nuovo scandalo
Il cardinale Sean O’Malley
Mentre si levano da più parti voci che chiedono al Pontefice di cancellare il Meeting delle Famiglie previsto a Dublino, e mentre la petizione per chiedere che non vi parli il discusso padre gesuita James Martin, sponsor LGBT, ha superato le diecimila firme, il cardinale Sean O’Malley, presidente della Commissione creata in Vaticano contro gli abusi ha annunciato che non sarà presente all’evento, in cui doveva parlare e moderare una commissione e un dibattito.

Invece a Dublino, per un appuntamento in cui fanno discutere anche le casule, ci saranno altri cardinali e personaggi che definire problematici ormai è dir poco. Un appuntamento che sin dall’inizio è stato viziato dalla spinta di alcuni settori di Chiesa di sdoganare tutti i “tipi” di famiglia; e la presenza fra gli speaker di James Martin ne è l’esempio più evidente. Ma anche un appuntamento che non può non risentire di una catena di scandali che hanno proprio l’omosessualità nella Chiesa il loro detonatore. Dalle dimissioni del vescovo ausiliare di Tegucicalpa, Honduras, Pineda, braccio destro del super-consigliere del Pontefice, Maradiaga, e grande amico del nuovo Sostituto alla Segreteria di Stato, il venezuelano Edgar Peña Parra; allo scandalo di Theodore McCarrick, grande consigliere per gli USA del Pontefice; e adesso al rapporto del Grand Jury della Pennsylvania, che ha gettato più di un’ombra sulla gestione dei preti abusatori da parte del card. Donald Wuerl. McCarrick non è solo un cardinale; è l’uomo che ha favorito carriere insperabili come quella del cardinale di Chicago, Blaise Cupich, e quella di Kevin Farrell, suo vicario (e coabitante per sei anni!) posto da Francesco a capo del dicastero dei Laici, Famiglia e Vita; un uomo per cui, proprio a seguito dello scandalo McCarrick, più di una voce negli USA ha chiesto le dimissioni. Farrell sarà a Dublino, Wuerl (anche se scaduto, come età, da quasi tre anni!) sarà a Dublino, come padre Martin sj. 

Il cardinale O’Malley avrebbe dovuto moderare una commissione e un dibattito sul tema: “Salvaguardare i bambini e gli adulti vulnerabili”. In una dichiarazione dell’arcidiocesi si spiega che “problemi importanti relativi alla cura pastorale del Seminario di San Giovanni nell’arcidiocesi di Boston, e ai seminaristi iscritti al programma di formazione richiedono la personale attenzione e la presenza del cardinale”. I problemi importanti, anche in questo caso, sono legati all’omosessualità nel clero. Due seminaristi del San Giovanni sono stati accusati di creare un clima di abusi e intimidazioni, con la possibile connivenza del rettore, che o’Malley ha posto in riposo sabbatico da subito, per poter svolgere un’inchiesta senza condizionamenti e interferenze. Ma lo stesso O’Malley può non avere la coscienza del tutto a posto. Tre mesi prima che lo scandalo McCarrick esplodesse in tutta la sua forza la commissione presieduta da O’Malley aveva ricevuto reclami attendibili contro lo “zio Teddy”, e nulla fu fatto. O’Malley partecipò a una cerimonia di omaggio al cardinale in un’atmosfera cordiale.

Certamente può sembrare utopico che il Vaticano decida di annullare l’incontro mondiale delle Famiglie, e sostituirlo, come qualcuno negli Stati Uniti ha proposto, con due giorni di preghiera e penitenza pubbliche. Anche se sarebbe qualche cosa di molto bello, e più vicino alla realtà della situazione che l’usuale passerella di conferenze. Ma è altrettanto sicuro che alla luce degli scandali che a ripetizione hanno martellato la Chiesa e uomini vicini al Pontefice in questi mesi lo svolgimento “normale” avrà qualche cosa di surreale, e di fittizio. Anche per questo “Ending Clergy Abuse”, un’organizzazione globale che riunisce sopravvissuti, attivisti e esperti ha scritto una lettera aperta all’arcivescovo Diarmuid Martin di Dublino. In essa si chiede che il Pontefice regnante sostituisca dal loro ruolo eminente nella Giornata Mondiale tre cardinali:  Óscar Maradiaga of Honduras, Kevin Farrell e Donald Wuerl, dei quali abbiamo già detto. Devono essere investigati, non onorati, afferma “Ending Clergy Abuse”. E aggiunge: “Se il Papa rimane silenzioso su Wuerl, lo tiene in un posto di onore e rispetto durante il periodo in Irlanda, continua a essere quello che ha detto in relazione al Cile ‘parte del problema’. Ancora una volta starà appoggiando e incoraggiando quella che ha definito ‘una cultura dell’abuso e della copertura nella Chiesa cattolica’.

La lettera di “Ending Clergy Abuse” ricorda che Wuerl è citato nel rapporto del Grand Jury in Pennsylvania per aver parlato di “circolo del segreto” per descrivere la copertura ecclesiastica degli abusi. “L’omissione del Papa su Wuerl provoca molte questioni. Anche Francesco fa parte del circolo del segreto?”.