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giovedì 31 maggio 2018

ATTRAVERSO LA CHIESA NOSTRA MADRE CRISTO CI VISITA FACENDO DANZARE DI GIOIA LA NOSTRA VITA 





Anche a ognuno di noi, 
con la trasmissione della fede, 
è stato detto che la vita ha un destino.
Nella sincerità del nostro cuore 
può riecheggiare in modo vero il Magnificat.
Qualunque sia la condizione attuale della nostra vita
è gratitudine perché cammino a quel destino in cui vedremo Dio.

Don Luigi Giussani


I

Il Signore viene a visitarci. E si avvicina a noi sempre attraverso una carne concreta, il seno purissimo di Maria, tabernacolo della presenza di Dio tra noi. E' sempre Lei che ci visita, ambasciatrice dell'amore di Dio. E' Lei che ci dona il Signore, celato nelle Sue castissime viscere. Lei è l'immagine più fedele della storia di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo. Per noi, da sempre. E oggi, e domani. Dio incarnato, Dio adagiato nel seno d'una donna, Dio disceso alla nostra vita, Dio che visita e impregna le nostre ore. Dio incarnato nelle nostre carni incamminate nella storia. Maria è lo specchio fedele di quello che accade ogni giorno nelle nostre povere vite. In noi è già seminato il miracolo di una vita celeste, come lo fu Giovanni per Elisabetta. Proprio ora è vivo in noi qualcosa che le nostre forze, le nostre opere, i nostri desideri non hanno avuto il potere di generare. Sterili siamo, come ogni uomo, incapaci di darci vita, e di donarla. Sterili per accogliere la Grazia feconda di Dio. Come Elisabetta intuiamo ma abbiamo bisogno d'una visita, perché il miracolo di Grazia si schiuda in un canto di lode. Viviamo l'amore di Dio dentro di noi, ne sentiamo spesso tutta la portata soprannaturale, proprio come una donna incinta vive ogni cosa in modo particolare, come afferrata da una presenza interna, misteriosa che le appartiene e, allo stesso tempo, le sfugge. Con Elisabetta abbiamo bisogno di Maria. E Maria è la Chiesa, il suo saluto che risuona nel profondo è l'annuncio che il nostro cuore attende senza posa, la Parola capace di sciogliere in noi quello che, da sempre, la Grazia ha seminato. La Parola che muove in noi la Vita in un sussulto di gioia.E' l'annuncio che desta la gioia: Dio s'è fatto carne nella nostra carne, proprio nelle vicende che ci visitano per coinvolgerci, la storia nostra di ogni giorno. Maria è il mistero della nostra vita racchiuso nella dolcissima fanciulla di Nazaret, perché nella storia vibra l'eco dell'annuncio della Chiesa. Ed è vero che fuori della Chiesa non v'è salvezza, perché in ogni istante della storia che scorre in ciascun angolo della terra risuona la Parola, unica, di salvezza, Cristo Gesù, nascosto nel seno verginale di Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra. Con la sua voce, la Chiesa abbraccia l'universo in attesa della salvezza, mentre la storia diviene il tabernacolo del Figlio incarnato. Da quel giorno a Nazaret, quando Dio ha deposto il suo seme nel seno di Maria, nulla è più lo stesso. Tutta la storia, passata, presente e futura, è stata inondata da una Grazia nuova, e tutte le cose sono state rinnovate, perché il Signore, l'Emmanuele, ha preso dimora in ogni istante del tempo. Tutto di noi, dunque, è stato miracolosamente santificato, salvato, redento. Il mistero nascosto agli angeli è stato svelato, l'uomo è salvo. La vita non è più una corsa verso la morte. Il Cielo s'è dischiuso dinanzi ad ogni uomo, e per questo, ogni esistenza, anche quella che appare più distrutta dal peccato, anche quella che odora di morte, è pronta ormai per essere salvata. Un annuncio, una parola, la visita di Maria e quello che era perduto sarà riscattato. I passi veloci della Figlia di Sion sul crinale delle montagne di Giuda sono i passi urgenti degli apostoli di ogni tempo. I "passi" degli eventi stessi che abbracciano ogni uomo in un saluto di Pace, sono nient'altro che la rivelazione del progetto di Dio: "Infatti io so i pensieri che medito per voi», dice il Signore: «pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza" (Ger. 29,11)



Shalom! Il saluto di Maria che sveglia la gioia nel seno di Elisabetta, che svela l'amore nascosto in ogni evento, in ogni persona che corre al nostro incontro. Shalom ci annuncia la moglie, anche quando ci sta rinfacciando qualcosa. Shalom ci annuncia il marito, anche quando, schiavo del perfezionismo, torna a casa e vorrebbe il mondo ai suoi piedi. Shalom ci annuncia il figlio che non ci degna di uno sguardo, immerso nella presa tentacolare del suo smartphone. Shalom ci annuncia il collega che trama ipocritamente alle nostre spalle. Shalom ci annunciano le analisi sballate appena ritirate all'ambulatorio. Shalom ci annuncia la Borsa che crolla, il benzinaio che espone il prezzo della benzina, l'ennesima lettera che rifiuta il nostro curriculum. Shalom ci annunciano gli istanti che ci attendono, visitano e abbracciano. Shalom mentre per il mondo tutto questo significa una dichiarazione di guerra, e arma l'ira, la ribellione, l'indignazione, i sentimenti di giustizia, le invidie, le gelosie, l'odio. Pace dice a noi la storia, dove e quando per il mondo è guerra. Pace perché nella carne è disceso Dio, e tutto, ma proprio tutto è ormai divino, parte misteriosa di un Cielo che non conosciamo ma che possiamo cominciare a sperimentare. Pace! Il saluto di Maria che profetizza e anticipa il saluto del Figlio agli apostoli impauriti, il saluto di Colui che ha vinto il peccato e la morte e ha distrutto il muro che separava l'umanità da Dio e dal suo Regno: Pace!, il saluto che con cui il Cielo ci viene a visitare per attirarci nella vita nuova dei beati, pegno e garanzia qui sulla terra del destino che ci attende. Pace!, il saluto di Maria che ci introduce in una dimensione nuova, nella libertà che può gustare solo chi, colmo dell'amore di Dio più forte del peccato e della morte, può discernere in ogni evento e persona, anche quelli che la carne cataloga come tristi e che vorrebbe sfuggire, il luogo e il tu dove donarsi, consegnarsi senza riserve, nella certezza che proprio lì, dove non vorrebbe andare, vi è la Vita che non muore, la gioia incorruttibile, la Pace che supra ogni intelligenza. La Pace conquistata da Gesù nel Getsemani a prezzo della sua angoscia che ha assunto ogni nostra angoscia, per fare di ogni Getsemani che ci attende il Cenacolo dove essere visitati dalla sua vittoria eterna. Pace! Il saluto di Maria che ridesta la gioia che abbiamo dimenticato tra le tristezze di ciò che ormai pensiamo come perso irrimediabilmente, la gioia della risurrezione di tutto quello che in noi era morto. La risurrezione della speranza. La storia nostra di oggi, e di ogni giorno, ci arriva al cuore attraverso il saluto di Maria. E tutto si illumina, il passato ci ha preparato a questo incontro, ed è questo quello che davvero conta. Anche le debolezze, nell'ascoltare la voce di Maria anche i peccati brillano d'una luce nuova, la stessa che risplende sul volto del Figlio risorto: Lui s'è fatto peccato, e su quel peccato conficcato per sempre sulla Croce, è brillata la misericordia. Pace a voi! Si, la nostra carne, la nostra storia sono la dimora di Dio, il Cielo sulla terra perché tutto quello che di noi appartiene alla terra giunga, un giorno, in Cielo. Salvi, santi, suoi. Apparteniamo a Gesù, come Maria, con Maria, Donna umile ebbra di gioia, che canta le meraviglie di Dio, nella gioia che scaturisce dalla verità. Maria, diversamente da noi, era Immacolata nella concezione, priva del veleno che distrugge le nostre vite, la superbia che tiene Dio fuori dalle nostre porte. Creati per essere veri, e liberi, e felici, gemiamo sotto la dura legge della superbia, la menzogna primordiale iniettataci dal mentitore che ci induce a pensare e credere d'essere quel che non siamo. Il demonio che ci spinge a dilapidare tutte le nostre energie per diventare quello che non saremo mai, immaginando futuri impossibili, cambi di marcia, con le ore cucite sui sogni bambini che rincorrono professioni e mestieri da fare quando si diventerà grandi. Grandi: le nostre cose, i nostri pensieri, le nostre opere. Noi, sempre più grandi, in amore, al lavoro, nello sport, ovunque il mondo abbia la ventura d'incontrarci. Anche quando non riusciamo, e il volto s'appesantisce di depressi pensieri, siamo capaci di fare i più grandi di tutti i nostri dolori, le nostre sofferenze, i nostri problemi e fallimenti. In fuga dal nulla precipitiamo nel nulla più duro, l'acre malessere di chi non riesce a smaltire la sbornia dei sogni infranti, degli ideali spezzati, dei progetti falliti. E non v'è posto infatti per Maria e Giuseppe in nessun albergo: il mondo di cartapesta, i "bed and breakfast" di sogni e chimere che segnano i nostri giorni non hanno un angolo per accogliere il Signore. Meglio, a Lui non si addice nessuna delle nostre torri di Babele lanciate in improbabili scalate alla divinità. Lui è la Verità, e cerca il vero. Cerca Maria, lo scrigno della Verità. Dio cerca la sua umiliazione, la semplice verità, vergine e non deturpata da alcun veleno di superbia. Vergine nella carne perché vergine nello spirito, nella mente e nel cuore. Maria, donna vera, la creatura pura che non teme e non ricusa d'esser creatura. Maria, l'umile di Nazaret, il culmine della storia d'ogni uomo, vera perché semplice nella quotidianità d'una vita sciolta nella volontà del Creatore. Umile perché serva, serva perché creatura. La gioia che Eva ci tolse è in Lei ridonata. Nessun cedimento dinanzi al frutto avvelenato dalla superbia. Maria, umile perché Maria, e null'altro. Maria, una vergine di Nazaret, nulla di più, niente di diverso desiderato. In Lei è ciascuno di noi così come dipinto nella mente di Dio, prima d'ogni inalazione mortifera di superbia originale. La sua umiliazione ci attira nella verità che ci costituisce creature in tutto dipendenti dal Creatore. Il suo seno verginale è tutto quello che di noi appartiene al Creatore. Le sue viscere materne sono la grotta povera, spoglia, di nessun valore che si addice - l'unica - al Dio che si fa uomo. La sua umiliazione accoglie oggi ogni frammento divino che è in noi, il cuore, la mente, il corpo che ci è donato per servire  e donarsi, e che giace schiavo del tiranno che ci ha insegnato l'orgoglio con le parole della menzogna. Maria è l'eletta che ha riassunto in sé ogni creatura perduta, immacolata per i macchiati, umile per i superbi, vera per i falsiE Dio ha guardato la sua umiliazione, gli occhi misericordiosi del Padre hanno fissato in Lei il suo primo progetto, un figlio, una figlia, e l'abbandono totale tra le braccia dell'amore. Dio ha guardato all'umiliazione di Maria, alla verità di Maria fatta di terra, la sua storia, le sofferenze e le angosce di tutti noi scappati dall'ovile della verità. Maria ci accoglie nella sua umiliazione, e ci conduce nel Magnificat della creatura che esiste nel Creatore, che è del Creatore, che vive per il Creatore. Dio guarda l'umiliazione di Maria come ha guardato il popolo gemente sotto il giogo del Faraone. E si prende cura di Lei, e, in Lei, di tutti noi schiavi della menzogna. Maria visita oggi la nostra vita, sulla soglia delle nostre ore, perchè con Lei possiamo accogliere il Salvatore. Maria ci conduce alla verità della nostra condizione e ci insegna a gridare, ad aspettare, ad accogliere. Maria ci mostra il vuoto che ci pervade, ci insegna a non averne paura, ad accettare quello che siamo, a lasciare ogni sogno, ogni desiderio alla volontà di Dio per noi. Maria ci accoglie e ci aiuta a schiuderci alla Grazia, allo stupore di fronte alle meraviglie della misericordia di Dio preparate per ciascuno di noi. Maria è nostra Madre e ci insegna e accompagna a donarci ad ogni persona e in ogni occasione; in fondo siamo suoi figli, i nostri occhi assomigliano ai suoi, sono disegnati e creati per vedere Dio in ogni istante: il suo Shalom li riporta al loro splendore. Maria ci chiama, ci aiuta a lasciare che vengano dispersi i superbi pensieri annidati nei nostri cuori; che Dio faccia vuote le nostre mani piene di false ricchezze per riempirle dei suoi doni incorruttibili; che siamo oggi rovesciati dai troni del potere, dell'arroganza, dei vani sogni di gloria. Maria ci guida nel cammino di conversione che sono la vita e il tempo che ci son donati. Maria ci abbraccia oggi come abbracciò Elisabetta, e ci unisce al suo canto di lode, quello per cui siamo stati creati. La lode di povere, umili creature che, istante dopo istante, sono ricolmate di Grazia dal proprio creatore. Maria ci accompagna oggi, nella verità e nella gioia, pieni di stupore e di esultanza.




mercoledì 30 maggio 2018

Osservatore Romano. Dottrina della fede: il «no» alle donne prete è definitivo

Dottrina della fede: il «no» alle donne prete è definitivo

La Santa Sede ribadisce in modo netto e chiaro che la dottrina sul sacerdozio riservato agli uomini è definitiva e quindi irreformabile. Lo fa con un lungo articolo sull’Osservatore Romano dell’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (Cdf) che verrà creato cardinale il pomeriggio del prossimo 28 giugno, il quale ribadisce con vigore quanto a sua volta ribadito con fermezza da san Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 1994, dopo che la Comunione anglicana aveva permesso l’ordinazione delle donne.
Un intervento particolarmente autorevole, firmato da un ecclesiastico nominato da papa Francesco alla guida dell’ex sant’Uffizio, che dovrebbe stroncare ogni illazione su una possibile apertura all’ordinazione delle donne. Gesù Cristo – ricorda Ladaria – «ha voluto conferire» il sacramento dell’ordine «ai dodici apostoli, tutti uomini, che, a loro volta, lo hanno comunicato ad altri uomini». Così la Chiesa «si è riconosciuta sempre vincolata a questa decisione del Signore, la quale esclude che il sacerdozio ministeriale possa essere validamente conferito alle donne».
L’arcivescovo gesuita quindi rimarca che l’Ordinatio sacerdotalis, «al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa» e «in virtù del [suo] ministero di confermare i fratelli», insegna «che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa». E che la Cdf «in risposta a un dubbio sull’insegnamento di Ordinatio sacerdotalis , ha ribadito che si tratta di una verità appartenente al deposito della fede». Ladaria quindi afferma che «desta seria preoccupazione veder sorgere ancora in alcuni Paesi delle voci che mettono in dubbio la definitività di questa dottrina». «Per sostenere che essa non è definitiva, – rileva – si argomenta che non è stata definita ex cathedra e che, allora, una decisione posteriore di un futuro Papa o Concilio potrebbe rovesciarla. Ma «seminando questi dubbi - commenta – si crea grave confusione tra i fedeli, non solo sul sacramento dell’ordine come parte della costituzione divina della Chiesa, ma anche sul magistero ordinario che può insegnare in modo infallibile la dottrina cattolica».
Ladaria, citando il Concilio di Trento ripreso dal Denzinger-Hünermann, ribadisce che per quel che riguarda il sacerdozio ministeriale, la Chiesa riconosce che l’impossibilità di ordinare donne appartiene alla «sostanza del sacramento» dell’ordine. E «la Chiesa non ha capacità di cambiare questa sostanza, perché è precisamente a partire dai sacramenti, istituiti da Cristo, che essa è generata come Chiesa». Non si tratta quindi «solo di un elemento disciplinare, ma dottrinale, in quanto riguarda la struttura dei sacramenti, che sono luogo originario dell’incontro con Cristo e della trasmissione della fede». Dopo aver accennato ad alcuni approfondimenti teologici sul tema Ladaria rileva come «i dubbi sollevati sulla definitività di Ordinatio sacerdotalis hanno conseguenze gravi anche sul modo di comprendere il magistero della Chiesa». E ribadisce «che l’infallibilità non riguarda solo pronunciamenti solenni di un Concilio o del Sommo Pontefice quando parla ex cathedra, ma anche l’insegnamento ordinario e universale dei vescovi sparsi per il mondo, quando propongono, in comunione tra loro e con il Papa, la dottrina cattolica da tenersi definitivamente».
E proprio «a questa infallibilità si è riferito Giovanni Paolo II in Ordinatio sacerdotalis ». Così egli «non ha dichiarato un nuovo dogma ma, con l’autorità che gli è stata conferita come successore di Pietro, ha confermato formalmente e ha reso esplicito, al fine di togliere ogni dubbio, ciò che il magistero ordinario e universale ha considerato lungo tutta la storia della Chiesa come appartenente al deposito della fede». E lo ha fatto con «uno stile di comunione ecclesiale» testimoniata anche dalla «consultazione previa che ha voluto avere a Roma con i presidenti delle Conferenze episcopali che erano seriamente interessati a tale problematica». E in quella occasione «tutti, senza eccezione, hanno dichiarato, con piena convinzione, per l’obbedienza della Chiesa al Signore, che essa non possiede la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale». Ladaria infine ricorda gli interventi di Benedetto XVI di sostegno alla dottrina tradizionale, rimarcando come lo stesso papa Francesco ha fatto lo stesso. Nel paragrafo 104 dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium («Il sacerdozio riservato agli uomini, come segno di Cristo sposo che si consegna nell’Eucaristia»), invitando a non interpretare questa dottrina come espressione di potere, ma di servizio, in modo che si percepisca meglio l’uguale dignità di uomini e donne nell’unico corpo di Cristo. E nella conferenza stampa, durante il volo di ritorno dal viaggio apostolico in Svezia, il 1° novembre 2016, quando il Pontefice regnante ha ribadito: «Sull’ordinazione di donne nella Chiesa cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da san Giovanni Paolo II, e questa rimane».

















































































































































SERVI NEL SERVO PER FAR RISPLENDERE LA BELLEZZA DEL PARADISO

Anche oggi, come ogni giorno, ti sei svegliato, lavato e preparato, hai fatto colazione e stai per uscire. Ma proprio sull'uscio di casa ecco che stamattina il Vangelo ti ferma strattonandoti con una domanda molto seria: dove stai andando? Sì, sì, a scuola, al lavoro, al supermercato e verso tutti i luoghi dove ti porteranno gli impegni. Ma sai verso dove è orientata la tua vita? No che non lo sai, basta pensare ai progetti che ti frullano per la testa,ancor prima di svegliarti... Per questo Gesù ci "prende in disparte" nella liturgia e nella preghiera (è importantissimo pregare bene ogni mattina, prima di ogni altra cosa...) e ci annuncia quello che gli deve "accadere" in noi che camminiamo con Lui "verso Gerusalemme": "sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi": ai colleghi di lavoro e al capoufficio, alla suocera, al marito e alla moglie, ai figli... e "lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà". E qui lo "stupore" pieno "di timore" ci invade, e, come Giacomo e Giovanni, preferiamo far finta di nulla immergendoci nelle cose da fare, gli affetti da curare, gli obbiettivi da raggiungere, illudendoci come loro di desiderare il compimento della volontà di Dio. I due apostoli, infatti, non chiedono un potere empio, anzi; desiderano una cosa santa, regnare con Gesù ed "essere alla sua destra e alla sua sinistra". Ma la risposta di Gesù ci fa comprendere che "neanche sappiamo che cosa chiediamo e desideriamo". La buccia sembra buona, ma l'interno è marcio: "vogliamo" che Gesù "ci faccia quello che gli chiediamo", e per questo siamo pronti a strumentalizzarlo. Chiediamo cose sante, ma lo spirito e i criteri sono mondani perché ci sfugge l'essenziale: "il calice che Dio ha preparato per suo Figlio" e per ciascuno di noi. Infatti, quando ci viene presentato, normalmente ce la diamo a gambe. 

Ma proprio per questo, anche oggi il Vangelo è una Buona Notizia per noi. Smascherando la parte di noi che ancora appartiene al mondo, Gesù ci annuncia che "fra di noi", cioè nella Chiesa, "non sarà più così"! Perché in essa è vivo Cristo che "dopo tre giorni è risuscitato"! Nella Chiesa la morte è vinta, si vive già la vittoria conquistata da Cristo dopo la sua Passione, e per questo, tra cadute e rialzate, in essa si impara a seguire Gesù "verso Gerusalemme". La Parola e la predicazione illuminano i nostri peccati e l'amore di Dio che ci perdona senza riserve, svelandoci così il cammino della conversione; i sacramenti ci uniscono a Cristo colmandoci della sua vita divina, perché, strappati all'egoismo dell'uomo vecchio che esige di "essere servito", impariamo a riconoscere in ogni evento e in ogni persona le occasioni nelle quali "servire" con Lui, "offrendo la nostra vita" sulla Croce per "riscattare" i "molti" che ci sono affidati. Coraggio fratelli, "berremo il suo calice" perché Cristo lo ha già bevuto colmo dei nostri peccati e, nella comunità cristiana, ce lo offre traboccante del suo sangue che è il sigillo del perdono e della Nuova Alleanza che ci lega a Lui, perché diventi il "nostro calice" colmo della persone da "riscattare". Abbandoniamoci a Lui ad ogni risveglio allora, quando ci "annuncia" il nostro destino, e immergiamoci nel "suo battesimo" che è la storia preparata per noi, deponendo nel suo amore rigenerante la superbia che "sappiamo" essere di "coloro che sono ritenuti capi delle nazioni e le dominano, e dei loro grandi che esercitano su di esse il potere". Non siamo chiamati all'indignazione, alle proteste e alle rivoluzioni, nelle piazze come nei condomini, negli uffici o sui campi di calcio dove giocano i nostri figli, nelle scuole e nelle nostre case, per ottenere "quello che vogliamo". "Tra di voi invece..." è diverso, ci dice oggi il Signore "chiamandoci a sé" nella comunità dove "viene" per trasformare radicalmente la nostra vita facendoci "grandi" nell'amore, e i "primi" nel "servire tutti". Tra i fratelli nati dallo stesso "battesimo" e che si accostano e bevono allo stesso "calice", ogni relazione è celeste: tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli, ovunque "il primo è l'ultimo e l'ultimo è il primo", e sembra quasi una gara a perdere perché l'altro vinca il "premio" dell'incontro con Cristo. Sì fratelli, perché l'ultimo posto qui sulla terra è lo specchio di quello "riservato" a noi in Cielo. Non importa se "alla destra o alla sinistra" del trono di Cristo, perché chi lo ha incontrato all'ultimo posto che Egli ha preso per "riscattarlo" pregustando proprio lì il suo amore, vive con la certezza che nel suo Regno avrà il posto migliore preparato per lui, dove goderne in pienezza per l'eternità, senza mancare più di nulla.

martedì 29 maggio 2018

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29 MAGGIO. Beati Guglielmo Arnaud e 10 compagni Martiri di Avignonet

È un volto dell'Inquisizione molto diverso da quello che siamo abituati a sentire citato quello mostrato dal domenicano Guglielmo Arnaud e dai suoi dieci compagni morti martiri il 29 maggio 1242 nella regione di Avignonet, vicino a Tolosa. La loro vicenda si colloca storicamente nel periodo delle dispute con gli albigesi. Guglielmo e i suoi compagni erano il Tribunale dell'Inquisizione che papa Gregorio IX aveva stabilito per affrontare la questione. Nel giorno dell'Ascensione il governatore di Avignonet invitò i religiosi per un confronto con gli albigesi. Ma si rivelò una trappola: gli undici vennero percossi a morte. Le cronache raccontano che morirono cantando il Te Deum e proclamando quella fede che erano venuti a difendere. Nel nome di questi martiri fiorirono miracoli e il loro culto si protrasse lungo i secoli. Fu infine Pio IX nel 1866 ad approvarlo ufficialmente. (Avvenire)
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Agli albori del XIII secolo nella Francia meridionale, in particolare nella contea di Tolosa, la vita della Chiesa era turbata dal dilagare dell’eresia albigese. Papa Gregorio IX decise allora di intervenire in questa situazione che rischiava di degenerare: il 22 aprile 1234 nominò il domenicano Guglielmo Arnaud, oriundo di Montpellier, primo inquisitore nelle diocesi di Tolosa, Albi, Carcassone ed Agen. Questi non tardò a mettersi all’opera, forse persino con eccessivo rigore, tanto da giungere a far disseppellire i cadaveri degli eretici per bruciarli sul rogo. Iniziò dunque ad incontrare serie difficoltà ed il conte di Tolosa, Raimondo VII, chiese al papa di porre un freno all’indomabile inquisitore, imponendo inoltre ai suoi sudditi di evitare qualsiasi contatto con il frate e ponendo delle guardie alle porte dei conventi.
Il 25 novembre 1225 tutti i frati domenicani furono cacciati dalla città e se allontanarono processionalmente cantando inni sacri. Un anno dopo poterono fare ritorno al loro chiostro, ma l’odio nei loro confronti da parte degli eretici cresceva e talvolta provocava tumulti. Nel 1242, ormai convintosi che fosse bene farla finita, il balì di Avignonet, Raimondo d’Alfar, invitò i frati nel suo castello vicino a Tolosa col pretesto di instaurare con loro un nuovo rapporto di amicizia basato su propositi di conciliazione. In realtà era solo un inganno volto a cattirarli: li fece infatti rinchiudere in una grande sala del castello e nel pieno della notte ordinò che fossero trucidati. I religiosi non si fecero intimorire ed andarono incontro a Cristo, affrontando per suo amore il martirio e cantando nell’attesa il Te Deum. Era il 29 maggio, quell’anno vigilia dell’Ascensione. In particolare i carnefici infierirono contro Guglielmo, al quale mozzarono la lingua.
Ecco i nomi degli undici gloriosi martiri:
- Guglielmo Arnaud (emessi i voti religiosi a Tolosa, divenne il braccio destro dell’inquisitore Pietro Seila, compagno di San Domenico);
90866 - Bernardo di Roquefort (anch’egli domenicano);
90777 - Garcia d’Aure (converso domenicano, nativo della diocesi di Comminges);
- Stefano di Saint-Thibery (già abate, poi frate minore);
- Raimondo Carbonius (frate minore);
- Raimondo di Cortisan (detto “lo Scrittore”, canonico di Tolosa ed arcidiacono di Lézat);
- Bernardo (chierico dell’arcidiacono Raimondo, appartenente al clero della cattedrale di Tolosa);
- Pietro d’Arnaud (notaio dell’inquisizione);
- Fortanerio (chierico, cursore dell’inquisizione);
- Ademaro (chierico, cursore dell’inquisizione);
- il priore di Avignonet (monaco professo di Cluse, il cui nome purtroppo non ci è stato tramandato).
Assai articolata è la storia del culto che in tempi e luoghi diversi venne tributato a questi martiri. I domenicani Guglielmo Arnaud e Garcia d’Aure sin dopo la morte furono oggetto di venerazione: la loro tomba fu nella chiesa di San Romano presso il loro monastero di Tolosa. Dal 1381 i loro resti trovarono degna collocazione nella cappella di San Nicola sempre in detta chiesa, ma furono dispersi durante la Rivoluzione Francese. Ogni anno si celebrava la loro festa nell’anniversario della morte insieme al loro confratello Bernardo di Rochefort.
Stefano di Saint-Thibery e Raimondo Carboni, frati minori, trovarono sepoltura nella chiesa del loro ordine presso Tolosa, in due tombe separate e corredate da iscrizioni. Nel 1619 ebbe luogo una ricognizione delle loro spoglie.
L’arcidiacono di Lézat ed il suo chierico Bernardo furono inumati a Tolosa nel chiostro della cattedrale di Santo Stefano, presso il muro della chiesa. Nel 1647 il capitolo compì una ricognizione dei loro corpi ed in seguito vennero traslati nella cappella di Sant’Alessio interna alla cattedrale stessa, cappella oggi dedicata a San Paolo.
Il 30 settembre 1809 l’allora arcivescovo di Tolosa, personaggio contraddistintosi per la sua costante mancanza di fedeltà alla Chiesa di Roma, fece rimuovere dalla chiesa di Avignonet un quadro che raffigurava gli undici marti con tanto di aureola. Esso fu poi ricollocato al suo posto, ma scomparse nuovamente nel 1861. Nonostante queste peripezie il loro processo di canonizzazione, iniziato sin dal 1700 ad opera dei domenicani, durante il lungo pontificato del Beato Pio IX giunse ad una svolta positiva ed il 1° settettembre 1886 il culto di Guglielmo Arnaud e dei suoi 11 compagni venne ufficialmente confermato dalla Santa Sede.

Sacerdote di Dublino: "Chi ha votato per l'aborto non può ricevere la Santa Comunione"

TheLiberal.ie (28 maggio) scrive di un sacerdote anonimo di Dublino (Irlanda) che ha chiarito, durante la sua omelia di domenica, che coloro che la scorsa settimana hanno votato in favore dell'aborto, "non dovranno cercare di salire all'altare per ricevere la Santa Comunione".

Il sacerdote ha spiegato che la Chiesa è molto chiara sui crimini contro i bambini non nati. Ha ricordato alla sua congregazione il Quinto Comandamento: "Non uccidere".

Quei votanti a favore dell'aborto che ignorano l'avvertimento del sacerdote, sono soggetti alla condanna di san Paolo: "Perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna." (1 Cor 11:29)



Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno 
in questo momento della storia sono uomini che,
attraverso una fede illuminata e vissuta,
rendano Dio credibile in questo mondo.
Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio,
imparando da lì la vera umanità.
Abbiamo bisogno di uomini 
il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio 
e a cui Dio apra il cuore,
in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri
e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri.
Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio,
Dio può far ritorno presso gli uomini.

J. Ratzinger, L’Europa nella crisi delle culture,
Conferenza tenuta il 1 aprile 2005 a Subiaco
SEGUE GESU' SOLO CHI NELLA SUA CHIAMATA HA SPERIMENTATO LA LIBERTA' AUTENTICA


Nelle parole di Pietro si percepisce la tensione che da sempre anima la Chiesa. E' vero che i suoi figli "hanno lasciato tutto per seguire il Signore", ma è ancor più vero che l'abbandono di ogni sicurezza mondana è proprio l'impossibile fatto possibile da Dio, perché è impossibile seguire Colui che non è la tua unica ricchezza. A nome della Chiesa Pietro professa l’amore a Cristo, ma è un balbettio, non è ancora fede adulta. Centrale, infatti, è l'enfasi su quel "noi abbiamo...." dove la carne cerca un premio. Seguire Gesù, invece, è innanzitutto una liberazione, l'incontro con la misericordia che strappa alla schiavitù del peccato per farti pregustare la pienezza del Cielo. La risposta di Gesù annuncia un nuovo modo di vivere sulla terra, un rapporto nuovo tra le persone, anticipo della vita beata che si incarna nella comunione dei santi. Ovunque i cristiani sono a casa propria. Ovunque per loro vi sono "fratelli, sorelle, madri, figli" perché ovunque la vita è feconda, piena e realizzata. L'amore soprannaturale che si estende oltre i confini di razza, lingua, cultura e condizione sociale, e si fa comunione anima la città che Dio ha innalzato sul monte. Per questo la Chiesa è chiamata ogni giorno a conversione, cioè a lottare contro la tentazione di spegnere questa luce, ritornare alla carne e frustrare la propria missione. Pietro e ogni cristiano saranno sempre insidiati dall'inganno di cercare e sperare "ricompense" visibili e mondane che certifichino l'esito della propria missione. Mentre il Signore annuncia che, già "al presente", la "ricompensa" dei suoi discepoli è una primizia della vita celeste, la sovrabbondanza espressa nel "centuplo". Come nella moltiplicazione dei pani, chi "segue" Gesù non "lascia tutto" astrattamente, ma lo consegna a Lui perché "case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi" diventino un "tutto" infinitamente più grande. "Tutto" quello che fa parte della nostra vita ci è dato per essere vissuto in Cristo, con Lui e per Lui; il lavoro, la casa, gli affetti, anche gli svaghi, e le malattie, i dolori e i fallimenti, nelle sue mani "tutto" è trasfigurato. Ogni cosa supera i limiti del tempo e dello spazio, non è più una tenaglia che ci stringe nel terrore di perderla senza averne gustato appieno. "Seguendo" il Signore tutto si dilata mentre l'istante "presente" risuona nell'eternità e ci accoglie per vivere con totale libertà, tipica di chi ama senza offrire nulla a se stesso. Per difendere la Grazia da appropriazioni indebite, Dio accompagna il "centuplo" con le "persecuzioni". Proprio il rifiuto del mondo che, geloso della sua, non accetta l'annuncio della vita nuova incarnata nella Chiesa, ne certifica la qualità. Se “perdendola” nel martirio la “ritroveranno”, se sapranno morire per amore conservando pace e gioia senza entrare in crisi, allora davvero i cristiani annunceranno il Cielo. Per la Chiesa le "persecuzioni" segnano il successo della sua missione. Se siamo rifiutati dal collega, se anche l'amico respinge al mittente il nostro annuncio, se il fidanzato scappa di fronte alla testimonianza di una relazione cristiana, se il cugino si scandalizza perché non abbiamo fatto causa a chi ci ha preso del nostro, significa che stiamo compiendo la nostra missione. Allora, altro che allori, le "persecuzioni" che oggi ti aspettano indicheranno che Cristo è vivo in te. Certo, vorremmo che gli altri lo accogliessero subito e cambiassero vita. Cerchiamo "ricompense" carnali, risultati immediatamente riscontrabili. E invece quasi sempre sono rifiuti, e solo la fede adulta sa discernere in essi l'opera di Dio. Desideri che tua figlia ascolti quando le parli di Lui, vero? E invece si chiude in camera irata, attratta dal mondo e ferita nella lotta con Dio. Ma proprio questo rifiuto è la soglia del suo cuore dischiuso sulla conversione; Dio non desidera altro che questo, e tu? Perché possa convertirsi e salvarsi il Padre le sta consegnando suo Figlio fatto carne in te: tu sei il Vangelo per lei, e forse sarà rifiutato, come tu hai rifiutato Cristo, e nel suo amore che non si è ribellato al tuo male, hai conosciuto il perdono e la salvezza. Allora, come non "lasciare" tutto, anche l'ideale di figlia che hai cullato, pur di annunciarle l'unica notizia di cui ha bisogno? Non sai quando l'ascolterà, è libera. Ma tu sei chiamato solo ad amarla gratuitamente come Cristo ha amato te: offrendo il Vangelo alla sua libertà e prendendo su di te i suoi peccati. Così si trasmette la fede, così si annuncia il Vangelo. Ma forse stiamo "seguendo" Gesù con qualche pretesa... Abbiamo sì "lasciato tutto", come preti, suore, missionari viviamo senza un euro; come genitori ci siamo aperti alla vita accogliendo un altro figlio; e va tutto bene, ma la nostra volontà, l’abbiamo sciolta in quella di Dio? E il cuore, che cosa desidera davvero? Abbiamo fatto l'esperienza che seguire Gesù è una liberazione, oppure, celate dietro a un'apparente dedizione, vi sono la mormorazione, l'attesa di una ricompensa, un'esigenza? Il cuore è colmo di gratitudine o di frustrazione? Comunque sia Gesù ci annuncia oggi di essere Lui la nostra ricompensa, Lui in noi per ogni uomo, perché tutti siano salvati. Coraggio, perché nella Chiesa puoi sperimentarlo diventando sempre più una cosa sola con Cristo, al punto che, "per causa sua e del Vangelo", saremo "ultimi" nel mondo perché perseguitati, ma "primi" nella carovana dell'umanità per aprire a tutti il cammino verso il Cielo.