ACCOLTI NEL CUORE DI MARIA CHE E' LA COMUNITA' DOVE IMPARARE LA MITEZZA E L'UMILTA' DEL CUORE DI CRISTO
Celebriamo oggi il Cuore Immacolato della Vergine Maria. E' anche il cuore della Chiesa, il riflesso nella storia del cuore di Cristo. Esso è immacolato perché si ferma umilmente nello stupore di fronte al mistero di suo Figlio; perché non esige una risposta al suo "perché?". Chiede, vorrebbe capire, come è naturale, e in questo, come nella domanda "come è possibile?" rivolta all'arcangelo Gabriele, esprime quello che tutti abbiamo nel cuore. Ma Lei sa stupirsi e vi sa riporre le domande e le risposte avvolte nel mistero, per custodirle nella "meditazione" dischiusa sull'impossibile. Il cuore di Maria è immacolato perché è rimasto vergine come il suo corpo e la sua mente. L'infezione mondana non l'ha contaminato. Ha saputo fermarsi sul limite tracciato dall'incomprensione. E' qui il segreto della purezza. Eva, invece, sollecitata dal demonio, ha voluto spingersi oltre, e ha scoperto di "essere nuda"; aveva perduto l'innocenza che le faceva guardare senza malizia Dio, se stessa e Adamo. La sua mano distesa verso il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male aveva solo realizzato quanto già deciso nel suo cuore ormai impuro. Accettando il dialogo con il serpente, infatti, aveva aperto le sue porte. Le domande e le risposte l'avevano irretita nelle trame subdole della menzogna, e, senza rendersene conto, aveva fatto entrare e accomodare il demonio nel suo cuore. Eva lo aveva ascoltato, solo ascoltato eh, e così ha macchiato il suo cuore. Non ha saputo resistere alla possibilità prospettatale dal demonio di capire e conoscere come capisce e conosce Dio. E guarda come è finita... Guarda la televisione, scendi al bar, entra in ufficio, vai allo stadio; scendi nel tuo cuore, e in quello di tua moglie o di tuo marito, dei tuoi figli, di ogni persona che conosci. Guerre, violenze, dolore, e il male che si spande, e sembra non avere argini. E' bastato solo prestare attenzione alla voce del serpente, un momento, e la morte è entrata nel mondo, e anche oggi, proprio ora, o no? si è infilata nelle nostre storie macchiandole di dolore che niente e nessuno sa e può lenire. Quante volte accettiamo di dialogare con il demonio? Non si contano.
Cosa fare allora? Ce lo illumina il Vangelo di oggi. Ci racconta la vicenda di una famiglia: padre, madre e figlio. Come le nostre, si trova ad affrontare un momento importante, decisivo. Questa volta, il viaggio a Gerusalemme era speciale: si andava a celebrare la Bar Mitswa di Gesù: come ogni ragazzo ebreo, giunto ai dodici anni, va al Tempio per divenire "figlio della Legge". Per Maria si trattava di un nuovo parto: suo Figlio stava per entrare nel mondo degli adulti, e Lei era lì ad accompagnarlo, come quella notte a Betlemme. Non a caso i due momenti nei quali l'evangelista Luca afferma che "sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore" sono proprio quelli della nascita di Gesù e della sua Bar Mitswa a Gerusalemme. A Betlemme Maria ha partorito suo Figlio nel mondo, al Tempio lo doveva partorire all'obbedienza che accoglie e si sottomette alla volontà di Dio espressa nella Torah. Gesù era figlio di un Popolo diverso da tutti gli altri popoli, e come tale stava per entrare nell'arena della vita; cominciava per Lui il combattimento per non cedere come Eva alle menzogne con cui il demonio lo avrebbe tentato per strapparlo alla sua elezione, alla missione con cui avrebbe compiuto la volontà del Padre. Per questo doveva prendere la Torah come lampada per illuminare gli eventi che gli sarebbero accaduti, e indirizzare ogni suo passo sulle orme lasciate del Padre. Doveva imparare ad ascoltarla, a studiarla, a custodirla e a meditarla nel suo cuore, per difendersi con essa dai dardi infuocati del maligno. Cosa che avrebbe fatto puntualmente nella sua vita pubblica, quando, nel deserto, avrebbe fatto "tacere" il demonio attraverso la retta e autentica interpretazione della Parola di fronte ai fatti e alle tentazioni; e poi, smascherando la malizia satanica di scribi e farisei, e, infine, lottando nel Getsemani e sulla Croce, sotto la quale il demonio lo avrebbe aspettato per indurlo a scendere e vanificare la sua missione.
Per Maria e Giuseppe era il momento del distacco, passaggio fondamentale nella loro missione di trasmettere la fede: con la Bar Mitswa dovevano consegnare il loro Figlio alle sue responsabilità; lo avevano istruito, e avrebbero certo continuato a farlo, come si desume dal fatto che poi Gesù "partì con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso". Ma ora era Lui che doveva accogliere la Torah come il giogo per la sua vita. Diventava adulto legandosi totalmente ad essa, per camminare sul sentiero tracciato dai suoi comandamenti. L' "angoscia" di Maria inizia qui, nel suo cuore immacolato che comincia ad essere trapassato dalla spada; come quello di ogni madre di fronte al futuro adulto dei figli. Per la maggior parte delle madri, però, sono lo studio, il lavoro e il matrimonio che inquietano. In Maria, invece, risuonavano le parole della profezia di Simeone, pronunciate in quello stesso Tempio, dodici anni prima: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima". In quei giorni drammatici, i primi "pensieri del cuore" ad essere svelati erano i suoi, ed erano pensieri immacolati. Certamente Maria aveva intuito che quella di Gesù non era una Bar Mitswà come tutte le altre; era la Madre del Messia, questo lo sapeva bene: quel ragazzo era carne della sua carne, ma le era stato donato dallo Spirito Santo, non da un uomo. Per Lui aveva sofferto il dubbio di Giuseppe, e poi il disonore, le calunnie infamanti, il rifiuto e la fuga; c'era insomma una trama di dolore nella loro storia, ed era lì, nel suo "cuore immacolato" posto dinanzi al mistero rinnovato di suo Figlio. Insieme a Giuseppe lo avevano portato a Gerusalemme "secondo l'usanza"; ma nell'aria c'era qualcosa di diverso, stava per accadere il compimento definitivo della Legge: il suo Autore s'era fatto carne perché la Legge accogliesse lo Spirito; e quella carne era entrata nel Tempio, per "sedersi in mezzo ai dottori", il Maestro tra i maestri, per "ascoltare e interrogare" e così insegnare con "intelligenza", e "rispondere" a coloro che non avevano risposte. Ma ora, Lui non era con Lei. Che cosa era accaduto? Sì, sì, il suo "cuore" stava meditando e custodendo tutto, ma... ma quel Figlio le era sfuggito, "senza che se ne accorgesse".
Nonostante la storia, nonostante le parole di Gabriele, il rimanere incinta senza conoscere uomo, la gravidanza della sterile Elisabetta, la nascita nell'ultimo angolo del mondo, i pastori e i Magi; nonostante la profezia di Simeone e la benedizione di Anna, nonostante esserle stata accanto per dodici anni, nel suo "cuore" continuava a "crederlo nella carovana", e così "fa una giornata di viaggio" senza di Lui. Una lunghissima giornata nella quale avrà pensato a suo Figlio, ma sicuramente era a giocare con gli altri bambini della famiglia, tra "i parenti e i conoscenti", suvvia, mezza Nazaret era "salita a Gerusalemme" con loro. Ma qualcosa non andava; troppo lungo quel giorno senza vederlo, il suo "cuore immacolato" di madre cominciava a battere più forte, e non poteva più aspettare, e comincia a "cercarlo". Ma Maria doveva imparare ancora: non era nella carne che doveva "cercarlo". Anche questo fa un "cuore immacolato": "cerca" nella carne, negli affetti, nelle abitudini, nelle mappe dell'esistenza disegnate faticosamente con l'esperienza, quelle con le quali tutti cerchiamo di orientarci tra gli eventi e le persone; "cerca", e, "non avendolo trovato, torna in cerca di lui a Gerusalemme". Il "cuore immacolato" di Maria sa tornare sui suoi passi, accetta cioè di "non aver capito"; è disposto ad abbandonare il cammino di "ritorno" che conosceva per intraprendere umilmente un cammino nell'assurdo e nell'angoscia che non conosceva: lo avrebbe ritrovato o lo avrebbe perso per sempre? Per saperlo c'era una sola possibilità, tornare a Gerusalemme, laddove quel Figlio avrebbe compiuto la sua missione. Ma in quel momento Lei non poteva saperlo; doveva andare e basta, e un altro evento da "meditare e custodire" si sarebbe deposto nel suo "cuore". Ma ora, nel suo "cuore", c'era solo la lama della spada che vi si infilava sottile e acuminata, da schiantare... Ma era "immacolato" quel "cuore" di madre, nessuna menzogna, nessun dubbio, nessuna tentazione vi aveva lasciato traccia. Era "vergine", come il suo corpo, pronto cioè ad accogliere ancora la volontà di Dio, la sua Parola che le veniva incontro attraverso quel fatto drammatico. Era pronto a dire ancora "eccomi", e a lasciarsi trafiggere dalla storia, perché la conversione, ovvero il ritorno alla Verità, è lasciarsi spogliare di ogni certezza per entrare, "immacolati", nudi e indifesi, nella notte che segna il passaggio al giorno della risurrezione. Dopo "tre giorni", infatti, "trovarono Gesù nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte". E' una profezia di ciò che, dopo la sua resurrezione, il Signore avrebbe compiuto nella sua Chiesa attraverso i secoli, sino ai confini della terra: colma dell' "intelligenza" della Croce, offrirà la "risposta" della resurrezione alla grande domanda di ogni uomo, quella che sorge impetuosa di fronte al dolore e alla morte.
E Maria era giunta proprio lì, dentro a quella profezia. Vi era "discesa", come in un catecumenato, per cercare suo Figlio, vi ha trovato il Messia Figlio di Dio che "deve occuparsi delle cose del Padre suo". No, non era una risposta comprensibile quella... Il suo "perché" le ritornava indietro insieme a un altro "perché". Non sei tu a doverci spiegare "perché ci hai fatto questo", ma noi a doverti dire "perché ti stavamo cercando"? Quale madre, di fronte a una risposta così, per di più al colmo dell'angoscia, non si adirerebbe? Ma come, ti chiedo di spiegarmi le ragioni della tua fuga, e tu mi rispondi che siamo io e tuo padre a "non capire"? Ma Maria tace. Il suo "cuore immacolato" accetta che non capisce e che non avrebbero dovuto cercarlo. E' il momento della fede, senza la quale nessuna Bar Mitswà è autentica. E Maria ha fede, e lascia andare suo Figlio, stringendo nel cuore quel mistero, nell'attesa umile che sia Dio, nel suo "cuore immacolato", a spiegarglielo, se, come e quando avrebbe voluto. Questa è la fede che purifica il cuore, perché possa vedere Dio in ogni evento. Ma vedere Dio significa lasciarsi "stupire dalla sua intelligenza e dalle sue risposte", anche quando non sono quelle che ci aspetteremmo o desidereremmo. Un "cuore immacolato" è quello di Maria, che non esige di capire, ma sa "vedere Dio" con gli occhi di Dio, cioè riesce a discernere il suo amore negli eventi e nelle persone perché si sente amata in ogni istante, e in ogni circostanza può amare e donarsi a ogni persona. Perché nella Scrittura la purezza non è mai fine a se stessa. Si è purificati, giustificati, perdonati per celebrare il culto, ovvero per vivere in comunione con Dio nell'amore a Lui e ai fratelli. Quante Bar Mitswà abbiamo celebrato con i nostri figli? Nessuna, probabilmente, e non perché non siamo ebrei. Quante volte ci siamo fermati dinanzi al loro mistero? O al mistero della moglie e de marito, del fidanzato e dell'amica, delle persone che ci sono accanto e dei fatti che siamo chiamati a vivere? Forse mai. Mai con il "cuore immacolato" di Maria. Noi vogliamo capire, esigiamo spiegazioni che rispondano alla nostra logica. Chiediamo negli altri la stessa intelligenza delle cose che abbiamo noi. Pretendiamo di condurre le persone e gli eventi. Siamo schiavi dei nostri "perché" che non trovano risposta; ci innervosiscono, ci adirano, ci deprimono, ci uccidono. Tuo figlio, non ti suscita mille "perché" al giorno? E non ti basta dire che anche tu da giovane eri come lui. No, ci sono atteggiamenti, parole, gesti incomprensibili. Peccati inaccettabili. E sul piano umano hai perfettamente ragione. Ma resta il fatto che tu, come tuo figlio, siete caduti preda del demonio. Vi siete attardati a discutere con lui come Eva, forse anche stamattina. E questo significa che il rapporto tra padre o madre e figlio, come ogni altro, è viziato all'origine, e le conseguenze sono sotto gli occhi. Manca un'apertura che lasci filtrare la speranza del Cielo, che ponga ogni relazione sul piano divino. Manca la fede, ovvero un "cuore immacolato". Anche di fronte al peccato inaccettabile dell'altro, c'è una possibilità diversa: l'amore che sgorga da un "cuore immacolato". Uno sguardo puro che veda Dio dove non si vede altro che il demonio e il male. Come cambierebbe il tuo modo di educare... Come cambierebbe il rapporto con gli altri... Ma è impossibile.
Sì, è impossibile agli uomini, ma non presso Dio. Impossibile a te e a me, ma non alla Chiesa, che è il corpo vivo del Figlio di Dio. In essa, alla scuola di Maria, possiamo imparare come Lei cosa sia pensare, discernere e amare con un "cuore immacolato"; con Lei, nutriti della Parola e dei sacramenti, attraverso i mille "perché" senza risposta e i dolori di spada che trafiggono l'anima, lasciare che Dio ci tolga il cuore di carne per far posto al "cuore immacolato". Non per nascita ma come un dono della Grazia. Un cuore capace di accompagnare i figli alla loro Bar Mitswà, quando scelgono la scuola, quando chiedono di uscire con gli amici, quando si fidanzano e si sposano, quando lavorano ed educano i loro figli. Un "cuore immacolato" e senza pregiudizi, che non dialoga con satana perché la Parola di Dio vi scaturisce come da una sorgente; che si ferma umilmente dinanzi alla soglia del mistero che ogni persona nasconde, all'opera spesso invisibile e impercettibile di Dio. Perché amare come Maria ha amato suo Figlio, significa amare innanzitutto la volontà di Dio in Lui, servire prima di ogni altra cosa l'opera del Padre nel Figlio. Per te e per me significa amare Dio più di tuo figlio, del tuo figlio nella carne, delle tue speranze e dei tuoi progetti, di tutto quello che si impara e si vive "nella carovana, tra parenti e conoscenti". Significa "tornare a Gerusalemme", al luogo del compimento di ogni vocazione, e "cercare" nel Tempio tuo figlio e ogni persona, ad "occuparsi delle cose del Padre suo". Perché se sei un cristiano, sei figlio della Vergine Maria, e anche a te è stata annunciata la stessa profezia di Simeone: anche tuo figlio ha un'elezione speciale, sarà un segno di contraddizione, e per questo, e non per altro, sarà trapassato anche oggi il tuo cuore da una spada. Capito? Tuo figlio, e tuo marito, tua moglie, la tua dolce fidanzata, il tuo simpatico fidanzato, o, se sei prete, i fratelli che ti sono affidati, chiunque è se stesso solo occupandosi delle cose di Dio! Concretamente, significa amare l'altro "distaccandosi" da lui, lasciandolo libero per Dio, perché chi non odia suo padre, sua madre, i suoi figli e anche la propria vita non può essere discepolo di Cristo. Significa educare e aiutare gli altri a compiere la volontà di Dio, prima di ogni altra cosa. Perché a chi cerca prima il Regno di Dio e la sua Giustizia, tutto sarà dato in aggiunta. Maria lo ha fatto, e ha "ritrovato" suo Figlio per l'eternità, dopo i "tre giorni" nei quali è scomparso nel sepolcro. Al punto di essere assunta in Cielo anche Lei senza passare per la tomba. Questo è il destino preparato per ogni "cuore immacolato", quello che Dio vuole donare a te e a me. In esso, come Maria, sapremo allora "meditare e custodire" i fatti e le persone che non comprendiamo e che la carne non accetta, anche quando ci scappano dalle mani e scendono in una tomba; per aspettare con fede che passino i tre giorni che preparano la risurrezione; per vedere in tutto e in tutti l'amore infinito di Dio, e così abbracciare ogni istante e ogni fratello nell'amore che ci ha raggiunto e salvato.
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