Riflessione su alcuni
quadri del vangelo in cui ci viene presentata Maria
di mons. Domenico Sigalini
L’annunciazione
Non c’è
assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza, dice un deportato di
Auschwitz, tanto è pervasivo il male nella nostra esistenza. Ci siamo talmente
abituati che per sperare nella felicità dobbiamo ritenere che il male è
naturale. Siamo abituati alle ingiustizie, al sopruso, al terrorismo e alla
guerra. Nella filigrana di ogni nostro comportamento tesse la trama l’ombra del
male. Nessuno si può chiamare fuori, anche dentro di te nascono doppi pensieri
di cui ti vergogni, istinti, propensioni, sentimenti che assomigliano più alla
vendetta che al ristabilimento della giustizia. Mi ha sempre, fatto meraviglia leggere
nella Bibbia le infinite invocazioni a Dio perché ci liberi dal male, non ci
induca in tentazione ci salvi. Ma da che cosa? ci si dice spesso nella nostra
ingenuità. La nostra vita non riesce a trovarsi da sola una strada del
politicamente corretto? Non siamo forse in grado di vivere un galateo
condiviso, se non in tutto il mondo almeno in qualche nostra piccola comunità
gruccia?
Non è
possibile. Il male è più forte di noi ed esercita un implacabile contagio, fin
dalle nostre origini. “E fece quel che è male agli occhi del Signore, imitando
i suoi Padri”. La catena è appesa agli inizi della storia dell’umanità. È
storia di sforzi titanici di bontà, ma di continue sconfitte e prevaricazioni.
Ma nel buio
più fitto si apre uno squarcio di luce.
Passano sei
mesi dagli eventi che hanno visto il vecchio Zaccaria restare incantato nel
tempio: