Ritorniamo
al racconto biblico. A un certo punto «il popolo non sopportò il
viaggio» (Nm 21,4). Sono stanchi, manca l’acqua e mangiano solo la
“manna”, un cibo prodigioso, donato da Dio, ma che in quel momento di
crisi sembra troppo poco. Allora si lamentano e protestano contro Dio e
contro Mosè: “Perché ci avete fatto partire?...” (cfr Nm 21,5). C’è la
tentazione di tornare indietro, di abbandonare il cammino.
Viene da
pensare alle coppie di sposi che “non sopportano il viaggio”, il viaggio
della vita coniugale e familiare. La fatica del cammino diventa una
stanchezza interiore; perdono il gusto del Matrimonio, non attingono più
l’acqua dalla fonte del Sacramento. La vita quotidiana diventa pesante,
e tante volte, “nauseante”.
In quel
momento di smarrimento – dice la Bibbia – arrivano i serpenti velenosi
che mordono la gente, e tanti muoiono. Questo fatto provoca
il
pentimento del popolo, che chiede perdono a Mosè e gli domanda di
pregare il Signore perché allontani i serpenti. Mosè supplica il Signore
ed Egli dà il rimedio: un serpente di bronzo, appeso ad un’asta;
chiunque lo guarda, viene guarito dal veleno mortale dei serpenti.
Che cosa
significa questo simbolo? Dio non elimina i serpenti, ma offre un
“antidoto”: attraverso quel serpente di bronzo, fatto da Mosè, Dio
trasmette la sua forza di guarigione che è la sua misericordia, più
forte del veleno del tentatore.
Gesù, come
abbiamo ascoltato nel Vangelo, si è identificato con questo simbolo: il
Padre, infatti, per amore ha «dato» Lui, il Figlio Unigenito, agli
uomini perché abbiano la vita (cfr Gv 3,13-17); e questo amore immenso
del Padre spinge il Figlio, Gesù, a farsi uomo, a farsi servo, a morire
per noi e a morire su una croce; per questo il Padre lo ha risuscitato e
gli ha dato la signoria su tutto l’universo. Così si esprime l’inno
della Lettera di san Paolo ai Filippesi (2,6-11). Chi si affida a Gesù
crocifisso riceve la misericordia di Dio che guarisce dal veleno mortale
del peccato.
Il rimedio
che Dio offre al popolo vale anche, in particolare, per gli sposi che
“non sopportano il cammino” e vengono morsi dalle tentazioni dello
scoraggiamento, dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono...
Anche a loro Dio Padre dona il suo Figlio Gesù, non per condannarli, ma
per salvarli: se si affidano a Lui, li guarisce con l’amore
misericordioso che sgorga dalla sua Croce, con la forza di una grazia
che rigenera e rimette in cammino sulla strada della vita coniugale e
familiare.
L’amore di
Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di
mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si
lacera, si esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la
gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino
insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di
aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di
aiutare il marito ad essere più uomo. Questo è il compito che avete tra
voi.
“Ti amo, e
per questo ti faccio più donna” – “Ti amo, e per questo ti faccio più
uomo”. E’ la reciprocità delle differenze. Non è un cammino liscio,
senza conflitti: no, non sarebbe umano. E’ un viaggio impegnativo, a
volte difficile, a volte anche conflittuale, ma questa è la vita! E in
mezzo a questa teologia che ci dà la Parola di Dio sul popolo in
cammino, anche sulle famiglie in cammino, sugli sposi in cammino, un
piccolo consiglio. E’ normale che gli sposi litighino, è normale. Sempre
si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. Mai.
E’ sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare.
Il
matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una “fiction”!
E’ sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa, un amore che trova
nella Croce la sua verifica e la sua garanzia. Auguro a tutto voi un bel
cammino: un cammino fecondo; che l’amore cresca. Vi auguro felicità. Ci
saranno le croci, ci saranno. Ma sempre il Signore è lì per aiutarci ad
andare avanti. Che il Signore vi benedica!
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