Con il brano che chiude il Vangelo di Giovanni la Chiesa ci accompagna alle soglie del Cenacolo, dove scenderà di nuovo su di noi lo Spirito Santo. Anche sulle rive del lago di Tiberiade, infatti, Gesù aveva preparato un banchetto per gli apostoli. In quell’alba che sapeva di risurrezione, dopo una notte in cui “non presero nulla”, avevano pescato di nuovo una grande quantità di pesci, come quel giorno in cui, non a caso, proprio in quel luogo aveva moltiplicato i pani e i pesci. La Parola di Gesù aveva di nuovo reso feconda la loro incapacità. Scendendo dalla barca avevano visto “un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane”, e Gesù che, dopo averli invitati di nuovo “a mangiare” alla sua mensa, si “avvicinava” e “prendeva il pane per darglielo, e così pure il pesce”. Ora tutto appariva chiaro, e “nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore”. Tra la notte del Cenacolo e quell’alba in Galilea tutto si era infatti compiuto. Davvero il pane ricevuto nel Cenacolo era il corpo di Gesù consegnato alla morte per loro; realmente il vino che avevano bevuto era il suo sangue versato per loro e per tutti in remissione dei peccati, il sigillo delle nuova ed eterna Alleanza. Quel cibo donato da Gesù sulla riva del lago dove un giorno li aveva chiamati, era la sua stessa vita tratta dal mare della morte; ma ora gli Apostoli sapevano che non era solo la sua ma anche la loro morte, quella che avevano appena sperimentato inoltrandosi nella notte senza pescare nulla. Per questo quel pesce ardeva sul fuoco della misericordia che cancellava i loro tradimenti e i loro peccati. Non a caso Giovanni registra che “questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti”. La “terza volta”, come le “tre volte” che Pietro ha tradito Gesù, come i “tre giorni” passati da Gesù nel sepolcro. Come “tre volte” Gesù chiede a Pietro se lo “ama più” degli altri. Pietro lo aveva riconosciuto come “il Signore” vittorioso sulla morte, il Kyrios della vita. Aveva “mangiato”, cioè sperimentato, l’amore “sino alla fine” del suo Maestro. Ora poteva inoltrarsi con Lui nella verità. E’ sempre così: mentre nel mondo si cercano i traditori per fucilarli, Gesù prende per mano Pietro che lo aveva tradito, per accompagnarlo sino al fondo dei propri peccati per consegnargli, invece della condanna, il perdono. Carissimi, anche noi in questo Tempo Pasquale abbiamo “mangiato” con Gesù sperimentando la forza della sua risurrezione. Come i “neofiti” (“nuove piante”) della Chiesa primitiva, abbiamo ci siamo nutriti al “banchetto degli insegnamenti più perfetti” (Cirillo di Gerusalemme), alla “mistagogia”, per cogliere “sempre meglio la profondità del mistero pasquale e traducendolo sempre più nella pratica della vita” (“Rica”, Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti). Per questo, prima di entrare nel Cenacolo della Pentecoste, Gesù ci chiede: "Mi ami tu? Mi ami più di costoro?". Lasciati trafiggere da questa domanda, oggi, ora. Dopo che nella Chiesa si è manifestato “tre volte” anche a te per annunciarti che è risuscitato con te dal sepolcro dove è stato “tre giorni” per te, Gesù ti chiede oggi per “tre volte” se lo ami. Con questa domanda, infatti, il Signore ti chiede innanzitutto: “hai “mangiato” il mio amore fatto pane per te? Hai sperimentato nella tua famiglia, nella tua comunità, nella tua vita “quanto è buono il Signore”? Ricordando i tanti memoriali dell’amore con il quale Gesù ti ha chiamato e plasmato risponderai certamente di “sì”.
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