Omelia alla Santa Messa della Festa Diocesana della Famiglia
Paliano, Domenica 16 settembre 2018, XXIV del Tempo Ordinario (B)
Carissimi fratelli e sorelle,
la Festa diocesana della famiglia è sicuramente una delle più belle iniziative che ho incontrato in questa Chiesa di Palestrina.
Sono pertanto molto contento di mettermi con voi, in questa Eucaristia, alla scuola del Vangelo per comprendere quanto sia grande il dono della famiglia formata da un uomo e una donna aperti alla vita e uniti indissolubilmente nel vincolo sacro del matrimonio! Un dono per il quale stamattina desideriamo in questa Eucaristia rendere grazie con Cristo al Padre nello Spirito Santo, per il quale “Cantiamo al Signore un canto nuovo” e dopo aver accolto il Vangelo, la buona notizia dell’Amore di Dio che in Gesù si fa a noi accessibilissimo, desideriamo insieme impegnarci a rispondere santificandoci – nello spirito indicatoci da Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica sulla santità Gaudete et esultate – nelle piccole cose, quelle della vita di ogni giorno che ogni famiglia è chiamata a vivere.
Nel Vangelo di stamane Gesù interroga i suoi discepoli. Egli chiede: “la gente, chi dice che io sia?”.
È una domanda che mi piacerebbe sentiste rivolta a voi famiglie qui presenti e anche a tutti noi che apparteniamo ad una famiglia.
I discepoli riferiscono risposte scontate, anche belle – se volete – ma parziali: dicono che Gesù è un profeta come Elia, una creatura di luce e di fuoco … o come il Battista che parla a nome di Dio ai poveri che vanno ad incontrarlo nel deserto …
Risposte belle – dicevo – ma ancora parziali. E allora Gesù va più in profondità: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Ossia cosa dite di me partendo dalla vostra esperienza di vita?
Dicevo che vorrei tanto che ogni famiglia si ponesse questa domanda: “Voi, noi famiglia che vive nella Diocesi di Palestrina, marito, moglie, padre, madre, figli … chi dite che sia Gesù? Chi è Lui per voi?”.
Siete cresciuti in un clima culturale cristiano. È vero che oggi è molto cambiato ma le vostre tradizioni vi hanno condotto a sposarvi in chiesa, a far battezzare i vostri figli, a fargli fare il catechismo almeno per la Comunione e la Cresima … se vi chiedo se siete cristiani – soprattutto voi che siete qui stamattina – mi rispondete sicuramente di sì … eppure ho la sensazione che tanti rispondano più per sentito dire che per convinzione, più per sentito dire che per esperienza personale.
Gesù, come ai discepoli che danno risposte teoricamente perfette, dottrinalmente corrette, chiede di andare oltre al sentito dire e chiede loro come chiede a voi oggi: ma voi, voi che da anni più o meno lunghi vivete il matrimonio in questo contesto culturale dove la famiglia pare essere più un problema che una risorsa, dove si ha paura di compromettersi nell’amore per sempre preferendo la convivenza al matrimonio, dove si vogliono confondere le unioni civili tra persone dello stesso sesso con la famiglia, voi: oggi, chi dite che io sia?
Come ai discepoli anche a voi famiglie che questa mattina siete qui Gesù chiede una risposta personale, esperienziale, piuttosto che una formulazione astratta.
In altre parole vi chiede cosa vi è successo quando Mi avete incontrato? Quando avete compreso che il vostro fare famiglia non era una vostra intenzione ma una risposta di amore al mio Amore per voi, risposta ad un progetto, ad una chiamata che da sempre e per sempre ho pensato per voi?
Gesù, vedete, insegnava ponendo domande. E così vorrei che anche oggi voi coglieste il suo insegnamento da questa domanda: “Ma per voi: chi sono Io?”.
Pietro risponde: “Tu sei il Cristo!”.
Ha risposto bene ma qui il dialogo viene bloccato da Gesù che “Ordinò loro di non parlare di Lui ad alcuno” e questo perché i discepoli di Gesù non avevano ancora sentito, visto, toccato ciò che è decisivo per conoscere Cristo, per fare esperienza di Lui. Gesù “cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere”.
Gesù disse ai suoi discepoli e a voi famiglie dice oggi: “volete veramente sapere qualcosa su di me e su di voi?” ben sapendo che come ci insegna Gaudium et spes solo Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo e gli rende nota la sua altissima dignità e vocazione … Ebbene, volete veramente sapere qualcosa su di me e su di voi? E allora vi do alcuni appuntamenti: il venerdì santo. Sulla croce voi saprete chi io sono. Il giovedì precedente, durante la lavanda dei piedi il massimo del servizio mentre Giuda mi tradisce. E ancora la mattina di Pasqua quando tutti voi sarete avvolti nel mistero della risurrezione, in quell’amore eterno che spezza per sempre le catene della morte e del peccato.
Lì saprete chi Io sono, lì – dato che noi veniamo dopo i discepoli contemporanei di Gesù – possiamo capire chi è Gesù. È Colui che ci ama anche quando come Giuda lo tradiamo, anche quando come i discepoli lo abbandoniamo. È Colui che accetta di morire per amore anche se lo feriamo, anche se lo tradiamo come Pietro davanti ad una serva e Lui continua a guardarci con occhi di amore e perdono. Gesù è Colui dalla cui ferita aperta sul costato lascia che sgorghino sangue e acqua, amore e innocenza piuttosto che rabbia o rancore.
Ma questi atteggiamenti non sono quelli che salvano la famiglia, che la rendono bella? Se la santità è quella delle piccole cose, non sono proprio queste le piccole ma grandi cose che salvano la famiglia perché esse rendono presente realmente Cristo in essa?
In Gaudete et exsultate il Papa ci dice che il contrario della santità è la vita mediocre, quando voliamo basso, quando anziché accettare la logica delle Beatitudini accettiamo le logiche umane per cui nella vita di tutti i giorni partecipiamo agli scontri di violenza verbale dentro e fuori da internet e dagli altri mezzi di comunicazione sociale, tolleriamo la diffamazione e la calunnia, proclamiamo i grandi principii della difesa della vita e della bioetica ma poi non accettiamo lo straniero, il povero, l’anziano o il malato di casa nostra … pensiamo di salvarci da soli isolandoci dagli altri componenti della nostra famiglia o isolandoci come famiglie dal resto della società … ma in questo modo ci precludiamo quelle piccole cose, quei piccoli gesti di amore che rendono bella la famiglia, la rendono casa accogliente, luogo in cui anche tra le sofferenze Cristo si fa presente, si fa incontrare, si fa riconoscere!
Il Papa dice che per una famiglia santità è per i genitori “crescere con tanto amore i loro figli, lavorare per portare il pane a casa, continuare a sorridere anche nella malattia o nell’età anziana portata con i suoi acciacchi con pazienza …”.
E così possiamo sperimentare la presenza di Gesù che fa risplendere la nostra vita ma al contempo rovina la nostra mediocrità, il nostro desiderio di volare basso di vivere in quelle false paci che crediamo di raggiungere quando pensiamo quello che pensano tutti rovinando anche le cose più belle – come la famiglia – perché non pensiamo più secondo Dio e non riusciamo più ad incontrarLo.
Carissimi amici, per reggere come famiglie abbiamo bisogno di incontrare Cristo e per incontrarlo abbiamo bisogno che con il Suo amore che si è manifestato nel Mistero della Pasqua permettiamo a Lui di farsi incontrare da ciascuno di noi rendendoci capaci di vivere la fede – come ci ha ricordato Giacomo nella seconda lettura – non a parole ma con le opere. Questa è la santità, questo è il vivere con Dio e quindi con una rinnovata capacità di amare mia moglie o mio marito, con un amore che non tollera mezze misure ma che nella sincerità, nell’apertura all’altro, con coraggio, dà tutto se stesso così che l’uomo, amando, rende più donna la moglie. E la donna, amando, rende più uomo il marito. Così che crescendo vicendevolmente diventano sempre più una sola carne, diventano “uno” quell’“uno” che è la concretissima immagine di Dio che in Gesù ci viene incontro.
Carissimi amici. Forse ora possiamo rispondere meglio alla domanda di Gesù di oggi. Chi sono Io per voi? Tu sei il Cristo! E lo dico perché ho sperimentato il Tuo amore crocifisso e risorto per me e con quell’Amore ricevuto nel sacramento del Matrimonio, con quell’Amore che mi sono scambiato nel giorno del matrimonio con mia moglie, con mio marito, che abbiamo conservato con anche tante fatiche ma abbiamo anche trasmesso ai nostri figli e nipoti, noi sappiamo di aver vissuto la santità delle piccole cose ed ora gioiamo perché lì, nella nostra vocazione, nell’incontro reale con Te che ci hai chiamato e hai continuato ad amarci e a sostenerci nell’amore vicendevole anche quando non è stato facile, noi ti abbiamo incontrato e conosciuto per nome. Quel Nome in cui crediamo e che con i fatti desideriamo testimoniare a tutti ancora per molto tempo e nonostante la famiglia cristiana sembri essere dileggiata, mentre rinnoviamo ora la professione di fede e le promesse del nostro matrimonio. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Amministratore Apostolico
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