Palestrina, Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Venerdì 25 dicembre 2020
Carissimi fratelli e sorelle, Buon Natale!
Se la festa esteriore del Natale quest’anno pare meno luminosa, gioiosa – ed effettivamente viviamo questo Natale in condizioni inusuali … – tuttavia il Natale del Signore che oggi celebriamo deve ugualmente riempirci di gioia e di speranza.
In questo mondo fragile, tenebroso – e non soltanto per la pandemia o le restrizioni a cui siamo soggetti in questi giorni di festa, ma per i tanti virus che ancora circolano tra di noi quali l’egoismo, le molteplici e degradanti forme di peccato e di ingiustizia, la povertà sempre più crescente per tanti e la ricchezza concentrata in sempre meno mani potenti, la corruzione che approfitta anche di queste situazioni di fragilità mondiale … – la solennità del Natale ci dice, ancora una volta, che Dio non abbandona il suo popolo. Anzi, proprio perché lo vede fragile, viene in suo soccorso per sempre!
Nella prima lettura tramite il Profeta Isaia, Dio, rivolgendosi al popolo eletto che aveva abitato in Egitto come straniero ma poi, uscito dalla schiavitù egiziana aveva incontrato il popolo assiro che, senza motivo, lo aveva oppresso, deportato senza motivi, e in tutti quei giorni aveva disprezzato il nome di Dio che aveva tratto fuori dalla schiavitù il suo popolo: Israele, dice: “Eccomi”! Intervengo a tuo favore. Sappi – lo dice al popolo eletto ma attraverso il mistero del Natale lo dice anche a noi oggi – sappi che “Regna il tuo Dio” e se regna non devi avere paura. Io sono con te!
Dio per salvare il suo popolo oppresso – abbiamo sempre ascoltato nella prima lettura – ha snudato il suo braccio santo!
E ciò non fa tanto riferimento alla potenza e alla forza del braccio di Dio.
Ma alla sua serietà, alla sua fedeltà.
Quel Dio che ci ha creati e anche dopo il peccato ci vuole salvi, si dà da fare per noi proprio come per il suo popolo – si perché noi siamo il suo nuovo popolo –, si tira su le maniche, diremmo oggi, per liberarci – come liberò il popolo eletto dall’umiliazione e dall’afflizione durante la deportazione assira –, con grande energia per debellare e vincere il peccato, l’odio, l’inimicizia, l’oppressione che sono radicati nel cuore dell’uomo e purtroppo hanno intaccato e intaccano le sue radici.
Ebbene, Dio, non ha paura di scendere negli inferi, là dove il male dimora, per vincerlo e trascinarlo nel mistero della salvezza.
Dio Regna, Dio non è vinto dalle tenebre del mondo e del peccato. Lui è luce e vita!
Il Vangelo ce lo ripete.
È il Vangelo di Giovanni dove i fatti non sono descritti come negli altri Vangeli e quindi non troviamo il racconto della nascita di Gesù come nel Vangelo di Luca che è stato proclamato ieri sera alla Messa della Notte o stamane alla Messa dell’Aurora. L’evangelista Giovanni non ci descrive la nascita di Gesù che pure festeggiamo o l’adorazione dei pastori, con i quali anche noi andiamo davanti a Gesù, Giuseppe e Maria a Betlemme per adorare Colui che è nato per noi, ma ce ne dà il significato.
E il significato è questo:
il Verbo, ossia Dio, creatore dell’universo, la cui parola fu prima di tutte le cose – ricordate l’inizio della Genesi? “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1) ossia non ci furono prima il cielo e la terra ma in principio ci fu Dio. Quel Dio che fin dall’inizio non fu silenzio, assenza, lontananza dall’uomo … ma “Verbo” ossia Parola, relazione tra Padre e Figlio, intimità di amore …, vedendo il mondo allontanarsi da Lui, “si fece carne” ossia, venne ad abitare in mezzo a noi. E si fece carne, cioè assunse e condivise con l’uomo tutto ciò che dice fragilità, caducità umana, e così divenendo uomo segnato dalla sua nudità – ecco perché l’evangelista Luca, ad esempio, ci descrive Gesù nato nella povertà, deposto nella mangiatoia, avvolto in fasce … – nato nudo come ciascuno di noi, piangendo come ha pianto ciascuno di noi appena venuto al mondo, si fece carne per assumere tutto di noi compresa la sofferenza, la solitudine, la morte e anche il peccato non perché Gesù ha peccato ma perché ha amato e ama l’uomo così come è. E si fece carne per riportare l’uomo a Dio, per riaprire la strada dell’uomo verso il Cielo da cui viene, per rispondere a quella nostalgia di Dio, di incontrare Dio Padre, che l’uomo consapevolmente o inconsapevolmente porta da sempre in sé.
E così, per quanti lo vorranno accogliere, Dio tramite il Figlio venuto nella carne nella nostra storia ha dato, dà e darà fino alla fine dei tempi, la possibilità di divenire figli di Dio con Lui.
Il Vangelo di stamattina si chiude così: “Dio, nessuno lo ha mai visto; il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Qualche commentatore traduce questa espressione “lo ha rivelato” in questo modo: “ha aperto la strada” dando al Verbo di Dio la funzione di guida. La Parola, dunque, che era venuta da Dio per cercare Adamo e in lui tutti noi peccatori come lui, non ritorna a mani vuote. Grazie a Gesù che si è fatto uomo per noi, che celebriamo Bambino nato per noi e che soffrirà, morirà come ciascuno di noi, ma che risorgerà vincendo per tutti coloro che crederanno in Lui peccato e morte, ci viene riaperta la strada per tornare a Dio, per incontrare – se lo vorremo – il volto divino!
Per questo basterà osservare due condizioni: accogliere nel nostro cuore la Parola di Dio, lasciarci amare da Lui che ci ama incondizionatamente purché gli diciamo: ho bisogno del tuo amore per trovare senso al mio vivere, al mio soffrire, al mio morire.
Ma che anche non disprezziamo e giudichiamo nessun nostro fratello in umanità poiché se il Verbo si è fatto carne per tutti, noi non possiamo parlar male, maltrattare, denigrare … nessuno. Anzi, siamo chiamati oggi più che mai ad aiutarlo, a farci suoi prossimi, a proporgli con fatti e parole, “tirandoci su le maniche” dandoci da fare, quel Dio-amore che ci vuole tutti salvi, tutti in quella relazione amorosa che c’è tra il Padre e il Figlio.
Cari amici, questa è la grazia del Natale! Dio si dice a noi. Ma il suo “dirsi” è un “darsi” per noi. Accogliamolo e con Lui anche noi diamoci per tutti affinché tutti possano accogliere la vita e la luce che è il Figlio di Dio nato per noi a Betlemme di Giudea e tutta la terra possa vedere oggi e sempre la salvezza del nostro Dio.
Sì, anche oggi, in questi giorni strani, tutta la terra possa vedere che Dio non ci abbandona ma ci dona sempre e solo la Sua compagnia, la Sua salvezza! A noi accoglierla oppure no. Il mio augurio è che la accogliamo tutti, sempre e per sempre! Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina