DOMENICA DELLE PALME, L'AMORE DI CRISTO CHE VINCE LA PAURA
Domenica delle palme, Domenica della Passione di Gesù. Che cosa successe quel giorno a Gerusalemme? Mentre il Signore, cavalcando un umile asinello, vi faceva ingresso, “la gran folla venuta che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele” (Gv 12, 12-13). Una folla festante che riconosceva apertamente in quel profeta di Nazaret “colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele”, ovvero il Messia. Ebbene, proprio l’ingresso di Gesù a Gerusalemme è come un’ammonizione dettagliata a ciò che sarebbe accaduto dopo. Il Messia si sarebbe rivelato al Popolo, ma in un modo sorprendente, al punto di non essere più accettato come tale, e rifiutato, e condannato alla morte più umiliante, quella riservata ai delinquenti più efferati. Che cosa era successo? Come è stato possibile che, dall’acclamazione, si fosse passati alla crocifissione? Per la delusione. Quel profeta galileo, che tanti segni e prodigi aveva compiuto, non era quello che si aspettavano. Proviamo a immaginare l’attesa messianica di quel tempo. Non è difficile, è la stessa di oggi. Come quel giorno di duemila anni fa anche noi siamo ostaggio della paura, e un senso di sfinimento che sembra proprio di non farcela più.
Risuonano qui le parole di Gesù che, commuovendosi nel vedere le folle, diceva “pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”; vedeva, infatti, le folle vagare “stanche e oppresse come pecore senza pastore”; e dentro quelle folle c’è sicuramente qualcuno che ami e che conosci, forse tua madre, tua figlia, tuo fratello e tua cugina, il tuo collega e il 90 per cento dei compagni di scuola di tuo figlio che soffrono sotto le macerie della loro famiglia disgregata. Probabilmente ci sei anche tu, “stanco e sfinito”, per quello che stiamo vivendo e che non riusciamo a controllare più nulla, per un peccato che ti porti dentro, per una malattia che non accetti, perché ti hanno licenziato ingiustamente, o ti è appena arrivata l’ingiunzione di sfratto. Non ce la fai più , vero?, e aspetti il Messia che ponga fine a questa situazione. Ma col tempo, con le delusioni perché qui sembra non cambiare nulla, l’attesa si è trasformata vestendo i panni della sfiducia e del cinismo, perché a forza di pregare e aspettare ci facciamo vecchi davanti alla finestra… E così, a poco a poco, ti ritrovi ad aspettare non il Servo che ti lava i piedi e prende su di sé i tuoi peccati, ma il giustiziere capace di ribaltare le tue sorti ostaggio dell’ingiustizia.
E con questi sentimenti, con la stanchezza di chi non ha più un pastore da seguire, ti stai preparando per accorrere anche tu a Gerusalemme, alle liturgie della settimana santa in parrocchia. Agiterai le palme in processione, reciterai il Credo perché credi che sì, è Gesù il tuo Re, e canterai Osanna a Colui che viene nel Nome del Signore. Che viene a farti giustizia. Ti commuoverai ascoltando il racconto della Passione, riuscirai anche a capire che per qualche tuo peccato ha dovuto patire così, ma per quello grosso di qualche anno fa eh, quando ti sei preso una sbandata per quella collega.
Adesso forse è più facile comprendere come a Gerusalemme fosse stato possibile quel cambio così repentino nei confronti di Gesù. Non inganniamoci, il cuore non era cambiato, per nulla. Magari si fosse convertito… Ma la folla aspettava un Re vero, a capo di un forte esercito ben armato, che spazzasse via i Romani e ristabilisse il Regno di Israele; e quando si è accorta che quel profeta che faceva miracoli e risuscitava i morti non era entrato a Gerusalemme per iniziare nessuna guerra; quando hanno guardato bene l’asinello che cavalcava, beh, addio profezie sul Messia umile, non era di quello che avevano bisogno. Se poi entra nel Tempio e comincia a rovesciare tutto, beh allora significava che se l’era venuta a cercare. Era un impostore, altro che. Un falso profeta che, con dodici poveracci al seguito, si dichiarava addirittura Figlio di Dio, e non muoveva un dito per difendere Dio e riscattare i suoi eletti. Un bluff in piena regola, che è esattamente quello che anche noi pensiamo di Gesù. No, no di quel Gesù che ci siamo costruiti con la fantasia e che da decenni acclamiamo in questi giorni santi. Di quello pensiamo bene, solo che non esiste.
Mentre è vivo, perché è risorto, il Gesù crocifisso, che è salito a Gerusalemme proprio per farsi trafiggere e portare in Cielo le piaghe del peccato e trasfigurarle nella luce della misericordia. E’ vivo il Gesù che, sino a un istante fa, abbiamo condotto al macello, Lui, l’Agnello muto di fronte ai suoi tosatori. E’ vivo Gesù che, come Pilato, hai condannato infischiandotene della Verità, perché tu avevi già capito tutto, come si deve fare in casa, al lavoro, nel condominio. E’ vivo Gesù che hai schernito beffardamente come Erode, illuso che il tuo io fosse dio e bastasse adorarlo per sentirsi come un re. E’ vivo Gesù che hai coperto di sputi e insulti mentre giudicavi tuo marito.
E’ vivo Gesù che hai flagellato con le calunnie ai danni del collega, o le chiacchiere pettegole che ti sfuggivano così, semplicemente, davanti a un cornetto e cappuccino, o al telefono con la tua amica. Una constatazione dei fatti, niente più, vero? Ognuna come un colpo di flagello sul corpo di Gesù che custodiva la dignità del fratello scorticato dalle tue chiacchiere insulse. E’ vivo Gesù che hai coronato con le spine delle tue ipocrisie; pregavi e mentivi; ti battevi il petto e fornicavi nel cuore; predicavi, e desideravi di saziare la carne; educavi cristianamente, ed erano moralismi come spine che conficcavi nella vita dei tuoi figli; facevi elemosina, ma era il superfluo del superfluo, e nel cuore sbavavi per quel televisore al plasma. E’ vivo Gesù che hai schiacciato sotto il peso delle tue mormorazioni. E’ vivo Gesù che hai crocifisso con i tuoi peccati, uno dopo l’altro, un milione, un miliardo, frecce da scoccare per amare tristemente ciccate e cadute ai piedi della tua superbia. E’ vivo Gesù che ha bevuto l’aceto della tua stolta idolatria, sembrava successo, era solo amaro fallimento.
E’ vivo Gesù che disteso le sue braccia per abbracciarti nella misericordia che non conosce condizioni. E’ vivo Gesù che hai avvolto nella tua incredulità, e sepolto negli inferi della tua disperazione. E’ vivo Gesù che hai chiuso nel buio della meschinità dietro la pietra della tua superficialità. E’ vivo Gesù che non ha resistito al tuo male, al male di tutti, dei tagliagole e dei lavacervelli, di tua suocera e dell’assessore che ha rubato i soldi destinati alle tue cure. E’ vivo Gesù che ha assunto l’ingiustizia per fare giustizia di ogni peccato, grembo avvelenato del male che ferisce il mondo. E’ vivo Gesù che ha amato senza condizioni, rovesciando ogni criterio, ogni giudizio. E’ vivo Gesù che regna sulla Croce gloriosa e non nei palazzi del potere. Sulla tua e sulla mia, dove ti attira in questa Domenica delle palme, di Passione e martirio.
Coraggio allora, riconosciamo d’essere peccatori veri, come e più di ogni altro; apriamo gli occhi e accettiamo di essere gli ultimi, i più indegni. Allora ci sentiremo abbracciare e issare sul Legno del martirio, per agitare, con la “moltitudine immensa che è passata attraverso la grande tribolazione e ha lavato le vesti e le ha rese candide nel sangue dell’Agnello”, le palme del nostro martirio unito a quello di Cristo, il Pastore umile delle nostre anime. Per questo siamo stati scelti e chiamati dal mondo: per testimoniare con la nostra vita la vita di Cristo risorto in noi, l’amore più forte della morte, la misericordia che dissolve il male che è alle porte di casa. Domenica delle Palme significa proprio questo, Domenica del martirio che salva il mondo; Domenica di Cristo e dei cristiani, la tua e la mia Domenica, che apre le porte del Mistero Pasquale a chiunque ci è vicino e brancola nel buio dei peccati e della menzogna.
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