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giovedì 15 aprile 2021

 

Don Fabio Rosini: “Di te non si butta via niente, per Cristo sei roba buona!”

Don Fabio Rosini, Dieci Parole

Che cos’è la vita spirituale?

Ma che bella parola che la Provvidenza ha preparato per noi, è quella del giorno, non l’abbiamo scelta! Dopo aver sentito parlare una monaca, di quelle vere, mi permetto di aggiungere una sola cosa; dunque che cos’è la vita spirituale? Questo della vita spirituale è assolutamente fondamentale, cioè come si fa a non prendersi cura della vita spirituale? Tutti dovrebbero essere aiutati in questa sfida qui che voi state abbracciando e noi sacerdoti dovremmo essere maestri di vita spirituale molto più che manager o cose varie che a volte finiamo per essere, o gente piuttosto frettolosa o impicciata che noi sappiamo essere.

La vita spirituale non ha regole ma ritmi

Ecco, ma che cos’è la vita spirituale? La vita spirituale è il contatto del tuo spirito con lo Spirito Santo, ovvero è una cosa molto importante. Noi siamo fatti – secondo San Paolo e secondo i padri della Chiesa – di tre zone, cioè noi abbiamo tre parti di noi, fondamentalmente: abbiamo il corpo e tutta la sua sensibilità che è l’interfaccia con il mondo, poi abbiamo una psiche, che è una seconda fascia che è la fascia della consapevolezza, lì ci sta l’intelletto, i pensieri, i sentimenti; sta tutto lì nell’intelletto! Per come siamo stati formati – o meglio – per come il mondo pensa che siamo stati formati, ci dovremmo fermare alla psiche, invece no. C’è un’altra parte, c’è la parte più profonda, questa parte si chiama spirito. Ed è interessante che i padri della Chiesa si chiesero se questo spirito che abbiamo dentro – che è la parte più profonda con la quale non si entra in contatto sempre, perché bisogna saperla accogliere, è molto profonda – sia con la “s” minuscola o con la “s” maiuscola? E la risposta è: tutte e due. Sei tu, ma è lo Spirito che abita in te. Insomma, per capire la vita spirituale bisogna stare attenti a un rischio – visto che ho l’occasione di darvi qualche consiglio, vi do un consiglio – la vita spirituale non ha regole, ma ha ritmi, che è diverso. Le regole in genere finiscono di diventare degli ideali frustranti, finiscono per essere delle ipotesi. Costanza – nel suo libro – dà ampiamente testimonianza di tutte le sue esperienze fallimentari. La cura della vita interiore richiede di stabilire dei ritmi, non delle cose che ti strizzano. Con dei ritmi, tu sai che hai una scadenza. Quando qualcuno mi dice che sta facendo i vespri e sono le due di notte, forse ha un ritmo sbagliato. Insomma si può anche fare che i vespri li dici molto tardi, ma il problema è questo: che tu stai dentro ad una cosa e alla fine – come il mio medicinale per la prostata – alla fine lo devo prendere! Ad un certo momento, lo dovrò prendere! Questo è il punto, se mi sono dimenticato il medicinale per la prostata è un problema, ecco! Questo è importante perché altrimenti entriamo in una frustrazione.

La parte più profonda di noi? lo spirito!

Qui la prima lettura diceva una cosa spaventosa: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito”. […](Eb 4,12) Ci ha beccato! L’anima noi pensiamo che sia la cosa più profonda, invece no! Perché qui l’anima è più genericamente l’animo umano, qui come lo intende la lettera agli Ebrei. E lo spirito è quella parte profonda che sta là dentro e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. “Penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla” […] (Eb 4,12 ) Che cosa sono le giunture e le midolla? Le giunture sono quella parte dell’articolazione che è il punto in cui due ossa giungono, si uniscono, quella parte che resta nascosta dell’articolazione, quella che non viene mai allo scoperto. Perché se viene allo scoperto, si è rotta. Mentre le midolla – il midollo è la parte interna dell’osso, dove ci sta la vita dell’osso, quindi la parte nascosta – sono una cosa nascosta. Ecco, la parola di Dio arriva e va a toccare quello che è recondito.

Non sei i tuoi pensieri, non sei la tua struttura psicologica!

Perché sto facendo tutta questa ramanzina? Perché – sei mi posso permettere di darvi un consiglio – vi invito a stare attenti a una delle cose molto importanti da fare. Nella vita spirituale, infatti, è importante distinguere dentro di sé due livelli:l’ “Io” e l’ “Ego”. L’Ego è una struttura interna che è il frutto di tutti i casini che abbiamo vissuto, è la nostra struttura psicologica, è la nostra consapevolezza di noi stessi. E la notizia è questa: tu non sei quella roba lì! Quella è una struttura; c’è un “Io” più profondo. Non ti confondere con le tue metereopatie, non ti confondere con la tua educazione e le tue tecniche di sopravvivenza, non ti confondere con la tua struttura psicologica. Dice un mio amico psicoterapeuta – una cosa che spiritualmente parlando è ancora più vera – che la salute mentale è la disintonia da se stessi.Non assolutizzare quello che pensi, chi assolutizza quello che pensa si chiama superbo. Chi assolutizza quello che gli va, si chiama goloso. Chi assolutizza la propria percezione della relazione con gli altri, si chiama invidioso e potrei continuare. C’è un “Io” più profondo. Ho avuto la ventura e la grazia di conoscere e avere intorno in parrocchia, Chiara Corbella Petrillo e lei diceva una cosa: ”Dio ti dice la verità nel fondo nel cuore e tu non ti puoi sbagliare”. Ecco, dove te la dice la verità? Nel profondo, nello spirito. Allora c’è un posto dove noi ci percepiamo e andiamo sempre per uno – a Roma si dice così- come quando a tombola ti manca un numero e tu stai lì che non fai mai tombola e vai per uno e ti manca sempre un pezzo. Ecco, andiamo sempre per uno! Siamo sempre un po’ insoddisfatti di noi stessi, ci sentiamo una schifezza, abbiamo sempre da ridire, siamo sempre un po’ brontoloni, tristanzuoli o cose di questo genere e ci perdiamo. Ma io non sono quello. Tu non sei quello. C’è qualcosa di più profondo. Un monaco, “monos”, è diventato uno, è una persona che ha iniziato a liberarsi di se stesso, liberarsi di quella struttura psicologica, per venire a contatto con che? Vediamo di ascoltarla, perché questo è il luogo dove proclamarla. Quando entri nella liturgia eucaristica, sei tu fino in fondo… E cosa sei? Prima di rispondere, guardate una cosa: guardate come è fatta questa basilica, questa cattedrale. Prima era fatta in un’altra maniera, poi è stata rifatta in un altro momento, hanno preso l’abside e l’hanno spostato, cosi da poter ospitare il “Monastero WI – FI”.

Ci spetta stare con i santi

Laggiù c’è il volto bello e sereno di Gesù. In tutte le chiese medievali – quelle vere – ci stava il Pantocrator, che non è una cosa per disegnare, ma è colui che ha tutto il potere. A Gesù è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Poi c’è una scena in cui sta Maria, Giovanni il Battista, i santi, – più piccoli e più grandi – ci sono scene che parlano della vita Eterna. Nel primo millennio, mai in nessuna chiesa si metteva la croce in fondo, iniziarono i francescani a mettere la croce sospesa in mezzo all’aria sopra l’altare, indicando che il passaggio era quello. Ma in fondo, perché sarebbe questa la struttura essenziale della chiesa? Sapete che, per esempio, qui ci sono dodici porte per entrare nella Gerusalemme Celeste. Quando entri qua dentro sei nella Gerusalemme Celeste, quando entri in una messa sei in una Gerusalemme Celeste. Sapete che succede? Che è come se questo altare – che è il luogo del sacrificio – rappresenti il punto di passaggio di una stessa realtà: noi siamo il Corpo di Cristo! Un pezzo qua, un pezzo là. E quando siamo nella liturgia, noi diciamo che cantiamo insieme agli angeli e ai santi; il santo lo cantiamo tutti insieme, ci sta San Francesco, ci sta anche padre Pio, ci sta pure San Benedetto, San Pietro, San Paolo, stanno tutti insieme, stiamo tutti insieme perché quello è il posto nostro. Mi spetta di stare con i santi, perché ci spetta di stare con chi è salvato. Perché quando stai nella liturgia eucaristica, stai con chi ha la vita e ti spetta di avere la vita. E vi spetta a voi di essere dei cristiani che hanno la vita, per dono, per grazia, non perché sei forte, anzi è questo il Vangelo di oggi. Gesù mangiava con i peccatori. Ho detto miliardi di volte questa battuta e la dico anche a San Giovanni in Laterano. “Perché Gesù mangiava con i peccatori? Perché con i peccatori si mangia meglio!” Il punto è che quando io sto nella liturgia, io sto in quel pezzo di cielo che è qui sulla terra. A me mi spetta di essere un corpo solo con Gesù Cristo e infatti me lo mangio. Lui viene da me: io sono suo e Lui è mio. E celebro una sponsalità meravigliosa; lo stesso corpo io e lui e qui ci sta qualcosa che sta in quello spirito. Nel tuo spirito c’è un’intuizione di te stesso/a molto bella, nobile. La verità è che in te c’è una bellezza unica e che proprio a te spetta di essere una cosa con Gesù Cristo. La verità è che tutto quello che fai: i disastri, i macelli, i ritardi, le cose che si rompono, non valgono niente. Tu sei una perla preziosa.

Se Dio ti ha chiamato alla vita è perché senza di te non si può fare

Non mi potrò mai dimenticare che quando ero un giovane prete, un ragazzo – un mio collaboratore – spiegò in maniera diversa la liturgia da come la pensavo io. Spiegò la parabola della perla preziosa. “il Regno dei cieli è come un mercante di perle (un argomento che alle donne potrebbe interessare) che, trovata una perla di grande valore, va e vende tutti i suoi averi per comprare quella perla”. Allora io l’ho sempre interpretato cosi: “Certo, se trovo Gesù Cristo, mollo tutto per lui”. Lui disse “No! Veramente la perla sei tu e Gesù Cristo è il mercante. Lui ha dato tutto se stesso per comprarti, tu vali molto! Tu sei la perla di Gesù Cristo”. Dillo anche tu al tuo cuore, perché il tuo cuore questo sa, nel profondo dell’anima di ogni bambino, di ogni uomo, di ogni anziano. Questa cosa, di solito, la facciamo diventare un macello, una contraddizione di noi stessi, non ci piacciamo, la facciamo diventare superbia, depressione. Ma questa cosa te la sa dire bene solo Gesù Cristo. Questa te la sa mettere nel cuore solo lo Spirito Santo. Questa è l’intuizione del padre. Che ti guarda e dice esattamente a te come l’hai detto a suo figlio Gesù Cristo, quello che abbiamo sentito domenica scorsa: “Tu sei mio figlio, in te io provo gioia”. Sennò non ti avrebbe creato, non si è sbagliato! Ti puoi sbagliare tu, ma lui non si sbaglia. Se ti ha chiamato alla vita è perché senza di te non si può fare.


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