Maria, mentre piangeva, si chinò e guardò nel sepolcro. Eppure aveva già visto che era vuoto, e aveva annunciato la scomparsa del Signore. Perché allora si china ancora? Perché ancora desidera vedere? Perché l’amore non si accontenta di un solo sguardo; l’amore è una ricerca sempre più ardente. L’ha già cercato, ma invano; si ostina e finisce col ritrovarlo... Nel Cantico dei cantici, la Chiesa diceva dello Sposo: “Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città; per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amato del mio cuore” (Ct 3,12). Due volte esprime la sua delusione: “L’ho cercato, ma non l’ho trovato”. Infine il successo corona i suoi sforzi: “Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda: Avete visto l’amato del mio cuore. Da poco le avevo oltrapassate, quando trovai l’amato del mio cuore” (Ct 3,3-4).
Quanto a noi, quando, sul nostro letto, cerchiamo l’Amato? Durante i brevi riposi di questa vita, quando sospiriamo in assenza del nostro Redentore. Di notte lo cerchiamo, perché anche se il nostro spirito veglia già su di lui, i nostri occhi non vedono null’altro che la sua ombra. Ma poiché non troviamo l’Amato, alziamoci, facciamo il giro della città, cioè della santa assemblea degli eletti. Cerchiamolo con tutto il nostro cuore; guardiamo per le strade e per le piazze, cioè nei passaggi ripidi della vita o nelle sue vie spaziose; apriamo gli occhi, cerchiamo i passi dell’Amato del nostro cuore... Questo desiderio faceva dire a Davide: “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Senza sosta, cercate il suo volto” (Sal 42,3).
Dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trafugato. Accadde perciò che potè vederlo lei sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10,22)...
I santi desideri infatti crescono col protrarsi dell’attesa. Se invece nell’attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri. Ha provato questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità. Così Davide che dice: “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 41,3). E la Chiesa dice ancora nel Cantico dei cantici: “Io sono malata d’amore” (Ct 5,8). E di nuovo dice: “l’anima mia è venuta meno” (Ct 2,5). “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui.
“Gesù le disse: Maria!” (Gv 20,16). Dopo averla chiamata con l’appellativo generico del genere, senza essere riconosciuto, la chiama per nome; come se volesse dire: “Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale.” Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito grida: “Rabbunì”, cioè “Maestro”: era lui che ella cercava all’esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca.
S. Gregorio Magno
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