Nel silenzio totale della stampa nostrana, un nuovo attacco alla famiglia è in corso: questa volta il teatro è la Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo e nel mirino c’è la legislazione italiana. Si tratta di due casi destinati a fare storia: Oliari e altri contro Italia e Orlandi e altri contro Italia. Nel primo caso tre coppie omosessuali denunciano la legislazione italiana come discriminatoria, dal momento che essa non garantirebbe loro alcun tipo di riconoscimento. Nel secondo caso, invece, 6 coppie omosessuali già “sposate” all’estero, ricorrono alla Corte denunciando le autorità italiane che si rifiutano di riconoscere questa loro unione.
Anche se siamo solo agli inizi della procedura, una prima vittoria questi due casi l’hanno già avuta. La Corte europea dei diritti dell’uomo (che nulla ha a che vedere con l’Unione Europea) è il primo tribunale internazionale dedito interamente alla difesa dei diritti umani. Si tratta dell’organo che ha avuto più successo nella storia dell’integrazione europea: non a caso ad essa si rivolgono ogni anno decine di migliaia di persone nelle situazioni più varie, disparate e... Disperate. Si tratta di pericoli di vita o di morte, di ingiustizie subite in varie parti del mondo e non mancano anche numerosissimi casi italiani dovuti al nostro logorato sistema giudiziario. La Corte non può trattare tutti questi casi e allora è costretta a fare una cernita: il fatto che essa abbia preferito trattare i casi di 9 coppie omosessuali che rivendicano il “diritto” di sposarsi di fronte allo stato italiano, piuttosto che trattare altri casi realmente umanitari la dice lunga sulla deriva ideologica che ha ormai coinvolto anche un’istituzione un tempo rispettabile come la Corte di Strasburgo.
Questa Corte ha il compito di sanzionare i casi di violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in vigore nei 47
stati membri del Consiglio d’Europa. Ebbene, cosa dice questa Convenzione, a proposito del matrimonio? “A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto” (Art. 12). Sì, per la Convenzione europea dei diritti dell’uomo esiste un diritto al matrimonio, ma questo è palesemente contraibile solo tra uomo e donna. Peraltro questa interpretazione (se ce ne fosse stato bisogno) è stata confermata dalla stessa Corte in un simile caso del 2010 (Schalk e Kopf contro Austria), in cui una coppia di uomini denunciava lo Stato austriaco che non permetteva loro di contrarre matrimonio. Non ci sono dubbi, allora: non esiste alcun diritto al matrimonio tra coppie dello stesso sesso.
E allora perché la Corte ha dichiarato ammissibile questo caso? Perché, spinta da furore ideologico, ha ritenuto plausibile la violazione non solo dell’art. 12 (sul diritto al matrimonio) ma anche dell’art. 8 (sul diritto al rispetto della vita privata e familiare), in combinazione con l’articolo 14 (divieto di discriminazione). Non è ancora chiaro quale piega prenderà questo procedimento. Se la Corte non può contraddire se stessa, c’è da temere che essa – usando il passepartout della non-discriminazione – vorrà imporre all’Italia (e di conseguenza a tutta l’Europa) una forma di riconoscimento di tali unioni. Come avvenuto altre volte, con una sentenza, come con una bacchetta magica, i giudici potranno fare ciò che politici e burocrati cercano di fare da anni, dando una spallata definitiva al recinto che protegge ancora la famiglia in Italia.
Dietro questi ricorsi alla più alta corte europea, non ci sono dei poveri perseguitati dalla giustizia, ma ben finanziate associazioni promotrici dei diritti gay. Altrimenti, come mettere assieme 9 coppie omosessuali, provenienti da diverse parti d’Italia? E come organizzarle perché queste attacchino lo Stato italiano a Strasburgo su più fronti, ben studiati e coordinati? No problem. Ci sono avvocati che dedicano la loro carriera a questo, come Francesco Bilotta, che insieme a Maria Elisa D’Amico, rappresenterà le 6 coppie del caso Orlandi contro Italia. Bilotta, tra l’altro, è co-fondatore della “Rete Lenford”, creata per “per rispondere al bisogno di informazione e di diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali nel nostro Paese”.
Il direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia (ECLJ), Gregor Puppinck, ha affermato in un comunicato che “la reale questione in questi casi riguarda la definizione della “famiglia” ed il ruolo dello Stato a suo riguardo: se lo Stato debba riconoscere certe relazioni come “famiglie” sulla base di una domanda sociale, o se esso sia formato da famiglie naturali preesistenti allo Stato stesso”. L’ECLJ interverrà come amicus curiae in favore dello Stato italiano, il quale dovrà convincere la Corte che l’assenza di riconoscimento di unioni tra persone dello stesso sesso non è discriminatoria: al contrario, è l’unione tra l’uomo e la donna a dover essere protetta e sostenuta, per il bene di tutto lo Stato che sulla famiglia si fonda. I lettori della Bussola lo sanno bene... Ma il nuovo governo guidato da Renzi, sarà capace (e desideroso) di difendere la nostra legislazione?
Anche se siamo solo agli inizi della procedura, una prima vittoria questi due casi l’hanno già avuta. La Corte europea dei diritti dell’uomo (che nulla ha a che vedere con l’Unione Europea) è il primo tribunale internazionale dedito interamente alla difesa dei diritti umani. Si tratta dell’organo che ha avuto più successo nella storia dell’integrazione europea: non a caso ad essa si rivolgono ogni anno decine di migliaia di persone nelle situazioni più varie, disparate e... Disperate. Si tratta di pericoli di vita o di morte, di ingiustizie subite in varie parti del mondo e non mancano anche numerosissimi casi italiani dovuti al nostro logorato sistema giudiziario. La Corte non può trattare tutti questi casi e allora è costretta a fare una cernita: il fatto che essa abbia preferito trattare i casi di 9 coppie omosessuali che rivendicano il “diritto” di sposarsi di fronte allo stato italiano, piuttosto che trattare altri casi realmente umanitari la dice lunga sulla deriva ideologica che ha ormai coinvolto anche un’istituzione un tempo rispettabile come la Corte di Strasburgo.
Questa Corte ha il compito di sanzionare i casi di violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in vigore nei 47
stati membri del Consiglio d’Europa. Ebbene, cosa dice questa Convenzione, a proposito del matrimonio? “A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto” (Art. 12). Sì, per la Convenzione europea dei diritti dell’uomo esiste un diritto al matrimonio, ma questo è palesemente contraibile solo tra uomo e donna. Peraltro questa interpretazione (se ce ne fosse stato bisogno) è stata confermata dalla stessa Corte in un simile caso del 2010 (Schalk e Kopf contro Austria), in cui una coppia di uomini denunciava lo Stato austriaco che non permetteva loro di contrarre matrimonio. Non ci sono dubbi, allora: non esiste alcun diritto al matrimonio tra coppie dello stesso sesso.
E allora perché la Corte ha dichiarato ammissibile questo caso? Perché, spinta da furore ideologico, ha ritenuto plausibile la violazione non solo dell’art. 12 (sul diritto al matrimonio) ma anche dell’art. 8 (sul diritto al rispetto della vita privata e familiare), in combinazione con l’articolo 14 (divieto di discriminazione). Non è ancora chiaro quale piega prenderà questo procedimento. Se la Corte non può contraddire se stessa, c’è da temere che essa – usando il passepartout della non-discriminazione – vorrà imporre all’Italia (e di conseguenza a tutta l’Europa) una forma di riconoscimento di tali unioni. Come avvenuto altre volte, con una sentenza, come con una bacchetta magica, i giudici potranno fare ciò che politici e burocrati cercano di fare da anni, dando una spallata definitiva al recinto che protegge ancora la famiglia in Italia.
Dietro questi ricorsi alla più alta corte europea, non ci sono dei poveri perseguitati dalla giustizia, ma ben finanziate associazioni promotrici dei diritti gay. Altrimenti, come mettere assieme 9 coppie omosessuali, provenienti da diverse parti d’Italia? E come organizzarle perché queste attacchino lo Stato italiano a Strasburgo su più fronti, ben studiati e coordinati? No problem. Ci sono avvocati che dedicano la loro carriera a questo, come Francesco Bilotta, che insieme a Maria Elisa D’Amico, rappresenterà le 6 coppie del caso Orlandi contro Italia. Bilotta, tra l’altro, è co-fondatore della “Rete Lenford”, creata per “per rispondere al bisogno di informazione e di diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali nel nostro Paese”.
Il direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia (ECLJ), Gregor Puppinck, ha affermato in un comunicato che “la reale questione in questi casi riguarda la definizione della “famiglia” ed il ruolo dello Stato a suo riguardo: se lo Stato debba riconoscere certe relazioni come “famiglie” sulla base di una domanda sociale, o se esso sia formato da famiglie naturali preesistenti allo Stato stesso”. L’ECLJ interverrà come amicus curiae in favore dello Stato italiano, il quale dovrà convincere la Corte che l’assenza di riconoscimento di unioni tra persone dello stesso sesso non è discriminatoria: al contrario, è l’unione tra l’uomo e la donna a dover essere protetta e sostenuta, per il bene di tutto lo Stato che sulla famiglia si fonda. I lettori della Bussola lo sanno bene... Ma il nuovo governo guidato da Renzi, sarà capace (e desideroso) di difendere la nostra legislazione?
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