Passando vide un uomo cieco dalla nascita
I vangeli delle domeniche di quaresima hanno lo scopo di condurre verso il riconoscimento di Colui che si svelerà pienamente alla fede della comunità nella solennità della Pasqua. I grandi simboli della liturgia pasquale sono oggetto della riflessione di queste ultime domeniche che precedono il grande racconto della passione nel giorno delle palme: la domenica scorsa si è parlato del Cristo "acqua della vita", rivivendo il delicato affresco della samaritana; oggi del Cristo "luce del mondo", reso attraverso un altro racconto, che è la guarigione dell'uomo cieco. Con abile scrittura, il Vangelo inizia mostrando due contrasti: da una parte l'uomo cieco dalla nascita e dall'altra Gesù che, passando, lo "vede" e si ferma, per parlare con lui.
La vita è come un lungo viaggio, si passa da un giorno all'altro, da un luogo all'altro e in questo cammino s'incrociano tante persone. Ci si lega ad alcune di esse, ma spesso ci muoviamo come zanzare impazzite che non riescono mai a depositare lo sguardo. A volte occorre fermarsi e vedere le persone per quello che sono veramente, senza fuggire o coprirle con la maschera che ci siamo costruiti dentro. C'è qualcosa di spento in noi che deforma i volti dei nostri compagni di viaggio. La luce di Cristo è invece innanzitutto dentro di Lui. Lui è la casa di una luce che gli permette di non passare distrattamente dinanzi alle persone che incontra, una luce che gli fa leggere il dramma nascosto di un uomo colpito da un destino cieco.
La gente aveva già risolto il problema: è nato cieco perché lui o i suoi genitori hanno peccato. Era la risposta tradizionale che si dava al problema del male. Perché la sofferenza, perché l'ingiustizia, perché proprio a me? Gesù risolve queste domande in modo nuovo, rompendo il cerchio magico con cui fino ad allora era stata affrontata la questione. Tra il peccato e la sventura non c'è un rapporto di causa-effetto, perché Dio non è vendicativo. Egli è il Dio della luce e vuole che ogni uomo viva. Per questo Gesù non cerca colpevoli e si rifiuta di parlare in termini di castigo quando incontra un volto che soffre. Anziché chiedersi perché quest'uomo sia nato cieco, gli si avvicina, gli si fa prossimo e lo tocca per consolarlo e guarirlo.
Io sono la luce del mondo
È sulla bocca dello stesso Gesù che l'evangelista pone questa solenne proclamazione: «Io sono la luce del
I vangeli delle domeniche di quaresima hanno lo scopo di condurre verso il riconoscimento di Colui che si svelerà pienamente alla fede della comunità nella solennità della Pasqua. I grandi simboli della liturgia pasquale sono oggetto della riflessione di queste ultime domeniche che precedono il grande racconto della passione nel giorno delle palme: la domenica scorsa si è parlato del Cristo "acqua della vita", rivivendo il delicato affresco della samaritana; oggi del Cristo "luce del mondo", reso attraverso un altro racconto, che è la guarigione dell'uomo cieco. Con abile scrittura, il Vangelo inizia mostrando due contrasti: da una parte l'uomo cieco dalla nascita e dall'altra Gesù che, passando, lo "vede" e si ferma, per parlare con lui.
La vita è come un lungo viaggio, si passa da un giorno all'altro, da un luogo all'altro e in questo cammino s'incrociano tante persone. Ci si lega ad alcune di esse, ma spesso ci muoviamo come zanzare impazzite che non riescono mai a depositare lo sguardo. A volte occorre fermarsi e vedere le persone per quello che sono veramente, senza fuggire o coprirle con la maschera che ci siamo costruiti dentro. C'è qualcosa di spento in noi che deforma i volti dei nostri compagni di viaggio. La luce di Cristo è invece innanzitutto dentro di Lui. Lui è la casa di una luce che gli permette di non passare distrattamente dinanzi alle persone che incontra, una luce che gli fa leggere il dramma nascosto di un uomo colpito da un destino cieco.
La gente aveva già risolto il problema: è nato cieco perché lui o i suoi genitori hanno peccato. Era la risposta tradizionale che si dava al problema del male. Perché la sofferenza, perché l'ingiustizia, perché proprio a me? Gesù risolve queste domande in modo nuovo, rompendo il cerchio magico con cui fino ad allora era stata affrontata la questione. Tra il peccato e la sventura non c'è un rapporto di causa-effetto, perché Dio non è vendicativo. Egli è il Dio della luce e vuole che ogni uomo viva. Per questo Gesù non cerca colpevoli e si rifiuta di parlare in termini di castigo quando incontra un volto che soffre. Anziché chiedersi perché quest'uomo sia nato cieco, gli si avvicina, gli si fa prossimo e lo tocca per consolarlo e guarirlo.
Io sono la luce del mondo
È sulla bocca dello stesso Gesù che l'evangelista pone questa solenne proclamazione: «Io sono la luce del