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venerdì 25 aprile 2014

Cristiani-pipistrelli che hanno paura della luce della Resurrezione

Nella Messa a Santa Marta, Papa Francesco esorta i fedeli a non avere paura della gioia di Cristo Risorto per non correre il rischio di diventare "cristiani da funerale



Città del Vaticano,       Salvatore Cernuzio   

Dopo il celebre “uomo-pipistrello” di Bob Kane e Bill Finger del 1939, Papa Francesco, nella Messa di oggi a Santa Marta, crea un nuovo personaggio: il cristiano-pipistrello. Ovvero colui che dichiara di seguire Gesù, ma ha paura della luce che Cristo vuole donare attraverso la sua Resurrezione. Colui che aderisce ad una fede della “gioia”, ma che in fondo preferisce muoversi nelle “ombre” della tristezza, tanto che – osserva il Papa – “la loro vita sembra un funerale continuo”.
“È una malattia dei cristiani questa”, denuncia il Santo Padre, avere “paura della gioia”. Pensare cioè: “Sì, sì, Dio esiste, ma è là; Gesù è risorto, è là”; prendere “un po’ di distanza” insomma, per timore “della vicinanza di Gesù, perché questo ci dà gioia”. Questo spiega “i tanti cristiani di funerale” come li chiama Francesco. Questi cristiani – sottolinea – che “preferiscono la tristezza e non la gioia. Si muovono meglio non nella luce della gioia, ma nelle ombre, come quegli animali che soltanto riescono ad uscire nella notte, ma alla luce del giorno no, non vedono niente”. Come pipistrelli “che preferiscono le ombre alla luce della presenza del Signore”.
Lo spunto per la curiosa metafora l’ha offerta al Pontefice il Vangelo della liturgia del giorno che racconta l’apparizione di Cristo risorto ai discepoli. I quali, al saluto di pace del loro Maestro, né gioiscono né esultano, ma restano “sconvolti e pieni di paura”, come se avessero visto “un fantasma”. Tanto che il Signore li invita a toccare il suo corpo, chiede da mangiare, proprio per far capire loro che ciò che vedono è reale.
Gesù vuole condurli alla “gioia della Risurrezione”, alla gioia “della sua presenza fra di loro”, afferma il Santo Padre. Cristo, “con la sua Risurrezione ci dà la gioia: la gioia di essere cristiani; la gioia di seguirlo da vicino; la gioia di andare sulla strada delle Beatitudini, la gioia di essere con Lui”.
Eppure i discepoli “per la gioia non credevano, non potevano credere, perché avevano paura della gioia”. E come loro, anche noi – osserva Bergoglio – “tante volte, o siamo sconvolti, quando ci viene questa gioia, o pieni di paura o crediamo di vedere un fantasma”. Oppure, ancora, “pensiamo che Gesù è un modo di agire: Ma noi siamo cristiani e dobbiamo fare così. Ma dov’è Gesù? No, Gesù è in Cielo”.
Non è bello vedere cristiani che “non sono gioiosi”, perché hanno paura, “cristiani  - dice il Papa - sconfitti”

venerdì 18 aprile 2014

L'agnello immolato ci strappò dalla morte

"Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, « al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen » (Gal 1, 5, ecc.). Egli scese dai cieli sulla terra per l'umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell'uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida.
Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall'Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue.
Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il faraone. Egli è colui che percosse l'iniquità e l'ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l'Egitto.
Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza.
Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell'agnello fu sgozzato.
Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato.
Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l'agnello che non apre bocca, egli è l'agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnella senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all'uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione.
Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l'umanità dal profondo del sepolcro."
Dall'« Omelia sulla Pasqua » di Melitone di Sardi, vescovo (Capp. 65-67; SC 123, 95-101)

Può un cattolico restare passivo di fronte alla storia?

di Ettore Gotti Tedeschi   18-04-2014

FuturoPuò il cattolico restare passivo di fronte alla storia lasciandola gestire a chi vuole, o permette, la storia della fine dell’uomo? Le leggi sui “diritti umani”, che noi consideriamo offensive per la dignità dell’uomo, ci verranno presto imposte, chi non le osserverà sarà punito. È troppo tardi? Con una certa dose di miopia, osserviamo che la presenza di Dio nella storia sembra esser smentita dal comportamento degli uomini, che lo ignora sempre più. Si direbbe che la storia del mondo non è più guidata secondo l’insegnamento di Cristo. Addirittura si direbbe che molti cristiani non sono più convinti che Cristo abbia vinto la morte ed il peccato, e pertanto, imitandolo, possano fare lo stesso, diventando in tal senso lievito nel mondo per vincere il male. Perché il cristianesimo sembra esser diventato più una cultura piuttosto che esser vissuto? (trionfando così sul male).
Perché molti temono, certo a torto, che la Chiesa possa esser costretta ad arrendersi al mondo accettando progressivamente un razionalismo teologico immanentistico sempre più distaccato dalla trascendenza e perciò disponibile a relativizzare i dogmi di fede? Perché molti temono, sempre a torto, che i custodi della tradizione possano accettare di ridimensionare l’oggettività di Dio nella sfera intellettuale? Tanto da lasciar immaginare che, come conseguenza, Dio possa persino esser considerato un ostacolo da superare, per permettere all’uomo di imparare a “far da sé”, emancipando la morale umana. In realtà, forse, si è solo lasciato affogare l’uomo nel mare burrascoso di “fede e ragione” in cui non è più stato, da tempo, allenato a nuotare.
Ma può il cristiano “bambino” e perciò maturo, accettare di esser spettatore di questi cambiamenti, limitandosi a criticarli, subirli e soffrirne, rassegnandosi? Può un cristiano fingere di esser d’accordo con la cultura dominante che vuole il “male” conseguenza dell’ignoranza?

mercoledì 16 aprile 2014

Guai ai sacerdoti mediocri!

di Massimo Introvigne   15-04-2014

Papa FrancescoPapa Francesco bastona troppo spesso i sacerdoti, insistendo sui loro difetti? A credere a qualche giornalista, molti preti hanno questa sensazione. Eppure il Papa insiste sempre sulla grandezza e la bellezza del sacerdozio. Ma mostra anche una familiarità priva di illusioni con la realtà concreta e le indagini sociologiche. È il Papa della Confessione, e in pubblico e in privato ha confidato quanto sia sconcertato dai dati secondo cui molti preti passano pochissimo tempo in confessionale ed essi stessi si confessano raramente. Il gran numero di sacerdoti che chiedono ogni anno la riduzione allo stato laicale non è poi certo un indizio di buona salute.
Il 14 aprile Papa Francesco ha ripetuto le sue preoccupazioni ai seminaristi del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, di fronte ai quali ha affermato che purtroppo nella Chiesa ci sono «pastori che pascolano se stessi e non il gregge». Un seminario, ha detto, funziona se «consente a quanti vi si immergono di assimilare giorno per giorno i sentimenti di Gesù Cristo, il suo amore per il Padre e per la Chiesa, la sua dedizione senza riserve al Popolo di Dio», tutte cose per cui è necessario anzitutto lo spirito di preghiera.
«Voi, cari seminaristi - ha detto il Papa - non vi state preparando a fare un mestiere, a diventare funzionari di un’azienda o di un organismo burocratico. Abbiamo tanti, tanti preti a metà cammino ... Un dolore, che non sono riusciti ad arrivare al cammino completo; hanno qualcosa dei funzionari, qualche dimensione burocratica e questo non fa bene alla Chiesa». Il sacerdozio è una realtà grandissima, «è una

martedì 15 aprile 2014

Domenica delle Palme

La domenica delle Palme segna l'ingresso nella settimana santa. La liturgia del giorno proclama due brani evangelici di Matteo, con effetti fortemente contrastanti. Da una parte si assiste all'ingresso luminoso di Gesù in Gerusalemme e dall'altra al triste racconto della passione. La gioia e il dolore si intrecciano in questo giorno e non si fa in tempo a respirare l'una che subito si affaccia l'altro.
Nella prima scena rimbombano le grida dell'Osanna che accompagnano il maestro al suo ingresso in città. È il momento del trionfo, in cui egli è proclamato re pacifico, motivo per cui si dedica questo giorno alla pace. Si benedicono rami di ulivo e si usa scambiarseli in segno di pace. La folla che Matteo descrive "numerosissima" rende più vivace la scena e niente lascia immaginare ciò che da lì a poco sarebbe avvenuto.
Una domanda corre tra la gente: «Ma chi è costui?». La risposta sta nel titolo del riconoscimento messianico: «È il figlio di David». Ma non era così che la folla lo attendeva, mite e umile, seduto su un asino. Se lo aspettavano alla testa di qualche esercito, per aggiustare tutte le cose. Non meraviglia che il trionfo sarà subito inghiottito dalla delusione.
Il racconto della passione inizia con una scena cruda e realistica: Gesù è oggetto di compravendita tra uno dei "dodici", Giuda, e i sommi sacerdoti che avevano deciso di porre fine a tutto questo frastuono. Sono sufficienti trenta denari per vendere qualcuno che ha detto di amarti e di credere in te. Trenta monete e un bacio bugiardo possono chiudere la storia di un amore infinito.
Arriva il giorno della "cena" che vede gli amici intorno alla stessa tavola, per l'ultima volta. Gesù istituisce l'eucaristia anticipando in un rito il mistero della sua pasqua, della croce e della risurrezione. Il donatore si fa dono e pronuncia le parole più importanti: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, il sangue che non sarà sparso invano perché da esso spunterà la nuova alleanza.

lunedì 14 aprile 2014

Nicolli: “Sacerdozio e matrimonio si illuminano a vicenda”

Parla l'ex-direttore dell’Ufficio nazionale Famiglia, relatore al Convegno della Gregoriana

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA TRENTO
Nicolli ha parlato di "spiritualità familiare"A una settimana dal Forum sulla Famiglia organizzato dalla Pontificia Università gregoriana sul tema “Ascoltando la famiglia. Incertezze a attese”, presieduto dal segretario generale del Sinodo straordinario, cardinale Baldisseri, abbiamo incontrato monsignor Sergio Nicolli, già direttore dell’ufficio nazionale Famiglia della Cei e ora decano di Rovereto (e parroco di San Marco, la parrocchia che fu di Antonio Rosmini). Nella sua diocesi di Trento era stato fino al 2009 delegato di Pastorale familiare e condirettore dell’ufficio Famiglia insieme a una coppia di sposi.

“Spiritualità familiare” era il tema della sua relazione, ma cosa si intende con questa espressione?
“La ‘memoria del Battesimo’ con cui inizia il nuovo rito del matrimonio chiarisce la chiamata alla santità degli sposi: ‘… concedi a N. e N. un cuore libero e una fede ardente perché accolgano il dono del Matrimonio, nuova via della loro santificazione’. Già dire che il matrimonio è una strada di santità è un fatto nuovo rispetto a un passato non lontano nel quale il matrimonio era visto quasi come una concessione per legittimare l’esercizio della sessualità in vista della procreazione! Tutti sono chiamati dal Padre a essere santi, ma ognuno per vie diverse: il monaco nella vita contemplativa e di comunità, il prete cercando di essere immagine viva di Gesù Buon Pastore, il laico portando la testimonianza cristiana nelle varie realtà della vita e della professione. Gli sposi non si possono considerare semplicemente dei ‘laici’ generici: c’è una condizione di vita particolare, che deriva dal Battesimo ma che trova fondamento in un sacramento specifico che li costituisce nella comunità. Quella coniugale e familiare è quindi una spiritualità che ha caratteristiche e regole sue, profondamente radicate nella realtà umana del matrimonio e insieme nel mistero della Trinità, mistero di relazione”.

martedì 8 aprile 2014

12 domande e risposte sull'attuale situazione della famiglia


Ideologia gender, omofobia, matrimoni omosessuali



1. COS’È L’IDEOLOGIA del “GENDER”?
Per “teorie di genere” (“Gender Theory”) si intende un complesso di studi ed opere saggistiche prodotte soprattutto nel mondo anglosassone, a partire dagli anni ’60, in diversi ambiti accademici (psicologia, filosofia, sociologia, linguistica..). Queste teorie nascono nell’ambito dei movimenti ideologici femministi per contestare il sistema tradizionale di considerazione socialedella donna, a tratti decisamente discriminatorio. Col tempo però le teorie di genere, che intanto vengono fatte proprie dai movimenti gay, arrivano ad immaginare la società ideale come quella in cui l’eguaglianza tra le persone può essere attuata solamente riconoscendo nel “sesso” una mera convenzione sociale, costruita attraverso l’imposizione di regole e norme esterne, che obbliga le persone a vivere “da maschio” o “da femmina”, come se questi modi di essere avessero un reale fondamento naturale – fondamento che le teorie di genere negano. L’identità sessuale, fondata sulla realtà biologica psicofisica, è sostituita dall’identità di “genere”, concetto aperto che abbandona il dualismo eterosessuale in favore della piùvasta ed arbitraria gamma di auto-rappresentazione di sé (cinque i generi principali: maschile, femminile, omosessuale, transessuale, ermafrodita, ma il governo australiano ne ha riconosciuti ufficialmente 23, mentre l’edizione americana di Facebook permette di scegliere il proprio genere tra 56 diverse opzioni); il genere è un dato mutevole, fluido, influenzato, questo sì, dal contesto ambientale e ancor più dal desiderio sentimentale individuale o dall’emotività passeggera. Nonostante le teorie di genere siano smentite dalla mole di evidenze scientifiche che ci

giovedì 3 aprile 2014

La lezione della Veritatis Splendor

di Ettore Gotti Tedeschi  03-04-2014
                                                                       
Veritatis splendorIl Papa emerito Benedetto XVI ha recentemente esortato a rileggersi l’Enciclica Veritatis Splendor, scritta nel 1993 dal Sommo Pontefice e prossimo santo Giovanni Paolo II. Immagino che tutti i lettori della Nuova BQ lo abbiano già fatto, ma vale la pena sottolineare alcuni passaggi di questa Enciclica, che tratta temi molto attuali anche venti anni dopo.
Veritatis Splendor parte da una constatazione dolorosa, cioè che il patrimonio morale, e persino il magistero della Chiesa, è oggi messo in discussione. Persino all’interno della stessa comunità cristiana. Si mette in discussione la dignità (di creatura) dell’uomo e le leggi naturali (della Crezione). Lo aveva già ben detto Paolo VI in Humanae Vitae e Populorum Progressio, e lo dirà più tardi Benedetto XVI in Caritas in Veritate. Dice papa Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor che urge pertanto che la Chiesa possa precisare quegli aspetti dottrinali da cui non si può prescindere. E ciò per far fronte ad una “vera crisi” (anche economica) che Giovanni Paolo II aveva previsto in Sollecitudo Rei Socialis. Li possiamo chiamare valori imprescindibili, perchè insegnati da Gesù Cristo? Comunque non sono poi tanti e possiamo sintetizzarli brevemente.
Cristo stesso (appunto) li indica al “giovane ricco” (Mt 19,17): osserva i Comandamenti. A questi dieci, sempre Cristo aggiunge i due suoi comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo (Lc 10,27). Cristo stesso, magari preoccupato che l’uomo si trovasse in difficoltà nell’applicazione di molti comandamenti, sintetizza poi nel Discorso della Montagna (Mt 5,17) cosa è la morale evangelica, da cui segue l’etica comportamentale. A questo punto non c'è molto da aggiungere. Eppure papa Giovanni Paolo II vuole dirci qualcosa in più. Ci dice che dobbiamo vivere i precetti in “unità di vita” : fede e vita devono esser in armonia ed in più non si può avere un comportamento diverso tra casa e bottega, tra oratorio e parlamento. Ecco cosa è unità di vita.
Ma la parte più intrigante dell’Enciclica inizia al secondo capitolo dove il Papa chiarisce il rapporto tra Libertà e Verità.