Nella Messa a Santa Marta, Papa Francesco esorta i fedeli a non avere paura della gioia di Cristo Risorto per non correre il rischio di diventare "cristiani da funerale
Città del Vaticano, Salvatore Cernuzio
Dopo il celebre “uomo-pipistrello” di Bob Kane e Bill Finger del 1939, Papa Francesco, nella Messa di oggi a Santa Marta, crea un nuovo personaggio: il cristiano-pipistrello. Ovvero colui che dichiara di seguire Gesù, ma ha paura della luce che Cristo vuole donare attraverso la sua Resurrezione. Colui che aderisce ad una fede della “gioia”, ma che in fondo preferisce muoversi nelle “ombre” della tristezza, tanto che – osserva il Papa – “la loro vita sembra un funerale continuo”.“È una malattia dei cristiani questa”, denuncia il Santo Padre, avere “paura della gioia”. Pensare cioè: “Sì, sì, Dio esiste, ma è là; Gesù è risorto, è là”; prendere “un po’ di distanza” insomma, per timore “della vicinanza di Gesù, perché questo ci dà gioia”. Questo spiega “i tanti cristiani di funerale” come li chiama Francesco. Questi cristiani – sottolinea – che “preferiscono la tristezza e non la gioia. Si muovono meglio non nella luce della gioia, ma nelle ombre, come quegli animali che soltanto riescono ad uscire nella notte, ma alla luce del giorno no, non vedono niente”. Come pipistrelli “che preferiscono le ombre alla luce della presenza del Signore”.
Lo spunto per la curiosa metafora l’ha offerta al Pontefice il Vangelo della liturgia del giorno che racconta l’apparizione di Cristo risorto ai discepoli. I quali, al saluto di pace del loro Maestro, né gioiscono né esultano, ma restano “sconvolti e pieni di paura”, come se avessero visto “un fantasma”. Tanto che il Signore li invita a toccare il suo corpo, chiede da mangiare, proprio per far capire loro che ciò che vedono è reale.
Gesù vuole condurli alla “gioia della Risurrezione”, alla gioia “della sua presenza fra di loro”, afferma il Santo Padre. Cristo, “con la sua Risurrezione ci dà la gioia: la gioia di essere cristiani; la gioia di seguirlo da vicino; la gioia di andare sulla strada delle Beatitudini, la gioia di essere con Lui”.
Eppure i discepoli “per la gioia non credevano, non potevano credere, perché avevano paura della gioia”. E come loro, anche noi – osserva Bergoglio – “tante volte, o siamo sconvolti, quando ci viene questa gioia, o pieni di paura o crediamo di vedere un fantasma”. Oppure, ancora, “pensiamo che Gesù è un modo di agire: Ma noi siamo cristiani e dobbiamo fare così. Ma dov’è Gesù? No, Gesù è in Cielo”.
Non è bello vedere cristiani che “non sono gioiosi”, perché hanno paura, “cristiani - dice il Papa - sconfitti”
nella croce. “Nella mia terra – aggiunge - c’è un detto, che dice così: ‘Quando uno si brucia con il latte bollente, dopo, quando vede la mucca, piange’. E questi si erano bruciati con il dramma della croce e hanno detto: ‘No, fermiamoci qui; Lui è in Cielo; ma benissimo, è risorto, ma che non venga un’altra volta qui, perché non ce la facciamo’”.
Francesco invita allora al solito colloquio interiore: “Tu parli con Gesù? Tu dici a Gesù: Io credo che Tu vivi, che Tu sei risorto, che Tu sei vicino a me, che Tu non mi abbandoni?”. “La vita cristiana – aggiunge - deve essere questo: un dialogo con Gesù, perché Gesù sempre è con noi, è sempre con i nostri problemi, con le nostre difficoltà, con le nostre opere buone”. Al Signore chiediamo quindi la grazie di fare con tutti noi “quello che ha fatto con i discepoli, che avevano paura della gioia”: cioè “che apra la nostra mente” e “che ci faccia capire che Lui è una realtà vivente, che Lui ha corpo, che Lui è con noi e che Lui ci accompagna e che Lui ha vinto”. “Chiediamo al Signore – conclude il Papa - la grazia di non avere paura della gioia”.
(24 Aprile 2014) © Innovative Media Inc.
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