Il 15 giugno 2014 è stato pubblicato il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale del 2014, che si celebrerà domenica 19 ottobre. Questi messaggi sono diffusi dai Pontefici con anticipo di diversi mesi perché possano essere letti e studiati prima delle rispettive Giornate, il che peraltro non sempre avviene. Nel messaggio, il Papa insiste sul fatto che la missione «ad gentes» non cessa di essere di attualità, e mostra il collegamento fra missione e gioia cristiana.
Se si parla spesso della nuova evangelizzazione dei Paesi di antica civiltà cristiana dove ormai i credenti sono in minoranza, è anche vero - nota Francesco - che «c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo» e che «rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare».
La missione «ad gentes» non riguarda i Paesi tradizionalmente cristiani, ma le «giovani Chiese nei territori di missione». Ogni anno la Chiesa chiama tutti a interessarsi delle missioni «ad gentes» con la Giornata Missionaria Mondiale, «una celebrazione di grazia e di gioia. Di grazia, perché lo Spirito Santo, mandato dal Padre, offre saggezza e fortezza a quanti sono docili alla sua azione. Di gioia, perché Gesù Cristo, Figlio del Padre, inviato per evangelizzare il mondo, sostiene e accompagna la nostra opera missionaria»
Quest'anno il Papa propone alla nostra meditazione missionaria una pagina del Vangelo di Luca. Il Signore invia settantadue
discepoli, a due a due, a evangelizzare città e villaggi. I discepoli tornano pieni di gioia perché sono riusciti a liberare molte persone dai demoni. Ma Gesù dice loro: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre”. (…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”» (Lc 10,20-23).
Qui, spiega il Pontefice, ci sono tre scene diverse: Gesù parla dapprima con i discepoli, poi con il Padre Celeste e infine di nuovo con i discepoli. Le tre scene hanno in comune un insegnamento che Gesù vuole trasmettere a proposito della gioia. Nella prima scena vediamo i discepoli «entusiasti del potere di liberare la gente dai demoni». E avevano davvero ricevuto questo potere dal Signore. «Gesù, tuttavia, li ammonì a non rallegrarsi tanto per il potere ricevuto, quanto per l'amore ricevuto: "perché i vostri nomi sono scritti nei cieli"». L'importante è che a loro «è stata donata l’esperienza dell’amore di Dio, e anche la possibilità di condividerlo».
Questa grande effusione dell'amore di Dio sul mondo, preannuncio della missione della Chiesa, è motivo di gioia per Gesù. «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo» e rese lode al Padre. «Questo momento di intimo gaudio sgorga dall'amore profondo di Gesù come Figlio verso suo Padre, Signore del cielo e della terra, il quale ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti, e le ha rivelate ai piccoli (cfr Lc 10,21)». Ma che cosa sono esattamente «queste cose»? Sono «i misteri del suo Regno, l’affermarsi della signoria divina in Gesù e la vittoria su Satana».
«Dio ha nascosto tutto ciò a coloro che sono troppo pieni di sé e pretendono di sapere già tutto. Sono come accecati dalla propria presunzione e non lasciano spazio a Dio». Sono certo «alcuni contemporanei di Gesù che egli ha ammonito più volte», ma «si tratta di un pericolo che esiste sempre, e che riguarda anche noi». I «piccoli» cui il mistero è stato rivelato non sono solo i bambini, ma le persone umili e povere che fanno spazio al Signore nel loro cuore. «Si può facilmente pensare a Maria, a Giuseppe, ai pescatori di Galilea, e ai discepoli chiamati lungo la strada, nel corso della sua predicazione».
Rivolgendosi al Padre, Gesù esclama: «Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21). L’«esultanza interiore» di Gesù è riferita alla «benevolenza» di Dio, parola che «indica un piano salvifico e benevolo da parte del Padre verso gli uomini». Qui l'esultanza di Gesù richiama quella di Maria nel «Magnificat»: anche le parole usate sono simili. «In entrambi i casi, si tratta di una gioia per la salvezza in atto, perché l’amore con cui il Padre ama il Figlio giunge fino a noi, e per l’opera dello Spirito Santo, ci avvolge, ci fa entrare nella vita trinitaria. Il Padre è la fonte della gioia. Il Figlio ne è la manifestazione, e lo Spirito Santo l’animatore».
Questa rivelazione della Trinità non è un'informazione meramente intellettuale. Coinvolge tutta la nostra vita. Nel Vangelo di Matteo leggiamo infatti come, dopo la lode al Padre, Gesù ci invita: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (11,28-30). Il Papa cita le prime parole della sua esortazione apostolica «Evangelii gaudium», dove afferma: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia». La Chiesa, aggiunge Papa Francesco, ci incita a cercare questa gioia attraverso l'incontro con la Vergine Maria, chiamandola «causa nostrae laetitiae», causa della nostra gioia.
«Perché non entriamo anche noi in questo fiume di gioia?». Spesso l'atmosfera del mondo moderno è tutt'altro che gioiosa. Risponde ancora la «Evangelii gaudium»: «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». Da questo individualismo e relativismo che non danno gioia ci libera solo la «salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall'amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio».
Quando incontriamo questa passione, non siamo solo nella gioia, ma diffondiamo gioia. Diventiamo «portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell’evangelizzazione», dai vescovi ai sacerdoti e ai laici. In effetti, «non vanno dimenticate le vocazioni laicali alla missione. Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza che essi sono chiamati ad assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo». Ma «per questo è importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica».
La missione «ad gentes» richiede spesso grandi sacrifici. Ma, insegna San Paolo, «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). La Giornata Missionaria Mondiale è «un momento per ravvivare il desiderio e il dovere morale della partecipazione gioiosa alla missione ad gentes». La Chiesa non si vergogna di chiedere a chi non va personalmente in missione un «contributo economico», che «è il segno di un'oblazione di se stessi, prima al Signore e poi ai fratelli, perché la propria offerta materiale diventi strumento di evangelizzazione di un’umanità che si costruisce sull’amore».
«Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!», conclude Papa Francesco, «Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del “primo amore” con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia». E «a Maria, modello di evangelizzazione umile e gioiosa, rivolgiamo la nostra preghiera, perché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un nuovo mondo».
Se si parla spesso della nuova evangelizzazione dei Paesi di antica civiltà cristiana dove ormai i credenti sono in minoranza, è anche vero - nota Francesco - che «c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo» e che «rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare».
La missione «ad gentes» non riguarda i Paesi tradizionalmente cristiani, ma le «giovani Chiese nei territori di missione». Ogni anno la Chiesa chiama tutti a interessarsi delle missioni «ad gentes» con la Giornata Missionaria Mondiale, «una celebrazione di grazia e di gioia. Di grazia, perché lo Spirito Santo, mandato dal Padre, offre saggezza e fortezza a quanti sono docili alla sua azione. Di gioia, perché Gesù Cristo, Figlio del Padre, inviato per evangelizzare il mondo, sostiene e accompagna la nostra opera missionaria»
Quest'anno il Papa propone alla nostra meditazione missionaria una pagina del Vangelo di Luca. Il Signore invia settantadue
discepoli, a due a due, a evangelizzare città e villaggi. I discepoli tornano pieni di gioia perché sono riusciti a liberare molte persone dai demoni. Ma Gesù dice loro: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre”. (…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”» (Lc 10,20-23).
Qui, spiega il Pontefice, ci sono tre scene diverse: Gesù parla dapprima con i discepoli, poi con il Padre Celeste e infine di nuovo con i discepoli. Le tre scene hanno in comune un insegnamento che Gesù vuole trasmettere a proposito della gioia. Nella prima scena vediamo i discepoli «entusiasti del potere di liberare la gente dai demoni». E avevano davvero ricevuto questo potere dal Signore. «Gesù, tuttavia, li ammonì a non rallegrarsi tanto per il potere ricevuto, quanto per l'amore ricevuto: "perché i vostri nomi sono scritti nei cieli"». L'importante è che a loro «è stata donata l’esperienza dell’amore di Dio, e anche la possibilità di condividerlo».
Questa grande effusione dell'amore di Dio sul mondo, preannuncio della missione della Chiesa, è motivo di gioia per Gesù. «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo» e rese lode al Padre. «Questo momento di intimo gaudio sgorga dall'amore profondo di Gesù come Figlio verso suo Padre, Signore del cielo e della terra, il quale ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti, e le ha rivelate ai piccoli (cfr Lc 10,21)». Ma che cosa sono esattamente «queste cose»? Sono «i misteri del suo Regno, l’affermarsi della signoria divina in Gesù e la vittoria su Satana».
«Dio ha nascosto tutto ciò a coloro che sono troppo pieni di sé e pretendono di sapere già tutto. Sono come accecati dalla propria presunzione e non lasciano spazio a Dio». Sono certo «alcuni contemporanei di Gesù che egli ha ammonito più volte», ma «si tratta di un pericolo che esiste sempre, e che riguarda anche noi». I «piccoli» cui il mistero è stato rivelato non sono solo i bambini, ma le persone umili e povere che fanno spazio al Signore nel loro cuore. «Si può facilmente pensare a Maria, a Giuseppe, ai pescatori di Galilea, e ai discepoli chiamati lungo la strada, nel corso della sua predicazione».
Rivolgendosi al Padre, Gesù esclama: «Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21). L’«esultanza interiore» di Gesù è riferita alla «benevolenza» di Dio, parola che «indica un piano salvifico e benevolo da parte del Padre verso gli uomini». Qui l'esultanza di Gesù richiama quella di Maria nel «Magnificat»: anche le parole usate sono simili. «In entrambi i casi, si tratta di una gioia per la salvezza in atto, perché l’amore con cui il Padre ama il Figlio giunge fino a noi, e per l’opera dello Spirito Santo, ci avvolge, ci fa entrare nella vita trinitaria. Il Padre è la fonte della gioia. Il Figlio ne è la manifestazione, e lo Spirito Santo l’animatore».
Questa rivelazione della Trinità non è un'informazione meramente intellettuale. Coinvolge tutta la nostra vita. Nel Vangelo di Matteo leggiamo infatti come, dopo la lode al Padre, Gesù ci invita: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (11,28-30). Il Papa cita le prime parole della sua esortazione apostolica «Evangelii gaudium», dove afferma: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia». La Chiesa, aggiunge Papa Francesco, ci incita a cercare questa gioia attraverso l'incontro con la Vergine Maria, chiamandola «causa nostrae laetitiae», causa della nostra gioia.
«Perché non entriamo anche noi in questo fiume di gioia?». Spesso l'atmosfera del mondo moderno è tutt'altro che gioiosa. Risponde ancora la «Evangelii gaudium»: «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». Da questo individualismo e relativismo che non danno gioia ci libera solo la «salvezza portata da Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall'amore di Gesù e marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio».
Quando incontriamo questa passione, non siamo solo nella gioia, ma diffondiamo gioia. Diventiamo «portatori della gioia del Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia dell’evangelizzazione», dai vescovi ai sacerdoti e ai laici. In effetti, «non vanno dimenticate le vocazioni laicali alla missione. Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza che essi sono chiamati ad assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo». Ma «per questo è importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica».
La missione «ad gentes» richiede spesso grandi sacrifici. Ma, insegna San Paolo, «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). La Giornata Missionaria Mondiale è «un momento per ravvivare il desiderio e il dovere morale della partecipazione gioiosa alla missione ad gentes». La Chiesa non si vergogna di chiedere a chi non va personalmente in missione un «contributo economico», che «è il segno di un'oblazione di se stessi, prima al Signore e poi ai fratelli, perché la propria offerta materiale diventi strumento di evangelizzazione di un’umanità che si costruisce sull’amore».
«Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione!», conclude Papa Francesco, «Vi invito ad immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del “primo amore” con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia». E «a Maria, modello di evangelizzazione umile e gioiosa, rivolgiamo la nostra preghiera, perché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un nuovo mondo».
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