10-06-2014
Lo sentivo dire a familiari e amici nelle brevi telefonate al cellulare nel pullman di ritorno: non si potrà descrivere a sufficienza un avvenimento così imponente e coinvolgente come il pellegrinaggio notturno Macerata-Loreto. Un immenso lago di persone ‘colorate’ invadono il terreno da gioco e gli spalti del campo sportivo e si vanno poi a distendersi poi nella fiumana che scorre per sei-sette chilometri: forse centomila.
L’intensità semplice e nobile della celebrazione eucaristica, con il cardinale Parolin e vescovi e sacerdoti; la varietà dei canti, ripresi dalla tradizione liturgica e da tante espressioni musicali; l’unità e pluralità dei partecipanti, le testimonianze di vita, piene di dramma e di speranza. Mi dà l’immagine di un gesto pienamente ‘cattolico’, un abbraccio grande e accogliente nel quale si respira senza dover lasciar fuori pezzi di vita.
Siamo dentro questo avvenimento ciascuno con la sua decisione, lo sguardo, l’attenzione, la voce, e tutti i passi del cammino notturno, nella pace del cielo sereno e poi nel barlume dell’alba e nel saliscendi delle ultime ore verso il santuario mariano di Loreto. Ciascuno coinvolto personalmente. Partecipare alla Messa come concelebrante, mentre mi costringe a lasciare le persone venute con me, mi colloca tra i protagonisti del Mistero liturgico. Vado a sedere nel gruppo dei concelebranti, ma subito vengo accompagnato accanto all’altare, dove mi attende la sorpresa di una sedia libera; con la possibilità di una partecipazione più intensa e il dono di uno straordinario sguardo panoramico sull’assemblea.
Veniamo raggiunti in diretta dalla simpatia e dalla parola di Papa Francesco, che rende vivo e lieto il
senso di appartenenza e di responsabilità nella sua preghiera per la pace con i capi di Israele e Palestina. Tutti noi, pellegrini di Loreto, veniamo introdotti al centro del mondo, nel cuore della preghiera che riunisce i popoli nell’affidamento all’unica potenza capace di trasformare dal profondo quanti vivono sulla terra degli uomini.
All’uscita dallo stadio, cammino in fretta nel laborioso tentativo di raggiungere il mio gruppo, che nel frattempo si è disperso nel fiume di folla. La notte è lunga, ma quest’anno la fatica sembra minore, non certo per un improbabile ritorno di giovinezza, quanto forse per una diversa consapevolezza e semplicità: camminiamo insieme verso una meta che chiarisce lo scopo di ogni azione quotidiana e dell’intera vita. Per un breve tratto, mi aggrego a degli amici che abitano lontano, ritrovati e abbracciati con gioia.
Sul finire della lunga notte, già verso le quattro del mattino, la sorpresa del primo barlume di chiarore ad oriente, dove siamo diretti, e poi la luce che rapidamente scopre i volti, mentre i canti e le parole allietano i passi. Una nuova grande Pentecoste percorre le strade e invade le piazze di Loreto e del mondo. Giunti al Santuario, abbiamo da consegnare le intenzioni di preghiera nostre e quelle ricevute. Nel veloce passaggio dentro la piccola Casa di Nazaret custodita nel tempio, la mano accarezza le antiche pietre.
Usciamo dalla Casa in silenzio; una breve sosta al Santissimo riporta all'essenziale che abbraccia tutta la fatica e il bisogno. Si rientra tutti nelle proprie città, consapevoli che c'è ancora un cammino da fare, non sappiamo quanto lungo o faticoso, ma sempre più sicuri che tutto è abbracciato! Come mi scrive un’amica: “Perché non riesco a dire di no ad una fatica del genere? So solo che c’è un luogo e un popolo dove io mi sento amata (ancora più che da mio marito) e dove c'è Qualcuno che mi aspetta, per il quale vale la pena dire sì e dare tutto”. Grazie per essere stati presi dentro questa grande strada.
Nessun commento:
Posta un commento