Certo, le tentazioni di tornare indietro a cipolle e agli d'Egitto ci accompagnerà sempre, e la carne ferita dal peccato cercherà la terra perché la concupiscenza è una forza di gravità potente; ma se sei risorto con Cristo cercherai le cose di lassù, dove si trova il tuo Sposo, perché il suo profumo è inebriante e ti ha fatto venire i brividi, e, innamorato, ne seguirai la scia, con il cuore in gola; ti ha messo i brividi la fragranza che ha spanto quando ha salvato il tuo matrimonio, o quando ha aiutato tuo figlio liberandolo da quella situazione difficile, o quando, durante gli anni di crisi, ha provveduto alla tua famiglia non facendole mancare nulla? Se sei stato perdonato e hai sperimentato la bellezza, la pienezza, la pace, la gioia della vita nuova nella libertà dell'amore, cercherai di seguirlo dove Lui è, ti lascerai prendere da Lui che, attraverso gli eventi difficili e di dolore, viene a cercarti ogni giorno per portarti a posto che ha preparato per te. Se ti senti amato da Lui non puoi non dirgli: "Attirami dietro e te, corriamo! M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino. A ragione ti amano!" (Ct. 1,4). Ecco, se la gioia piena è riservata alle stanze del re, se le nozze saranno compiute e consumate solo nell'intimità celeste, allora si comprende come il digiuno sia la condizione del cristiano. Cercare qui, nelle persone e nelle cose, il Paradiso è cucire una toppa di tessuto grezzo su un vestito vecchio; preoccuparsi idolatricamente del presente e del futuro, significa essere ancora schiavo del nemico, desiderare di soddisfare il principe del mondo gettato fuori dal Paradiso, consumare con lui le nozze di morte e corruzione, la passione e l'avidità, la cupidigia e la concupiscenza di cui sono fatti gli "otri vecchi", nei quali è inutile versare la vita santa e celeste del "vino nuovo" di Cristo. Ma chi ha camminato nella Chiesa sperimentando il suo amore nei fatti concerti della sua vita; chi è "andato" dietro a Lui e "ha imparato cosa vuol dire misericordia io voglio e non sacrifici", beh è stanco dei sacrifici, degli sforzi, desidera abbeverarsi a sazietà alle fonti della Grazia. La sua vita è un "otre nuovo", costruito con una mentalità rinnovata, con il discernimento e la sapienza, che sa leggere in tutto ciò che gli accade il digiuno che lo separa dal Cielo; il dolore ad esempio, è l'occasione per pensare desiderare le cose di lassù; un'umiliazione? è una carezza dello Sposo che ti vuole per sé, e ti impedisce di dare il tuo cuore a un altro, purificandolo. Per questo, quando più intensa è l'esperienza della sofferenza e la presenza assoluta dello Sposo è questione di vita o di morte, quando siamo incastrati sul legno della Croce, è naturale digiunare. Non mangiare, non fumare, non parlare, non è così solo una pratica ascetica per ingrassare l'uomo vecchio che fa anche della religione qualcosa di carnale. Digiunare è un'esigenza, un grido dalla Croce, l'eco stesso delle parole del Signore Crocifisso: "Dio mio, Dio mio, Sposo mio perché mi hai abbandonato?". Il digiuno sono le lacrime che sperano il suo amore. E' questa l'ascesi, l'ascesa al trono di misericordia che sappiamo non deludere mai. Digiunare è lasciare che la verità prenda il posto delle menzogne, delle fughe e delle alienazioni. La fame che il digiuno suscita è la verità, la nostra realtà, nella quale il Corpo benedetto e risorto del Signore è l'unico vero cibo capace di saziarci. Digiunare è spogliarci in attesa d'essere una sola carne redenta con il nostro Sposo, nell'ansia del santo e castissimo amplesso, quell'amore eterno per il quale siamo stati creati. E' la novità della vita nuova, di un rapporto nuovo con Dio, non più basato sul timore ma sull'amore. Un "abito nuovo", una nuova forma di vita. Un "vino nuovo", una festa e un'allegria nuove che scaturiscono dall'amore. Digiunare in ogni relazione, a casa, al lavoro, nei rapporti d'amore, ovunque, significa non chiedere agli altri quella pienezza che non possono darci; digiunare dalla comprensione, dall'accoglienza, dalle parole quando divengono ingombranti ed inutili, germe di polemica e litigi sterili; digiunare dall'affetto che la nostra carne reclama, guardando e vivendo ogni relazione nell'orizzonte del Cielo, nella consapevolezza che sulla terra la debolezza della carne ci fa vedove cui è stato sottratto lo sposo: quando l'altro si fa ostile e non corrisponde a quanto desidereremmo, o quando ci stringe la tentazione di appropriarcene attraverso la sessualità, il digiuno è l'unica via, la verità sulla nostra e l'altrui vita, il perimetro dell'incompiutezza che ci fa vigili, prudenti, casti e sobri. Anche se felicemente sposati, siamo vedove, il nostro vero Sposo non è qui, ci precede in Galilea, in un costante più in là che ci fa uscire da noi stessi per donarci senza riserve nell'attesa della pienezza che solo in Lui potremo trovare. Le persone che ci sono accanto, anche quelle a cui abbiamo consegnato la nostra vita sacramentalmente, sono immagine e presenza di Cristo, ma circoscritte nei limiti della carne. Digiunare è avere e fare memoria di questa realtà. Per questo, il digiuno è amore all'altro, così come è, nel rispetto, pazienza e misericordia. Digiunare è la radice di ogni rapporto vissuto nell'autenticità e nella libertà, segnato dal già e non ancora, la nostalgia struggente di chi cerca Cristo, unico e vero Sposo capace di rispondere pienamente ad ogni desiderio. Digiunare è la sapienza che ci slega dalle catene affettive che scambiano il Creatore con la creatura, per vivere ogni momento della nostra esistenza con la pace e la misura, la libertà e la moderazione che non fa di ogni relazione un assoluto, ma che in tutto attende, dal Cielo, il compimento. E' questo "l'abito nuovo" dei figli di Dio, il "vino nuovo" delle nozze con cui Cristo sposa ognuno di noi. Per questo, digiunare è obbedire a Gesù, che, per l'intercessione materna di Maria nostra Madre e immagine della Chiesa, anticipa qui sulla terra la sua "ora" celeste. Oggi è l'ora di Gesù; nella situazione in cui siamo, ancora una volta, nella Chiesa, ci dona di gustare il suo Mistero di Pasqua, un frammento prezioso della sua Croce e resurrezione. Ma occorre obbedire, che è l'amore più vero: e digiunare, ovvero mettere nelle giare della Chiesa attraverso i sacramenti, l'acqua della nostra povertà e debolezza, della situazione in cui siamo. Digiuniamo allora, smettiamola di cercare la gioia nell'acqua di passioni, gelosie e compromessi affettivi, la bellezza indossando vestiti vecchi di rancori e invidie. Buttiamola quest'acqua in Cristo, digiuniamo seriamente dai pensieri e dalle parole che ci insinua il demonio, e spogliamoci dell'uomo vecchio per indossare l'abito nuziale, lavato nel sangue dell'Agnello
sabato 4 luglio 2020
Certo, le tentazioni di tornare indietro a cipolle e agli d'Egitto ci accompagnerà sempre, e la carne ferita dal peccato cercherà la terra perché la concupiscenza è una forza di gravità potente; ma se sei risorto con Cristo cercherai le cose di lassù, dove si trova il tuo Sposo, perché il suo profumo è inebriante e ti ha fatto venire i brividi, e, innamorato, ne seguirai la scia, con il cuore in gola; ti ha messo i brividi la fragranza che ha spanto quando ha salvato il tuo matrimonio, o quando ha aiutato tuo figlio liberandolo da quella situazione difficile, o quando, durante gli anni di crisi, ha provveduto alla tua famiglia non facendole mancare nulla? Se sei stato perdonato e hai sperimentato la bellezza, la pienezza, la pace, la gioia della vita nuova nella libertà dell'amore, cercherai di seguirlo dove Lui è, ti lascerai prendere da Lui che, attraverso gli eventi difficili e di dolore, viene a cercarti ogni giorno per portarti a posto che ha preparato per te. Se ti senti amato da Lui non puoi non dirgli: "Attirami dietro e te, corriamo! M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino. A ragione ti amano!" (Ct. 1,4). Ecco, se la gioia piena è riservata alle stanze del re, se le nozze saranno compiute e consumate solo nell'intimità celeste, allora si comprende come il digiuno sia la condizione del cristiano. Cercare qui, nelle persone e nelle cose, il Paradiso è cucire una toppa di tessuto grezzo su un vestito vecchio; preoccuparsi idolatricamente del presente e del futuro, significa essere ancora schiavo del nemico, desiderare di soddisfare il principe del mondo gettato fuori dal Paradiso, consumare con lui le nozze di morte e corruzione, la passione e l'avidità, la cupidigia e la concupiscenza di cui sono fatti gli "otri vecchi", nei quali è inutile versare la vita santa e celeste del "vino nuovo" di Cristo. Ma chi ha camminato nella Chiesa sperimentando il suo amore nei fatti concerti della sua vita; chi è "andato" dietro a Lui e "ha imparato cosa vuol dire misericordia io voglio e non sacrifici", beh è stanco dei sacrifici, degli sforzi, desidera abbeverarsi a sazietà alle fonti della Grazia. La sua vita è un "otre nuovo", costruito con una mentalità rinnovata, con il discernimento e la sapienza, che sa leggere in tutto ciò che gli accade il digiuno che lo separa dal Cielo; il dolore ad esempio, è l'occasione per pensare desiderare le cose di lassù; un'umiliazione? è una carezza dello Sposo che ti vuole per sé, e ti impedisce di dare il tuo cuore a un altro, purificandolo. Per questo, quando più intensa è l'esperienza della sofferenza e la presenza assoluta dello Sposo è questione di vita o di morte, quando siamo incastrati sul legno della Croce, è naturale digiunare. Non mangiare, non fumare, non parlare, non è così solo una pratica ascetica per ingrassare l'uomo vecchio che fa anche della religione qualcosa di carnale. Digiunare è un'esigenza, un grido dalla Croce, l'eco stesso delle parole del Signore Crocifisso: "Dio mio, Dio mio, Sposo mio perché mi hai abbandonato?". Il digiuno sono le lacrime che sperano il suo amore. E' questa l'ascesi, l'ascesa al trono di misericordia che sappiamo non deludere mai. Digiunare è lasciare che la verità prenda il posto delle menzogne, delle fughe e delle alienazioni. La fame che il digiuno suscita è la verità, la nostra realtà, nella quale il Corpo benedetto e risorto del Signore è l'unico vero cibo capace di saziarci. Digiunare è spogliarci in attesa d'essere una sola carne redenta con il nostro Sposo, nell'ansia del santo e castissimo amplesso, quell'amore eterno per il quale siamo stati creati. E' la novità della vita nuova, di un rapporto nuovo con Dio, non più basato sul timore ma sull'amore. Un "abito nuovo", una nuova forma di vita. Un "vino nuovo", una festa e un'allegria nuove che scaturiscono dall'amore. Digiunare in ogni relazione, a casa, al lavoro, nei rapporti d'amore, ovunque, significa non chiedere agli altri quella pienezza che non possono darci; digiunare dalla comprensione, dall'accoglienza, dalle parole quando divengono ingombranti ed inutili, germe di polemica e litigi sterili; digiunare dall'affetto che la nostra carne reclama, guardando e vivendo ogni relazione nell'orizzonte del Cielo, nella consapevolezza che sulla terra la debolezza della carne ci fa vedove cui è stato sottratto lo sposo: quando l'altro si fa ostile e non corrisponde a quanto desidereremmo, o quando ci stringe la tentazione di appropriarcene attraverso la sessualità, il digiuno è l'unica via, la verità sulla nostra e l'altrui vita, il perimetro dell'incompiutezza che ci fa vigili, prudenti, casti e sobri. Anche se felicemente sposati, siamo vedove, il nostro vero Sposo non è qui, ci precede in Galilea, in un costante più in là che ci fa uscire da noi stessi per donarci senza riserve nell'attesa della pienezza che solo in Lui potremo trovare. Le persone che ci sono accanto, anche quelle a cui abbiamo consegnato la nostra vita sacramentalmente, sono immagine e presenza di Cristo, ma circoscritte nei limiti della carne. Digiunare è avere e fare memoria di questa realtà. Per questo, il digiuno è amore all'altro, così come è, nel rispetto, pazienza e misericordia. Digiunare è la radice di ogni rapporto vissuto nell'autenticità e nella libertà, segnato dal già e non ancora, la nostalgia struggente di chi cerca Cristo, unico e vero Sposo capace di rispondere pienamente ad ogni desiderio. Digiunare è la sapienza che ci slega dalle catene affettive che scambiano il Creatore con la creatura, per vivere ogni momento della nostra esistenza con la pace e la misura, la libertà e la moderazione che non fa di ogni relazione un assoluto, ma che in tutto attende, dal Cielo, il compimento. E' questo "l'abito nuovo" dei figli di Dio, il "vino nuovo" delle nozze con cui Cristo sposa ognuno di noi. Per questo, digiunare è obbedire a Gesù, che, per l'intercessione materna di Maria nostra Madre e immagine della Chiesa, anticipa qui sulla terra la sua "ora" celeste. Oggi è l'ora di Gesù; nella situazione in cui siamo, ancora una volta, nella Chiesa, ci dona di gustare il suo Mistero di Pasqua, un frammento prezioso della sua Croce e resurrezione. Ma occorre obbedire, che è l'amore più vero: e digiunare, ovvero mettere nelle giare della Chiesa attraverso i sacramenti, l'acqua della nostra povertà e debolezza, della situazione in cui siamo. Digiuniamo allora, smettiamola di cercare la gioia nell'acqua di passioni, gelosie e compromessi affettivi, la bellezza indossando vestiti vecchi di rancori e invidie. Buttiamola quest'acqua in Cristo, digiuniamo seriamente dai pensieri e dalle parole che ci insinua il demonio, e spogliamoci dell'uomo vecchio per indossare l'abito nuziale, lavato nel sangue dell'Agnello
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