Basta che un cristiano balbetti un briciolo di fede che il Cielo si apre sulla terra. Perché la fede si accende e comincia con lo sguardo di Gesù nel nostro sguardo, e la sua Parola che, mentre scende in noi, si attacca alle pareti del cuore, il cuore biblico, laddove decidiamo che sì, è vero quello che ci dice: “La fanciulla non è morta. Dorme”. La fede che nasce in questo incontro al limite della disperazione, è poi destinata a crescere, sino a che le Parole di Gesù piantate nel cuore diventino le nostre, e schiudano i nostri occhi alla loro luce: "dorme, non è morta" la speranza; dorme il tuo matrimonio, dorme tuo figlio, dorme la relazione con quel parente... Tutti ti dicono che è morta, solo Gesù afferma il contrario. Il mondo che "deride" Cristo, come ti deridono sul lavoro e a scuola, non può nulla contro il potere del male, la Chiesa sì, tu ed io sì! La fede gestata nella comunità cristiana e divenuta adulta ci dona la stessa certezza di Cristo, che sa difendersi di fronte al pensiero del mondo. Solo per chi crede è vivo ciò che sembra morto; per chi non crede, anche se in effetti dorme, resta come morto. Per questo, senza la fede, crollano le speranze e non c'è nulla da fare: un prete che non ha una fede adulta non aiuterà le persone, le spingerà giù per il burrone, consigliando loro di farsi giustizia, di reclamare i propri diritti, e somministrerà placebo, al massimo un'aspirina. Ma chi, invece, ha fede, annuncerà quello che ha sperimentato, e aiuterà a "salvare" un matrimonio risuscitandolo, il figlio ad "alzarsi" come la fanciulla del vangelo, e Matteo usa proprio il verbo "egerthe" tipico della risurrezione; chi ha fede implorerà e Gesù "salverà" una ragazza dall'abortire, o un marito a vivere nella verità amando laddove il mondo dice di lasciar perdere. La fede della Chiesa, in seminario, in parrocchia, nella propria comunità o movimento, in famiglia, è l'unica che strappa l'onnipotenza a Dio. Se lo credessimo davvero, chi ci farebbe paura? chi ci potrebbe ingannare? Nessuno, come è accaduto all'emorroissa. Il dolore per il male l'aveva resa audace; sapeva che, secondo la Legge, non poteva "toccare" Gesù. Ma stava morendo, e lì a due metri passava la vita... Un po' come Tommaso, anche lei intuiva che quel Rabbì era carne della sua carne, e solo toccandolo sarebbe potuta "guarire". Lui era l'unica carne capace di guarire la sua carne, perché in Lui la Legge s'era compiuta, e ogni promessa realizzata. Per questo cerca il "lembo del suo mantello". E' in quel frammento di stoffa che risplende la novità! Quelle frange l'avrebbero rivestita di un vestito nuovo, la veste bianca che, lavata nel sangue dell'Agnello, la poteva purificare da ogni impurità, e schiuderle l'accesso alla liturgia di lode sino allora preclusa. Toccarlo significava poter tornare in Paradiso, vivere secondo natura, una donna vera, una sposa, una madre, una vergine! In quel momento la donna si trova sulle falde del Sinai, la Torah era a un passo, con il suo potere fatto carne in Gesù. Perché per lei, come per ciascuno di noi, concretamente "toccare" Cristo è ascoltare la sua Parola, la predicazione della Chiesa, e accoglierla. Perché la "fede" viene proprio dall'ascolto! Ogni situazione limite, ogni muro invalicabile è per noi e per il mondo il luogo dell'annuncio più autentico. Per questo importa solo il desiderio profondo di toccarlo, di sfiorare il lembo del suo mantello, laddove ogni pio israelita portava lo “tzitzit” (“frangia” in ebraico). "C’è un obbligo nella Bibbia (Nm 15,38) che noi ripetiamo ogni giorno nella preghiera – fa parte dei tre brani dello shemà –, che afferma che sui quattro angoli della veste occorre portare delle frange, di cui un filo sia di colore celeste, colorato con un pigmento speciale derivato da un mollusco... Il segno esisteva per dire a ogni ebreo: «Ricorda, anche nell’abito che indossi, che esiste Dio ai quattro angoli». Sono frange sulle quali si fanno dei nodi, che seguono una tradizione numerica particolare e simbolicamente rappresentano il nome di Dio. Come tali quindi queste frange rappresentano la parte sacra dell’abito. Ciascun ebreo osservante indossava questo abito e continua a farlo oggi. Non era una veste solo sacerdotale. L’emorroissa toccava perciò la parte sacra dell’abito, toccava quei nodi che rappresentavano il nome di Dio. potremmo dire che l’emorroissa chiedeva una grazia, come atto di bontà nei suoi confronti, hesed". (R. Di Segni). Basta sfiorare la sua hesed, il suo amore misericordioso. "Nel termine hesed è insito anche lo slancio entusiastico, come un ardore, la passione nell’atto di amore o di benevolenza" (R. Di Segni). Toccare con la nostra debolezza il suo ardore d'amore; accendere il fuoco della sua passione con il solo tendere mendicante della nostra mano. Lo possiamo "toccare" nella Chiesa, che è il suo corpo, nell'esperienza dei fratelli, nella predicazione; in un istante di fiducia lo "toccheremo" in una celebrazione, nel sacramento della confessione e dell'eucarestia, nella preghiera. Questa è già la fede che "salva" per "guarire".
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