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martedì 8 settembre 2020

 

LA NOSTRA STORIA È SANTA NELLE MANI DI MARIA
Quando si celebra un compleanno è come una eucarestia, un rendimento di grazie che sgorga dal memoriale del dono della vita. Nascere, infatti, nessuno di noi lo ha chiesto, è stato un miracolo gratuito con il quale Dio ci ha tratto all'esistenza. Tuttavia c'è una storia che ci precede e ha preparato la nostra nascita.
I genitori, e prima ancora i nonni, e poi i bisnonni, e poi più indietro nel tempo sino a disegnare quello che si chiama l'albero genealogico. Esso è costituito da un tronco e da rami che intrecciano storie reali, vite vissute che hanno dischiuso il cammino alla nostra venuta al mondo.
Non siamo frutto del caso, vite gettate alla rinfusa che galleggiano nell'universo. Anche un atollo che spunta solitario nell'oceano, nelle profondità invisibili si radica nella terra che lo lega al continente. Forse non conosciamo i nomi e le vicende dei tanti che ci hanno preceduto, ma ci sono stati e hanno trasmesso seme e sangue sino a noi.
Senza di loro non ci saremmo. Senza ogni istante della storia che ci ha preceduto non esisteremmo. Così è stato anche per la Vergine Maria, "promessa sposa di Giuseppe", l'ultimo che incontriamo nella genealogia di Gesù. Ed è un'immagine meravigliosa: tutta la genealogia appare come un lungo e appassionato fidanzamento, la "promessa" di sposare l'umanità peccatrice e adultera nella fedeltà e nell'amore che Dio ha spalmato nel tempo preparandone il compimento in ogni generazione.
La storia della salvezza è dunque come la "promessa sposa" che ha atteso la pienezza dei tempi per celebrare le nozze con il Creatore. Così è la storia di ciascuno di noi, esattamente come è stata sino ad oggi, perché "tutto concorre al bene di coloro che sono amati da Dio".
Anche se nella nostra genealogia ci fossero dei camorristi, e fallimenti, violenze e scandali, non importa, anzi: "Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili... Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono" (1 Cor 1, 26-28).
Il Vangelo di oggi ci rivela che non sono i peccati di chi ci ha preceduto a condizionare negativamente le nostre storie, neanche quelli dei nostri genitori. Questo è quello che ci vuole indurre a pensare Freud e la maggior parte della psicologia. Ciò che ferisce la nostra vita sono i nostri peccati, con i quali abbiamo risposto liberamente alle vicende della vita.
La nostra genealogia, invece, proprio per non averci dati dato "nobili natali", per averci concepito nel peccato di nostra madre e di tutte le madri che l'hanno preceduta, è stata per noi il grembo benedetto nel quale Dio ha gestato la sua promessa di matrimonio.
Perché così è stato anche per Gesù: senza la sua concreta genealogia di peccatori e pagani non sarebbe venuto al mondo e non ci avrebbe salvato. Aveva infatti bisogno di Giuseppe della casa di Davide, colui che gli avrebbe dato il nome con cui entrare nel mondo. E aveva bisogno della nostra debolezza per manifestare pienamente la sua potenza in noi.
Certo, "l'evento unico e del tutto singolare dell'incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 464).
Era necessario che, per salvarci e farci "partecipi della natura divina", Egli fosse vero Dio e vero uomo: "Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell'uomo: perché l'uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio" (S. Ireneo di Lione).
E per farsi uomo, Gesù ha avuto bisogno di una genealogia del tutto simile alla nostra, nella quale una carne lo accogliesse per gestarlo e consegnarlo al mondo; la carne benedetta della Vergine Maria. In Lei "l'unigenito Figlio di Dio assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei" (S. Tommaso d'Aquino).
Maria, vera donna, era lì quel giorno che significava la pienezza e tempi, nel quale Dio aveva deciso di compiere la sua promessa di farci una carne con il Vero Dio. Per questo, in Lei ha rivelato il mistero delle due nature di Gesù: nello stesso momento nel quale vi ha deposto il suo seme per opera dello Spirito Santo Dio ha dato compimento alla sua genealogia secondo la carne.
Ciò avviene anche nella Chiesa della quale Maria è immagine. In essa si attualizza per me ciò che accadde nel suo seno quando ascoltò e credette alle parole dell'Arcangelo Gabriele. Quando la Chiesa annuncia il Vangelo, in chi ascolta e crede alla predicazione, è deposto il seme divino che comincia a risuscitare la carne schiava del peccato, infondendo una vita nuova ai pensieri e ai gesti.
Il compimento della nostra vita, infatti, dipende dall'accordarsi in noi delle due nature di Cristo delle quali anche noi siamo chiamati ad essere partecipi. Saremo felici solo quando vivremo nel mondo pur non essendo del mondo; quando cioè, vivremo nella carne un amore soprannaturale che ci sospinge oltre i limiti che essa impone, alla moglie, al marito, ai nemici.
Per questo non basta nascere, occorre rinascere! Come ha sperimentato anche Maria, nata in una storia che l'ha preceduta e preparata ma, in un certo senso, rinata all'annuncio dell'Angelo che ha compiuto quanto nella sua carne Dio aveva preparato. Maria è stata concepita ed è nata senza peccato originale per accogliere e dare alla luce l'Immacolato che avrebbe reso immacolati i peccatori.
Come Lei anche tu ed io siamo legati a una storia che ci ha preparato ad accogliere il compimento della volontà di Dio. Così anche la storia di ogni uomo è una promessa che attende il giorno in cui lo Sposo busserà alla sua porta per condurlo alle nozze. Il giorno in cui la Chiesa gli annuncerà il kerygma, la notizia che Cristo è risorto e ha perdonato ogni peccato, per poter camminare in una vita nuova.
Per questo oggi risuonano per noi le parole del Profeta Isaia: "Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti". Guardate a Maria, guardate alla Chiesa. Guardate a questo giorno e celebrate la Natività di Maria; celebratelo con gioia e gratitudine perché in esso è scritto anche il vostro compleanno, la pienezza dei tempi della vostra storia, il giorno in cui siete venuti alla luce per diventare cristiani, ovvero santi nel Santo per questa generazione.
Celebriamolo rinnovando il vigore nel cammino che ci conduce giorno dopo giorno alla pienezza dei frutti del sacramento che ci ha resi figli nel Figlio, perché "la forza della Parola di Dio è nell'incontro tra i miei peccati e il sangue di Cristo, che mi salva. Il luogo privilegiato per l’incontro con Gesù Cristo sono i propri peccati. Se un cristiano non è capace di sentirsi proprio peccatore e salvato dal sangue di Cristo, questo Crocifisso, è un cristiano a metà cammino, è un cristiano tiepido... La forza della vita cristiana e la forza della Parola di Dio è proprio in quel momento dove io, peccatore, incontro Gesù Cristo e quell’incontro rovescia la vita, cambia la vita … E ti dà la forza per annunziare la salvezza agli altri” (Papa Francesco). Coraggio allora, perché nella Chiesa possiamo offrirgli la nostra povera dote di peccati per ricevere la sua, la natura divina nella quale vivere in pienezza e fecondità ogni istante.

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