L'AMORE SI E' FATTO PAROLA RIVESTITA DI CARNE PERCHE' POTESSIMO VEDERLO OPERARE NELLA NOSTRA VITA
Se le parole buone e belle che diciamo potessero rivestirsi di carne, e,ricolme di Spirito Santo, cominciassero a vivere compiendosi in un amore vero,visibile, carnale, che meraviglia! Se le parole che un marito sussurra asua moglie diventassero carne capace di riflettere la loro “grazia”,ovvero la gratuità, e la loro “verità”, ovvero l’autenticità, che matrimoniodiventerebbe. Immaginatele con gambe, occhi e mani realizzare ciò chedicono. Quale moglie dubiterebbe più di suo marito? O quale figlio potrebbecovare rancore verso i suoi genitori se le parole con cui questi affermano chedarebbero la vita per loro diventassero gesti da vedere e toccare? E così via,tra amici, fidanzati, colleghi. Immaginate che, in un istante, simaterializzassero qui, “in mezzo a noi”, tutte le promesse, le dichiarazioni difedeltà, i complimenti e le tenerezze, ogni parola che ci nasce nel cuore esussurriamo a volte tremanti a volte con un po’ di presunzione. No, è ci è impossibile anche il solo immaginarlo, perché in fondosappiamo di dire l’impossibile, di rivestire con le parole idesideri più intimi; eppure già così ci sembra di vederli in qualche modorealizzati. Ci basta dire ti amo, ed è già amore. E attenzione, non è sempreipocrisia e sentimentalismo. Non possiamo di più, ecco tutto. Vorremmocompiere quello che diciamo, ma l’incarnazione delle nostre parole abortiscesempre nell’incoerenza, come quella di Pietro: “ti seguirò ovunque e darò lamia vita per te”. Ed era sicuro che ce l’avrebbe fatta, perché lo desideravacon tutto il suo cuore. Ma non aveva fatto i conti con la paura dellamorte che ancora lo teneva schiavo.
Eppure, proprio giunto a quel triste capolinea dove finalmente scendeval’illusione, Pietro ha incontrato la carne che avrebbe compiuto ogni suodesiderio di bene e di amore. Lo sguardo di Gesù lo sconvolgeva, aprendo d’uncolpo la diga che gli bloccava le lacrime in petto. I suoi occhi vedevanoinfatti la parola di misericordia fissarlo e accoglierlo così come era mentresi faceva carne prendendo su di sé il suo tradimento. Quelle lacrimediventavano un battesimo nel quale la parola buona pronunciata da Dio suciascun uomo scendeva di nuovo per farsi carne nell’incoerenza e trasformarlain fedeltà.
Come può accadere in questo tempo di Natale, nel quale la Parola di Dioviene a cercare le nostre parole per purificarle e assorbirle nella sua Parolache si fa carne per essere vista e accolta. I rabbini insegnavano cheper vedere Dio occorre accostarsi alla scala che, nel sogno,ha permesso a Giacobbe di vedere il cielo aperto. Essa era una profezia dellascala del Sinai, sulla cui sommità Dio ha consegnato la Torah a Mosè e alpopolo. Ma era anche una profezia della Croce! Per vedere Dio è dunquenecessario accostarsi alla scala di Giacobbe, attraverso l'ascolto della Torah,la Parola che la Chiesa ci predica, con il cuore finalmente contrito edesideroso di accoglierla nell'obbedienza.
Come accadde a Giacobbe quando incontrò il gemello Esaù dopo la nottepassata al guado dello Jabbok, dove ha lottato con Dio. In quel battesimo avevasperimentato la sua debolezza e la forza di Dio, uscendone claudicante mafinalmente appoggiato a Lui; da quelle acque era nato Israele, un nome nuovoper un uomo rinato a vita nuova. Ora Giacobbe poteva incontrare il fratello cheaveva temuto e riconciliarsi con lui, e in quell'esperienza vedere la parolafatta carne nella sua debolezza risplendere viva dinanzi ai suoi occhi, sino adaffermare che "vedere il volto di Esaù è come vedere il volto di Dio"(cfr. gen 33,10). Solo un cuore umiliato e contrito che si appoggiacompletamente a Dio può riconciliarsi prima con se stesso e la propria storia,e poi con i fratelli vedendo in essi il volto di Dio.
Anche per noi èpreparata una notte simile, quando attraverso la croce Dio si fa carne perlottare con il nostro uomo vecchio, ridurlo a nulla e donarci il nome nuovo difiglio di Dio, che "non per volere di carne né di sangue ma da dio, perpura grazia, è generato". La nostra naturaè ferita dal peccato, e per questo ci atterriscono l’umiliazione, il dolore, lamorte e la frustrazione delle nostre idee, dei progetti, degli ideali. Manella liturgia di questa domenica, di nuovo si compie il misterodell’Incarnazione, e risplende per noi come per Giacobbe la luce della vittoriadi cristo su ogni peccato compiuto nella carne. La parola che la Chiesa cipredica, infatti, “si fa carne” oggi nei sacramenti e nel popolo santo di Dio,“per abitare in mezzo a noi” e offrirci così la possibilità di accoglierla ecamminare senza paura verso i fratello e la storia che ci attendono.
Guardiamoci intorno, è tutto un incarnarsi della Parola di Dio! Non c’èuna sua promessa andata a vuoto. Non c’è un matrimonio raggiunto dalla sua Parola che non sia stato salvato e rigenerato. Accettiamo la nostra debolezza,come Giacobbe e come Pietro, perché proprio essa ci spinge, umilmente, adaccogliere il Signore e appoggiarci a Lui. E appoggiarsi significa la fede,senza la quale la Parola non si può incarnare. Ma chi nella Chiesa cresce inessa sperimentando nella propria vita il "potere" di Cristo nei figlidi Dio, vedrà in “tutto” un nuovo "principio", una nuovacreazione.
Forse sino ad oggi hai vissuto incastrato nel mondo che non hariconosciuto il Messia farsi carne, e per questo non hai accettato la luce cherisplendeva nelle tue tenebre. Non hai potuto sopportare tua moglieimputando al suo carattere le difficoltà nel vostro matrimonio; hairifiutato i tuoi genitori, o il lavoro, o te stesso. Stop, fermati, oggi laliturgia ti annuncia che non deve per forza continuare così!
Gesù "è nel mondo" ora, nel tuo mondo, ed esso "è statofatto per mezzo di lui". Sì, è ferito dal peccato, ma Lui vi è disceso perassumere sulla sua carne le ferite che ti scandalizzano e ti impediscono di accettaree amare le persone e la storia. La "grazia e la verità" vengono oggia te attraverso l'amore che si è infilato proprio dentro il tuo mondo, nel modopiù impensabile. Lasciando cioè che ogni tuo peccato, come quello di chi ti èaccanto, giungesse alla sua carne per disintegrarsi sulla roccia incorruttibiledella natura divina che essa celava.
Coraggio allora, perché se è vero che nessuno ha visto Dio, e per questotutti brancoliamo nelle tenebre del non senso e della frustrazione, nella Chiesa Gesù, che è rivolto verso il Padre con amore, si volge a noi e ce lorivela. sì, nella chiesa possiamo vedere Dio! e chi vede Dio nella propriavita, chi cioè sperimenta il suo amore che perdona e rigenera, come Giacobbe ecome Pietro, può vivere, nell'umiltà, una vita nuova e piena, compiuta nellostesso amore che lo ha raggiunto, perché “dalla sua pienezza tutti abbiamoricevuto grazia su grazia”.
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