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domenica 2 maggio 2021

 


LA GIOIA PIENA E' VEDERE IL PADRE NELLE OPERE CHE IL FIGLIO COMPIE NEI FIGLI DI DIO
"Mostraci il Padre e ci basta": l'affermazione di Filippo esprime il desiderio piu' profondo di ogni uomo; poter vedere nostro Padre, vedere, che secondo il Vangelo di Giovanni significa credere, appoggiare la nostra vita in Dio, nostro Padre, questo ci basterebbe per vivere in pienezza. Sapere con certezza che niente e nessuno potra' mai separarci dall'amore di Dio, vivere da figli sussurrando in ogni istante "Abba', Papa'", vivere stretti a Lui, questo e' tutto. Non si tratta di uccidere il padre, come ci hanno insegnato per decenni in ogni modo, ma piuttosto di conoscerlo, e di amarlo. E un padre, sia quello terreno, sia quello celeste, si conosce a partire da quanto si riesce a scoprire di lui in se stessi. E' questa la pedagogia rivelata nel brano del Vangelo di oggi. E' come un dialogo incessante che parte dalla realta'. dalla carne visibile, toccabile, di cui si fa esperienza ogni giorno, e con cui misurarsi; Dio si e' fatto realta' che si impone e obbliga al giudizio, ad esercitare la liberta'. Dio si e' fatto Legge impregnata di Spirito, il corpo morto e risorto del suo Figlio, l'opera maestra del Padre, deposta ogni giorno sull'uscio della nostra vita: "Dio nessuno lo ha mai visto. Il Figlio, che e' rivolto verso il seno del Padre, Lui lo ha rivelato". "Possiamo credere in Dio, perché Dio ci tocca, perché egli e' in noi e perche' egli anche dall’esterno si avvicina a noi. Possiamo credere in lui, perche' esiste colui che egli ha mandato: “Egli ha visto il Padre”, dice il Catechismo; egli “e' il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare”. Potremmo dire che la fede e' partecipazione allo sguardo di Gesu'. Nella fede Egli ci permette di vedere insieme con lui, cio' che egli ha visto. A motivo del fatto che egli e' il Figlio, egli vede continuamente il Padre. A motivo del fatto che egli e' uomo, noi possiamo guardare insieme con lui" (Card. Joseph Ratzinger). Il Padre si e' fatto carne per farsi conoscere e amare dai figli che lo avevano dimenticato, cancellato, rifiutato. Il Padre si e' fatto debolezza nel Figlio, per deporre in ogni debolezza la sua potenza; il Padre, nel Figlio, si e' fatto addirittura peccato, perche' ogni peccatore potesse accogliere il suo perdono. Cosi' il Padre si e' rivelato, dipingendo sulla carne del Figlio le sue fattezze di tenerezza, misericordia, pazienza e amore: il Padre si specchia istante dopo istante nel Figlio che vive eternamente nella sua intimita'. In un certo senso il Padre si e' fatto memoria e desiderio di infinito e pienezza, conficcandosi nel cuore e nella mente dell'uomo, cosi' che, anche al termine della parabola esistenziale piu' fallimentare, come quella del figliol prodigo, potesse riaccendere in ogni uomo la scintilla della conversione e muovere i suoi passi sul cammino del ritorno a casa. Per questo il Padre ha inviato suo Figlio, immagine perfetta e nitidissima di Lui. E' Cristo che dobbiamo cercare, implorare, a Lui dobbiamo stringerci senza paura. Da Lui lasciarci amare, perdonare, consolare. Lui, Gesu', unica nostra felicita'. In Lui ogni nodo irrisolto della nostra vita trova la mano pronta a scioglierlo, per riconsegnare ad ogni grumo della nostra storia dignita' e luce. Tutto in Cristo acquista senso, valore, gioia e gratitudine. Non un secondo della nostra vita e' assente dal cuore di Cristo. Di piu', ogni istante della nostra storia reca impresse le stimmate del suo amore. La nostra vita e' opera sua: ogni incontro, i genitori, la famiglia, la scuola, il lavoro, i figli, gli amici. Il nostro corpo, gli acciacchi, gli stessi spigoli del carattere, tutto e' modellato perche' Lui risplenda in noi. Ciascuno di noi e' opera sua, opera del Padre nel Figlio. E' alla nostra vita che dobbiamo guardare per contemplare il Padre riflesso nel volto di Cristo impresso in ogni istante e ogni centimetro della nostra esistenza e della nostra persona. Ai momenti nei quali ci e' sembrato di crollare e Qualcuno ci ha sostenuto; ai peccati che avrebbero meritato esiti ben diversi della misericordia che ci ha accolti e rigenerati; al matrimonio, ai figli, alle ore di solitudine colmate dal suo amore, ai fallimenti trasformati in fonte di letizia, alle mille volte che l'impossibile si e' fatto possibile; al perdono, gratuito, immeritato, che ci testimonia di essere figli amatissimi di un Padre sempre pronto ad accoglierci cosi' come siamo. Le "Parole" del Signore che ci annuncia la Chiesa sono credibili perche' certificate dalle opere che Egli compie ogni giorno in noi dal Cielo, dove non esiste piu' la morte e la carne non vincola piu' l'amore alla passione e alla gratificazione. Vedere la propria storia con gli occhi e la mente illuminati dalla fede, significa credere che Gesu' e' davvero risorto, che ha vinto morte e peccato ed e' salito al Padre, e con Lui conduce con la sapienza della Croce la nostra storia, accompagnandoci sul cammino della vita. Credere che Gesu' e' vivo in noi ci libera dal nostro io schiavo del narcisismo tipico degli orfani che hanno smarrito la propria origine e cercano se stessi in tutto quello che fanno: "Le patologie psichiatriche sono in forte crescita. Da una parte negli ultimi trent’anni sono enormemente aumentati i giovani chiusi in se stessi, soli anche se in compagnia e incapaci di costruirsi una vita basata su relazioni stabili. Dall’altra parte l’assenza del padre genera un narcisismo patologico in cui la persona ha bisogno di continue conferme di se', prigioniera di una fragilita' destabilizzante che la fa essere in balia di tutto. Incapace di fidarsi (innanzitutto di se') per via del padre che ha abdicato, non sa confrontarsi ne' accogliere l’altro, di cui dubita sempre. Questa situazione e' sfruttata economicamente attraverso comunicazioni e consumi indotti e dipinta come positiva dal circo massmediatico. Cosi' la persona sofferente, lasciata nella sua sostanziale solitudine anziche' aiutata a uscirne, rimane insicura e dipendente e sviluppa angoscia" (C. Rise',intervista a Tempi, 2 aprile 2013). Credere e' vedere il Padre all'opera in ogni frammento della vita, e cosi' gustare il riposo da se stessi, sciolti dallo sfinimento di chi deve sempre produrre qualcosa, ottenere risultati, siglare i giorni con la firma delle proprie opere, liberati dall'angoscia di chi e' in balia di tutto, saziati dell'amore che non ti fa sentire solo, mai. Le opere per compiere le quali siamo nati, invece, quelle per le quali oggi ci siamo svegliati, sono le opere di Dio, grandi, più grandi di quanto neanche riusciamo ad immaginare: amare, perdonare, giustificare, offrire gratuitamente se stessi a chi, forse, non ha la capacita' di dirci grazie. Comprendere il collega di lavoro, avere misericordia con il vicino di casa, non resistere di fronte alle ingiustizie sul lavoro, umiliarci e chiedere perdono ai genitori, alla moglie, al marito, al figlio. Studiare, lavorare, fare tutto per amore. Queste sono le opere di vita eterna che Dio ha predisposto per noi, queste sono le grazie da chiedere a nostro Padre nel nome di suo Figlio e nostro fratello Gesù. "Qualunque" situazione, anche la piu' diffcile, anche quella impossibile da risolvere, ha gia', nel Padre, la risposta d'amore preparata per noi; basta chiedere esibendo il "buono omaggio" che ci ha donato Gesu', quello che reca impresse le ferite gloriose del suo Mistero di Pasqua. Ci verra' donato "qualunque cosa" sia necessaria per amare e compiere la missione alla quale siamo chiamati: anche il denaro, anche il lavoro, esattamente come la precarieta'. la debolezza, la malattia, se tutto cio' e' pensato dal padre come strumento per annunciare e testimoniare suo Figlio. Siamo chiamati a Vivere oggi e ogni giorno la vita di Dio, scorgendo in ogni luogo e persona su cui posiamo lo sguardo la traccia inconfondibile di nostro Padre. Tutto ci parla di Dio, ogni persona ci e' donata per amarla nell'amore con cui siamo amati, compiendo cosi' la sua volontà dove, solo, vi è la nostra pace.

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