Nel caso dei treni è una benedizione che i binari siano paralleli, la stessa cosa purtroppo non vale in altri ambiti, come ad esempio quello del magistero della Chiesa. In questo caso un “magistero parallelo” è più facile che porti al deragliamento, piuttosto che a destinazione; l’esempio da manuale è fornito dalla reazione a cui andò incontro l’ultima enciclica di Paolo VI, ormai prossimo beato.
Era il 29 luglio del 1968 quando fu presentata l’Humanae Vitae, il pronunciamento del pontefice sul tema scottante dell’amore coniugale e della “regolazione” delle nascite, appena due giorni dopo si alzava violento il vento del dissenso. Al n°14 dell’enciclica si ribadiva con chiarezza che «è altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione». Una sconfitta colossale per i molti che da anni tentavano, dentro e fuori la Chiesa, di forzare la mano per ottenere un pronunciamento favorevole sul tema della contraccezione. Il 31 luglio 1968, a pagina 16 del New York Times, si poteva già leggere la “dichiarazione Curran”, dal nome del teologo della Catholic University of America che raccolse la diffusa opposizione all’enciclica. Fu solo la prima di una lunga serie di azioni e dichiarazioni che teologi cattolici, e anche alcuni vescovi, fecero in aperto contrasto al magistero del Papa. Sul quotidiano Le Monde l’abate Oraison ne faceva un nuovo caso Galileo: con questo pronunciamento la Chiesa stava rifiutando di riconoscere «le acquisizioni della moderna antropologia».
Dopo 46 anni, proprio sulle pagine del quotidiano francese, viene pubblicata un’inchiesta che sembra “riabilitare” l’Humanae
Era il 29 luglio del 1968 quando fu presentata l’Humanae Vitae, il pronunciamento del pontefice sul tema scottante dell’amore coniugale e della “regolazione” delle nascite, appena due giorni dopo si alzava violento il vento del dissenso. Al n°14 dell’enciclica si ribadiva con chiarezza che «è altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione». Una sconfitta colossale per i molti che da anni tentavano, dentro e fuori la Chiesa, di forzare la mano per ottenere un pronunciamento favorevole sul tema della contraccezione. Il 31 luglio 1968, a pagina 16 del New York Times, si poteva già leggere la “dichiarazione Curran”, dal nome del teologo della Catholic University of America che raccolse la diffusa opposizione all’enciclica. Fu solo la prima di una lunga serie di azioni e dichiarazioni che teologi cattolici, e anche alcuni vescovi, fecero in aperto contrasto al magistero del Papa. Sul quotidiano Le Monde l’abate Oraison ne faceva un nuovo caso Galileo: con questo pronunciamento la Chiesa stava rifiutando di riconoscere «le acquisizioni della moderna antropologia».
Dopo 46 anni, proprio sulle pagine del quotidiano francese, viene pubblicata un’inchiesta che sembra “riabilitare” l’Humanae