Su Facebook è ora possibile scegliere tra 58 identità di genere. Divertimento rischioso perché le manipolazioni semantiche nascondono inganni profondi. Pretendere di sgretolare il dualismo uomo-donna significa scambiare la realtà con l'ideologia
di Nicoletta Martinelli
Dando un nome alle cose le rendiamo concrete, pensabili. Identificabili e condivise. Le consegniamo all'esistenza. La scena biblica della nominazione degli esseri viventi ci insegna il potere creativo delle parole. Eccole qua le mie creature, brulicano nelle acque, volano nel cielo, passeggiano sulla terra, lo le ho fatte e ora tu, caro Adamo, trova loro un nome. Non sarà stato così banale il dialogo tra Dio e il suo prediletto, ma il succo quello resta: all'uomo viene affidato il compito di chiamare le cose per nome, di dare consistenza -individualizzandoli - agli uccelli, ai pesci, ai rettili e alle fiere. Alla donna, parte di sé, l'unica davanti alla quale si entusiasma.
Adamo, però, non è più quello di una volta. E neppure Eva: proprio loro che hanno dato origine al linguaggio -e a molto altro... - dalle parole sono stati traditi, consegnati all'incertezza da un vocabolario mutevole e capriccioso.
Maschio e femmina Dio li creò. Ma, si dice ora e si vorrebbe che fosse scritto per sempre, Facebook poi li trasformò in agender, bigender, transgender, cisgender, fluidi, intersessuali, asessuali, incerti e in ricerca... E non solo Facebook, che si è limitato a cavalcare - con un'operazione furbetta - l'ideologia gender che va per la maggiore. Sono 56 - 58 in Italia - le identità di genere con cui gli utenti del social network possono descriversi presso la comunità di amici. Per ognuna c'è anche la sottile distinzione - così sottile che sfugge al buon senso - tra uomo e maschio e donna e femmina. Infine ma non ultimo, si può anche prendere la decisione - questa sì temeraria -di definirsi "persona". E se ancora non
bastasse, se ci fosse qualcuno che proprio non si vede né maschio né uomo né donna né femmina né persona allora faccia da sé -concede Facebook - e proponga per se stesso il termine che considera più consono. Perché quel che conta davvero non è quel che si è, ma quel che ci si sente o si decide di essere, il sesso non appartenendo più alla sfera naturale bensì a quella delle scelte individuali, dell'autodeterminazione. Scelte neppure definitive: se il desiderio è dittatore e la volontà onnipotente, perché non procedere per tentativi ed errori sulla strada verso il proprio io più vero? Oggi pansessuale, domani trans, una pausa asessuale e, poi, chissà?
Il passaggio dall'una all'altra comunità -tranne, va da sé, che nel virtuale mondo di facebook - potrebbe rivelarsi tra i più ostici. L'universo omosessuale non è immune da polemiche e frizioni, anche le più spietate: nel mondo anglosassone - lo raccontava la Bbc in un servizio dello scorso 2 luglio - le divisioni tra lesbiche e gay sono all'ordine del giorno, non tutti sono entusiasti di finire in un melting pot, un miscuglio indistinto che li accomuna a bisessuali e transgender. Gli ormai famosi LGBT. Ora diventati LGBTQQI con l'aggiunta - sempre all'insegna del politically correct - di queer, questioning e intersex e forse presto ulteriormente estesi a LGBTQQIAP per accontentare la legittima richiesta di spazio di asessuali e poliamorosi. Mentre il Canada si appresta a mettere in scena l'annuale festival della cultura e dei diritti LGBTTIQQ2SA dove alle già citate identità sessuali si aggiungono i Two Spirits -un termine usato dai nativi americani per indicare un'identità di genere molteplice - e gli allies, gli alleati. Gli amanti della sintesi propongono un più pragmatico LGW dove la dabliu sta per qualsiasi cosa, whatever. Una moltiplicazione di definizioni, di identità, di abitudini sessuali che secondo alcuni è massima espressione di libertà. Un'infinita possibilità di scelta che sgretola il dualismo uomo-donna, non più considerato risorsa e fonte dinamica di sviluppo individuale e sociale ma limite opprimente alla realizzazione del desiderio, al capriccio del momento.
Cinquantotto identità di genere tra cui scegliere sono l'apoteosi della libertà o il trionfo della confusione? La certezza di trovare il proprio posto nel mondo o il rischio di perdersi in un labirinto di specchi che rimandano immagini distorte e mai definitive?
La manipolazione semantiche del linguaggio che occultano il dato di natura - o siamo maschi o siamo femmine - sono tanto più pericolose se vengono proposte come normali e auspicabili ai ragazzi. Facebook si fa promotore di un linguaggio totalmente inventato che rischia di diventare più potente della realtà, spacciando per possibile quel che è solo un'illusione, per sostenibile ciò che sostenibile non è.
Concediamoci un atto creativo, in quel senso originario in cui anche Adamo fu chiamato a esercitarlo, dando alle cose il loro nome per determinarle, conoscerle, comprenderle: chiamiamoci uomo, chiamiamoci donna, maschio e femmina. Nessuno mai è di troppo, nessuno va discriminato, ma due è necessario e sufficiente alla vita, ed è naturale. Riconosciamolo. Senza inganni
Adamo, però, non è più quello di una volta. E neppure Eva: proprio loro che hanno dato origine al linguaggio -e a molto altro... - dalle parole sono stati traditi, consegnati all'incertezza da un vocabolario mutevole e capriccioso.
Maschio e femmina Dio li creò. Ma, si dice ora e si vorrebbe che fosse scritto per sempre, Facebook poi li trasformò in agender, bigender, transgender, cisgender, fluidi, intersessuali, asessuali, incerti e in ricerca... E non solo Facebook, che si è limitato a cavalcare - con un'operazione furbetta - l'ideologia gender che va per la maggiore. Sono 56 - 58 in Italia - le identità di genere con cui gli utenti del social network possono descriversi presso la comunità di amici. Per ognuna c'è anche la sottile distinzione - così sottile che sfugge al buon senso - tra uomo e maschio e donna e femmina. Infine ma non ultimo, si può anche prendere la decisione - questa sì temeraria -di definirsi "persona". E se ancora non
bastasse, se ci fosse qualcuno che proprio non si vede né maschio né uomo né donna né femmina né persona allora faccia da sé -concede Facebook - e proponga per se stesso il termine che considera più consono. Perché quel che conta davvero non è quel che si è, ma quel che ci si sente o si decide di essere, il sesso non appartenendo più alla sfera naturale bensì a quella delle scelte individuali, dell'autodeterminazione. Scelte neppure definitive: se il desiderio è dittatore e la volontà onnipotente, perché non procedere per tentativi ed errori sulla strada verso il proprio io più vero? Oggi pansessuale, domani trans, una pausa asessuale e, poi, chissà?
Il passaggio dall'una all'altra comunità -tranne, va da sé, che nel virtuale mondo di facebook - potrebbe rivelarsi tra i più ostici. L'universo omosessuale non è immune da polemiche e frizioni, anche le più spietate: nel mondo anglosassone - lo raccontava la Bbc in un servizio dello scorso 2 luglio - le divisioni tra lesbiche e gay sono all'ordine del giorno, non tutti sono entusiasti di finire in un melting pot, un miscuglio indistinto che li accomuna a bisessuali e transgender. Gli ormai famosi LGBT. Ora diventati LGBTQQI con l'aggiunta - sempre all'insegna del politically correct - di queer, questioning e intersex e forse presto ulteriormente estesi a LGBTQQIAP per accontentare la legittima richiesta di spazio di asessuali e poliamorosi. Mentre il Canada si appresta a mettere in scena l'annuale festival della cultura e dei diritti LGBTTIQQ2SA dove alle già citate identità sessuali si aggiungono i Two Spirits -un termine usato dai nativi americani per indicare un'identità di genere molteplice - e gli allies, gli alleati. Gli amanti della sintesi propongono un più pragmatico LGW dove la dabliu sta per qualsiasi cosa, whatever. Una moltiplicazione di definizioni, di identità, di abitudini sessuali che secondo alcuni è massima espressione di libertà. Un'infinita possibilità di scelta che sgretola il dualismo uomo-donna, non più considerato risorsa e fonte dinamica di sviluppo individuale e sociale ma limite opprimente alla realizzazione del desiderio, al capriccio del momento.
Cinquantotto identità di genere tra cui scegliere sono l'apoteosi della libertà o il trionfo della confusione? La certezza di trovare il proprio posto nel mondo o il rischio di perdersi in un labirinto di specchi che rimandano immagini distorte e mai definitive?
La manipolazione semantiche del linguaggio che occultano il dato di natura - o siamo maschi o siamo femmine - sono tanto più pericolose se vengono proposte come normali e auspicabili ai ragazzi. Facebook si fa promotore di un linguaggio totalmente inventato che rischia di diventare più potente della realtà, spacciando per possibile quel che è solo un'illusione, per sostenibile ciò che sostenibile non è.
Concediamoci un atto creativo, in quel senso originario in cui anche Adamo fu chiamato a esercitarlo, dando alle cose il loro nome per determinarle, conoscerle, comprenderle: chiamiamoci uomo, chiamiamoci donna, maschio e femmina. Nessuno mai è di troppo, nessuno va discriminato, ma due è necessario e sufficiente alla vita, ed è naturale. Riconosciamolo. Senza inganni
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