Morte e lotta, ma io ci sono
Tre parole ci stampa la sacra scrittura nella coscienza stasera: la morte, la lotta, una compagnia.
La morte è guardata dal punto di vista di Dio. E' la morte per l'uccisione spietata di Agapito, per una persecuzione senza sosta contro i cristiani che in questo tempo sta aumentando come ai tempi di Agapito in quei giorni romani, efferati, di agosto, in cui furono ammazzati crudelmente tanti giovani: Lorenzo, Sebastiano, Tarcisio, i quattro diaconi di papa Sisto... Abbiamo pregato per loro il giorno dell'Assunta e oggi assieme ad Agapito vogliamo rendere loro onore.
Ma c'è anche una sfida, una lotta: chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada...? Ma che sto a dire io vescovo di Palestrina? Che tribolazione, che angoscia, che persecuzione abbiamo noi cristiani prenestini? Non vi sembra che invece stiamo navigando mollemente di nuovo nel paganesimo dei tempi di sant'Agapito? Allora si veniva al tempio a farsi predire il futuro, per tentare la fortuna portando animali per essere sacrificati.
Oggi c'è una fila continua di prenestini davanti ai maghi, ai fattucchieri, a chi legge la mano. Tornano di moda sette sataniche; c'è gente disturbata da fenomeni strani, malata dentro nello spirito e si affida a tutti, agli oroscopi pure, fuorchè a Dio. Siamo in difficoltà di lavoro, di economia, ma non abbiamo più speranza; pensiamo ciascuno ai fatti nostri; non osiamo rischiare carità. La celebrazione eucaristica non è più un appuntamento cercato, scritto nella vita di una persona, di una famiglia, nel programma della domenica. E' ridotto solo a un gesto formale e occasionale, l'ultima cosa da tenere in considerazione.
Chi ci separa dall'amore di Cristo? Non c'è angoscia o persecuzione, ma maldicenza, calunnia, sfruttamento,
il non pagare il lavoratore, la ruberia, l'ostentazione solo di una facciata; sto facendo solo l'elenco di quello che continuamente il papa rimprovera a noi cristiani. Vogliamo dare una sterzata alla nostra vita cristiana così che cresca anche una società più civile, più giusta, più partecipata? La smettiamo di vedere in ogni nostra amicizia un possibile affare, in ogni espressione di fede un tornaconto personale, in ogni nostro bisogno o malattia o sofferenza una sconfitta e non invece una risorsa, una chiamata di Dio a una esistenza più profonda?
Si tratta di tornare a contemplare la bontà di Dio, il fascino della persona di Gesù, avere la consapevolezza, ed è la terza parola, che la sua compagnia ci è garantita senza se e senza ma. Io sono con voi tutti i giorni. Non sto cercando di alzare il fatturato delle nostre chiese, delle nostre parrocchie, della categoria del culto, ma di far crescere la nostra fiducia nel Signore.
Non siamo noi, preti, vescovo o frati e suore da imitare, ma Gesù di cui innamorarsi, da incontrare più spesso nei sacramenti, nella preghiera vera, nei poveri di ogni tipo cui aprire la nostra vita, la nostra casa, la nostra cordialità.
Papa Francesco ce ne dà l'esempio, compie gesti veri di condivisione, che sono la sua stessa vita. Abbiamo la fortuna di avere a quattro passi un papa che sta aprendo porte che pensavamo impossibili, non perdiamo l'appuntamento con la storia. Le nostre tradizioni sono belle, ma vanno assolutamente ripensate, rivissute per ridire la fede oggi, per dire ai giovani che non stiamo curando una facciata, ma stiamo scrivendo nella nostra vita un nuovo modo più autentico di essere cristiani e cittadini, di vivere una fede che possa star anche solo vicino a quella di tutti i martiri che veneriamo, ma anche a quelli che vengono segnati in Iraq da una N (nazzareni) per indicare la loro condanna a morte.
Siamo tutti Nazzareni anche noi; sulle nostre case, ma soprattutto dentro le nostre relazioni familiari scriviamo la nostra fede, viviamola come patrimonio inviolabile nelle nostre famiglie.
Giovani
Siamo al centro della festa di sant'Agapito. Ho visto che siete sinceri, perchè ho chiesto la settimana scorsa alle squadre del palio se potevano promettere di non litigare, mi hanno detto di no. Lode alla sincerità. Non mi son permesso di chiedere di non dire parolacce, sareste stati muti tutta settimana. Avete sentito che hanno fatto ai cristiani a Mosul, a Ninive in Iraq? Hanno segnato le case dei cristiani con una N così che chi vi abitava o rinunciava alla sua fede o veniva violentato e cacciato e derubato di ogni cosa, spesso anche ucciso. Siete disposti a farvi tatuare sulle braccia o sul petto questa N o, meglio, la croce di Gesù?
A voi costa qualcosa la vostra fede? Ma volete essere cristiani davvero?
Chiedete a sant'Agapito con me: abbiamo una fede che fa pena, aiutaci a credere davvero in Gesù, come hai fatto tu.
+ Domenico,vescovo
Tre parole ci stampa la sacra scrittura nella coscienza stasera: la morte, la lotta, una compagnia.
La morte è guardata dal punto di vista di Dio. E' la morte per l'uccisione spietata di Agapito, per una persecuzione senza sosta contro i cristiani che in questo tempo sta aumentando come ai tempi di Agapito in quei giorni romani, efferati, di agosto, in cui furono ammazzati crudelmente tanti giovani: Lorenzo, Sebastiano, Tarcisio, i quattro diaconi di papa Sisto... Abbiamo pregato per loro il giorno dell'Assunta e oggi assieme ad Agapito vogliamo rendere loro onore.
Ma c'è anche una sfida, una lotta: chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada...? Ma che sto a dire io vescovo di Palestrina? Che tribolazione, che angoscia, che persecuzione abbiamo noi cristiani prenestini? Non vi sembra che invece stiamo navigando mollemente di nuovo nel paganesimo dei tempi di sant'Agapito? Allora si veniva al tempio a farsi predire il futuro, per tentare la fortuna portando animali per essere sacrificati.
Oggi c'è una fila continua di prenestini davanti ai maghi, ai fattucchieri, a chi legge la mano. Tornano di moda sette sataniche; c'è gente disturbata da fenomeni strani, malata dentro nello spirito e si affida a tutti, agli oroscopi pure, fuorchè a Dio. Siamo in difficoltà di lavoro, di economia, ma non abbiamo più speranza; pensiamo ciascuno ai fatti nostri; non osiamo rischiare carità. La celebrazione eucaristica non è più un appuntamento cercato, scritto nella vita di una persona, di una famiglia, nel programma della domenica. E' ridotto solo a un gesto formale e occasionale, l'ultima cosa da tenere in considerazione.
Chi ci separa dall'amore di Cristo? Non c'è angoscia o persecuzione, ma maldicenza, calunnia, sfruttamento,
il non pagare il lavoratore, la ruberia, l'ostentazione solo di una facciata; sto facendo solo l'elenco di quello che continuamente il papa rimprovera a noi cristiani. Vogliamo dare una sterzata alla nostra vita cristiana così che cresca anche una società più civile, più giusta, più partecipata? La smettiamo di vedere in ogni nostra amicizia un possibile affare, in ogni espressione di fede un tornaconto personale, in ogni nostro bisogno o malattia o sofferenza una sconfitta e non invece una risorsa, una chiamata di Dio a una esistenza più profonda?
Si tratta di tornare a contemplare la bontà di Dio, il fascino della persona di Gesù, avere la consapevolezza, ed è la terza parola, che la sua compagnia ci è garantita senza se e senza ma. Io sono con voi tutti i giorni. Non sto cercando di alzare il fatturato delle nostre chiese, delle nostre parrocchie, della categoria del culto, ma di far crescere la nostra fiducia nel Signore.
Non siamo noi, preti, vescovo o frati e suore da imitare, ma Gesù di cui innamorarsi, da incontrare più spesso nei sacramenti, nella preghiera vera, nei poveri di ogni tipo cui aprire la nostra vita, la nostra casa, la nostra cordialità.
Papa Francesco ce ne dà l'esempio, compie gesti veri di condivisione, che sono la sua stessa vita. Abbiamo la fortuna di avere a quattro passi un papa che sta aprendo porte che pensavamo impossibili, non perdiamo l'appuntamento con la storia. Le nostre tradizioni sono belle, ma vanno assolutamente ripensate, rivissute per ridire la fede oggi, per dire ai giovani che non stiamo curando una facciata, ma stiamo scrivendo nella nostra vita un nuovo modo più autentico di essere cristiani e cittadini, di vivere una fede che possa star anche solo vicino a quella di tutti i martiri che veneriamo, ma anche a quelli che vengono segnati in Iraq da una N (nazzareni) per indicare la loro condanna a morte.
Siamo tutti Nazzareni anche noi; sulle nostre case, ma soprattutto dentro le nostre relazioni familiari scriviamo la nostra fede, viviamola come patrimonio inviolabile nelle nostre famiglie.
Giovani
Siamo al centro della festa di sant'Agapito. Ho visto che siete sinceri, perchè ho chiesto la settimana scorsa alle squadre del palio se potevano promettere di non litigare, mi hanno detto di no. Lode alla sincerità. Non mi son permesso di chiedere di non dire parolacce, sareste stati muti tutta settimana. Avete sentito che hanno fatto ai cristiani a Mosul, a Ninive in Iraq? Hanno segnato le case dei cristiani con una N così che chi vi abitava o rinunciava alla sua fede o veniva violentato e cacciato e derubato di ogni cosa, spesso anche ucciso. Siete disposti a farvi tatuare sulle braccia o sul petto questa N o, meglio, la croce di Gesù?
A voi costa qualcosa la vostra fede? Ma volete essere cristiani davvero?
Chiedete a sant'Agapito con me: abbiamo una fede che fa pena, aiutaci a credere davvero in Gesù, come hai fatto tu.
+ Domenico,vescovo
La grazia di ascoltare dal nostro Vescovo sempre parole di eccelsa verità, senza preamboli ne sdolcinature, la verità.
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