Sono tante le "reti" con le quali ogni giorno cerchiamo di guadagnarci da vivere. Le gettiamo sperando di pescare un branco di amici, di quelli che ci potrebbero saziare d'affetto, stima e comprensione. Ma troppo spesso ne restiamo impigliati. La rete, non si chiama così quel pozzo senza fondo che, attraverso lo schermo di un computer, ci afferra nell'illusione d'essere in contatto col mondo intero e di farci un mondo di amici che ci seguano? Internet, la rete, una piroetta virtuale che sfiora la realtà senza viverla, anche se dicono che ci fanno le rivoluzioni. Social networks, chat, video e notizie, sono le maglie di una rete che rapisce il cuore, sottrae il tempo, evapora i profili, scolora le relazioni in una menzogna travestita di vuota pienezza. Giovani e meno giovani come pesci indifesi, pescati e sottratti all'acqua autentica della volontà divina. Sempre connessi, è il mantra ripetuto ovunque, perché la rete ci insegue con il wifi che si insinua nei computer di casa, nei portatili, nei tablet e negli smartphone, sempre più piccoli, sempre più veloci, sempre con noi. Sempre connessi per dimenticare d'essere disconnessi dal vero, dal bello e dal buono, l'essenziale che ci fa vivi, felici e realizzati. Sempre connessi eppure profondamente soli, con il cuore che naviga lontano da Cristo, scappando dalla Croce, l'unico Link autentico che connette alla vita piena che non si corrompe, come tralci staccati dalla vite. Viviamo, soprattutto i più giovani, definiti ormai come i "nativi digitali", nell'illusione che basti un click per parlare, relazionarsi, amare; un secondo e i desideri sembrano realizzarsi, e tutto il mondo, cose e persone, giungono a portata di mano; immagini e parole prese nella rete, spesso con la violenza della curiosità e della concupiscenza, senza renderci conto d'essere stati "pescati" noi per primi per consumare sempre di più, sempre peggio, accendendo nella carne una compulsione insaziabile che confonde la realtà con il sogno, ed esige da essa l'impossibile. Tutto in un click, dimenticando la fatica e il sudore dell'amore autentico, il sacrificio del donarsi, i chiodi che trafiggono il link eterno, l'amore che non può essere che crocifisso. Il mondo di internet è, come il mare di Galilea con le sue barche e le sue reti, la metafora della nostra vita affondata nella spirale che ci irretisce mentre ci sforziamo di irretire, come quando buttiamo ore ed energie a sporcare occhi, cuore e mente davanti a un tablet, uno smartphone o un PC. Non a caso i siti in assoluto più visitati sono quelli pornografici...
Ma, nel fondo di tutto questo "gettare reti e riassettarle", si cela un unico desiderio, il grido strozzato in gola al termine di giornate avare di pesce e di gioia. Non può nulla neanche nostro "padre"; come quello di Giacomo e Giovanni, è sempre lì, accanto a noi, a ricordarci la nostra storia, il passato che, spesso, è un peso che ci distrugge. Ma Gesù "cammina" anche oggi sulle rive del "mare" nel quale cerchiamo vita e felicità: sul corridoio di casa, in ascensore mentre giungiamo in ufficio, sulla metropolitana e in ambulatorio, al supermercato e in classe. Gesù passa e la sua voce mette a tacere ogni altra voce, il suo sguardo fulmina lo schermo del computer, e il suo amore ci attira irresistibilmente a seguirlo, strappandoci dalle maglie della rete. Come accadde ad Andrea, spinto da quelle parole che erano calamite, a "lasciare barca, reti e padre" per "seguire" senza indugio il Signore. Lasciare e seguire, perché è Lui che il cuore di ogni uomo desidera ardentemente, magari cercandolo maldestramente su Google; solo nelle sue parole, infatti, c'è una forza così dirompente da cambiare la vita nello spazio di un istante. Proprio ora, che stiamo rincorrendo sogni e utopie, piaceri virtuali che vorremmo esigere da chi ci è accanto. Passa Gesù a sgonfiare la menzogna che sovrappone illusione alla realtà e ci fa vivere sempre lontano dalla storia, dai pensieri e criteri del coniuge, dalla debolezza dei figli, dai peccati dei colleghi. Da noi stessi. Gesù passa e ci chiama e la sua voce percuote e perfora la pietra del nostro cuore, impegnato in giudizi e mormorazioni, incapace di aprirsi alla verità che ci attende nella realtà. Gesù "vede" Andrea, Giacomo, Simone, Giovanni, tu ed io, e li riconosce: sono i suoi "fratelli", "chiamati" ad essere "pescatori di uomini" come Lui, che avrebbe gettato la propria vita come una "rete" nel mare della morte. L'incontro con il Signore e la sua sequela, infatti, portano a compimento la vita di ciascuno. Andrea e gli altri "erano pescatori" e per questo "gettavano le reti in mare"; chiamandoli a seguirlo, Gesù li ha riportati alla vocazione originaria, trasfigurando ogni aspetto della loro esistenza: hanno continuato ad essere pescatori ma nella libertà di chi, pescando, "getta" non più una rete per saziare i propri appetiti, seguendo sogni e chimere servendosi degli altri, ma la sua stessa vita per la salvezza degli "uomini". Il Signore "chiama" anche noi oggi per trasfigurarci, e volgere all'amore la nostra vita; non dovremo lasciare d'essere quello che siamo, solo accogliere la Parola di Gesù che trasforma quello che siamo in un dono per chiunque. Avvocati, operai, medici e infermieri, professori e studenti, casalinghe e pensionati, mamme e papà, tutti siamo chiamati a vivere quello che facciamo perché siamo amati, istante dopo istante. Chiamati a a seguirlo per imparare ad amare in tutto; a offrire tutto quello che abbiamo messo al servizio della carne, nell'amore che cerca la felicità dell'altro, "lasciando" le reti sulla barca, come un computer abbandonato e disconnesso.