αποφθεγμα Apoftegma
Io mi chiedo se questo pianto di Gesù
non si riferisca alla nostra Gerusalemme.
Noi infatti siamo la Gerusalemme sulla quale Gesù ha pianto.
Se dopo aver conosciuto i misteri della Verità,
dopo aver ricevuto la Parola del Vangelo
e gli insegnamenti della Chiesa,
uno di noi pecca, vi saranno pianto e lacrime su di lui.
Non si piange su quelli che non sono credenti,
ma su quello che dopo aver fatto parte di Gerusalemme,
smette di appartenerle.
Si piange su questa nostra Gerusalemme,
perché, dopo che ha peccato,
la assedieranno i nemici, cioè le potenze avverse,
gli spiriti malvagi e scaveranno attorno ad essa una trincea,
l'assedieranno e non lasceranno pietra su pietra.
Origene
CON LE SUE LACRIME DI COMPASSIONE CRISTO RISORTO HA INAUGURATO PER NOI LA VIA DELLA PACE
Quando
ancora non era che un pugno di uomini, il cristianesimo veniva chiamato
semplicemente la “via". Tutto cominciava dalla "visita"
degli apostoli itineranti nelle sinagoghe, nelle case e nelle piazze, dove
annunciavano la Buona Notizia. Le loro parole erano l'eco di quelle del
Maestro risorto: "Pace a voi!". Lo stesso saluto scambiato infinite
volte, sulle labbra degli apostoli diveniva realtà sin dentro la vita, come era
accaduto la sera di Pasqua. E tutto cambiava: l'esistenza era sradicata dalle
vecchie abitudini e posta in cammino alla sequela del Signore sulla
"via della pace". Ma accadeva anche che molti non “riconoscevano”
nell’annuncio della Chiesa la “visita” del Signore, e il rifiuto diveniva
spesso persecuzione. Come fu per “Gerusalemme” nei giorni del Messia, e poi
molte volte nei secoli. E Gesù “piange” il rifiuto, “giorno” dopo “giorno”,
insieme ai suoi apostoli, in ogni angolo della terra, mentre potrebbe lasciar
sfogo alla sua ira. Le lacrime, infatti, segnano
sempre l'annuncio del Vangelo. Esse recano il sapore di Cristo,
della sofferenza con la quale ha redento il mondo. Lacrime di
misericordia davanti a tutto quello che ancora non è stato
“visitato” e “salvato”. In esse impariamo a guardare ai
fratelli con pazienza e amore, per annunciare il Vangelo attraverso
il dono silenzioso di noi stessi, quando la Parola non è accolta, come Gesù ha
fatto nella città che lo rifiutava. Egli, infatti, di generazione in
generazione, freme di compassione nel cuore della Chiesa, fissando profeticamente
le rovine in cui si ridurrà la vita di chi non lo può "comprendere"
perché ingannato dalla menzogna del demonio. Vede in anticipo i "giorni in cui i nemici”
dell’anima che lo rifiuta, “cingeranno di trincee, circonderanno e stringeranno
da ogni parte" pensieri e sentimenti per indurci a scappare nel peccato;
Gesù sa che chi non lo accoglie rimane preda dell'orgoglio che
"abbatte" genitori e figli, amici, parenti e colleghi, distruggendo
ogni relazione senza "lasciare pietra su pietra". E’ quando la “via
della pace” scompare dall’orizzonte e le guerre, le inimicizie, le gelosie, le
invidie, i divorzi, i tribunali segnano il cammino doloroso dell’uomo. E Cristo
con la sua Chiesa non può far altro che amare di nuovo “sino alla fine”,
andando a prendere il peccato del mondo in ogni città che rifiuta il Vangelo e
perseguita i suoi apostoli. Anche per noi "oggi" è il
"kairos" della “visita” di Gesù, il momento favorevole nel quale,
attraverso i fatti e le persone, Egli si fa presente per accoglierci nel
suo movimento di pace e libertà. Ma spesso ci accade,
come fu per Gerusalemme, di non saper "riconoscere" nella carne la
"visita" del Signore; ci sembra impossibile che Egli possa indossare
i panni della suocera o del capo ufficio, e rifiutiamo l’annuncio della Chiesa che
illumina la storia con il Vangelo… La "via della pace" allora si
"nasconde ai nostri occhi", che si spengono a poco a poco nei rancori
e nei giudizi, suscitando l'incontenibile commozione di Gesù. Eccolo infatti,
ancora una volta alla nostra porta come a quella di ogni uomo, a confondere le
sue lacrime con le nostre, con il sale aspro del suo dolore ad accogliere il
nostro, quasi implorando d'essere,
finalmente, "riconosciuto" e accolto. Le sue lacrime solcano
dolcemente le nostre ferite come un cammino di pace per
schiuderle al suo perdono risanatore, e suscitare in noi, come accadde a
Pietro, lacrime sante di pentimento. Lasciamolo entrare allora "in questo
giorno" nella nostra Gerusalemme, perché torni ad essere la Città
della Pace che Lui ha "scelto come sua dimora per sempre", un segno
di speranza da annunciare ad ogni uomo intingendo nelle nostre lacrime la
misericordia di Dio.
Nessun commento:
Posta un commento