Maria non usurpa Cristo, ma condivide la redenzione
- Ecclesia
- 16-12-2019
Maria corredentrice perché ha cooperato alla salvezza. L'essere Redentore di Gesù viene condiviso, secondo la modalità propria, da ciascuno perché il Signore ci unisce a Sé e ci rende partecipi della sua vita. Tanto più la Vergine Maria. Anche Ratzinger aveva perplessità sul termine, perché assente dal vocabolario patristico e scritturistico, ma non aveva alcun dubbio sulla necessità di proclamare la corredenzione di Maria. E pure Giovanni Paolo II.
Per valutare le parole del Papa su Maria Corredentrice, pronunciate nel corso della Messa per la Madonna di Guadalupe in San Pietro, bisogna comprendere di che cosa stiamo parlando. E anzitutto vediamo quali sono le dimensioni di queste “storie” (tonteras), che richiedono il nuovo titolo di corredentrice per la Beata Vergine Maria. In una intervista concessa nel 2002 a Zenit, il mariologo americano Mike Miravalle faceva presente che «negli ultimi10 anni, sono state inviate alla Santa Sede circa 7 milioni di richieste da oltre 150 paesi, con l’avallo di 550 vescovi e più di 40 cardinali».
Tutte queste persone e questi pastori della Chiesa non pensavano evidentemente che la Santissima Vergine usurpasse il posto del Figlio nel piano della Redenzione, ed ancor meno che fosse una sorta di quarta persona divina. Il popolo cristiano ha sempre avuto l’intuizione che la Madonna non è semplicemente una donna tra le altre, né solamente la mamma affettuosa di Gesù e di tutti i cristiani, ma che ella ha avuto una vocazione unica, per singolare beneplacito di Dio; per usare il linguaggio del Concilio Vaticano II, Maria Santissima, «predestinata fin dall'eternità, all'interno del disegno d'incarnazione del Verbo, per essere la madre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu su questa terra l'alma madre del divino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico, e umile ancella del Signore, concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, coll'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell'ordine della grazia» (LG, 61).
La fede del popolo di Dio, supportato dai suoi pastori, nello specialissimo ruolo della Madonna all’interno dell’opera della Redenzione, si radica nella Sacra Scrittura, specialmente nel duplice parallelo Gesù Cristo/Adamo e Maria Santissima/Eva, così come è stato interpretato dai Padri, tra i quali spiccano san Giustino, nel Dialogo con Trifone, e sant’Ireneo di Lione. Quest’ultimo, nel trattato Contro le eresie, introduce un concetto fondamentale, quello di recirculatio, che permette di capire per quale ragione la corredenzione mariana sia più che una convenienza.
Parallelamente a Cristo nuovo Adamo, «Consequenter» - scrive Ireneo, termine spesso impropriamente tradotto con “parallelamente” o “in connessione con”, ma che invece indica quasi una necessità - «di conseguenza si trova anche la Vergine Maria obbediente [...]. Come Eva dunque, disobbedendo, divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria [...] obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano» (III, 22, 4). Prima di riprendere il testo, facciamo notare che l’espressione «divenne causa di salvezza» è ripresa letteralmente dalla lettera agli Ebrei (5, 9), che si riferisce al sacerdozio redentivo di Cristo; è dunque evidente in sant’Ireneo la volontà di associare strettamente la nuova Eva all’opera di salvezza del nuovo Adamo. La ragione ci viene spiegata nel brano che segue, posto immediatamente dopo a quello appena citato: «Perciò la Legge chiama colei che era fidanzata ad un uomo, benché sia ancora vergine, moglie di colui che l’aveva presa come fidanzata, indicando il movimento a ritroso che va da Maria ad Eva». Anche qui la traduzione non aiuta; il termine latino è, come indicato sopra, recirculatio, che sta ad indicare un nuovo inizio, che però ripercorre l’orbita del precedente, come spiega Ireneo: «Infatti ciò che è stato legato non può essere slegato se non si ripercorrono in senso inverso le pieghe del nodo [...] Così dunque il nodo della disobbedienza di Eva trovò soluzione grazie all’obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato per la sua incredulità, Maria l’ha sciolto per la sua fede» (III, 22, 4).
L’idea centrale che risulta radicata nella Tradizione della Chiesa è che, per richiamare ancora una volta Ireneo, «come il genere umano fu legato alla morte per mezzo di una vergine, così ne fu liberato per mezzo di una Vergine» (V, 19, 1). Notiamo anche questa volta che il testo appena citato non è che la trasposizione mariana del passo cristologico della lettera ai Romani (cf. 5, 12-19). Ireneo intende dunque legare la corredenzione mariana alla Redenzione di Cristo, mediante il riferimento esplicito alle due epistole menzionate, ad indicare che la cooperazione di Maria Santissima alla Redenzione non è esclusa dall’unica mediazione di Cristo, ma è precisamente fondata su quella.
L’affermazione che Cristo è l’unico Redentore non scalza dunque la Madonna dal suo ruolo di Corredentrice, ma la conferma. In fondo, una delle obiezioni al dogma dell’Immacolata concezione si basava – e si basa tutt’ora - sul testo paolino della lettera ai Romani: «tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rm 3, 23). Eppure la Chiesa, poggiando sulla Tradizione, ha spiegato che in Maria la Redenzione è avvenuta in modo più perfetto, per preservazione. Analogamente, il Concilio metteva al riparo la singolare mediazione di Maria dall’obiezione di chi le contrapponeva l’affermazione che «uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2,5), spiegando che «la funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia» (LG 60).
Certamente si può discutere se il termine corredentrice sia il più appropriato per esprimere la singolare cooperazione di Maria Santissima alla Redenzione, titolo che, secondo R. Laurentin, comparirebbe per la rima volta nel X secolo. Secondo alcuni teologi, tra i quali troviamo J. Ratzinger, questo titolo non sarebbe in continuità con il linguaggio scritturistico e patristico e porterebbe ad appannare la priorità di Cristo. A questa riserva si può però obiettare quello che il santo J. H. Newman rispose in una lettera all’anglicano E. B. Pusey, che appunto muoveva l’obiezione dell’assenza di tale termine nelle Scritture: «Quando videro che tu con i Padri la chiamavi Madre di Dio, Seconda Eva e Madre di tutti i viventi, Madre della vita, Stella mattutina, Nuovo mistico Cielo, Scettro dell’Ortodossia, intemerata Madre di santità e altro, avrebbero considerato il fatto che tu ti sia opposto a chiamarla Corredentrice come un misero compenso a tale linguaggio…».
È interessante notare però, che lo stesso Ratzinger, nel libro Dio e mondo, oltre alle precedenti riserve, aggiunge la considerazione che la richiesta di proclamare Maria corredentrice è però condivisibile, in quanto sottolinea «il fatto che Cristo non sia al di fuori o accanto a noi, ma che stabilisca con noi una nuova, profonda comunione. Tutto ciò che è suo diventa nostro, e di ciò che è nostro Gesù si è fatto carico fino a farlo suo». Il suo essere Redentore viene perciò condiviso, secondo la modalità propria, da ciascuno; mai nessuno può cooperare alla Redenzione senza di Lui o come Lui, eppure vi coopera, perché il Signore ci unisce a Sé e ci rende partecipi della sua vita. Tanto più la Vergine Maria, in virtù della sua predestinazione, partecipa in modo più pieno delle prerogative di Cristo Signore. È purtroppo esattamente l’opposto di quanto papa Francesco ha affermato: «Mai [la Madonna] ha voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio».
Il titolo di corredentrice è stato poi utilizzato più volte da San Giovanni Paolo II, come quando, l’8 settembre del 1982, rivolgendosi agli ammalati ed esortandoli ad unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo, per la salvezza degli uomini, ha insegnato che «Maria, pur concepita e nata senza macchia di peccato, ha partecipato in maniera mirabile alle sofferenze del suo divin Figlio, per essere Corredentrice dell’umanità» (8 settembre 1982).
Le affermazioni di Francesco sembrano perciò tagliare di netto il progressivo sviluppo di questo mistero mariano. La fede dei cattolici continuerà comunque ad invocarla con questo nome ed a pensarla all’interno del grande mistero della Redenzione con un ruolo unico, che non appartiene al passato; come affermava, infatti, il Papa polacco al Santuario ecuadoriano di Nostra Signora de La Alborada, «il ruolo corredentore di Maria non cessò con la glorificazione del Figlio. La Pentecoste ci parla della presenza di Maria nella Chiesa nascente: presenza orante nella Chiesa apostolica e nella Chiesa di tutti i tempi». Ma questa chiusura netta, pronunciata a braccio proprio in una festa mariana, non sarà certo di aiuto alla Chiesa, soprattutto in questi tempi tenebrosi. La proclamazione di Maria corredentrice poteva essere un’occasione per approfondire questo grande mistero che avrebbe portato molti più uomini ad alzare gli occhi verso di Lei ed invocare il suo intervento. Ed anche a capire un po’ di più la missione autentica della Chiesa, perché tutti i misteri che riguardano l’Immacolata, riguardano anche la Chiesa.
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