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venerdì 21 febbraio 2020

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SEGUIRE CRISTO ATTIRATI SULLA CROCE DOVE CI DONA L'INNOCENZA PERDUTA CON IL PECCATO
Gesù convoca la folla insieme ai suoi discepoli, le sue parole sono per tutti, anche per gli indecisi, anche per chi gli s oppone. "Se qualcuno vuole venire dietro a me", e obbliga tutti a guardarsi dentro e a scoprire le carte, e decidere se davvero lo vogliamo seguire. Gesù scuote la nostra libertà come in uno scrutinio: quel "se" si impone alle nostre abitudini, si incunea dentro le nostre acquisizioni fatte di riti quotidiani, ripetuti stancamente. Lavoro, casa, svaghi, studio, la nostra esistenza segue un ritmo, un incedere, segue qualcosa, qualcuno, ma chi? Chi, che cosa ho deciso di seguire?
Forse è una questione che non ci siamo mai posti, abbiamo ricevuto una scelta fatta da altri, spalmando la vita su una fetta di mode e abitudini che ci garantiscono un galleggiare neanche male tra le onde dei giorni. Come una vita telecomandata illudendoci di esserne al timone. O abbiamo scelto di seguire Gesù, cercando di essere coerenti, e ci stanchiamo e ci sentiamo sconfitti. O forse no, siamo contenti di quel che abbiamo realizzato, lo attribuiamo al Signore, e siamo in pace.
Ma oggi il Signore ci convoca per aiutarci a scoprire la nostra vocazione autentica illuminando un'esperienza che facciamo sovente: la vergogna spesso ci domina e genera in noi la paura. E' l'esperienza primordiale, il frutto amaro del peccato originale, la solitudine espressa dalla vergogna. In una profonda e illuminante catechesi il Beato Giovanni Paolo II rilevava come in Principio "tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna. A questa pienezza di percezione «esteriore», espressa mediante la nudità fisica, corrisponde l'«interiore» pienezza della visione dell'uomo in Dio, cioè secondo la misura dell'«immagine di Dio»... La «nudità» significa il bene originario della visione divina.... L'originario significato della nudità corrisponde a quella semplicità e pienezza di visione, nella quale la comprensione del significato del corpo nasce quasi nel cuore stesso della loro comunità-comunione. La chiameremo «sponsale»" ( Giovanni Paolo II, catechesi sull'amore e sul corpo).
Il Vangelo di oggi, parlandoci della vergogna, ci rivela la natura più profonda della nostra vita, la sua fondamentale vocazione sponsale. Nelle parole di Gesù vi è, come in filigrana, la trama di un consenso matrimoniale. Seguire il Signore significa essere con Lui, in Lui, una sola carne, un solo spirito. Ma la vergogna che ci assale è la conseguenza della perdita dell'innocenza, della "pienezza di visione" di cui ci parlava Giovanni Paolo II, della decisione del cuore di non seguire Gesù ma piuttosto noi stessi. La vergogna svela le intenzioni autentiche del nostro cuore, che ci conducono a vivere in contrasto con la vocazione nella quale siamo stati creati. L'esperienza della vergogna procede infatti dalla rottura della relazione con Dio che conduce alla conseguente rottura con l'altro. La vergogna innalza le barriere che frapponiamo in ogni nostra relazione, a difesa del nostro "io", dei nostri pensieri, dei progetti, delle nostre cose. La vergogna esprime la paura che ci assale quando gli eventi ci chiamano a donarci, ad amare. La vergogna della nudità, debolezza, fragilità, impotenza che sperimentiamo quando appare nella nostra vita e sembra che tutto sia perduto. La vergogna, figlia della malizia originaria del peccato, muove i nostri goffi tentativi di trovare e salvare la vita, tutti irrimediabilmente destinati al fallimento. Le persone e le cose divengono oggetti di cui fruire e offrire a se stessi. Il mondo intero diventa territorio di conquista e la vita un'interminabile partita di Risiko. Che perdiamo. Sempre.
Per questo oggi il Signore ci guarda e ci scruta. Se davvero abbiamo deciso di seguirlo ciò significa innanzi tutto lasciarci amare da Lui. Prendere ogni giorno la propria croce, lasciare che il mondo e le sue concupiscenze siano crocifisse nella storia quotidiana, nei progetti infranti, nelle incomprensioni, nelle delusioni, nelle malattie, nelle sofferenze. Seguire Gesù significa dire no a noi stessi, rinnegare l'opera del demonio, i suoi inganni, lasciare che il Signore, passo dopo passo, apra di nuovo i nostri occhi, ci spogli dell'uomo vecchio per rivestire il nuovo, creato nella vera santità, l'appartenenza a Lui, l'intima unione, sponsale, con Lui. Il Nuovo Adamo che non prova vergogna, che, sulla Croce, nudo, spogliato delle sue vesti, ci ha sposato ridonandoci, nel suo obbrobrio, la dignità perduta. Rinnegare se stessi significa abbandonarci all'amorosa opera di Dio, che ci fa nudi, piccoli, innocenti, incapaci di vergognarsi della propria nudità, la stessa di Gesù in croce. Essere ogni giorno con Lui crocifissi, attirati dalla Sua Grazia sull'altare che ci consegna, senza difese, ad ogni uomo, anche ai nemici, a chi trama di toglierci la vita, l'onore, il denaro, il posto di lavoro, le nostre cose.
Nudi della Sua nudità, immagine dell'amore totale, sino alla fine. Il Signore viene oggi a liberarci dalla vergogna d'essere discepolo di un crocifisso, di seguire le Sue folli parole d'amore, dalla paura di morire per amore. E ci chiama a seguirlo nel cammino verso Gerusalemme, portando con Lui il Suo "obbrobrio", la Sua vergogna, la croce. La croce di oggi, che purifica i nostri occhi in un'innocente purezza capace di vedere Dio in ogni fatto, in ogni persona. Senza vergogna, con gioia, la gioia piena di chi vede il Signore, ogni giorno, vivo e potente nelle proprie debolezze.

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