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sabato 29 febbraio 2020



αποφθεγμα Apoftegma


Sono rotti i miei legami
pagati i miei debiti
le mie porte spalancate
me ne vado da ogni parte.
Essi accovacciati nel loro angolo
continuano a tessere la pallida tela delle loro ore;
o tornano a sedersi nella polvere
a contare le loro monete
e mi chiamano perché torni indietro
Ma già la mia spada è forgiata,
già ho messo l'armatura
già il mio cavallo è impaziente
e io guadagnerò il mio Regno.

Tagore


PASSA IL MEDICO CHE CI GUARISCE CON LA MEDICINA DELLA CHIAMATA A SEGUIRLO SUL CAMMINO DELLA CONVERSIONE


Tutto era accaduto proprio lì, dove Matteo era in quell'istante, immerso nel suo impuro lavoro di esattore e taglieggiatore. Lì, in quel vomito di vita sfuggito da tutti, si è posato un raggio di luce, lo sguardo di Gesù; Lui, l'unico ad amarlo così com’era, al punto di volerlo con sé. Non si era preparato Matteo, probabilmente neanche si aspettava quell'incontro. Era lì come ogni giorno, nessuna particolare e buona disposizione. Eppure proprio quella banalità ordinaria del male è divenuta il grembo di un incontro decisivo. Questa è l'opera dell’amore infinito di Cristo, trasformare la morte in vita e una tomba in giardino. L'assoluta eccezionalità di questa esperienza ha generato in Matteo l'eccezionale: "la conversione". Lui, il traditore reietto, chiamato ad essere apostolo; come non “seguire” l'Unico che lo aveva guardato con misericordia strappandolo all'inferno? Come non “lasciare tutto” per Cristo che, nel suo amore, gli aveva già donato tutto ciò che il suo cuore desiderava. Per Matteo convertirsi aveva significato assaporare la libertà, altro che rinuncia! Il perdono immeritato e gratuito aveva acceso in lui la gratitudine; per questo "prepara" a Gesù “un grande banchetto nella sua casa”, immagine di ogni eucarestia che sigilla e canta il suo amore. Immediatamente quella che era stata la "sua" diventa la "loro" casa, di Matteo e Gesù, ma non solo; la loro intimità non si chiude per darsi egoisticamente soddisfazione, ma si apre e dilata sino ai confini della terra. 

Come accade in ogni relazione fondata in Cristo, matrimonio, fidanzamento, amicizia, "l'amore diventa cura dell'altro e per l'altro. Non cerca più se stesso"  (Benedetto XVI). "Con loro" due, infatti, “era seduta una grande folla di pubblicani e di altra gente (pagani)”: ovunque giunge un cristiano - ovvero chi ha sperimentato l’amore di Cristo che lo ha “alzato” (stesso verbo che designa anche il risorgere) - appare una nuova creazione. La presenza anche solo di un discepolo di Gesù genera nei luoghi più impensati il miracolo della Chiesa; dov'era stato peccato, lamento e lutto, l’assemblea festosa dei "malati" guariti dal "Medico" e dei "peccatori" accolti, perdonati e convertiti innalza il suo canto di benedizione a Dio per la sua misericordia. Anche per noi è preparato l’incontro decisivo con Gesù. Lui è vicino, giungerà di certo in questa Quaresima, unica e diversa da tutte le altre, forse l’ultima, non sappiamo. Non importa se non lo stiamo aspettando, ancora oggi intenti ai nostri loschi traffici con cui taglieggiamo e ricattiamo marito, moglie, figli, amici e colleghi per spremergli sino all’ultima goccia l’affetto. Importa il suo amore capace di generare in noi lo stupore, la porta regale della conversione. Importa non "mormorare" come gli "scribi e i farisei" ciechi sui loro peccati; e lasciarci curare quando, con una liturgia, con la parola del marito o di un amico, magari con gli occhi di tuo figlio spalancati nello stupore, lo sguardo di compassione e misericordia del nostro "Medico" planerà su di noi. Che il Signore ci conceda di accoglierlo come Matteo, perché sradichi vizi e peccati dai nostri cuori e vi effonda il suo Spirito d'amore. Che in questa Quaresima possiamo convertirci davvero, e obbedire alla chiamata di Gesù “lasciando tutto”, ma proprio tutto, per "seguirlo" annunciando il Vangelo. Ne va della salvezza di nostro figlio, del collega, dell’amico! Stanno aspettando la nostra conversione per “sedersi con noi e Cristo alla mensa della misericordia.

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