NEMICI ACCOLTI NELLA GIUSTIZIA DELLA CROCE CHE CI FA AMICI PER GIUSTIFICARE CHI CI E' ACCANTO
La giustizia. Cercare, farsi, volere giustizia. Rivoluzioni, sistemi, ideologie, tutte in nome della giustizia. E le nostre riunioni di condominio, e i turni in ufficio, la scelta dei periodi di ferie, e i furieri in caserma, i professori, gli studenti, primo-secondo-terzo figlio, tribunali e mani pulite, di tutto e di più in nome della giustizia. Tutti a cercare giustizia, mentre tutti, inconsapevolmente, siamo già giustificati gratuitamente per mezzo di Gesù, la Giustizia di Dio. L'ingiustizia più grande a far giusti gli ingiusti. La Croce, la Roccia sulla quale si infrange ogni tsunami malvagio di morte. L'amore che fa giustizia d'ogni sofferenza, dolore, peccato.
Sì, perché qualcuno ce l'aveva con Lui. Il mondo intero aveva "qualcosa contro di Lui". Ogni uomo, avvelenato dagli inganni del demonio, ce l'aveva con Dio. Chi per il dolore, la malattia, il mobbing, il razzismo, i campi di concentramento, le torture, la guerra, la droga, le violenze, i disastri naturali, le incomprensioni, gli affetti che tradiscono, le pugnalate alle spalle da parte di chi credevamo un amico, un fratello, la solitudine aspra: il male spazza via dal cuore e dalla mente dell'uomo il volto di Dio e tutto precipita in un abisso senza senso. E la vita si trasforma in un'enorme ingiustizia: vivere per morire, vivere per soffrire. No. Non è possibile. Dio, se c'è, è un mostro, il peggiore. Viva Barabba allora, viva chi si fa avanti con slogan e sofismi promettendoci di strapparci all'ineludibile sorte del topo. A morte l'ingiusto che ha generato l'ingiustizia.
E morte è stata, per il Giusto. La Giustizia denudata, fustigata, annichilita, crocifissa. La Giustizia giustiziata su di un patibolo. La Giustizia assassinata e sepolta. La Giustizia discesa agli inferi. L'ingiustizia più grande. Ma proprio in essa Dio ha compiuto il miracolo più grande e sorprendente, distruggendo l'ingiustizia con la giustificazione che salva. Ad ogni uomo preda dell'ingiusto serpente, schiavo del peccato e della morte, è stato svelato l'inganno: il male non è l'ultima parola. Gesù è risuscitato! L'ingiustizia non è il nostro destino autentico, anche se, per i nostri peccati, l'ingiustizia ha preso possesso del mondo.
Le parole di Gesù non sono esagerate, illuminano il disordine che il demonio ha portato nel mondo. Per antitesi Egli mette a fuoco gli angoli più recessi del cuore dell'uomo, laddove si è annidata la vera ingiustizia. La Legge consegnata a Mosè poneva un argine al male dirompente, era come un pedagogo che doveva condurre alla verità. Aver fatto della Legge, come gli scribi e i farisei, il criterio assoluto della giustizia, della pietà, della relazione con Dio, è come aver scambiato un segnale stradale per il conduttore di una macchina. Non si guida limitandosi a seguire la segnaletica. Occorre destrezza, attenzione, allenamento; occorre una capacità che superi ciò che dicono i cartelli, un'intuizione e una genialità che facciano vedere oltre, prevedere i pericoli, gli imprevisti, le difficoltà non registrate. Così la vera Giustizia non è una semplice teoria di precetti compiuti. La Giustizia a cui ci chiama oggi il Signore è quella che valica la prospettiva legalistica e lascia libero lo sguardo del cuore e della mente di spaziare oltre, inerpicandosi per sentieri sconosciuti, angusti, pericolosi. La vera Giustizia inizia laddove termina la segnaletica, come accade in montagna quando le strade divengono sterrate, tutte fossi e radici. La Legge segnala l'omicidio, il pericolo possibile prima di un incrocio, o di una curva pericolosa. La Legge ci impone di non uccidere, e su questo siamo tutti d'accordo; nessun fariseo ha mai ucciso, come nessuno di noi. Ma quando ci inoltriamo sui sentieri dove non batte il sole, quelli sdrucciolevoli e subdoli del nostro cuore, laddove nessun segnale indica il pericolo di una parola detta con superficialità, di una battuta che cela una calunnia, di un insulto che sembra fotografare la realtà, la giustizia degli scribi e dei farisei mostra i propri limiti. E' a questo segreto velenoso custodito nel cuore che puntano le parole di Gesù. E' qui che sono concepiti i pensieri malvagi che divengono parole come proiettili prima, e azioni ingiuste poi. E' nel cuore che alberga l'ingiustizia, cova il risentimento, è gestata l'incredulità. Chi si adira con il fratello lo ha già ucciso nel proprio cuore; chi lo considera stupido o pazzo ha già assassinato in lui l'immagine di Dio. Nel cuore dell'empio parla il peccato che lo trasforma in avversario di Dio. Un cuore schiavo della menzogna di satana partorirà sempre azioni malvage, senza giustizia perchè fondamentalmente dettate dall'egoismo e dall'orgoglio autosufficiente.
Per questo Gesù non fa distinzione tra omicidio e ira e insulto, perchè tutto proviene dalla stessa radice. E Lui non è venuto a sostenere l'argine malfermo della Legge eretto a difesa contro il male, lasciando una serie di precetti ancor più gravosi. Non è venuto a mettere una pezza sulle crepe di un muro. Lui è venuto a instaurare il Regno di Dio, la sua Giustizia che giunge al fondo del cuore, che non si ferma alla segnaletica delle grandi vie di comunicazione, quell'etica della quale tanti oggi si riempiono la bocca manipolandola a proprio uso e consumo. Gesù ha giustificato con il suo sangue il cuore corrotto dell'uomo, ha sanato la ferita che grondava pus velenoso. Ha reso giusto il cuore ingiusto, rendendolo capace di amare, di lanciarsi sui sentieri impervi e pericolosi che conducono al fratello più lontano, al peccatore, al nemico. Le parole del Vangelo di oggi non sono che una coniugazione della grande e decisiva profezia sull'amore al nemico. E' questa, e solo questa, la Giustizia che supera quella degli scribi e dei farisei, che compie, colma la Legge perchè la dilata laddove i criteri umani e mondani non possono arrivare, a dare la vita per chi ci odia, ci insulta, ci è avversario davvero. La Giustizia che supera il perimetro legale nel rapporto con la moglie, con i figli, con chiunque; la Giustizia che accetta addirittura che si rompa ogni argine al male, che giunga a sé il veleno dell'ingiustizia, per caricarlo, per prendere su di sé peccati degli altri, in un amore e una misericordia che abbraccia e spegne, nel perdono, ogni fiamma d'ira, ogni menzogna, ogni malvagità.
Risorto dalla morte, il Signore ci ha cercato, ha fatto di tutto per "mettersi d'accordo con noi", poveri e sperduti come i discepoli di Emmaus, suoi avversari a causa delle nostre umane speranze infrante, dei nostri desideri carnali inesauditi, della stessa Legge che limita la libertà, brandite dal demonio per sedurci e metterci contro Dio; Lui si è fatto accanto, il suo cammino sul nostro cammino per mettersi d'accordo con noi e rifondere il "denaro" che non avevamo, quella vita che doveva "pagare sino all'ultimo spicciolo" per tutto il male e tutta l'ingiustizia; Lui ha consegnato se stesso sino alla fine, all'ultimo respiro per comprare la morte e renderla innocua, e poi distruggerla per sempre. In questa esperienza il cuore arde nel petto di gioia indicibile, come i discepoli a mensa con Gesù, quando riconoscono la sua Giustizia piena di misericordia mentre spezza il suo corpo per amore. Il cuore arde perchè raggiunto dalla Giustizia che salva, libera e per questo sana ogni ferita inferta dall'avversario di Dio e dell'uomo. Il cuore trasformato nella gioia di sentirsi amati, perdonati, giustificati, perchè Lui è risorto. I nostri peccati sono stati distrutti, sepolti nella sua tomba dalla quale è risorto trionfante. Ha chiesto perdono per noi che non sapevamo quello che facevamo. Proprio lì, "prima di offrire il suo sacrificio" sull'altare della croce.
La Giustizia del Padre è stata, è e sarà sempre la misericordia. Senza di essa niente Cielo. Il suo troppo amore, la sua Giustizia si incarna anche oggi nei giustificati, in tutti noi che, passati attraverso la grande tribolazione, abbiamo lavato le vesti nel sangue dell'Agnello; è la Giustizia superiore a quella degli scribi e farisei, l'amore che fa amico il nemico. L'amore che perdona e giustifica la moglie prima di offrirsi a lei sull'altare che la storia prepara, il suo risentimento, la sua nevrosi, la sua paura; l'amore che giustifica il marito nella sua violenza, che non pretende di cambiarlo, che non esige più attenzioni, ma che si offre in olocausto per lui; l'amore che fa giusto un figlio ingiusto, guadagnandolo con la misericordia, che spesso passa per la verità e la severità non confondiamo... La Giustizia creativa, che, in Dio, supera la Legge come Egli ha fatto consegnado il suo Figlio: eravamo tutti meritevoli di ira, dovevamo essere oggi all'inferno e invece siamo nella Chiesa, salvati, giustificati, colmi di doni che non meritiamo. La Croce di Cristo ha trascinato la Giustizia di Dio al di là del suo stesso limite, sino a giustificare l'ingiustificabile. Il Vangelo di oggi ci rivela la nostra vocazione, ci attrae nella "dinamica creativa" di questa Giustizia nuova, celeste, che inventa forme nuove d'amore, tante quante sono le persone che Dio ha legato alla nostra vita. La Giustizia di Dio che, come disse il Papa in una catechesi, appare nell'episodio dell'intercessione di Abramo per gli abitanti di Sodoma e Gomorra, che egli sente legati a sé, nonostante i loro peccati: "Abramo chiede il perdono per tutta la città e lo fa appellandosi alla giustizia di Dio... Così facendo, mette in gioco una nuova idea di giustizia: non quella che si limita a punire i colpevoli, come fanno gli uomini, ma una giustizia diversa, divina, che cerca il bene e lo crea attraverso il perdono che trasforma il peccatore, lo converte e lo salva. Con la sua preghiera, dunque, Abramo non invoca una giustizia meramente retributiva, ma un intervento di salvezza che, tenendo conto degli innocenti, liberi dalla colpa anche gli empi, perdonandoli. Il pensiero di Abramo, che sembra quasi paradossale, si potrebbe sintetizzare così: ovviamente non si possono trattare gli innocenti come i colpevoli, questo sarebbe ingiusto, bisogna invece trattare i colpevoli come gli innocenti, mettendo in atto una giustizia “superiore”, offrendo loro una possibilità di salvezza, perché se i malfattori accettano il perdono di Dio e confessano la colpa lasciandosi salvare, non continueranno più a fare il male, diventeranno anch’essi giusti, senza più necessità di essere puniti" (Benedetto XVI, Catechesi del 18 maggio 2011).
Ecco allora un'aria nuova al condominio, al lavoro, in famiglia e dovunque, l'aria di misericordia che traspare dai figli di Abramo tratti dalla sua stessa fede, i figli della Pasqua di Cristo che li ha introdotti nella libertà di donarsi arditamente senza misura. "Per entrare nella giustizia è necessario uscire da quell'illusione di auto-sufficienza, da quello stato profondo di chiusura, che è l'origine stessa dell'ingiustizia. Occorre, in altre parole, un ‘esodo' più profondo di quello che Dio ha operato con Mosè, una liberazione del cuore, che la sola parola della Legge è impotente a realizzare" (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2010). Chi ama in questa Giustizia è già nel Regno dei Cieli, vive secondo lo Spirito che lo governa, dove ci si mette d'accordo offrendosi per i peccati dell'altro, perdonando senza condizioni, e non secondo le sentenze dei tribunali, i tavoli sindacali, i "dialoghi costruttivi". Il Regno dei Cieli che fa giustizia di ogni ingiustizia, innanzi tutto quella che ha dipinto Dio come un mostro ingiusto. Il Regno di Dio dove la misericordia che si fa carne e vita nei suoi figli rivela il Cielo, un amore che supera ogni male, che ribatte colpo su colpo ai fendenti del demonio, alla morte frutto del peccato: il Regno dei Cieli che trasfigura anche il cancro di un bambino, uno stupro, un terremoto, un incidente stradale. Il Regno di Dio che apre una finestra sul destino preparato per ogni uomo, più forte di ogni ingiustizia, il Cielo dell'amore eterno e infinito che ha avuto ragione del male e della morte. Il Regno dei Cieli che giustifica Dio agli occhi degli uomini, che accende la fede in mezzo all'assurdo delle tragedie, che induce a sperare contro ogni speranza, che distrugge nella serietà dell'amore la banalità di tanto male. Il Regno dei Cieli qui sulla terra, vivo nei suoi figli che rivelano il Padre mostrandosi a Lui somiglianti nella Giustizia misericordiosa che rende strumento di salvezza il dolore più grande. Che sia per tutti noi una quaresima di misericordia, per ogni nostro prossimo. Il Cielo sulla terra, verità e giustizia abbracciate e donate ad ogni nostro respiro, come "un'appiglio di bene" (Benedetto XVI) da offrire al Signore per salvare questa generazione: per questo, "i giusti devono essere dentro la città, e Abramo continuamente ripete: «forse là se ne troveranno …». «Là»: è dentro la realtà malata che deve esserci quel germe di bene che può risanare e ridare la vita. E’ una parola rivolta anche a noi: che nelle nostre città si trovi il germe di bene; che facciamo di tutto perché siano non solo dieci i giusti, per far realmente vivere e sopravvivere le nostre città e per salvarci da questa amarezza interiore che è l’assenza di Dio" (Benedetto XVI). Il mondo attende con impazienza la Giustizia dei giustificati, l'annuncio che solo la Chiesa può offrire, scrollandosi di dosso compromessi e legalismi mondani. Questa, e solo questa Giustizia salverà l'umanità, eternamente.
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