SULLA BARCA DELLA CHIESA PER COMPRENDERE L'AMORE DI DIO E ABBANDONARE L'IPOCRISIA
Nella barca, immagine della Chiesa, basta "un solo pane". Possiamo salirvi con le nostre "dimenticanze", con le disattenzioni e le incoerenze, senza essere adeguati. Nella barca c'è Gesù, ed è tutto. Lui ha preso la debolezza dell'uomo, l'incapacità di sfamare che tutti ci accomuna, e ne ha fatto un prodigio. Ha attinto dai nostri peccati per donare vita in abbondanza! Questo è il mistero della Chiesa, la Pasqua di Gesù che si rinnova in essa perché i suoi araldi possano attingere dalle ceste e dalle sporte colme di pani avanzati, immagine della vita che ha sconfitto la morte e non si esaurisce. Non è la nostra esperienza? Non è per essere stati amati, perdonati, curati e rigenerati che oggi siamo sacerdoti, suore, mariti, mogli, e padri e madri? Non è perché Gesù ha chiamato e toccato la nostra insufficienza trasformandola in pane capace di sfamare chi ci è accanto che lo stiamo seguendo sulla barca? Quante volte il Signore ha moltiplicato il nostro pochissimo desiderio di perdonare marito o moglie accompagnandoci ad umiliarci risuscitando così un matrimonio ormai spacciato... Quante volte non solo ci ha salvati da adulteri, furti, divisioni, peccati spesso gravi ma ha anche tratto proprio dalle situazioni più difficili un'effervescenza e abbondanza di vita impensabili... Eppure lo dimentichiamo facilmente, incalzati dalla paura. Ecco, la Chiesa è anche questo manipolo di uomini e donne che "dimenticano" il pane, con una "trascuratezza" disarmante; è un popolo del tutto simile a quello di Israele, con il "cuore indurito". Di fronte alla storia che ci accoglie ogni giorno "abbiamo occhi ma non vediamo" oltre la superficie; abbiamo "orecchie ma non udiamo" quello che, proprio attraverso fatti e persone, Dio ci sta dicendo. Nonostante le esperienze fatte accanto a Gesù, "ancora non comprendiamo" chi Egli sia e come agisca nella storia. Come Israele vorremmo tutto e subito, dimenticando da dove il Signore ci ha tratto...
Partiti con Lui non abbiamo apaerto gli occhi sulle insidie dell'ipocrisia figlia dell'idolatria, il "lievito dei Farisei e di Erode". Abbiamo tenuto nascosti i nostri idoli, i criteri e le passioni, gli affetti malsani e l'attaccamento al denaro; il clericalismo soprattutto, l'idolatria più subdola, capace di mimetizzarsi tra salmi e incensi. E' il cortocircuito tra i Farisei ed Erode, tra la purezza religiosa e l'avidità della carne: preghiere e potere, sacrifici e prestigio, digiuni e successo, per svelare che se la carne ha soffocato lo Spirito la religiosità diventa solo l'altra faccia della stessa medaglia. Ipocrisia e narcisismo, entrambi figli della paura. Non siamo anche noi fermentati da questo lievito? Non è l'ipocrisia a vestirci anche oggi, in una schizofrenia tra fede e vita che ci dilania? Siamo clericali e narcisisti, perché abbiamo posto noi stessi al centro della "barca": siamo i chierici della nostra vita, officiamo e presidiamo, sostituendoci a Dio in nome di Dio, e non "vediamo" più Gesù, l'unico pane di cui abbiamo bisogno, l'unico capace di darci vita autentica perchè sovrabbondante ed eterna. Abbiamo "trascurato" il suo amore che ci ha tratti dalla sponda del peccato, e dimenticato la debolezza che ci impediva la felicità. Per questo passiamo gran parte del nostro tempo a "discutere" sul pane! Ecco gli apostoli nei consigli pastorali a discutere del pane: i soldi, il successo dell'evangelizzazione, strumenti e metodi per riempire la Chiesa, idee e strategie per rendere più accattivante la liturgia, marketing spirituale perché la gente acorra e partecipi e dia una mano. La Chiesa come una holding, la parrocchia come un condominio, e il pane a catturare anuma e mente... Rivoluzioni ed elezioni, ideologie e filosofie, piani pastorali e criteri sulla famiglia, tutto figlio della cupidigia e della concupiscenza di chi ha dimenticato Dio. Non è Lui che celebriamo e ascoltiamo? No, non è Cristo, siamo noi il vero dio che regge la Chiesa... e la famiglia e la società.... Ma, nonostante la durezza del nostro cuore, siamo sulla "barca" dove il Signore ci ha chiamati per condurci nella precarietà di ogni giorno e insegnarci a non appoggiarci al nostro clericalismo, alla nostra intelligenza e a vivere di ogni sua Parola. Ci sta insegnando a nutrirci del suo stesso Pane, che è compiere la volontà del Padre. Gesù ci "ammonisce" oggi a non preoccuparci della nostra debolezza, e ad abbandonarci alla sua misericordia: a restare nella Barca con Lui in una traversata che è immagine della Pasqua e dell'iniziazione cristiana, il camino di fede che ci conduce al discernimento; un cristiano adulto, infatti, "comprende" quello che gli accade e lo "vede" profeticamente come una storia d'amore che lo strappa all'ipocrisia per conoscere profondamente il suo Signore. E così per la storia della sua famiglia, dei suoi figli, sino alla storia politica ed economica. Tutto è ai suoi occhi un povero pane pronto ad essere moltiplicato dall'amore di Dio. Proprio il poco scampato alla dimenticanza è quanto di più prezioso abbiamo. E' sulla barca, con Gesù. Che cos'è questo pane oggi per noi? Il desiderio di perdonare? La speranza di non cadere più in quel peccato? Che così quest'unico pane che abbiamo con noi? Forse il matrimonio, i figli, la fidanzata, il ministero, il lavoro... E' solo un pane, ma è proprio l'azzimo che Gesù desidera, per trasfigurarlo e farne il pane con cui celebrare la Pasqua e passare, insieme a chi ci è affidato, dalla morte alla vita, dal peccato all'amore.
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