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martedì 8 agosto 2017

La vera rivoluzione? Sposarsi, fare figli ed educarli nella fede





Il discorso dell'Arcivescovo Chaput a Napa, in California: il futuro appartiene a chi ha figli, non cose

L’americano Lifesites, sito di informazioni e cultura prolife, riporta ampi stralci del discorso dell’Arcivescovo Charles Chaput tenutosi in California al Napa Institue conference il 27 luglio 2017. In calce all’articolo il link  al discorso integrale.
Il pastore offre un’approfondita analisi del mondo occidentale e incoraggia i cattolici a cercare di ristabilire la cultura del matrimonio, dell’avere figli e dell’educarli nella fede.
I cambiamenti che stanno investendo la cultura statunitense sono profondi e rapidissimi. Denuncia proprio questa fortissima accelerazione, il prelato:
“Alcuni cambiamenti sono vere e proprie trasformazioni – nella nostra filosofia del diritto; nei nostri costumi sessuali; nella nostra demografia; nella filosofia educativa; nell’economia e nella tecnologia”, ha detto.
La sempre più netta e sistematica separazione tra sesso e procreazione ha distorto, sfigurato la sessualità. Ed in modo potremmo dire quasi pandemico, la diffusione massiccia della pillola anticoncezionale ha consolidato, stabilizzato questo modo di pensare, vivere ed educare alla sessualità stessa.
“La pillola per il controllo delle nascite e la separazione del sesso dalla procreazione hanno alterato profondamente il significato della sessualità”, dice infatti Chaput.
Un altro passaggio del discorso dell’Arcivescovo è sulla fortissima pressione che si vede agire nel mondo occidentale per quanto riguarda la rivendicazione dei cosiddetti diritti gay. Non più solo la richiesta di accettazione, ma la pretesa di una approvazione, quasi la nobilitazione di un certo stile di vita.
“E l’attivismo per il “matrimonio” same-sex è arrivato a chiedere non solo più la sua accettazione ma la sua approvazione”.

Osserva il prelato: l’idea di uomo che sta dietro queste rivendicazioni è lontanissima, gravemente difettosa rispetto all’antropologia biblica. Ma si tratta pur sempre di una passione morale e come tale esercita un enorme potere.
Fino a qui la pars denstruens.
Ma ecco aprirsi la pars construens, quella che come credenti in Cristo e anche come uomini di buona volontà dobbiamo sempre far prevalere sulla “diagnosi” per quanto grave e impietosa essa debba essere.
Le cose si arrugginiscono e si rompono. Ma ogni bambino è un universo di possibilità che raggiunge l’eternità”.
Come dice Gesù nel Vangelo di Matteo al capitolo 6, 19-23: “non accumulate tesori in terra dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano. Accumulatevi invece tesori nel cielo (…)”.
I figli allora sono un bene eterno. Sono bene per l’eternità. Noi siamo davvero chiamati a co-creare, custodire e fare di tutto per mandare in Cielo i nostri figli, dotati di anima immortale e destinati come noi alla Resurrezione della carne.
Una critica sintetica e potente, questa, che erode dalle fondamenta la tracotanza della cultura consumistica. Cose o figli?E ai giovani che gli chiedono come possano cambiare il mondo (glielo chiedono, capite? Questo rimane un dato di speranza) egli risponde di amarsi, sposarsi, restare fedeli, avere molti figli ed allevarli nella fede. E li avverte; molto probabilmente non vedranno i frutti, non tutti, non i più importanti di questa rivoluzione, ma stanno tessendo l’arazzo. Staranno contribuendo ad aggiungere bellezza alla Creazione di Dio.
E poi lancia uno sguardo desolato all’Europa. L’Islam ha futuro, anche in Europa, perché crede nei figli. Fa figli. Perché ha uno sguardo trascendente. Altrimenti, senza uno scopo eterno e trascendente, come si possono sopportare i bambini? Per che cosa ci si sacrifica?
Ogni bambino ha un’anima immortale. Ognuno di noi è destinato all’eternità. Solo ripartendo da questo sguardo sull’uomo e la storia si può incidere nel presente, nella cultura, nei costumi.
Ogni vita è importante.
Noi, come Europei, come dice giustamente l’alto prelato Usa, rischiamo di non accorgerci della parte agonizzante della nostra civiltà. Ma forse, oltreoceano, non si scorgono bene i piccoli, vigorosi germogli che stanno bucando la crosta del vecchio continente.

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