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mercoledì 29 novembre 2017

Perché la Chiesa deve lottare contro l'aborto. Un infuocato discorso di GPII da riascoltare (1981)

Dal Regina Coeli di san Giovanni Paolo II, IV domenica di Pasqua, 10 maggio 1981 (la registrazione è nel video qui a fianco, dal minuto 0:34)

Cari fratelli e sorelle!

Ecco, voi rappresentanti delle parrocchie e delle comunità di tutta Roma siete oggi riuniti in piazza san Pietro per testimoniare che, nel corso di questi mesi e delle ultime settimane, avete pensato alla vita umana, prima di tutto alla vita nascosta sotto il cuore della donna madre, alla vita dei nascituri. Questa vita l’avete fatta oggetto delle vostre meditazioni, del vostro impegno di credenti, di uomini e di cittadini, ma soprattutto ne avete fatto il tema delle vostre preghiere. Avete meditato sulla responsabilità particolare verso la vita concepita, che, secondo il retto sentire dell’uomo, deve essere circondata da una particolare sollecitudine e protezione, da parte sia dei genitori stessi, sia anche della società, in particolare degli uomini che, in diversi modi, sono responsabili di questa vita.

Ciò facendo, voi avete dimostrato la vostra solidarietà all’invito dei vostri Vescovi, i quali, durante la Quaresima, hanno attirato l’attenzione di tutta la società sulla grande minaccia che incombe su questo valore fondamentale che è la vita umana e in particolare la vita dei nascituri. È compito della Chiesa riaffermare che l’aborto procurato è morte, è l’uccisione di una creatura innocente. Di conseguenza, la Chiesa considera ogni legislazione favorevole all’aborto procurato come una gravissima offesa dei diritti primari dell’uomo e del comandamento divino del “Non uccidere”.

Tutti questi vostri sforzi, tutto il lavoro della Chiesa, in Italia come in ogni altra parte del mondo, che mira ad assicurare la santa inviolabilità della vita concepita, io oggi desidero presentare a Cristo, il quale ha detto: “Sono venuto perché abbiano la vita”. Affinché questi esseri umani più piccoli, più deboli, più indifesi abbiano la vita, affinché questa vita non venga loro tolta prima che nascano, noi appunto a questo serviamo e serviremo in unione col Buon Pastore perché questa è una causa santa.

Servendo questa causa, serviamo l’uomo e serviamo la società, serviamo la patria. Il servizio all’uomo si manifesta non solo nel fatto che difendiamo la vita di un nascituro. Esso si manifesta contemporaneamente nel fatto che difendiamo le coscienze umane. Difendiamo la rettitudine della coscienza umana, perché chiami bene il bene e male il male, perché essa viva nella verità. Perché l’uomo viva nella verità, perché la società viva nella verità.

Quando Cristo dice: “Sono venuto perché abbiano la vita...” pensa anche, anzi soprattutto, a quella vita interiore dell’uomo che si manifesta nella voce della retta coscienza.

La Chiesa sempre ha ritenuto il servizio alla coscienza come il suo servizio essenziale: il servizio reso alla coscienza di tutti i suoi figli e figlie – ma anche alla coscienza di ogni uomo. Poiché l’uomo vive la vita degna dell’uomo quando segue la voce della retta coscienza e quando non permette di assordire in se stesso e di rendere insensibile questa coscienza.

Così servono gli uomini – proprio i più poveri e più bisognosi – tutti quegli uomini e quelle donne che, nel mondo, si dedicano alla difesa della vita, della vita dei corpi e delle anime: missionari e missionarie, suore, medici, infermieri, educatori, tecnici. Basti per tutti ricordare ancora, come a noi ben nota, madre Teresa di Calcutta, la cui voce in difesa della vita dei nascituri si alza non solo dall’India, ma anche dai diversi punti della terra. In Giappone, recentemente, ha detto: “Ogni bambino ucciso con l’aborto, è un indice di grande povertà, perché ogni vita umana è importante e ha un carattere speciale per Dio”.

Facendo tutto per salvare l’uomo dalla miseria materiale, madre Teresa – questo mirabile testimone della dignità dell’umanità – fa di tutto per difendere anche la sua coscienza dalla insensibilità e dalla morte spirituale.

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