Tutto sommato la vita di s. Alessio si può descrivere con poche frasi, ma sono le varie narrazioni del tempo antico, che ne arricchiscono lo svolgimento in buona parte leggendario.
Vi sono tre versioni della ‘Vita’: la leggenda siriaca, la leggenda greca, la leggenda latina, che hanno trasformato la semplice e umile vita di un uomo di Dio, mendicante e asceta del V secolo, in un fiorito racconto che è stato oggetto di opere teatrali e di poesia, sia in Oriente che in Occidente.
La leggenda siriaca, la prima composta fra il 450 e il 475, il cui manoscritto più antico risale alla fine del V secolo, narra di un giovane e ricco abitante della nuova Roma cioè Costantinopoli, il quale la sera delle nozze si era allontanato di nascosto imbarcandosi per l’Oriente.
Giunto ad Edessa, città dell’odierna Siria, che nel IV-V secolo era un centro di cultura cristiana (Scuola di Edessa), finché nel VII secolo passò ai musulmani, qui si mise a chiedere l’elemosina con altri mendicanti sull’uscio della chiesa.
Quello che raccoglieva di giorno, lo distribuiva di sera ai poveri della città, per il suo ascetismo venne chiamato Mar-Riscia (uomo di Dio); persone incaricate dal padre di ritrovarlo, giunti anche ad Edessa, non riuscirono ad identificarlo in quel mendicante lacero ed emaciato.
Dopo 17 anni, quando si sentì morire, il giovane mendicante rivelò al sacrestano della chiesa la sua vera identità ed origine, il quale una mattina lo trovò morto sul sagrato.
Il sacrestano si precipitò dal vescovo Rabula (412-435) e lo supplicò di non far confondere nella fossa comune, il corpo di quel santo uomo, il vescovo allora si recò al cimitero per esumarlo, ma trovò solo le misere vesti, il corpo era scomparso.
Nel secolo IX comparve documentata la leggenda greca o bizantina, la quale trasformava significativamente quella siriaca. Prima di tutto dava un nome al giovane chiamandolo Aléxios (Alessio) che significa “difensore” o “protettore”, situando la sua nascita a Roma e non più in Oriente e datando la sua morte al 17 luglio, al tempo degli imperatori fratelli Arcadio e Onorio (395-408).
La leggenda narra che un’icona della Vergine Maria nella chiesa di Edessa (oggi secondo la tradizione, venerata nella chiesa romana di Sant’Alessio sull’Aventino), ordinò al sacrestano di far entrare in chiesa quel mendicante da considerarsi un santo, la voce si diffuse rapidamente fra il popolo dei fedeli, che presero a venerarlo.
Alessio cui non piacevano gli onori, fuggì imbarcandosi per Tarso, ma i venti prodigiosamente lo fecero approdare sulle coste italiane ad Ostia; questo fatto fu preso da Alessio come un’indicazione divina, pertanto decise di farsi ospitare come uno straniero povero nella casa paterna a Roma.
Il padre memore del figlio lontano e in difficoltà, senza riconoscerlo lo accolse con benevolenza in casa, dove Alessio rimase per 17 anni, dormendo in un sottoscala fra le umiliazioni e gli scherni dei servi.
Quando Alessio sentì che la sua fine era vicina, decise di scrivere le avventure e le origini della sua vita su un rotolo, quando morì le campane di Roma si misero a suonare a festa e fu udita una voce divina che diceva: “Cercate l’uomo di Dio affinché egli preghi per Roma”, così fu scoperto il corpo del santo, ancora con il rotolo in mano, che solo gli imperatori Arcadio ed Onorio riuscirono a sfilarglielo e leggere.
Della leggenda latina non si hanno documentazioni prima del secolo X, comparve prima in Spagna e verso l’ultimo quarto del secolo a Roma.
Qui il culto fu diffuso dall’arcivescovo metropolita di Damasco Sergio, il quale costretto a fuggire a seguito dell’invasione dei Saraceni, si stabilì presso la chiesa di San Bonifacio sull’Aventino, qui fondò una comunità monastica mista, dove i greci osservavano la Regola di s. Basilio e i latini quella di s. Benedetto.
Questa comunità rivestì una grande importanza in quel tempo e fra l’altro rielaborò la leggenda greca di s. Alessio in una versione che diventò la tradizione dominante in Occidente, tale da essere inserita nella “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varagine.
Le diversità apportate nella leggenda latina sono: la chiesa dove Alessio si sarebbe dovuto sposare divenne la stessa basilica dove il santo sarebbe stato sepolto; la mancata sposa, che la sera precedente le nozze accettò di vivere in castità, si chiamò chi sa perché Adriatica; il rotolo con scritta la sua vita, fu tolto di mano non dagli imperatori, ma dal papa stesso, presenti gli straziati genitori Eufemiano e Aglae, che finalmente seppero che quel mendicante in abiti da pellegrino, vissuto nella loro casa, era l’amato figlio.
Questa nuova versione latina ispirò canti popolari e leggende che i contadini si tramandavano da padre in figlio.
Nel 1217 papa Onorio III dedicò la chiesa di S. Bonifacio anche al leggendario s. Alessio; dell’antica chiesa, dopo i vari rifacimenti non è rimasto quasi nulla, nell’attuale basilica barocca, c’è la Cappella di S. Alessio e in essa è contenuto un frammento lungo circa un metro della scala sotto la quale il santo dormiva, il frammento sovrasta la statua in marmo, raffigurante s. Alessio sul letto di morte, vestito da pellegrino di Santiago, opera dello scultore Antonio Bergondi, seguace del Bernini.
Testimonianza artistica sulla sua vita è il ciclo di affreschi di fine XI secolo, situato nella chiesa inferiore di San Clemente a Roma; in questo ciclo compaiono già gli attributi che lo identificano, come la scala, il bastone da pellegrino, la lettera nella mano serrata dalla morte, che verranno poi ripresi dai tanti artisti che lo hanno raffigurato nei secoli successivi.
A conclusione è opportuno notare come il numero 17 compaia più volte nella vita di s. Alessio; 17 sono gli anni passati ad Edessa e 17 quelli trascorsi a Roma in casa de padre; il 17 luglio è la data ritenuta della sua morte, come pure egli viene celebrato in Oriente il 17 marzo e in Occidente il 17 luglio.
Ancora oggi nella Basilica di S. Alessio sull’Aventino, molte coppie di sposi vogliono qui celebrare il loro matrimonio.
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