Emiliano Jimenez , preghiera :Sul Discorso della montagna
PREGHIERA (Mt 6,5-15)
a) Pregare nella cella interiore
La catechesi sulla preghiera segue la stessa linea di quella precedente sull'elemosina. Al modo sbagliato di pregare degli ipocriti e dei pagani, Gesù oppone una forma di preghiera che giunge alle orecchie di Dio: «Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate» (Mt 6,5-8). La caricatura dell'orante ipocrita è simile a quella di colui che in mezzo alla strada ostenta l'elemosina che fa al povero. Se uno strombazza la sua azione, l'altro si mette in mezzo alla piazza per pregare in modo che tutti lo vedano e lodino la sua pietà. L'esempio opposto consiste nel pregare in una stanza con le porte chiuse. Così pregò il profeta Eliseo nella casa della vedova che lo accoglieva: «Eliseo entrò in casa. Il ragazzo era morto, steso sul letto. Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore» (2Re 4,32-33). Così pregava Daniele, contravvenendo l'ordine del re Dario, che aveva decretato di non elevare preghiere a nessuno all'infuori di lui: «Daniele, quando venne a sapere del decreto del re, si ritirò in casa. Le finestre della sua stanza si aprivano verso Gerusalemme e tre volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era solito fare anche prima. Allora quegli uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio» (Dn 6,10-12). La preghiera sale a Dio dall'intimo dell'essere. Dio ascolta la preghiera del cuore, espressione della fede in Lui. Se manca la fede, le labbra si riempiono di parole inutili, i gesti sono pomposi, ma senza che Dio si commuova. «Anna», dice Giovanni Crisostomo, «senza che si udisse la sua voce, ottenne quello che desiderava perché gridava il suo cuore». La preghiera silenziosa di Anna, madre di Samuele, è un esempio classico della preghiera che arriva alle orecchie di Dio: «Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva» (1Sam 1,13). È nella cella interiore del cuore che possiamo incontrare Dio. Cristo ci invita a entrare e a chiudere la porta a chiave. Poi, quando siamo in profondo raccoglimento, arriva Lui e bussa alla porta, perché lo abbracciamo e possiamo cenare con Lui e Lui con noi (Ap 3,20). Il chiavistello della porta è all'interno, dalla nostra parte. Cristo resta fuori se non gli apriamo. Tuttavia, per non sbagliarsi riguardo alla raccomandazione del Signore, Ilario di Poitiers ci dice: «Ci è stato comandato di pregare nella nostra stanza, dopo aver chiuso la porta, ma ci è stato comandato anche di elevare la nostra preghiera in ogni luogo. I santi hanno pregato tra le bestie, nelle carceri, tra le fiamme, nelle profondità del mare e persino nel ventre del mostro marino. Questo significa che siamo invitati a entrare non nelle parti nascoste di una casa, ma dentro il nostro cuore e a pregare Dio nel segreto impenetrabile del nostro spirito, non con molte parole, bensì con la sincerità della nostra vita».
Quello che conta non è il luogo in cui si prega o il modo esterno di pregare, ma la relazione intima con Dio Padre. Altre pretese deformano e corrompono la preghiera. La preghiera nascosta, nel segreto, non esclude né si oppone alla preghiera comunitaria, che l'assemblea unita eleva a Dio: «In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,19-20). Sant'Ambrogio, nel trattato Caino e Abele, scrive: «Il Signore Gesù ha raccomandato di pregare intensamente e frequentemente non perché la nostra preghiera si prolunghi fino al tedio, ma anzi quello che desidera è che si preghi durante momenti brevi e regolari. Di fatto, la preghiera prolungata diventa frequentemente meccanica e, al contrario, l'eccessiva distanza tra una preghiera e l'altra porta alla negligenza [...] L'Apostolo ci insegna che bisogna pregare in ogni luogo (1 Tm 2,8), mentre il Salvatore dice: Entra nella tua camera (Mt 6,6). Si tratta di una stanza non delimitata da pareti tra le quali la persona si rinchiude, ma della cella che c'è dentro di te dove sono rinchiusi i tuoi pensieri e dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera di preghiera ti accompagna ovunque, è occulta dovunque vai e in essa il solo giudice è Dio». La preghiera è il respiro della vita. Perciò è necessario pregare sempre (1Ts 5,17; Lc 18,1ss), in ogni tempo (Ef 6,18) e in ogni luogo (1Tm 2,8). Fatta con insistenza (Mt 7,7-11), con fede (Mt 21,22), nel nome di Gesù (Mt 18,19s; Gv 14,13) ci introduce nell'intimità del Padre. Perciò Gesù ci dà il suo Spirito, che prega in e con noi (Rm 8,26; Gal 4,6), poiché noi non sappiamo nemmeno cosa chiedere (Rm 8,2). Così la preghiera nella quale invochiamo Dio come Padre ci fa sentire figli, trasformandoci interiormente, divinizzandoci. Non le parole inutili raggiungono il cuore di Dio, ma i gemiti ineffabili dello Spirito che viene in aiuto del nostro Spirito. La preghiera dei sacerdoti di Baal è un chiaro esempio di chiacchiera vuota e insensata (IRe 18,28ss). Non si tratta nemmeno di alzare il tono della voce, ma la fede del cuore. «La preghiera dell'umile penetra le nubi, e non indugia finché non sia arrivata al suo scopo» (Sir 35,17), l'orecchio di Dio. Contro il cumulo di parole per istruire Dio invece di lasciali illuminare da Lui, l'Ecclesiaste ci ammonisce: «Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò le tue parole siano parche» (Qo 5,1). Come espressione di sapienza, Gesù Ben Sira dice ugualmente: «Non parlar troppo nell'assemblea degli anziani e non ripetere le parole nella tua preghiera» (Sir 7,14).
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