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sabato 9 marzo 2019


Nel deserto sboccia la vita 


La nostra vita è un deserto. Insidie d’ogni genere, precarietà all’ordine del giorno e, soprattutto, pochissima vita, di quella vera, di quella che vale la pena essere vissuta. Tutto passa, scorre via senza poter distillare neanche un attimo di felicità. Lo scriveva Leopardi, la giovinezza, e tutte le effervescenze della vita, volano, si “passan tutta via”. La sapienza della Bibbia, senza giri di parole, ripete in vari modi che “l’uomo è come l’erba, al mattino fiorisce, alla sera è falciata e dissecca”. E dentro, un’insopprimibile desiderio che non finisca tutto così, e una lotta titanica, attraverso affetti, lavoro, svaghi, studio, corpo, salute, beni e denari, per non essere un timbro stampato su una pagina di calendario girato troppo in fretta.
Ma niente. Gira e rigira, lotta e batti i pugni, ma nulla, la vita resta un deserto, arido, senz’acqua, nel migliore dei casi qualche oasi di refrigerio, per il resto sabbia tra i denti, fame e sete e la mente popolata di miraggi, speranze in un domani migliore presto tramutate in idoli tiranni a cui dedicare senza requie tutto noi stessi. Un deserto popolato di losche figure, pensieri e tentazioni, abili a sfruttare precarietà e sofferenze per sferrare i loro attacchi.
Ci spingono a fare miracoli, “umani” è ovvio, compromessi, imbrogli, “permute” e quant’altro perché le pietre divengano pane; a salire in alto, più in alto di tutti perché qualcuno si accorga di noi; a prostrarci in adorazione di qualunque imbonitore pur di lucrare potere e denaro. Offerte sotto le più svariate fogge, tutte per sfuggire al terribile deserto che è una vita che scorre verso la morte, con sullo sfondo ben chiara la parola fine.
Ed è vero. La nostra vita è lanciata verso la fine e noi a tentare di scappare, di allungare la mano in uno sforzo prometeico per acciuffare il frutto dell’albero della vita, l’anello, l’arca perduta, il sacro graal capace di vincere la morte. Embrioni generati per fare le cavie, mostruosità scientifiche d’ogni tipo, la natura osannata e disprezzata, sono solo alcuni episodi dello sceneggiato cui stiamo assistendo: la folle corsa all’onnipotenza, gravida di morte, la più atroce.
Ma oggi la Chiesa ci annuncia che lo Spirito guida il Signore nel deserto, per esservi tentato quaranta giorni e quaranta notti, il tempo necessario secondo il valore simbolico del numero quaranta. Lo Spirito guida il Signore alle nostre vite, al deserto nel quale esse scorrono. Irrompe il suo amore proprio dove tutto sembra perduto. E’ qui, accanto a noi, a prender le sberle che il demonio ha preparato per noi. Le nostre tentazioni, le menzogne e gli inganni che ci tempestano ogni giorno, sono il suo cibo.
Dio s’è fatto uomo per ciascun uomo, per scendere nel nostro deserto e strapparci all’angoscia mortale d’una vita senza speranza. Gesù viene oggi esattamente dove siamo, lì, nelle nostre lotte, nelle nostre sofferenze, nelle nostre angosce. Viene per vincere e donarci la vita nella morte, come acqua nel deserto. E lo fa senza cambiare la natura del deserto. Niente miraggi, piuttosto il miracolo d’un uomo che può vivere nel deserto.
La quaresima è anche questo, accogliere il Signore nella nostra vita e viverla, esattamente come è, sperimentando la possibilità di non morire, di essere sereni nella precarietà, in pace anche nella malattia. Il Mistero Pasquale del Signore compiuto in noi è l’unico, vero miracolo. Per noi e per un mondo incapace di accettare la minima incertezza, la più piccola ingiustizia, assolutamente impreparato a soffrire.
Nella quaresima possiamo imparare a vivere della Parola di Dio, vivere di Gesù, anche dove non c’è null’altro, dove umanamente è realmente impossibile sopravvivere. Questo è il cristianesimo, il Cielo che appare sulla terra e apre, per ciascun uomo, la porta sulla vita eterna distruggendo, definitivamente, la parola fine apposta sull’esistenza di tutti dal demonio, come sigillo della sua fabbrica. Nel deserto sboccia la vita. E’ questa la buona notizia per questa quaresima.


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