A Messa subito, senza trattative. Ma come troveremo i fedeli?
- Ecclesia
- 18-04-2020
Come troveremo le nostre comunità dopo che si è ripetuto che pregare in casa va bene lo stesso, anzi può essere pure più gradito a Dio? Due mesi di quarantena agli arresti domiciliari, essere stati obbligati a lasciare morire i nostri cari senza il nostro ultimo abbraccio, essersi abituati ai riti e alle celebrazioni in streaming, aver considerato la fede non essenziale ma un optional cui rinunciare facilmente, hanno alimentato un senso di smarrimento, producendo la cultura della paura che non sarà facile riabilitare.
Sono contento di condividere che la CEI ha sollecitato la ripresa della celebrazione della santa messa nelle nostre chiese. Siamo in tanti a ringraziare per questa iniziativa, che risponde al desiderio dei credenti che in molti modi hanno ripetutamente espresso in questo periodo il loro disagio, per cui si spera che la decisione venga adottata quanto prima e che spetti alla CEI e non al Governo italiano, sia pur in accordo con le autorità competenti, delineare i contorni del ritorno a Messa.
Tornare a Messa, dunque, subito, rispettando le disposizioni di sicurezza, ma senza cedere in lungaggini burocratiche né a trattative estenuanti.
Fin dal primo giorno abbiamo continuato a ribadire che chiudere le chiese non poteva essere una soluzione del problema coronavirus COVID 19, pur sottomettendosi alle disposizioni imposte, che hanno privato noi fedeli di un nostro diritto inalienabile. Se è vero che il digiuno eucaristico è un valore quando esprime il desiderio di ricevere Gesù e unirsi a lui e ai fratelli, mi sono domandato se poi porterà un vantaggio pastorale riaccendendo la fede che per alcuni era sopita o addormentata nell’abitudine ai sacramenti.
Vedremo nel tempo quale effetto abbia causato questa quarantena con l’assenza delle celebrazioni, dei funerali, dei battesimi e del contatto diretto tra pastori e fedeli. Insistere che si può pregare dovunque va bene, ma attenzione a non negare l’essenziale dimensione comunitaria della fede cristiana. Il Signore comunque si serve di tutto per darci aiuto e personalmente sono ottimista.
Spero che finiscano presto questi arresti domiciliari per poter finalmente tornare a pregare insieme in chiesa. Sento però nascermi dentro una domanda: che sarà delle nostre comunità dopo questo lungo distacco? Le ritroveremo tutte come se nulla fosse avvenuto? Saranno cariche di entusiasmo oppure abituate a vivere senza chiesa dato che spesso durante questo periodo si è ripetuto che pregare in casa va bene lo stesso, anzi può essere pure più gradito a Dio (sic!).
Sin d’ora s’impone quindi un dovere a noi vescovi e sacerdoti: “Prepararci al dopo, anzi preparare il dopo” ricercando insieme come ripartire, consapevoli che non tutto sarà come prima. Due mesi di quarantena agli arresti domiciliari, aver insistito sul distanziamento sociale e sulle misure di sicurezza, essere stati obbligati a lasciare morire i nostri cari senza il nostro ultimo abbraccio, essersi abituati ai riti e alle celebrazioni in streaming, aver considerato la fede non essenziale ma un optional cui rinunciare facilmente, l’incubo del coronavirus che condiziona le nostre scelte quotidiane hanno cambiato modi di agire e hanno alimentato soprattutto un senso di smarrimento e di incertezza, producendo la cultura della paura che non sarà facile riabilitare. Utilizzare questi giorni per progettare la fase due non è solo un’opportunità, bensì una necessità per tutti.
Il pensiero va in modo speciale ai ragazzi, lungamente costretti a vivere chiusi in casa e che eravamo abituati a incontrare per la catechesi. Quando riprenderanno il ritmo scolastico e la catechesi? Per venire incontro alle loro esigenze e a quelle della scuola che dovrà adottare misure di distanziamento sociale sento di poter offrire la possibilità di usufruire delle nostre strutture parrocchiali come aule scolastiche. In tempi di precarietà come il nostro, il massimo della disponibilità costituisce un metodo di collaborazione al quale come Diocesi intendo aderire per il bene delle nostre famiglie, dei ragazzi e della scuola.
Intanto la preghiera ci accompagna e ci sostiene perché il tempo che ci attende è gravido di sfide e di non poche difficoltà.
Giovanni D'Ercole
*Vescovo di Ascoli Pice
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