αποφθεγμα Apoftegma
La presentazione del messaggio evangelico
non e' per la Chiesa un contributo facoltativo:
e' il dovere che le incombe per mandato del Signore Gesu',
affinche' gli uomini possano credere ed essere salvati.
Si, questo messaggio e' necessario. E' unico. E' insostituibile.
Non sopporta ne' indifferenza, ne' sincretismi, ne' accomodamenti.
E' in causa la salvezza degli uomini.
Esso rappresenta la bellezza della rivelazione.
Comporta una saggezza che non e' di questo mondo.
È' capace di suscitare, per se stesso, la fede,
una fede che poggia sulla potenza di Dio.
Esso e' la Verita'.
Merita che l'Apostolo vi consacri tutto il suo tempo,
tutte le sue energie, e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita.
Paolo VI, Evangelii nuntiandi
CON CRISTO NON SUBIAMO LA VITA, MA LA SPENDIAMO DA PROTAGONISTI
I segni di cui ci parla il Signore non si possono pianificare in un consiglio pastorale, preparare nelle riunioni delle Conferenze Episcopali. Non si studiano. Sono miracoli, saette che trafiggono il banale grigiore che si abitua a tutto. Gesù non ha frequentato un corso su Dio, non lo ha conosciuto all'università, fosse anche la Gregoriana; Gesù era, semplicemente, suo Figlio. Così e' di ogni figlio nel Figlio, di ogni cristiano. Così e' per la Chiesa che attraversa i secoli con lo zelo appassionato che freme di compassione, e la spinge ad andare dappertutto, nella consapevolezza che ogni evento che la riguarda, ogni persecuzione, ciascun istante della vicenda concreta dei suoi apostoli, è legato ed è favorevole e contribuisce al bene delle anime e alla missione di annunciare il Vangelo. Nulla della nostra vita è fine a se stesso, perché tutto è in funzione della missione alla quale siamo chiamati. Il veleno che oggi ciascuno di noi dovrà bere - l'incomprensione del marito, la ribellione del figlio, la malattia, la precarietà economica - è il segno con il quale il Signore accompagna e sostiene e certifica la nostra fede e quella di coloro ai quali siamo inviati. Anche oggi prenderemo in mano il serpente antico, il seduttore di tutta la terra, la menzogna che che avvelena la vita di ogni uomo, e lo renderemo innocuo in virtù della fede, per noi e per chi ci è accanto. Parleremo lingue nuove, la lingua dell'amore che solo in Cielo si parla, quella che supera le grammatica della carne con i suoi limiti per distendersi sulle declinazioni che raggiungono le debolezze, le sofferenze, le ansie e le speranze di chi ci è posto accanto senza il filtro dei nostri criteri, senza le correzioni che l'affettività vorrebbe apporre alle parole che descrivono la loro vita. Guariremo i malati, sì, in virtù della fede toccheremo il cuore ferito di chi ci è vicino deponendovi la misericordia di Dio. La Chiesa annuncia il Vangelo con i segni della Croce, gli stessi compiuti da Mosè con il suo bastone dinanzi al Faraone; non ve ne sono altri, perché il Vangelo è la buona notizia che rivela la sapienza della Croce. La nostra storia concreta, infatti, è un segno materno per i figli, i coniugi, i fidanzati, gli amici, i colleghi. Tutto è segno di un amore che vince la morte e il peccato, e che trasforma la condanna in Grazia. Anche oggi siamo mandati dappertutto, in ogni istante della nostra giornata, e nulla ci è indifferente, da nessuna situazione dobbiamo scappare. Niente ci cade addosso improvviso, perché è il Signore che ci invia a vivere ogni evento da risorti con Cristo; non subiamo la vita, la affrontiamo da protagonisti, come la missione più importante: liberare i prigionieri, cancellare la condanna che pesa su ogni uomo, spalancare per tutti le porte del Cielo, il destino di felicità eterna che il Vangelo annuncia: "il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l'Invisibile" (Paolo VI).
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