αποφθεγμα Apoftegma
Uno solo si immerse,
ma elevò tutti con sé;
uno solo discese nell’acqua,
perché tutti ascendessimo in Cielo,
uno solo prese su di sé i peccati di tutti,
perché in Lui fossero mondati i peccati di tutti.
S. Ambrogio
PRECIPITATI NELL'ORGOGLIO POSSIAMO RISALIRE CON CRISTO NEL CIELO DEI FIGLI DI DIO
αποφθεγμα Apoftegma
Uno solo si immerse,
ma elevò tutti con sé;
uno solo discese nell’acqua,
perché tutti ascendessimo in Cielo,
uno solo prese su di sé i peccati di tutti,
perché in Lui fossero mondati i peccati di tutti.
ma elevò tutti con sé;
uno solo discese nell’acqua,
perché tutti ascendessimo in Cielo,
uno solo prese su di sé i peccati di tutti,
perché in Lui fossero mondati i peccati di tutti.
S. Ambrogio
C'è un "luogo" dove "credere" in Gesù, perché in esso vi "si ferma", e lo si può incontrare e conoscere: l'annuncio, la predicazione, l'evangelizzazione. E' il "luogo dove prima Giovanni battezzava", dove il fiume Giordano sta per gettarsi nel Mar Morto, il punto più basso della superficie terrestre, il luogo dell'annientamento di Gesù. Qui il Signore si è umiliato sino a discendere al luogo del nostro cuore più lontano dal Cielo e da Dio, per aprirlo all'ascolto, annunciare la Parola di Vita e far risplendere la compiacenza del Padre in ciascun uomo. Il contrario assoluto dei luoghi dove prospera il clericalismo, dove pontificano ipocritamente gli pseudo-religiosi, i legalisti, i moralisti, quelli che, in nome della "vostra Legge", lasciano fuori Cristo nei piccoli, nei poveri, nei peccatori. Cioè noi, a casa e ovunque. Ma Dio si è fatto come me e come te per annullare la distanza che ci separava da Lui: il demonio vuol rovesciare la volontà di Dio e spingere perversamente l'uomo a recitare il ruolo di protagonista riservato a Dio. La frustrazione che sperimenta chi crede all'inganno del demonio, arma i cuori e le mani per uccidere la falsa immagine di Dio che esso ha presentato; ma così, finisce per distruggere se stesso nell'inferno dell'alienazione, e diventa incapace di vivere la storia con pace e gratitudine. Non sono le opere, i miracoli a decretare, in ultima istanza, la sua morte. Le pietre sono preparate per la sua parola blasfema: "Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare" (Lv. 24,16). I giudei, come ciascuno di noi, guardando e sperimentando le opere non sanno riconoscerne l'autore, e lo scambiano per un bestemmiatore, perché la nostra vita di oggi, in fondo, è una bestemmia: la sofferenza, il fallimento, queste ore qui rinchiuse nello sconforto, sono una parola blasfema: Dio non può volere e permettere tutto quanto mi accade. E chi dice che nella mia storia stia operando Dio facendone un segno del suo amore è un bestemmiatore. Chi mi dice che sono figlio di Dio in questo matrimonio, nella malattia e nella depressione, merita la morte. E così uccidiamo i profeti per togliere di mezzo Cristo.
Ebbene, Gesù ha assunto su di sé il dolore del nostro rifiuto, la durezza dei cuori di fronte alle opere belle del suo amore. Al punto di ridiscendere alla fonte della sua missione per ritrovare in essa vigore e forza per l'opera decisiva, la Passione di amore che lo condurrà sulla Croce. E' il cammino che indica a ciascuno di noi per combattere la falsa illusione delle apparenze, l'atrofia dell'intelligenza che non vuole andare oltre e rischiare per abbandonarsi a un amore più grande di quello di cui noi siamo capaci. Gesù oggi ci indica il percorso dell'umiltà, discendere ancora una volta i gradini del battesimo, immergere ancora una volta nell'acqua che ci ha rigenerato l'uomo vecchio per annegarlo con le sue passioni. Passare dalla memoria al memoriale, dal ricordo che schiaccia il presente sui nostri criteri avvelenando il futuro, alla libertà che accoglie la storia d'amore di Dio con ciascuno di noi, perché le sue "opere" si facciano contemporanee del momento che siamo chiamati a vivere e si compiano ancora. Sono esse a mostrarci il volto del Padre; la loro dimenticanza, il filtro della nostra povera ragione ad interpretarle come pura casualità, chiude le porte al potere di Dio. Per essere liberati da questo "carcere", occorre imparare ad ascoltare, come il Padre ha invitato tutti a fare quando Gesù è riemerso dalle acque del battesimo: "Questi è il mio Figlio nel quale mi sono compiaciuto: Ascoltatelo!". L'ascolto ci apre alla Parola che ha il potere di ricrearci, qualunque sia la nostra situazione; l'ascolto è la nostra salvezza perché ci dona la fede capace di plasmarci sino a renderci figli di Dio. Solo ascoltando potremo uscire dallo scandalo dell'orgoglio incapace di credere all'incarnazione di Dio nella nostra vita. Solo gli occhi della fede sanno discernere le sembianze divine attraverso la luce che filtra, spesso impercettibilmente, dalle ferite dei peccati, delle debolezze, degli errori nostri e dei fratelli. "La Scrittura non può essere annullata": essa "ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio", ovvero ciascuno di noi raggiunti dalla stoltezza della predicazione, così potente da risuscitarci come figli di Dio che guardano ogni evento e ogni fratello dalla destra del Padre dove Cristo ci vuole condurre. Solo attraverso il suo ascolto potremo camminare sui sentieri della conversione autentica, che non è macerarsi e sforzarsi di compiere opere impossibili alla carne per "divenire come Dio", ma accogliere la Parola di Dio. Solo alla sua luce potremo entrare, con fiducia e speranza, nella storia che quotidianamente si presenta dinanzi, discernendo in essa "il luogo" dove Gesù è, e dove anche ciascuno di noi può essere
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