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mercoledì 3 dicembre 2014

«Per la prima volta in 1.500 anni non possiamo festeggiare i nostri santi»

E il vescovo di Mosul scoppia a piangere Video

novembre 11, 2014 Leone Grotti

Mar Nicodemus Dawod Sharaf ha dichiarato in una intervista: «Di una cosa sola siamo felici: non abbiamo abbandonato Cristo e la nostra fede. I jihadisti non sanno che le persecuzioni ci rafforzano»


vescovo-mosul-iraq-siro-ortodosso-sharaf1«Per la prima volta in 1.500 non abbiamo potuto festeggiare la ricorrenza di san Shmuni nella nostra chiesa di Qaraqosh». Non riesce a trattenere le lacrime il vescovo siro-ortodosso di Mosul (Iraq), Mar Nicodemus Dawod Sharaf, mentre spiega in un’intervista che «oggi, 15 ottobre, è una grande festa per la nostra diocesi perché a Qaraqosh da 1.500 anni san Shmuni appare miracolosamente sul muro della chiesa con i suoi figli».
«SONO SENZA DIO». Dopo essere scoppiato a piangere, il vescovo si riprende e continua: «Ci hanno invaso i tatari, i mongoli, gli hulagu ma mai abbiamo smesso di festeggiare san Shmuni. Quest’anno, per la prima volta, siamo costretti a pregare fuori dalle chiese sia a Mosul che nei villaggi vicini». Ricordando la cacciata dei cristiani dalle loro case da parte dei jihadisti dello Stato islamico, continua: «Non c’è più dignità e onore nell’umanità. Davvero questa gente è senza Dio. Ma anche tutti quelli che si appellano ai diritti umani non fanno che mentire: hanno visto cosa accade alla nostra povera popolazione [rifugiata in Kurdistan]. Hanno visto in che stato miserabile viviamo. Abbiamo chiesto loro: aiutateci prima che arrivi l’inverno e cada la pioggia. E non hanno fatto niente per noi».
«SIAMO FELICI DI UNA COSA». Tutti noi, continua Mar Sharaf, «ci chiediamo: perché? Cosa abbiamo fatto di male? Perché tutto questo sta accadendo a noi? Di una cosa sola siamo felici: nonostante tutto quello che ci sta accadendo e tutto quello che ci accadrà ancora in futuro, noi non abbiamo abbandonato il cristianesimo, non stiamo abbandonando Cristo e la nostra fede. E siamo orgogliosi di essere figli di martiri, siamo orgogliosi di sapere che tutto quello che ci sta accadendo, ci sta accadendo perché siamo cristiani. Per noi questo è un onore. Pensano che queste persecuzioni ci faranno abbandonare la nostra fede, ma non sanno che ci rendono ancora più attaccati ad essa». 


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