Gandolfini: “È un principio non negoziabile, il Governo tenga conto delle famiglie”
A dispetto del caldo torrido e della convocazione in tempi stretti, è stato un successo al di là di ogni aspettativa. Alla manifestazione indetta per stamattina dal “Comitato Difendiamo i Nostri Figli” davanti al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), oltre agli attesi rappresentanti delle associazioni che hanno sottoscritto il manifesto per la libertà educativa, hanno preso parte decine di famiglie, accompagnate dai loro bambini con zainetto in spalla. Erano attese una cinquantina di persone ma, secondo gli organizzatori, i partecipanti sono stati circa trecento.
Il Comitato “Difendiamo i Nostri Figli” chiede al ministero che nel documento sul comma 16 della Riforma della scuola di prossima emanazione, sia escluso qualsiasi riferimento all’ideologia gender e ribadito il diritto dei genitori di non far partecipare il proprio figlio ad attività in contrasto con i valori antropologici della famiglia.
A tal proposito è stato presentato il Manifesto per la libertà educativa della famiglia, cui seguirà una petizione popolare a cui hanno già aderito oltre quindici associazioni di famiglie e genitori.
“Le famiglie hanno ribadito con una bella presenza sotto il ministero dell’Istruzione che il diritto di priorità educativa dei genitori è un principio non negoziabile, chiediamo che il governo ne tenga conto in tutti i documenti e le leggi di prossima approvazione”, ha dichiarato il presidente del Comitato “Difendiamo i Nostri Figli”, Massimo Gandolfini.
Da parte sua, Giusy D’Amico, membro del Comitato, impegnata in modo particolare nel settore educativo, ha ribadito a Zenit il principale obiettivo della manifestazione: un “consenso informato preventivo” che salvaguardi la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, tutelato dalla Costituzione Italiana e il diritto della famiglia ad educare i figli secondo le proprie convinzioni, a sua volta tutelato dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948.
“Non cerchiamo una ‘concessione’ ma il riconoscimento di un diritto che tuteli la libertà educativa su temi in cui solo la famiglia può porre in essere i fondamenti – ha spiegato la d’Amico -. La scuola non può interferire sul livello valoriale, etico, religioso o filosofico della famiglia”.
Nel frattempo, dopo che il ministro delle Riforme Istituzionali, Maria Elena Boschi, ha annunciato l’imminente ufficializzazione delle linee guida relative al comma 16 della legge 107, sull’educazione alla parità dei sessi, il Comitato “Difendiamo i Nostri Figli” ha chiesto di poter avere accesso a quanto verrà ufficializzato, dopo che, lo scorso ottobre, aveva presentato al Miur “una serie di proposte ma anche di criticità rispetto ai possibili dubbi su percorsi educativi che spesso enunciavano qualcosa ma contenevano molto altro”, ha puntualizzato la D’Amico.
Il Comitato ha dunque prodotto un ventaglio di proposte, con il contributo di una équipe di specialisti di alto livello accademico, per veicolare la propria preoccupazione in merito a un possibile inserimento, anche surrettizio, dell’educazione al gender nei programmi ministeriali, con il pretesto di combattere le discriminazioni.
“Abbiamo spiegato che quel linguaggio ambiguo e criptato non ci convince e che noi vogliamo chiarezza, in particolare sui termini ‘genere’ e ‘sesso’, che vanno declinati esclusivamente al maschile e al femminile – ha proseguito la D’Amico -. Tutto questo va chiarito in modo inequivocabile, perché riteniamo che il bambino abbia diritto alla chiarezza nella costruzione della sua identità e che non si proponga un’educazione sessuale in base ad una ‘identità fluida’ che tende a porre dubbi nella coscienza del bambino in fase di formazione”.
Fermo restando che il Comitato concorda sulla “lotta ad ogni forma di discriminazione”, i suoi rappresentanti vigileranno affinché sia salvaguardata la libertà educativa, anche in nome del “pluralismo culturale”.
“Ci auguriamo che a breve l’ufficializzazione di questi testi sia conforme a quanto da noi specificato – afferma ancora la D’Amico – che sia specificato cosa si intende per ‘attività extracurricolari’ e che esse non siano obbligatorie. Su ‘temi sensibili’ nulla deve essere obbligatorio e il Ministero è tenuto a porvi adeguata attenzione”.
Il Miur, tuttavia, non ha ancora fornito risposta sul consenso informato, richiesto dal Comitato lo scorso anno, mentre per quanto riguarda la petizione regionale partita in Friuli Venezia Giulia sulla libertà educativa, è stata respinta la richiesta di consenso informato, ponendo un’unica postilla alla fine della dichiarazione, secondo cui si afferma genericamente che, se le famiglie non fossero d’accordo, la scuola dovrà tenerne conto.
Il Comitato “Difendiamo i Nostri Figli” chiede al ministero che nel documento sul comma 16 della Riforma della scuola di prossima emanazione, sia escluso qualsiasi riferimento all’ideologia gender e ribadito il diritto dei genitori di non far partecipare il proprio figlio ad attività in contrasto con i valori antropologici della famiglia.
A tal proposito è stato presentato il Manifesto per la libertà educativa della famiglia, cui seguirà una petizione popolare a cui hanno già aderito oltre quindici associazioni di famiglie e genitori.
“Le famiglie hanno ribadito con una bella presenza sotto il ministero dell’Istruzione che il diritto di priorità educativa dei genitori è un principio non negoziabile, chiediamo che il governo ne tenga conto in tutti i documenti e le leggi di prossima approvazione”, ha dichiarato il presidente del Comitato “Difendiamo i Nostri Figli”, Massimo Gandolfini.
Da parte sua, Giusy D’Amico, membro del Comitato, impegnata in modo particolare nel settore educativo, ha ribadito a Zenit il principale obiettivo della manifestazione: un “consenso informato preventivo” che salvaguardi la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, tutelato dalla Costituzione Italiana e il diritto della famiglia ad educare i figli secondo le proprie convinzioni, a sua volta tutelato dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948.
“Non cerchiamo una ‘concessione’ ma il riconoscimento di un diritto che tuteli la libertà educativa su temi in cui solo la famiglia può porre in essere i fondamenti – ha spiegato la d’Amico -. La scuola non può interferire sul livello valoriale, etico, religioso o filosofico della famiglia”.
Nel frattempo, dopo che il ministro delle Riforme Istituzionali, Maria Elena Boschi, ha annunciato l’imminente ufficializzazione delle linee guida relative al comma 16 della legge 107, sull’educazione alla parità dei sessi, il Comitato “Difendiamo i Nostri Figli” ha chiesto di poter avere accesso a quanto verrà ufficializzato, dopo che, lo scorso ottobre, aveva presentato al Miur “una serie di proposte ma anche di criticità rispetto ai possibili dubbi su percorsi educativi che spesso enunciavano qualcosa ma contenevano molto altro”, ha puntualizzato la D’Amico.
Il Comitato ha dunque prodotto un ventaglio di proposte, con il contributo di una équipe di specialisti di alto livello accademico, per veicolare la propria preoccupazione in merito a un possibile inserimento, anche surrettizio, dell’educazione al gender nei programmi ministeriali, con il pretesto di combattere le discriminazioni.
“Abbiamo spiegato che quel linguaggio ambiguo e criptato non ci convince e che noi vogliamo chiarezza, in particolare sui termini ‘genere’ e ‘sesso’, che vanno declinati esclusivamente al maschile e al femminile – ha proseguito la D’Amico -. Tutto questo va chiarito in modo inequivocabile, perché riteniamo che il bambino abbia diritto alla chiarezza nella costruzione della sua identità e che non si proponga un’educazione sessuale in base ad una ‘identità fluida’ che tende a porre dubbi nella coscienza del bambino in fase di formazione”.
Fermo restando che il Comitato concorda sulla “lotta ad ogni forma di discriminazione”, i suoi rappresentanti vigileranno affinché sia salvaguardata la libertà educativa, anche in nome del “pluralismo culturale”.
“Ci auguriamo che a breve l’ufficializzazione di questi testi sia conforme a quanto da noi specificato – afferma ancora la D’Amico – che sia specificato cosa si intende per ‘attività extracurricolari’ e che esse non siano obbligatorie. Su ‘temi sensibili’ nulla deve essere obbligatorio e il Ministero è tenuto a porvi adeguata attenzione”.
Il Miur, tuttavia, non ha ancora fornito risposta sul consenso informato, richiesto dal Comitato lo scorso anno, mentre per quanto riguarda la petizione regionale partita in Friuli Venezia Giulia sulla libertà educativa, è stata respinta la richiesta di consenso informato, ponendo un’unica postilla alla fine della dichiarazione, secondo cui si afferma genericamente che, se le famiglie non fossero d’accordo, la scuola dovrà tenerne conto.
Nessun commento:
Posta un commento