Il peccato di Sodoma e Gomorra non è innanzitutto, come di solito si pensa, quello di una sessualità pervertita. La tradizione giudaica insiste invece sull'unica regola di Sodoma: il rifiuto dell'ospitalità, che è sempre la madre di ogni disordine, anche di quello sessuale. I nomi di Sodoma e Gomorra in ebraico sono rispettivamente "il campo" e "i covoni". Nomi legati alla fecondità, alla prosperità, che evocano semi e seminagione, immagine e profezia del Messia e dell'amore. Fecondo è solo chi accoglie l'amore, chi lascia che il seme penetri e dia inizio alla vita; chi si chiude in se stesso e nel proprio egoismo cercherà nell'altro soddisfazione e gratificazione, sempre infeconde, come accade nei rapporti contro natura. Non accogliendo gli stranieri diversi da loro, gli abitanti di Sodoma li obbligavano a sottomettersi, per questo li sodomizzavano, facendone così una loro proprietà. Ciascun uomo sulla terra, covone del campo di Dio, è invece sua proprietà. Non accogliere Cristo, e il prossimo per il quale ha versato il suo sangue, è non accogliere se stessi, rifiutando la propria identità e l'unico senso della propria vita. Precipitare è allora la naturale conseguenza di una scelta, non un castigo ingiusto di un Dio ingiusto: o apriamo la porta a Cristo per accoglierlo, o spalanchiamo le finestre per buttarci giù e suicidarci, non ci sono alternative. Chi non accoglie Cristo si suicida in una eutanasia dell'anima che le sottrae l'unico alimento che la fa vivere ed essere feconda. Sodoma e Gomorra richiamano a una storia d'amore tradita per superbia e autosufficienza, gli stessi peccati delle altezzose Cafarnao e Corazin, della ricca Betsaida, troppo radical e liberali in quella Galilea al confine tra Israele e la terra pagana, così incline ad assorbirne le idolatrie e diluirvi la propria fede. Forse non giungiamo a chissà quali nefandezze, ma il principio è lo stesso: difendiamo quello che desideriamo fare, inzuppandolo nella melassa della libertà e dei diritti. Che fare? Pentirci, convertirci, riconoscere che senza Cristo siamo solo polvere, nudi di vergogna. Perché lo potessimo accogliere ha accettato il rifiuto e le dure condizioni del nostro cuore malvagio e si è lasciato inchiodare alla Croce che lo rendeva simile a noi. E di nuovo viene a noi nella Chiesa vittorioso sul nostro peccato per annunciarci il perdono e la possibilità di divenire figli di Dio in Lui. Convertiamoci seriamente allora, perché esiste un giudizio e ci attende una sorte leggera o pesantissima. Ma il giudizio è anticipato oggi nella predicazione del Vangelo, ed è misericordia per chi lo accoglie, condanna per chi lo rifiuta.
martedì 18 luglio 2017
IL SIGNORE SI E' FATTO COME NOI PERCHE' LO POTESSIMO ACCOGLIERE ED ESSERE TRASFORMATI IN FIGLI DI DIO
Il peccato di Sodoma e Gomorra non è innanzitutto, come di solito si pensa, quello di una sessualità pervertita. La tradizione giudaica insiste invece sull'unica regola di Sodoma: il rifiuto dell'ospitalità, che è sempre la madre di ogni disordine, anche di quello sessuale. I nomi di Sodoma e Gomorra in ebraico sono rispettivamente "il campo" e "i covoni". Nomi legati alla fecondità, alla prosperità, che evocano semi e seminagione, immagine e profezia del Messia e dell'amore. Fecondo è solo chi accoglie l'amore, chi lascia che il seme penetri e dia inizio alla vita; chi si chiude in se stesso e nel proprio egoismo cercherà nell'altro soddisfazione e gratificazione, sempre infeconde, come accade nei rapporti contro natura. Non accogliendo gli stranieri diversi da loro, gli abitanti di Sodoma li obbligavano a sottomettersi, per questo li sodomizzavano, facendone così una loro proprietà. Ciascun uomo sulla terra, covone del campo di Dio, è invece sua proprietà. Non accogliere Cristo, e il prossimo per il quale ha versato il suo sangue, è non accogliere se stessi, rifiutando la propria identità e l'unico senso della propria vita. Precipitare è allora la naturale conseguenza di una scelta, non un castigo ingiusto di un Dio ingiusto: o apriamo la porta a Cristo per accoglierlo, o spalanchiamo le finestre per buttarci giù e suicidarci, non ci sono alternative. Chi non accoglie Cristo si suicida in una eutanasia dell'anima che le sottrae l'unico alimento che la fa vivere ed essere feconda. Sodoma e Gomorra richiamano a una storia d'amore tradita per superbia e autosufficienza, gli stessi peccati delle altezzose Cafarnao e Corazin, della ricca Betsaida, troppo radical e liberali in quella Galilea al confine tra Israele e la terra pagana, così incline ad assorbirne le idolatrie e diluirvi la propria fede. Forse non giungiamo a chissà quali nefandezze, ma il principio è lo stesso: difendiamo quello che desideriamo fare, inzuppandolo nella melassa della libertà e dei diritti. Che fare? Pentirci, convertirci, riconoscere che senza Cristo siamo solo polvere, nudi di vergogna. Perché lo potessimo accogliere ha accettato il rifiuto e le dure condizioni del nostro cuore malvagio e si è lasciato inchiodare alla Croce che lo rendeva simile a noi. E di nuovo viene a noi nella Chiesa vittorioso sul nostro peccato per annunciarci il perdono e la possibilità di divenire figli di Dio in Lui. Convertiamoci seriamente allora, perché esiste un giudizio e ci attende una sorte leggera o pesantissima. Ma il giudizio è anticipato oggi nella predicazione del Vangelo, ed è misericordia per chi lo accoglie, condanna per chi lo rifiuta.
Il peccato di Sodoma e Gomorra non è innanzitutto, come di solito si pensa, quello di una sessualità pervertita. La tradizione giudaica insiste invece sull'unica regola di Sodoma: il rifiuto dell'ospitalità, che è sempre la madre di ogni disordine, anche di quello sessuale. I nomi di Sodoma e Gomorra in ebraico sono rispettivamente "il campo" e "i covoni". Nomi legati alla fecondità, alla prosperità, che evocano semi e seminagione, immagine e profezia del Messia e dell'amore. Fecondo è solo chi accoglie l'amore, chi lascia che il seme penetri e dia inizio alla vita; chi si chiude in se stesso e nel proprio egoismo cercherà nell'altro soddisfazione e gratificazione, sempre infeconde, come accade nei rapporti contro natura. Non accogliendo gli stranieri diversi da loro, gli abitanti di Sodoma li obbligavano a sottomettersi, per questo li sodomizzavano, facendone così una loro proprietà. Ciascun uomo sulla terra, covone del campo di Dio, è invece sua proprietà. Non accogliere Cristo, e il prossimo per il quale ha versato il suo sangue, è non accogliere se stessi, rifiutando la propria identità e l'unico senso della propria vita. Precipitare è allora la naturale conseguenza di una scelta, non un castigo ingiusto di un Dio ingiusto: o apriamo la porta a Cristo per accoglierlo, o spalanchiamo le finestre per buttarci giù e suicidarci, non ci sono alternative. Chi non accoglie Cristo si suicida in una eutanasia dell'anima che le sottrae l'unico alimento che la fa vivere ed essere feconda. Sodoma e Gomorra richiamano a una storia d'amore tradita per superbia e autosufficienza, gli stessi peccati delle altezzose Cafarnao e Corazin, della ricca Betsaida, troppo radical e liberali in quella Galilea al confine tra Israele e la terra pagana, così incline ad assorbirne le idolatrie e diluirvi la propria fede. Forse non giungiamo a chissà quali nefandezze, ma il principio è lo stesso: difendiamo quello che desideriamo fare, inzuppandolo nella melassa della libertà e dei diritti. Che fare? Pentirci, convertirci, riconoscere che senza Cristo siamo solo polvere, nudi di vergogna. Perché lo potessimo accogliere ha accettato il rifiuto e le dure condizioni del nostro cuore malvagio e si è lasciato inchiodare alla Croce che lo rendeva simile a noi. E di nuovo viene a noi nella Chiesa vittorioso sul nostro peccato per annunciarci il perdono e la possibilità di divenire figli di Dio in Lui. Convertiamoci seriamente allora, perché esiste un giudizio e ci attende una sorte leggera o pesantissima. Ma il giudizio è anticipato oggi nella predicazione del Vangelo, ed è misericordia per chi lo accoglie, condanna per chi lo rifiuta.
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